Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-13, n. 202305789

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-13, n. 202305789
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305789
Data del deposito : 13 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/06/2023

N. 05789/2023REG.PROV.COLL.

N. 01262/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1262 del 2023, proposto da
Società Sportiva Dilettantistica Olimpica Roma S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F G P M e M D R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. V, n. 6391 del 2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2023 il Cons. E Q e uditi per le parti gli avvocati Grisostomi in dichiarata delega di Pollari, Di Raimondo e Ciavarella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Società Sportiva Dilettantistica Olimpica Roma S.r.l. ha proposto ricorso per la revocazione, ai sensi dell'art. 92, comma 3, c.p.a., e dell'art. 395, n. 4, c.p.a., della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 20 luglio 2022, n. 6391, che ha respinto l’appello proposto dalla odierna ricorrente per la riforma della sentenza del Tar Lazio n. 10708 del 2015, che aveva definito il giudizio di annullamento, tra gli altri atti e provvedimenti, della determinazione dirigenziale prot. n. EA/210/2013 dell'11 giugno 2013, adottata dal Dipartimento Sport di Roma Capitale, a firma del Direttore, Dott. Daniele D'Andrea, con la quale venivano disposte “ la decadenza-revoca della Società Sportiva Dilettantistica Olimpica Roma s.r.l. (già Cisco s.r.l.) … dalla concessione dell'impianto sportivo di proprietà capitolina sito in Roma via degli Olimpionici n. 71 ”, nonché “ l'intimazione al rilascio immediato dell'immobile in oggetto … con avvertenza che, non ottemperando entro il termine perentorio di 60 (sessanta) giorni dalla data di notificazione del presente atto si procederà allo sgombero forzoso con il recupero delle spese sostenute dall'Amministrazione Capitolina, nonché del credito per importi dovuti fino alla data di rilascio dell'immobile e con successivo atto meglio quantificati ”.

Per la ricorrente la impugnata sentenza del Consiglio di Stato n. 6391 del 2022 è afflitta da tre distinti errori di fatto revocatorio, che avrebbero portato il Giudice ad esprimere una valutazione errata sull’unica questione (mancato pagamento delle rate del mutuo) trattata da parte dello stesso:

1) il Giudice avrebbe reso la propria decisione sulla falsa ed erronea convinzione, pacificamente smentita dai documenti di causa, che l’impianto sportivo in questione fosse dotato di agibilità, la quale, invece, pacificamente, non vi è mai stata;

2) il Giudice avrebbe del tutto omesso di considerare l’esistenza della memoria di Giunta Capitolina 19 aprile 2013, eppure prodotta agli atti del giudizio, dalla quale si ricaverebbe che la revoca non era affatto necessitata;

3) il Giudice avrebbe ritenuto sussistente negli atti di causa la prova dell’accettazione espressa della clausola vessatoria del potere di decadenza attribuito a Roma Capitale dall’art. 12 della Convenzione I.C.S./Comune/CONI, la quale però è documentalmente inesistente;

4) la sentenza del Consiglio di Stato n. 6391/2022 avrebbe assorbito implicitamente la censura riproposta in grado di appello da parte della S.S.D. Olimpica Roma s.r.l. inerente la illegittimità della revoca della concessione per il mancato pagamento di tre rate consecutive del canone di concessione.

Si è costituita Roma Capitale per resistere al ricorso.

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 18 maggio 2023 il ricorso per revocazione è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione il ricorso per revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 20 luglio 2022, n. 6391, di rigetto dell’impugnazione proposta dalla odierna ricorrente nei confronti della Sentenza n. 10708 del 2015 adottata dal TAR Lazio, che aveva definito il giudizio di annullamento, tra gli altri atti e provvedimenti, della Determinazione dirigenziale prot. n. EA/210/2013 dell’11 giugno 2013, adottata dal Dipartimento Sport di Roma Capitale, a firma del Direttore, Dott. Daniele D’Andrea, con la quale venivano disposte “ la decadenza-revoca della Società Sportiva Dilettantistica Olimpica Roma s.r.l. (già Cisco s.r.l.) … dalla concessione dell’impianto sportivo di proprietà capitolina sito in Roma via degli Olimpionici n. 71 ”, nonché l’intimazione al rilascio immediato dell’immobile.

Roma Capitale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso poiché non sussisterebbero gli assunti errori di fatto dedotti dalla ricorrente. Invero, la nozione di errore di fatto andrebbe circoscritta all’errore meramente percettivo e in nessun modo potrebbe coinvolgere l’attività valutativa dell’organo giudicante, nè deve cadere su di un punto controverso, sul quale il giudice si sia pronunciato. Nel caso di specie, gli errori lamentati dalla ricorrente riguarderebbero proprio circostanze tutte valutate, indipendentemente dalla condivisibilità o meno degli assunti resi dal giudicante.

L’eccezione coglie nel segno.

Ed invero, per consolidata giurisprudenza (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 30 ottobre 2015, n. 4975;
IV, 21 aprile 2017, n. 1869;
Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21), l'errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall'art. 395, n. 4), Cod. proc. civ., deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile;
2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa;
3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata;
4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche;
5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.

L’errore di fatto revocatorio consiste, insomma, nel c.d. abbaglio dei sensi, e cioè nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista del giudice, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa: la falsa percezione da parte del giudice della realtà processuale, che giustifica l’applicazione dell’art. 395 Cod. proc. civ., deve consistere in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece positivamente accertato.

