Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-12-20, n. 202108464
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Pubblicato il 20/12/2021
N. 08464/2021REG.PROV.COLL.
N. 03575/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3575 del 2021, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Prefettura di Modena – Ufficio Territoriale del Governo, Prefettura di Bologna – Ufficio Territoriale del Governo, non costituiti in giudizio;
nei confronti
-O-non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. -O-, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2021 il Cons. Ezio Fedullo e dato atto, quanto ai difensori e alla loro presenza, di quanto indicato a verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con la sentenza appellata, il T.A.R. per l’Emilia-Romagna si è pronunciato, in chiave reiettiva e previa loro riunione, sui ricorsi proposti:
- dalla società -O-, avverso il provvedimento in data -O-, con il quale UTG - Prefettura di Bologna ha comunicato, in esito all’istanza di riesame del precedente provvedimento n. -O-, la mancanza di “nuovi o diversi elementi in grado di mutare la precedente valutazione circa la sussistenza del pericolo delle infiltrazioni mafiose di cui all'art. 84, comma 3, del D. Lgs. 159/2011” (ric. n. -O-);
- dall’ing. -O-, in proprio e quale legale rappresentante della società -O-, avverso il provvedimento in data 1° marzo 2019, con il quale la Prefettura di Modena – Ufficio Territoriale del Governo ha disposto che la società -O- e l’ing. -O- venissero “interdetti ai sensi degli artt. 84, 89 bis e 91 del Decreto Legislativo 159/2011 e successive modifiche ed integrazioni” (ric. n. -O-).
Quanto al primo ricorso (n. -O-), il T.A.R. ha ritenuto l’infondatezza della censura intesa a lamentare che il mancato espletamento della doverosa istruttoria da parte dell’amministrazione procedente riguardo agli oggettivi elementi di novità rappresentati nell’istanza di riesame, con il conseguente difetto di motivazione del provvedimento impugnato, all’uopo rilevando che dagli atti di causa risultava che “ l’amministrazione prefettizia ha effettivamente svolto la necessaria attività istruttoria a seguito della presentazione dell’istanza di riesame (aggiornamento) del precedente diniego di rinnovo dell’iscrizione dell’impresa societaria nella white list tenuta dalla Prefettura di Bologna. In particolare si rileva che detto provvedimento (di sostanziale conferma del precedente provvedimento avente valenza di comunicazione interdittiva antimafia) risulta motivato per relationem sulla base di quanto accertato – a seguito di una rinnovata attività istruttoria – da varie Forze di Polizia coordinate dal Gruppo Interforze (istituito presso le Prefetture allo scopo di acquisire gli elementi informativi utili per le determinazioni del Prefetto in materia di informazioni antimafia) presso la Prefettura di Bologna, i cui esiti sono contenuti nel verbale di riunione del Gruppo redatto nella seduta del 16 maggio 2018 (v. doc. n. 7 dell’Amm.ne). In tale documento sono chiaramente ed analiticamente esplicitati tanto i “presupposti di fatto” quanto le “ragioni giuridiche” sulle quali si fonda il gravato diniego di riesame, avendo accertato l’istruttoria coordinata dal Gruppo Interforze, che l’attuale amministratore della società -O- Ing. -O-, nella sua ulteriore veste di amministratore della -O- con sede in Caserta, attraverso quest’ultima società “…risulta mantenere tuttora significative cointeressenze con -O- -O-, al quale è subentrato nella carica di amministratore unico (della -O-)…”. Tali cointeressenze sono chiaramente individuate dal Gruppo Interforze nel fatto che il -O- è socio unico nonché amministratore con pieni poteri, al pari del -O-, della citata -O-. Oltre a tale già di per sé dirimente elemento atto a comprovare il perdurare, anche nell’attualità e nonostante i mutamenti della compagine sociale di -O-, i rapporti e le cointeressenze esistenti tra il -O- ed ambienti e persone della malavita organizzata di tipo mafioso, l’istruttoria compiuta dall’Autorità procedente ha inoltre accertato ulteriori similari rapporti e cointeressenze economiche tra il -O- e gli stessi ambienti e persone appartenenti o comunque contigue ad associazioni di tipo mafioso. L’attuale socio unico della -O-è infatti un’altra società: -O- che a sua volta ha, quale amministratore unico, la sig,ra -O-, coniuge del -O-, nonché figlia di -O-, soggetto a carico del quale risultano numerosi controlli che ne hanno accertato la frequentazione con “…soggetti gravati da precedenti penali anche di interesse sotto il profilo della normativa antimafia…” una condanna per il reato di ricettazione, un arresto per reati contro la P.A. e denunce per gioco d’azzardo e per occultamento/distruzione di scritture contabili ”.
