Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-24, n. 202104017

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-24, n. 202104017
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104017
Data del deposito : 24 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/05/2021

N. 04017/2021REG.PROV.COLL.

N. 00090/2020 REG.RIC.

N. 00191/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 90 del 2020, proposto da
M B, rappresentato e difeso dagli avvocati L D, G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefano Gattamelata in Roma, via di Monte Fiore 22;

contro

N M S, rappresentato e difeso dagli avvocati A P, U F, con domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, viale Liegi, 32;

nei confronti

Comune di Milano, non costituito in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 191 del 2020, proposto da
Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Cozzi, Giuseppe Lepore, Antonello Mandarano, Alessandra Montagnani Amendolea, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio n. 15;

contro

N M S, rappresentato e difeso dagli avvocati A P, U F, con domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, viale Liegi, 32;

nei confronti

M B, rappresentato e difeso dagli avvocati L D, G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefano Gattamelata in Roma, via di Monte Fiore 22;

per la riforma

quanto al ricorso n. 90 del 2020:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per La Lombardia (sezione Quarta) n. 02221/2019, resa tra le parti.

quanto al ricorso n. 191 del 2020:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per La Lombardia (sezione Quarta) n. 02221/2019, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di N M S e di M B;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021 il Cons. Giovanni Orsini.

L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, comma 1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.


FATTO e DIRITTO

1. Il Sig. M S, odierna parte appellata, impugnava, in qualità di controinteressato, il permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune di Milano ai sensi dell’art. 32 d.l. n. 269/2003 nonché ai sensi dell’art. 2 della L.R. Lombardia n. 31/2004 in favore del Sig. B.

Nel giudizio di prime cure, il ricorrente deduceva sotto diversi profili censure di violazione di legge e/o eccesso di potere, tra cui, in particolare, l’erronea applicazione delle disposizioni in materia edilizia sopra citate, per avere l’ampliamento sanato superato il limite massimo del 20% della volumetria originaria ovvero dei 500 mc.

Il TAR Lombardia, previa verificazione, accoglieva il ricorso, annullando il provvedimento di sanatoria e la correlata certificazione di abitabilità/agibilità rilasciati dagli Uffici competenti del Comune, ritenendo che la volumetria originaria rispetto alla quale vada calcolato il limite del 20% individuato dalla legge regionale di riferimento sarebbe quella del singolo appartamento oggetto di ampliamento.

2. La decisione del giudice di prime cure è stata impugnata, con gli atti di appello in esame, sia dal Comune di Milano che dal signor B.

3. Si è costituito il signor M S, depositando nei due giudizi memorie di costituzione nelle quali, ricostruita in fatto la vicenda, resisteva chiedendo il rigetto degli appelli e la conferma della sentenza gravata e riproponendo i motivi assorbiti dal giudice di primo grado.

4. Con memoria di merito depositata nei due giudizi in data 19 febbraio 2021, il signor B ha evidenziato come la statuizione del TAR si ponga in netto contrasto con la interpretazione letterale delle norme, introducendo di conseguenza, un criterio sanzionatorio più severo rispetto alla intenzioni del legislatore regionale desumibili dal dato testuale.

5. Con successiva memoria del 22 febbraio 2021, il signor M S ha proposto eccezione di inammissibilità del documento depositato dal Sig. B riguardante il Regolamento del Condominio per violazione dell’art. 104, co.2 c.p.a.

6. Il Sig. Borrella e il Sig. M S hanno infine presentato memorie di replica depositate nei due giudizi in data 4 marzo 21. Il comune di Milano ha depositato in pari data una memoria di replica nella causa RG 20200191.

