Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-04-23, n. 201402044

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-04-23, n. 201402044
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402044
Data del deposito : 23 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04917/2001 REG.RIC.

N. 02044/2014REG.PROV.COLL.

N. 04917/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4917 del 2001, proposto dalla SO.GE.RI. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. D C, L D L e L G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L G, in Roma, via G. Pisanelli, n. 2;

contro

Comune di Bussolengo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. G C, C R e S D M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. S D M, in Roma, via F. Confalonieri, n. 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Veneto – Venezia, Sezione II, n. 1947/2000, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per l'annullamento della concessione edilizia n. 57 del 12 maggio 1998 nella parte in cui impone alla parte ricorrente il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bussolengo;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista la propria ordinanza 30 luglio 2003 n. 3340;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2014 il Cons. A A e uditi per le parti gli avvocati L G e S D M;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.- La SO.GE.RI. s.r.l. deduce che nell’anno 1976 il Comune di Bussolengo aveva acquisito una vasta area sita in località “Ferlina”, da destinare a insediamenti di carattere artigianale o industriale, e che, con delibera n. 95 del 6.6.1976, il Consiglio Comunale aveva approvato uno schema di contratto di compravendita, determinando altresì le modalità di cessione dei lotti a favore dei privati, precisando, al punto n. 10, che la parte acquirente si sarebbe impegnata a versare, in un momento antecedente alla stipulazione del rogito notarile di compravendita, esclusivamente il rimborso della quota parte di oneri di urbanizzazione secondaria dovuti ai sensi delle vigenti norme di legge urbanistica (quantificati in complessive lire 2.500 il mq), nonché, al punto n. 11, che le parti davano atto che, a seguito del versamento di tali somme alla Cassa Comunale, nessun altro onere di urbanizzazione primaria o secondaria sarebbe andato a gravare sulla parte acquirente.

Detta società aggiunge che un lotto di terreno in comune di Bussolengo, per un totale di mq. 5980,23 (classificato in base al vigente P.R.G. quale zona “D1 Industriale-artigianale di completamento” e ricadente all’interno di una lottizzazione industriale approvata dal Consiglio Comunale con delibera n. 68 del 12 maggio 1976), era stato a suo tempo acquistato dalla Edil-Cos s.r.l. di Verona, aggiudicataria di una gara per la vendita di tale immobile indetta dal Comune di Bussolengo, e successivamente venduto alla Ditta LA.CHI.VER. s.n.c. nel 1990, dalla quale era stato acquistato in data 30 ottobre 1992 dalla SO.GE.RI. s.r.l..

A quest’ultima è stata rilasciata una concessione edilizia per la costruzione, sull’area suddetta, di un fabbricato ad uso ricettivo a servizio della zona industriale, con provvedimento n. 9656 del 12.5.1998 del Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Bussolengo, con imposizione del versamento, a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, della somma di £ 483.346.109 (effettuato sulla base della tabella riportata nell’allegato C alla delibera della Giunta Comunale n. 1117 con riferimento agli insediamenti produttivi nelle zone a destinazione commerciale che prevede un’incidenza pari a £ 80.824 al mq) e quantificazione del costo di costruzione in complessive £ 241.687.746.

2.- Avverso la suddetta determinazione dei contributi la società ha proposto il ricorso n. 756 del 1999 al T.A.R. Veneto, che, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto il gravame.

3.- Con il ricorso in appello in esame detta società ha chiesto l’annullamento di tale sentenza, deducendo i seguenti motivi:

3.1.- Il primo Giudice avrebbe erroneamente disatteso la tesi secondo cui non sarebbe stato dovuto il contributo per urbanizzazione primaria, sia in quanto il prezzo di vendita sarebbe stato già comprensivo del valore degli oneri dovuti e sia in quanto nella zona erano comunque esistenti opere di urbanizzazione

3.2.- Erroneamente sarebbe stato ritenuto dal T.A.R. che la fattispecie fosse inquadrabile nell’ipotesi normativa di struttura di tipo commerciale realizzata in zona industriale, con illegittimità della pretesa di ottenere la corresponsione degli oneri relativi al costo di costruzione.

3.3.- In subordine è stato sostenuto che comunque illegittimamente i contributi sarebbero stati determinati con riferimento ai parametri previsti per gli interventi edilizi realizzati in zone a destinazione commerciale, invece che con riferimento a quelli stabiliti per gli insediamenti produttivi ricadenti in zona industriale, di entità inferiore.