Quanto al successivo ricorso (n. -O-), premesso che i suoi promotori si dolevano essenzialmente della asserita illegittimità derivata del nuovo provvedimento interdittivo, sulla base dell’illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso precedente, ha evidenziato il T.A.R. che “ l’accertata infondatezza del ricorso n. -O- comporta, conseguentemente, la reiezione del più recente ricorso, stante che anche il secondo motivo, in quanto diretto in concreto a contestare sotto il profilo dell’eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità gli elementi accertati a seguito dell’attività istruttoria che ha preceduto l’adozione del provvedimento impugnato con il ricorso n. -O-, rientra di conseguenza nella già esaminata censura di illegittimità derivata ”.
La sentenza viene censurata, con plurimi motivi, dall’ing. -O-, il quale agisce in proprio e ne chiede la riforma in vista dell’accoglimento della domanda di annullamento formulata in primo grado.
Si oppone invece all’accoglimento dell’appello l’appellato Ministero dell’Interno.
Tanto premesso, l’esame dei motivi di appello presuppone la ricognizione dei principali fatti procedimentali sui quali si innesta la presente controversia.
Con il provvedimento prot. n. -O- del 9 novembre 2017, la Prefettura di Bologna disponeva il rigetto della richiesta di iscrizione della società -O- nella “white list” istituita dalla medesima Prefettura ex art. 5 bis d.l. n. 74/2012, conv. in l. n. 122/2012, ai sensi del cui comma 2: “ Per l’efficacia dei controlli antimafia concernenti gli interventi previsti nel presente decreto (quelli, cioè, concernenti la ricostruzione, l’assistenza alle popolazioni e la ripresa economica nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessate dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012), presso le prefetture-uffici territoriali del Governo delle province interessate alla ricostruzioni sono istituiti elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei settori di cui al comma 2, cui si rivolgono gli esecutori dei lavori di ricostruzione ”.
Con il medesimo provvedimento, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, d.lvo n. 159/2011, veniva “ accertata la sussistenza del pericolo di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società ” suindicata.
A fondamento del provvedimento, premesso che la -O-, già denominata -O-“ ha ad oggetto sociale “attività di costruzione, ristrutturazione, restauro, compravendita, rivendita, locazione, amministrazione e gestione sia per conto proprio che per conto di terzi di beni immobili… ”, l’Autorità prefettizia poneva i seguenti elementi:
- il capitale sociale della -O- risultava ripartito tra:
1) -O--O-;
2) -O-.
- in occasione della modifica della denominazione sociale, avvenuta in data 10 settembre 2012, -O-cedeva la sua partecipazione a -O--O-, il quale ricopriva anche la carica di amministratore unico della società;
- -O--O- risulta essere anche:
1) socio ed amministratore unico della -O-
2) socio accomandante della -O-
3) socio della -O-
4) socio e amministratore unico della -O-
- tra i soci della -O-, pluripregiudicato, il quale, in data 26 maggio 2009, è stato tratto in arresto in flagranza del reato di favoreggiamento personale del latitante del clan dei “-O-” -O-;
- tra i soci della -O- figurano anche:
1) -O-, socio accomandante, pluripregiudicato, denunciato per associazione a delinquere di stampo mafioso, condannato per estorsione, indagato per il reato p.e.p. dagli artt. 110 c.p., 81 cpv c.p., 12 quinquies l. n. 152/1992 e 7 l. n. 203/1991 nell’ambito del p.p. n.-O-presso la Procura della Repubblica – DDA di Napoli;
2) -O-, pluripregiudicato;
3) -O-, pluripregiudicato anche per i reati di estorsione ed associazione a delinquere di stampo mafioso.