7. Nell’ udienza del 25 marzo 2021 le cause sono state trattenute in decisione.

8. Gli appelli, da riunire in quanto proposti contro la medesima sentenza, non sono fondati.

9. Deve innanzitutto essere esaminato il primo motivo dedotto dal signor B, con il quale viene ribadita l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse;
si precisa al riguardo che i locali interessati al condono non sovrastano direttamente l'appartamento del signor M S e anzi in parte sono ricompresi in un corpo di fabbrica distinto;
inoltre, la sanatoria richiesta non riguarda la costruzione di nuovi volumi, ma la trasformazione di locali "senza permanenza di persone" in immobili residenziali. Non vi sarebbe quindi alcun pregiudizio per il ricorrente in primo grado che, infatti, non ha prodotto alcun elemento al riguardo salvo quelli concernenti i lavori a suo tempo realizzati dal condominio sul tetto dello stabile o presunte difformità di lavori eseguiti nel 1995 che sono del tutto estranee all'oggetto del condono per cui è causa. Anche la lieve flessione che si è registrata nel soggiorno dell'appartamento del signor M S non dipenderebbe in alcun modo dalle suddette opere. Del resto, la conferma del diniego di condono non determinerebbe la demolizione dei locali in questione, ma soltanto il loro declassamento a locali senza permanenza di persone.

9.1. La censura non è fondata.

Va accolta, ai sensi dell’art. 104 cpa, l’eccezione di inammissibilità dei documenti prodotti dal signor B direttamente in sede di appello non essendo stata provata l’impossibilità di depositare in primo grado atti condominiali che avrebbero dovuto essere allegati alla eccezione di carenza di interesse ivi proposta e respinta dal Tar. Il collegio, inoltre, non ritiene tali documenti indispensabili ai fini della decisione.

Deve essere confermata in ogni caso la statuizione del primo giudice secondo cui in materia edilizia la vicinitas è presupposto sufficiente ai fini dell’interesse a ricorrere “ senza che sia necessario al ricorrente allegare e provare di subire uno specifico pregiudizio per effetto dell'attività edificatoria intrapresa sul suolo limitrofo " (cfr., tra le molte, Cons St., VI sez., nn. 3386/2019, 5307/2018, 1448/2018;
id., V sez., n. 6082/2013).

L'appellante asserisce che nel caso di specie non vi sarebbe effettiva vicinitas , in quanto i due appartamenti non sarebbero uno sottostante all'altro e in parte sarebbero situati in distinti corpi di fabbrica. Tuttavia, è pacifico che i due immobili appartengono al medesimo condominio e che la loro collocazione sia comunque tale da determinare un interesse nei confronti della realizzazione di mutamenti di carattere edilizio. A prescindere dalla controversa questione relativa al coinvolgimento nei lavori di parti comuni dello stabile e dei possibili effetti derivanti sulla stabilità dell'immobile, si tratta comunque di innovazioni di rilevante entità e la stessa mutazione della destinazione da locali non abitati a locali residenziali è sufficiente a radicare l'interesse del ricorrente di primo grado a vedere affermata la legittimità del provvedimento di condono.

10. Il Comune di Milano ha dedotto due motivi di diritto concernenti la violazione ed erronea interpretazione dell’art. 2 co. 1 L.R. Lombardia n. 31/04 e la carenza di adeguata motivazione.

Secondo il Comune il TAR, senza fornire idonea ed esaustiva motivazione, avrebbe disatteso il senso letterale della norma – art. 2 – della legge regionale. Il testo normativo farebbe infatti chiaramente riferimento alla volumetria della “costruzione originaria” e non dell’appartamento oggetto dei lavori. A riprova della volontà del legislatore regionale di parametrarsi sulla volumetria dell’intero edificio condominiale si porrebbe la scelta lessicale adottata nell’intero corpo dell’articolo in esame in cui, ove si è inteso fare riferimento alla “singola unità immobiliare” lo si è fatto espressamente come avviene per i commi 2 e 3 che vietano la sanatoria per mutamenti di destinazione d’uso superiori a 500 mc. Detta opzione ermeneutica del resto sarebbe ulteriormente corroborata da precedenti giurisprudenziali del medesimo TAR e poi confermati dal Consiglio di Stato. La sentenza del giudice di prime cure risulterebbe dunque affetta da erroneità e carenza motivazionale nella parte in cui ha omesso di accertare la legittimità del permesso in sanatoria rilasciato dal Comune di Milano benché l’incremento volumetrico apportato dalle opere abusive realizzate risultasse pari al 6,46% della costruzione originaria e in termini assoluti a 345,60 mc e dunque, rispettoso dei parametri indicati dall’art. 2 della legge regionale.