4.- Con memoria depositata l’8 settembre 2001 si è costituito in giudizio il Comune di Bussolengo, che ha affermato che la concessione edilizia era stata assentita in via autonoma dal programma costruttivo di cui alla convenzione di lottizzazione del 1979 e che la scadenza del piano aveva comportato la riappropriazione da parte del Comune dei suoi poteri con riguardo all’area interessata dal piano e non completata dalle originarie lottizzanti;
ha aggiunto che la concessione rilasciata era riferita a una struttura commerciale in cui gli oneri erano stati determinati dalla deliberazione del c.c. n. 5 del 1986, non impugnata, che prevedeva che le attività di tipo commerciale, pur ricadenti in zona produttiva dovevano essere soggette al regime concessorio contributivo concretamente applicato alla fattispecie.

La società ha quindi concluso per la reiezione dell’appello.

5.- Con atto notificato il 17 luglio 2003 e depositato il 23 luglio 2003 la parte appellante ha chiesto la sospensione delle deliberazioni impugnate.

6.- Con memoria del 28 luglio 2003 il Comune resistente si è opposto all’accoglimento di detta istanza.

7.- Con ordinanza 30 luglio 2003, n. 3340, la Sezione ha respinto la istanza cautelare.

8.- Con atto depositato il 30 agosto 2010 si sono costituiti in giudizio nuovi difensori per la SO.GE.RI. s.r.l., in persona del liquidatore pro tempore, richiamando le precedenti difese.

9.- La citata società con successiva memoria depositata il 13 dicembre 2013 ha ribadito le proprie tesi e richieste ed ha poi depositato in data 20 dicembre 2013 una memoria di replica, insistendo per l’accoglimento dell’appello.

10.- Con atto depositato l’11 gennaio 2014 si sono costituiti in giudizio nuovi difensori per il Comune di Bussolengo, insistendo perché l’appello sia dichiarato inammissibile o improcedibile e perché sia comunque respinto.

11.- Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2014 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

12.- Innanzi tutto la Sezione, rilevato che dalle ultime memorie depositate dalla parte appellante essa risulta rappresentata dal liquidatore, osserva che, anche se la perdita della capacità di stare in giudizio di una società comporta tra l'altro la cessazione delle funzioni dell'assemblea e degli organi amministrativi e di controllo della società medesima e, comunque, l'attribuzione al commissario liquidatore - e non più, quindi, alla persona fisica che la rappresentava fin quando era “in bonis” - della capacità di stare in giudizio nelle controversie in corso, tuttavia, ai sensi degli artt. 299 e 300 comma 2, c.p.c., cui rinvia l'art. 79 comma 2, c.p.a., ciò comporta la conseguenza dell'interruzione del processo solo se dichiarata in udienza dal suo procuratore o da questa notificata alle altre parti, altrimenti, se l'evento non sia stato fatto constare nei citati modi di legge, il giudizio prosegue, con la sola conseguenza che la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 c.p.c., ai soci.

Nel caso di specie i procuratori della SO.GE.CO. s.r.l. non hanno formalmente dichiarato in udienza o notificato al Comune resistente alcun evento interruttivo, sicché la causa non deve essere interrotta e può essere assunta in decisione.

13.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che il primo Giudice ha disatteso, con riguardo al primo motivo di ricorso, la tesi che non sarebbe stato dovuto il contributo per urbanizzazione primaria in quanto la valutazione del prezzo di vendita sarebbe stata già comprensivo del valore degli oneri dovuti.

Pur avendo dato atto che gli acquirenti del tempo avevano goduto di particolari condizioni di favore sia in termini di prezzo, sia in termini di esonero dal pagamento degli oneri di urbanizzazione, è stato sostenuto dal T.A.R. che non è possibile pretendere dopo lunghissimo tempo le medesime agevolazioni che avevano caratterizzato gli originari acquisti;
inoltre è stata disattesa la tesi che il detto esonero spetterebbe comunque alla società appellante per il fatto che nella zona erano comunque presenti opere di urbanizzazione, perché gli oneri di urbanizzazione sono connessi al rilascio della concessione edilizia e non strettamente connessi alla zona interessata alla costruzione, essendo genericamente utilizzabili anche per l’urbanizzazione di altre zone.