- -O--O- in più occasioni è stato controllato unitamente a soggetti pregiudicati anche per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso;
- alle dipendenze della -O- si trovano:
1) -O-, segnalato, tra l’altro, per il reato di favoreggiamento personale per aver aiutato -O-, destinatario di o.c.c. emessa dal Tribunale di Napoli in data 28 aprile 2008 per i reati di associazione camorristica ed estorsione ed organico all’organizzazione camorristica “clan dei -O-”, a sottrarsi alla cattura;
2) -O- -O-, direttore tecnico, segnalato in data 15 marzo 2013 per i reati di cui agli artt. 477 e 482 c.p. per avere, in qualità di direttore tecnico della -O-, presentato false certificazioni di esecuzione lavori al fine di ottenere l’attestazione di qualificazione per la partecipazione a gare pubbliche;
3) -O-, suocero di -O- -O-, pregiudicato e controllato unitamente a persone gravate da precedenti penali anche di interesse sotto il profilo della normativa antimafia.
In data 29 marzo 2018 la società interdetta presentava istanza di riesame del provvedimento interdittivo, essenzialmente evidenziando che:
- in data 27 marzo 2018 era stato sottoscritto atto di cessione integrale delle quote della -O- da parte del sig. -O--O- alla -O-, le cui quote erano interamente detenute dalla sig.ra -O-;
- con delibera del socio unico -O- in data 27 marzo 2018 era stata disposta la nomina dell’ing. -O- quale amministratore unico della -O-, conservando il proprio incarico di direttore tecnico della medesima società;
- in data 12 dicembre 2014 era intervenuto decreto di archiviazione in favore dell’ing. -O- da parte del Tribunale di S Maria Capua Vetere.
Come accennato, con il provvedimento prot. n. 3535 in data -O-, l’UTG - Prefettura di Bologna, a riscontro dell’istanza suindicata, comunicava alla -O- che, “ a conclusione dell’aggiornato procedimento accertativo, non sono emersi nuovi o diversi elementi in grado di mutare la precedente valutazione circa la sussistenza del pericolo delle infiltrazioni mafiose di cui all'art. 84, comma 3, del D. Lgs. 159/2011 ”.
Tale provvedimento, come evidenziato dal giudice di primo grado, derivava dagli esiti dell’attività informativa compendiata nel verbale di riunione del Gruppo redatto nella seduta del 16 maggio 2018 e nella relazione di monitoraggio del Gruppo Interforze Ricostruzione Emilia Romagna in data 27 aprile 2018.
Mediante tali atti, a conferma della persistenza della prognosi interdittiva, l’Amministrazione poneva essenzialmente il fatto che “ -O- -O-, attuale amministratore unico della -O-risulta mantenere tuttora significative cointeressenze con -O- -O-, al quale è subentrato nella carica di amministratore unico. Lo stesso infatti ricopre tuttora la carica di amministratore con potere di rappresentanza legale e di agire in maniera disgiunta della “-O-”, con sede in Caserta, -O-) e allo stato inattiva, svolgente l’attività di esecuzione di lavori generali di costruzioni di edifici, commercio e gestione di beni immobili e acquisto, permuta, gestione e amministrazione di fabbricati civili ed industriali, aree edificabili e terreni agricoli, di cui è anche amministratore con pari poteri nonché socio unico proprio -O- -O- sin dal 17.07.2007 ”.