11. Il signor B, con l’appello RG 202000090, ha dedotto ulteriori due articolati motivi di gravame oltre al primo già esaminato.

Con il secondo motivo l'appellante lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 2, comma 1, della legge regionale della Lombardia n. 31 del 2004 e dell'articolo 32, comma 25, del decreto-legge n. 269 del 2003. In particolare, evidenzia che il permesso di costruire in sanatoria rilasciato al signor B ha pienamente rispettato entrambi i limiti previsti dalla norma regionale, vale a dire sia il limite di 500 mc sia quello del 20% della volumetria della costruzione originaria (e ciò sia che per costruzione originaria si voglia intendere l'intero stabile condominiale sia nell'ipotesi che essa si riferisca alla sola unità immobiliare del signor B). Tali limiti peraltro sarebbero alternativi e non cumulativi. In ogni caso, se il legislatore regionale con la dizione "costruzioni originarie" avesse voluto riferirsi alla singola unità immobiliare lo avrebbe disposto in modo espresso come infatti è disposto al comma 2 del medesimo articolo 2 della legge regionale n. 31. Ribadisce, inoltre, che le opere contestate hanno riguardato principalmente trasformazioni interne dei locali già esistenti ed un aumento volumetrico dello stabile condominiale del 6,47%.

11.1. Le suddette censure, che possono essere trattate congiuntamente, non sono meritevoli di accoglimento.

La presente controversia verte essenzialmente sull’interpretazione delle disposizioni in materia edilizia della legge regionale della Lombardia che sulla falsariga di quella nazionale, disciplina il procedimento di sanatoria relativa al cosiddetto “terzo condono”.

In particolare, il punto controverso riguarda il significato da attribuire al concetto di “costruzione originaria” rispetto al quale va valutato il limite dimensionale del venti per cento di aumento volumetrico. Il Tar ha ritenuto che detta locuzione vada interpretata come singola unità immobiliare su cui viene posto in essere l’intervento abusivo e non anche in relazione all’intero edificio.

La valutazione del primo giudice è condivisa dal collegio in continuità con la giurisprudenza di questo Consiglio, ai cui principi si rinvia, secondo cui la “ natura eccezionale e di stretta interpretazione della normativa sul condono tale da escluderne l’applicabilità in termini estensivi” determina l’applicazione del parametro più rigido della singola unità immobiliare per l’individuazione del limite di ampliamento percentuale. Tale interpretazione restrittiva è anche giustificata dalle conseguenze distoniche cui porterebbe la contrapposta opzione ermeneutica che ancora il limite al parametro dell’intero edificio in cui è ricompresa la singola abitazione (cfr, tra le altre, C.d.S., Sez. VI, n. 6042 del 2013 e n. 4322 del 2017). La stessa giurisprudenza ha chiarito che il parametro percentuale e quello della volumetria complessiva dell'incremento non sono alternativi tra loro, ma devono essere considerati in modo cumulativo. La formulazione letterale delle norme non contraddice tale esito interpretativo, tenuto conto della diversa finalità dei due limiti: quello percentuale, volto a consentire la sanatoria di ampliamenti proporzionati al volume originario, e quello volumetrico a fissare un tetto massimo nei casi di grandi volumi di partenza. Se si accedesse alla interpretazione propugnata dall'appellante si giungerebbe, infatti, alla conclusione di dover considerare condonabili ampliamenti molto rilevanti in caso di complessi immobiliari particolarmente estesi (nei quali in ipotesi sarebbe rispettato il limite percentuale), e per di più si potrebbe ingenerare una disparità di trattamento tra i diversi proprietari delle unità immobiliari riconoscendo ad alcuni di essi un diritto al condono dell’abuso edilizio più ampio, anche a parità di estensione delle singole unità immobiliari.