E’ inammissibile, quindi, il rimedio revocatorio in relazione ad errori non rilevabili con assoluta immediatezza, ma che richiedano, per essere apprezzati, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche, ovvero errori che non consistano in un vizio di assunzione del fatto (tale da comportare che il giudice non statuisca su quello effettivamente controverso), ma si riducano ad errori di criterio nella valutazione del fatto, di modo che la decisione non derivi dall’ignoranza di atti e documenti di causa, ma dall’erronea interpretazione di essi.

L’errore di fatto va, dunque, circoscritto all’errore meramente percettivo e che non coinvolga l’attività valutativa del giudice, come è invece avvenuto nel caso di specie, in cui gli errori lamentati dalla ricorrente riguardano circostanze che sono state tutte oggetto di valutazione da parte del giudice, essendosi, quindi, in presenza di un’irrituale contestazione delle argomentazioni e delle conclusioni rassegnate dal Collegio e del percorso logico giuridico alle stesse sotteso.

Ed invero, con il primo motivo la ricorrente lamenta che il Giudice avrebbe reso la propria decisione sulla falsa ed erronea convinzione, pacificamente smentita dai documenti di causa, che l’impianto sportivo in questione fosse dotato di agibilità, la quale, invece, pacificamente, non vi è mai stata (e ad oggi continua a mancare). La mancata attribuzione dell’agibilità all’impianto sportivo da parte di Roma Capitale avrebbe determinato un inadempimento a valle nel rapporto di mutuo (ovvero, il mancato pagamento delle rate del mutuo da parte della ricorrente).

Su questo motivo la decisione oggetto del giudizio di revocazione ha statuito che la sentenza di primo grado appellata: “ pur prendendo atto delle inefficienze mostrate dall’amministrazione (quali i ritardi nell’approvazione delle varianti e dei SAL, nei collaudi, nella trasmissione della documentazione volta ad ottenere la certificazione di agibilità), riteneva di non poter assegnar loro efficacia esimente delle gravi inadempienze della ricorrente, causa di un grave danno economico per l’amministrazione, che aveva subito l’escussione della fideiussione per un rilevante importo;
- precisava che i contestati ritardi, riconducibili a negligenza dell’amministrazione, avrebbero potuto al più fondare un’azione di risarcimento del danno, ma non erano idonei ad elidere l’obiettiva rilevanza degli inadempimenti della società ricorrente che giustificavano la revoca – decadenza della concessione, dovendosi tener conto, peraltro, del fatto che neanche la predisposizione di un Piano di Rientro del debito, cui la ricorrente aveva aderito, aveva consentito l’avvio di un procedimento di regolarizzazione o transazione con la società
”... “ Resta da aggiungere che la rilevanza delle eventuali condotte negligenti tenute dall’amministrazione comunale nel corso dell’intera vicenda, … e, in conseguenza di ciò, l’omesso pagamento delle rate di mutuo – esulano dal presente giudizio ove si discute unicamente della legittimità dei provvedimenti impugnati. Eventuali scorrettezze di Roma Capitale non sono idonee a inficiare la validità del provvedimento gravato, potendo, al più, fondare, ove ne dovessero ricorrere tutti i presupposti, la responsabilità dell’amministrazione resistente. Di ciò è consapevole l’appellante che, nel giudizio ordinario avviato da Roma Capitale per il recupero delle somme corrisposte in qualità di garante, ha proposto domanda riconvenzionale rivolta ad ottenere l’accertamento del maggior danno subito a causa delle condotte negligenti dell’amministrazione (danno ritenuto provato dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 9635 del 2019 depositata in atti ed utilizzato per ridurre in compensazione la somma da restituire) ”.

Dalla lettura del succitato passo della sentenza si evince che la censura non può essere qualificata come errore revocatorio, atteso che la stessa ripropone questioni che hanno già formato oggetto di una chiara ed incontestabile pronuncia da parte del giudice, avendo formato oggetto di giudizio.

Lo stesso può dirsi in relazione al secondo motivo dedotto, con il quale la ricorrente assume che il Giudice avrebbe del tutto omesso di considerare l’esistenza della memoria di Giunta Capitolina 19 aprile 2013, eppure prodotta agli atti del giudizio, dalla quale si ricaverebbe che il mero accertamento del mancato pagamento di tre rate di mutuo non legittimava di per sé la revoca.

Ed invero, per la sentenza revocanda: “ Roma Capitale, accertato il mancato pagamento di tre rate di mutuo, era pienamente legittimata a disporre la revoca – decadenza dalla concessione secondo la previsione dell’art. 12 della Convenzione intervenuta con I.C.S. e C.O.N.I.. 5.6. Quanto, poi, alla natura di tale atto, è incontestato che si tratta di una c.d. revoca - sanzione, tale essendo quel provvedimento di caducazione degli effetti del provvedimento giustificata da condotte scorrette del privato beneficiario di precedente provvedimento favorevole dell'amministrazione. La giurisprudenza precisa che siffatta revoca non costituisce esercizio del potere di autotutela previsto dagli articoli 21 – quinquies e 21 – nonies l. n. 241 del 1990, e come tale non soggiace ai presupposti e ai limiti ivi stabiliti, l'amministrazione non essendo tenuta a soppesare l'affidamento maturato dal privato sul provvedimento a sé favorevole e, d'altra parte, non ricorrendo pregiudizi imputabili all'amministrazione e ristorabili mediante indennizzo poiché ogni conseguenza, ivi comprese eventuali perdite economiche, è imputabile esclusivamente alla condotta del privato non dando luogo a responsabilità dell'amministrazione, neppure da atto lecito (Cons. Stato sez. V, 21 aprile 2022, n. 3051;
V, 7 giugno 2021, n. 4302;
V, 11 gennaio 2018, n. 120).

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