Dette tesi non sarebbero condivisibili perché il prezzo di vendita dei lotti ceduti dal Comune era stato a suo tempo determinato prendendo a riferimento un’area già urbanizzata e ricadente in una limitrofa zona industriale artigianale, sicché l’aggiudicataria della gara di vendita all’atto dell’acquisto aveva già provveduto a versare il prezzo quantificato dall’Amministrazione in maniera tale da renderlo comprensivo della quota parte del contributo per le opere di urbanizzazione primaria.

Il pagamento di detti oneri dopo venticinque anni configurerebbe quindi un indebito arricchimento del Comune, essendo il contributo in questione una prestazione causale non dovuta in caso di concessione relativa ad insediamenti per i quali le opere di urbanizzazione erano già realizzate, con esenzione applicabile anche a lottizzazioni convenzionate anteriormente al 2 dicembre 1966, nonostante il riferimento testuale all’art. 18 della l. n. 10/1977, con riferimento ai piani di lottizzazione convenzionata disciplinati dall’art. 8 della l. n. 765/1997.

13.1.- Osserva in proposito il Collegio che, dopo che nell’anno 1976 il Comune aveva lottizzato l’area in cui è situato il terreno di cui trattasi, alienando i lotti a particolari condizioni di favore sia in termini di prezzo che di esonero dal pagamento degli oneri di urbanizzazione, il trascorrere di un lunghissimo lasso di tempo non poteva che aver comportato il venir meno delle condizioni applicate agli originari acquirenti delle aree interessate dal relativo piano.

Il Comune di cui trattasi, con deliberazione della Giunta comunale del 6 novembre 1988, e poi del 23 febbraio 1989, avendo rilevato che nella zona suddetta erano rimasti invenduti due lotti di terreno con fabbricati a seguito di aste rimaste deserte, aveva indetto una nuova gara a pezzi di favore ma senza alcun riferimento all’esonero che dal pagamento di detti contributi.

Anche nella collegata perizia di stima e nel contratto stipulato a seguito dell’aggiudicazione alla dante causa della attuale appellante non è fatto cenno esplicitamente o implicitamente al diritto di esonero dal pagamento degli oneri di urbanizzazione.

La nuova procedura era assolutamente autonoma da quella originaria e non erano applicabili ad essa le condizioni di favore a suo tempo applicate agli acquirenti delle aree oggetto di lottizzazione per tutt’altre finalità.

Ciò rende irrilevante l’assunto della appellante che il prezzo di vendita dei lotti ceduti dal Comune era stato determinato prendendo come riferimento un’area già urbanizzata e ricadente in una limitrofa zona industriale artigianale, e non può ritenersi che l’aggiudicataria della gara di vendita all’atto dell’acquisto avesse già pagato un prezzo comprensivo della quota parte del contributo per le opere di urbanizzazione primaria, dal momento che l’immobile era stato acquistato per £ 204.000.000 e non è verosimile che in esso fossero compresi anche gli oneri di urbanizzazione (ammontanti a £ 483.346.109).

Pertanto il Comune non può aver conseguito alcun indebito arricchimento dalla imposizione di detto onere, che ha la natura di corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione dei costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne trae e che era comunque dovuto dal momento che assolve all'obiettivo di ridistribuire i costi sociali della stessa con riguardo all'aggravamento del carico urbanistico che l'intervento considerato va a determinare nella specifica zona in cui è destinato a ricadere.

E’ quindi inconferente l’osservazione secondo cui le opere di urbanizzazione fossero già state realizzate in precedenza, atteso che, ai sensi dell'art. 18, ultimo comma, della l. n. 10/1977, è esonerato dal pagamento del contributo per oneri di urbanizzazione solo chi abbia eseguito direttamente le opere di urbanizzazione in forza di una convenzione di lottizzazione in senso stretto, o le abbia eseguite in forza di un atto d'obbligo indipendentemente dall'esecuzione di opere edilizie, sicché la richiesta di pagamento degli oneri di urbanizzazione deve ritenersi legittima ogni qual volta, come nel caso in esame, si verifichi una variazione, in aumento, del carico urbanistico, cioè la richiesta di una maggiore dotazione di servizi, quali rete viaria, parcheggi, verde, fognature, ecc..