Infine, con il provvedimento prot. n. -O-, richiamati i precedenti provvedimenti interdittivi e le risultanze istruttorie sulle quali si fondavano, la Prefettura di Modena ha emesso nuova informativa nei confronti della società -O- e del suo amministratore, ing. -O-.
Ciò premesso, e richiamate le ragioni, come innanzi sintetizzate, per le quali il T.A.R. ha ritenuto di escludere la sussistenza dei vizi lamentati dalla parte ricorrente a carico dei provvedimenti impugnati, può senz’altro procedersi all’esame (ed al preliminare vaglio di ammissibilità) dei motivi di appello, essenzialmente intesi a lamentare l’inidoneità degli elementi raccolti dall’Amministrazione ad attingere la soglia di rilevanza indiziaria del pericolo di condizionamento atta a legittimare, secondo la consolidata giurisprudenza, l’adozione della misura interdittiva nei confronti dell’ing. -O-: motivi ai quali replica, con apposita memoria difensiva, l’Amministrazione appellata.
Ebbene, l’appello deve essere preliminarmente dichiarato inammissibile.
L’appellante, che agisce nella presente sede di appello esclusivamente a titolo personale (laddove, nella fase introduttiva del giudizio di primo grado, ricorreva “in proprio e quale legale rappresentante della società -O-”) e rivolge le sue doglianze prevalentemente avverso il (nuovo) provvedimento interdittivo adottato dalla Prefettura di Modena, non considera che la sua veste di destinatario della misura interdittiva è connessa esclusivamente alla sua posizione di “amministratore unico” della società interdetta: sì che esso è privo di effetti interdittivi con riguardo alla attività professionale eventualmente svolta a titolo personale dal suddetto ed al di fuori del ruolo amministrativo da lui posseduto nell’ambito della suddetta società.
Del resto, il sistema interdittivo, così come delineato dal legislatore, vede quali soggetti interessati dalle verifiche antimafia esclusivamente “ imprese individuali ” ovvero “ associazioni, imprese, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese ” (cfr. art. 85, commi 1 e 2, d.lvo n. 159/2011), mentre sono estranei al novero dei soggetti interdicibili i liberi professionisti che agiscono al di fuori dell’attività d’impresa.
Tali rilievi non possono non denotare la carenza di interesse in capo all’ing. -O- a dolersi, a titolo personale, di un provvedimento interdittivo che lo attinge nella suindicata veste di amministratore della società interdetta principaliter .
Per di più, mentre il ricorso introduttivo del giudizio proposto avverso il provvedimento interdittivo della Prefettura di Modena si fondava su profili di censura che non distinguevano in maniera netta la posizione della società -O- da quella dell’odierno appellante, questi, nella strutturazione dell’atto di appello, formula rilievi intesi esclusivamente a contestare il suo personale coinvolgimento nella misura interdittiva, realizzando una mutatio libelli di dubbia compatibilità con il precetto di cui all’art. 104, comma 1, c.p.a..
In ogni caso, e ribadito che la legittimità del provvedimento interdittivo della Prefettura di Modena deve essere esaminata nel prisma della stretta correlazione esistente tra la posizione della società -O- e quella dell’ing. -O- (il quale, come si è detto, viene attinto dalla misura interdittiva nella veste di amministratore della suddetta società), l’appello non è meritevole di accoglimento.
Come è noto, sulla scorta di una ormai consolidata esegesi giurisprudenziale cui questa Sezione ha dato un decisivo contributo chiarificatore, “ la verifica della legittimità dell’informativa deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del "più probabile che non", integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (quale è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio” (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2343 del 18 aprile 2018).