12. Con il terzo motivo viene contestata dal signor B la valutazione del giudice di primo grado delle risultanze della verificazione. Come ha evidenziato il consulente di parte, infatti, le porzioni di unità immobiliare condonate non costituiscono un volume nuovo aggiuntivo rispetto a quello esistente e quindi non possono essere applicati acriticamente la definizione di volume ed il relativo metodo di calcolo di cui al regolamento edilizio del Comune di Milano. Occorrerebbe quindi considerare che i locali interessati al condono sono stati ricavati come locali soppalcati o nel sottotetto dell'edificio utilizzando la considerevole altezza complessiva. Non sarebbe appropriato pertanto l'utilizzo da parte del verificatore del cosiddetto volume "virtuale” in luogo di quello reale: in tal modo, infatti, non si tiene conto del fatto che la superficie oggetto di condono è stata ottenuta principalmente all'interno del fabbricato. L'appellante rileva che riferendosi al volume reale l'incremento determinato dalle opere contestate risulterebbe pari al 17,65% e quindi inferiore al limite di legge. Viene evidenziato, infine, che anche il conteggio ad opera del verificatore di parti dell'immobile non condonate, ma che sarebbero funzionali all'utilizzo dei nuovi spazi, è stato determinante per il superamento del limite del 20%.

L’appellante chiede che sulla base di quanto indicato si proceda al rinnovo della verificazione.

12.1. Il motivo e la richiesta istruttoria non sono accoglibili.

La verificazione disposta dal giudice di primo grado era finalizzata alla quantificazione dell'incremento volumetrico dell'immobile condonato rispetto alla consistenza originaria del manufatto e, in particolare, dell'incremento percentuale rispetto sia alla volumetria dell'intero fabbricato preesistente sia rispetto alla singola unità immobiliare di proprietà del signor B.

Nella relazione conclusiva, il verificatore ha chiarito che, in assenza di indicazioni al riguardo nella legge nazionale e in quella regionale, per la definizione corretta del volume da verificare occorreva fare riferimento alle modalità di calcolo indicate nella modulistica della richiesta del condono messa a punto dal Comune di Milano, che a sua volta fa riferimento ai regolamenti della disciplina edilizia del Comune.

Si tratta di un'impostazione condivisibile, tenuto conto del fatto che il permesso di costruire in sanatoria viene rilasciato in conformità alla disciplina urbanistico-edilizia vigente. Non appare censurabile, pertanto, la conclusione cui è pervenuto il verificatore che, sulla base delle disposizioni vigenti nel 2009, ha calcolato il volume moltiplicando la superficie lorda complessiva (come definita dall'articolo 6 delle norme tecniche di attuazione) per l'altezza virtuale dei locali.

Allo stesso modo, si deve confermare che le modalità di calcolo del volume incrementale non differiscono, come invece sostiene l'appellante, nel caso in cui si tratti di ampliamenti ricavati all'interno di edifici esistenti. Ciò è chiarito, come precisato dallo stesso verificatore, anche nella circolare n. 7 del 2000 del comune di Milano, che peraltro non fa riferimento alle altezze reali.

Del resto, oggetto del condono era proprio la trasformazione di locali precedentemente "senza presenza di persone" e quindi esclusi dal calcolo della superficie lorda, in locali abitabili e, in quanto tali, da includere nel calcolo della superficie.

Quanto al conteggio di locali non condonati, ma che il verificatore ha ritenuto di inserire nel calcolo complessivo in ragione della loro funzione di collegamento indispensabile tra i diversi ambienti, si deve considerare che la loro superficie, secondo le indicazioni della verificazione, è pari a metri quadrati 17,15. Anche riferendosi alla percentuale di incremento del 15% prospettata dall’appellante, tenuto conto che l'incremento percentuale calcolato rispetto alla volumetria della singola unità immobiliare del signor B è pari al 40,69%, nel caso in cui si ritenesse di dover sottrarre la superficie di tali locali, ciò non sarebbe determinante ai fini della decisione.

13. Alla luce delle considerazioni esposte, gli appelli devono essere respinti.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

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