Le censure in esame non possono quindi essere condivise.

14.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che, in riferimento al secondo motivo di ricorso, è stato ritenuto dal T.A.R. che (poiché la società ricorrente aveva chiesto la concessione per la realizzazione di un fabbricato ad uso ricettivo e ristoro, cioè di una struttura commerciale e non industriale, ed inoltre non aveva dimostrato l’affermata complementarità o connessione del realizzando manufatto, né con una determinata industria, né con l’intero insediamento produttivo) la fattispecie era inquadrabile nell’ipotesi normativa di struttura di tipo commerciale realizzata in zona industriale, con legittimità della pretesa di ottenere la corresponsione degli oneri relativi al costo di costruzione.

Ma, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la presenza di opere o di impianti non necessariamente destinati ad attività produttiva non sarebbe suscettibile di alterare la destinazione industriale della zona interessata nella ipotesi in cui i medesimi vengano comunque posti al servizio della zona stessa, sicché gli edifici realizzati parteciperebbero della stessa natura del complesso cui sono funzionalmente destinati, restando conseguentemente assoggettati alla medesima disciplina con riguardo alla onerosità della concessione edilizia.

Nel caso di specie era stata chiesta una concessione edilizia per la realizzazione in zona industriale artigianale di completamento di una costruzione destinata ad attività di carattere ricettivo e ristoro rientrante nella categoria dei centri di servizio, consentita nella zona industriale dal P.R.G., che sarebbe stata da considerare complementare rispetto all’attività produttiva dell’intero complesso industriale e all’intervento edilizio si sarebbe dovuta estendere la disciplina applicabile ai fabbricati industriali ed applicata la esenzione dal pagamento del costo di costruzione ex art. 10 della l. n. 10/1977 ed art. 83 della l.r. Veneto n. 61/1985.

Del resto nella stessa concessione edilizia impugnata veniva richiamata la normativa concernente le strutture ricettive extra alberghiere e, poiché l’attività para alberghiera dovrebbe essere considerata di natura industriale, avrebbe dovuto essere esentata dalla quota corrispondente alla percentuale del costo di costruzione, in quanto assimilabile in senso lato ad attività alberghiera e non direzionale;
ciò anche perché il fabbricato in questione non potrebbe essere utilizzato per finalità di tipo commerciale per carenza di altezza minima.

14.1.- Osserva in proposito la Sezione che tutte le costruzioni le quali non possono essere considerate destinate a "servizi integrativi" (come edifici relativi alle mense e alle altre attrezzature collettive per le maestranze, nonché agli alloggi per i soli custodi), rispetto alle attività industriali, restano escluse dal novero delle costruzioni considerabili “latu sensu” di natura industriale.

Quindi il beneficio dell'esonero dalla corresponsione del contributo concessorio afferente ai costi di costruzione ed urbanizzazione, previsto per gli immobili nei quali si svolge attività industriale dall'art. 10, comma 1, della l. n. 10/1977 (ora art. 19, t.u. dell'edilizia approvato con d.P.R. n. 380/2001) concerne strettamente i fabbricati complementari ed asserviti alle esigenze proprie di un impianto industriale e non già quegli edifici che non sono di per sé destinati alla produzione di beni industriali, ovvero le opere edilizie comunque suscettibili di essere utilizzate al servizio di qualsiasi attività economica.

E’, pertanto, da escludere l'applicabilità del trattamento contributivo di favore a edifici per deposito e commercio ove non siano collegati ad altro stabile adibito alla attività produttiva (Consiglio di Stato, sez. V, 19 giugno 2012, n. 3561). Né può ritenersi che l’assunto di parte appellante secondo cui la struttura sarebbe destinata ad alloggiare e ristorare operai, agenti di commercio o fornitori e non turisti possa giustificare l’applicabilità della disciplina prevista per i fabbricati industriali, stante la non assimilabilità di tali impieghi a diretta complementarietà alla attività industriale, essendo comunque suscettibile anche di utilizzazione al servizio non esclusivo ad essa, ma usufruibile anche per diverse esigenze.