Il giudice amministrativo è, a sua volta, chiamato a valutare la gravità del quadro indiziario, posto a base della valutazione prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, e il suo sindacato sull’esercizio del potere prefettizio, con un pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo, consente non solo di sindacare l’esistenza o meno di questi fatti, che devono essere gravi, precisi e concordanti, ma di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l’autorità amministrativa trae da quei fatti secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva, e non sanzionatoria, della misura in esame. Il sindacato per eccesso di potere sui vizi della motivazione del provvedimento amministrativo, anche quando questo rimandi per relationem agli atti istruttori, scongiura il rischio che la valutazione del Prefetto divenga, appunto, una "pena del sospetto" e che la portata della discrezionalità amministrativa in questa materia, necessaria per ponderare l’esistenza del pericolo infiltrativo in concreto, sconfini nel puro arbitrio. La funzione di "frontiera avanzata" dell’informazione antimafia nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato impone, a servizio delle Prefetture, un uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini. E solo di fronte ad un fatto inesistente od obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefettizio, in questa materia, deve arrestarsi. Negare però in radice che il Prefetto possa valutare elementi "atipici", dai quali trarre il pericolo di infiltrazione mafiosa, vuol dire annullare qualsivoglia efficacia alla legislazione antimafia e neutralizzare, in nome di una astratta e aprioristica concezione di legalità formale, proprio la sua decisiva finalità preventiva di contrasto alla mafia, finalità che, per usare ancora le parole della Corte europea dei diritti dell'uomo, consiste anzitutto nel "tenere il passo con il mutare delle circostanze" secondo una nozione di legittimità sostanziale ” (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1825 del 3 marzo 2021).
Ciò chiarito in linea generale, deve osservarsi che l’originario provvedimento interdittivo, adottato dalla Prefettura di Bologna (prot. n. -O- del 9 novembre 2017), la cui portata soggettiva era circoscritta alla società -O-, si fondava su una pluralità di elementi indiziari atti a corroborare, secondo il canone probatorio del “più probabile che non” ed alla stregua del vigente assetto societario dell’impresa interdetta, la prognosi di permeabilità mafiosa formulata dall’Amministrazione.
E’ sufficiente a tal fine considerare che, alla data dell’adozione della misura interdittiva, il sig. -O--O-, socio ed amministratore unico della società interdetta, si trovava al centro di una fitta rete di relazioni societarie intercorrenti che ne ponevano in luce i collegamenti con diversi soggetti controindicati, quali:
- -O-, insieme al quale il -O-era socio della società -O-, pluripregiudicato e tratto in arresto, in data 26 maggio 2009, in flagranza del reato di favoreggiamento personale del latitante del “clan dei -O-” -O-;
- -O-, insieme al quale il -O-era socio accomandante della società -O-, pluripregiudicato e denunciato per associazione a delinquere di stampo mafioso, condannato per estorsione, indagato per il reato p.e.p. dagli artt. 110 c.p., 81 cpv c.p., 12 quinquies l. n. 152/1992 e 7 l. n. 203/1991 nell’ambito del p.p. n.-O-presso la Procura della Repubblica – DDA di Napoli;
- -O-, pluripregiudicato, anch’egli socio, insieme al -O-, della società -O-
- -O-, pluripregiudicato anche per i reati di estorsione ed associazione a delinquere di stampo mafioso, socio al pari del -O-della società -O-.
A fondamento del suindicato provvedimento interdittivo veniva anche evidenziato che -O--O- era stato controllato in più occasioni unitamente a soggetti pregiudicati anche per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e che alle dipendenze della -O- si trovavano soggetti controindicati, come -O- (segnalato, tra l’altro, per il reato di favoreggiamento personale per aver aiutato -O-, destinatario di o.c.c. emessa dal Tribunale di Napoli in data 28 aprile 2008 per i reati di associazione camorristica ed estorsione ed organico all’organizzazione camorristica “clan dei -O-”, a sottrarsi alla cattura), -O- -O- (direttore tecnico, segnalato in data 15 marzo 2013 per i reati di cui agli artt. 477 e 482 c.p. per avere, in qualità di direttore tecnico della -O-, presentato false certificazioni di esecuzione lavori al fine di ottenere l’attestazione di qualificazione per la partecipazione a gare pubbliche) e -O- (suocero di -O- -O-, pregiudicato e controllato unitamente a persone gravate da precedenti penali anche di interesse sotto il profilo della normativa antimafia).