Deve quindi condividersi quanto ritenuto dal T.A.R. che nella specie la società ricorrente aveva richiesto la concessione per la realizzazione di “un fabbricato ad uso ricettivo-appartamenti per vacanze e ristoro” (quindi di una struttura commerciale) e non di una struttura industriale;
ed inoltre che non risulta e non è stata dimostrata l’affermata completa complementarità e del manufatto né con una determinata industria, né con l’intero complesso industriale.

Del resto che detta attività, definita para alberghiera, debba essere considerata di natura industriale, non appare plausibile, atteso che non coincide con la vera e propria attività alberghiera, cui pure è riconosciuta a volte prevalente natura industriale, trattandosi di attività volta alla produzione di servizi, tanto che alcune norme fanno espresso richiamo all'industria alberghiera (ad es. la disposizione dell'art. 3 della l. 31 marzo 1979 n. 92, di conversione del d.l. n. 20/1979, ha previsto che le imprese alberghiere fruiscono degli sgravi contributivi previsti per le imprese industriali dall'art. 18 del d.l. n. 918/1968 nel testo sostituito dall'art. 1 della legge n. 1089/1968) e a volte natura commerciale, essendo attività volta anche allo scambio di servizi (Cassazione civile, sez. trib. 22 gennaio 2014, n. 1254).

Legittimamente quindi il Comune ha ritenuto la struttura in questione di tipo non industriale, ma commerciale, come del resto riportato anche nella concessione edilizia, pur se realizzata in zona industriale, e quindi che fossero dovuti gli oneri relativi al costo di costruzione.

15.- Con ulteriori doglianze la società appellante deduce, in subordine, che, anche se l’edificio in questione potesse essere ricompreso tra le strutture di carattere commerciale, comunque illegittimamente i contributi sarebbero stati determinati con riferimento ai parametri previsti per gli interventi edilizi realizzati in zone a destinazione commerciale, con incidenza del costo per oneri di urbanizzazione superiore a quella applicabile al caso di specie, che non avrebbe potuto che essere commisurata anche alla particolare destinazione della zona su cui sorge l’immobile.

Le considerazioni svolte al riguardo dal primo Giudice – secondo le quali, trattandosi di autonoma struttura commerciale ubicata in zona industriale, l’incidenza degli oneri di urbanizzazione non poteva che essere pari a £. 80.824 al mq. di cui all’allegato C alla delibera di G.C. n. 1117 dell’8.10.1992 (che non era stata impugnata dalla società ricorrente e che pertanto non poteva più essere messa in discussione) - sarebbero erronee ed inconferenti.

La società non aveva mai contestato il contenuto di tale deliberazione e non ne avrebbe avuto motivo, dal momento che la censura sollevata era diretta ad affermare solo che l’incidenza degli oneri di urbanizzazione individuata in detta somma era riferita solo ad attività riconducibili alla categoria degli insediamenti produttivi da realizzarsi nelle zone a destinazione commerciale e non poteva trovare applicazione nella fattispecie in cui si discute di struttura commerciale ubicata in zona a destinazione industriale.

Una corretta valutazione della tipologia del fabbricato in questione avrebbe condotto alla determinazione del contributo di urbanizzazione con riferimento ad insediamenti produttivi ricadenti in zona industriale, pari a £ 19.305 al mq., inferiore a quello applicato agli interventi di edilizia ubicati in zona commerciale.

15.1.- Osserva in proposito il Collegio che la circostanza che una struttura commerciale sia ubicata in zona a destinazione industriale non comporta che gli oneri di urbanizzazione debbano essere commisurati a quelli dovuti dalle imprese industriali, atteso che l’art. 10 della l. n. 10/1977 collega il pagamento degli oneri in questione non alla zona in cui sorge l’immobile, ma alla destinazione ad attività industriale o commerciale dello stesso.

Quindi, poiché il presupposto imponibile per il pagamento dei contributi di urbanizzazione va ravvisato nella domanda di una maggiore dotazione di servizi (rete viaria, fognature, ecc.) nell'area di riferimento, che sia indotta dalla destinazione d'uso concretamente impressa all'alloggio, legittimamente è stato applicato il regime previsto dalla deliberazione del c.c. n. 5 del 16 gennaio 1986 per la attività commerciale de qua, anche se inserita in zona a destinazione industriale, dovendosi far riferimento non già alle astratte tipologie consentite dalla destinazione di zona, bensì alla destinazione in concreto attuata dal manufatto.

16.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

17.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

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