Richiamato quindi il principio giurisprudenziale che impone una valutazione unitaria degli elementi indiziari addotti dall’Amministrazione a fondamento della misura interdittiva, deve infatti osservarsi che la pluralità dei collegamenti tra il sig. -O-, rivestente all’epoca un ruolo di spicco – sul piano proprietario e gestionale - nell’ambito della società interdetta, e soggetti gravati da controindicazioni rilevanti agli effetti della normativa antimafia non può non costituire un indice gravemente sintomatico della concreta possibilità di condizionamento mafioso della società interdetta, così come del suo amministratore unico.
Chiarito altresì che, del resto, l’esistenza ratione temporis ( recte , alla data di adozione del provvedimento interdittivo del 9 novembre 2017) di una seria concatenazione indiziaria suscettibile di fondare un legittimo giudizio di permeabilità criminale esula dall’oggetto della controversia, occorre verificare se gli elementi sopravvenuti, evidenziati dalla originaria società ricorrente con l’istanza di riesame del 29 marzo 2018, fossero idonei a giustificare la revisione del giudizio originario e, quindi, liberare la società interessata (e, di riflesso, il suo amministratore unico) dal giogo dell’interdizione.
Premesso che l’istanza suindicata era incentrata essenzialmente sul fatto che, in data 27 marzo 2018, il -O-aveva ceduto la sua integrale partecipazione nella società -O- alla -O-, le cui quote erano interamente detenute dalla sig.ra -O-, e che con delibera emessa in pari data dal socio unico -O- l’ing. -O- era stato nominato amministratore unico della -O- (carica che si sommava a quella già posseduta di direttore tecnico della medesima società), oltre che sulla intervenuta archiviazione del procedimento penale a carico del medesimo ing. -O-, l’Amministrazione prefettizia, con il provvedimento di diniego del richiesto riesame del -O- (come può evincersi dagli atti della relativa istruttoria), ribadiva la persistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella società -O-, sul rilievo che il suo neo-amministratore unico, ing. -O-, risultava “ mantenere tuttora significative cointeressenze con -O- -O- (…). Lo stesso infatti ricopre tuttora la carica di amministratore con potere di rappresentanza legale e di agire in maniera disgiunta della “-O-”, con sede in Caserta, -O-) e allo stato inattiva, svolgente l’attività di esecuzione di lavori generali di costruzioni di edifici, commercio e gestione di beni immobili e acquisto, permuta, gestione e amministrazione di fabbricati civili ed industriali, aree edificabili e terreni agricoli, di cui è anche amministratore con pari poteri nonché socio unico proprio -O- -O- sin dal 17.07.2007 ”.
Deduce in proposito l’odierno appellante che la società -O- “ risultava, già all’epoca delle prime contestazioni, completamente inattiva ” e che “ il -O- è poi cessato dalla carica di amministratore della -O- poche settimane prima della notifica del provvedimento interdittivo emesso dalla Prefettura di Modena in conseguenza del diniego di riesame, con ciò chiaramente evidenziandosi che i rapporti dell’odierno ricorrente con il -O-e la sua società si erano già del tutto esauriti al momento dell’effettuazione degli ultimi rilievi da parte del Gruppo Interforze di Bologna ”.
Ebbene, come si evince dalla visura camerale depositata dalla parte ricorrente agli atti del giudizio avente ad oggetto il provvedimento interdittivo adottato in data 1° marzo 2019 dalla Prefettura di Modena (impugnato dall’ing. -O-, come si è detto, in proprio e quale legale rappresentante della società -O-), la dismissione della carica amministrativa nell’ambito della società -O- da parte dell’ing. -O- (e, quindi, la dedotta interruzione dei rapporti di cointeressenza tra il suddetto ed il sig. -O--O-) è avvenuta in data 2 maggio 2019 (e la relativa variazione registrata in data 31 maggio 2019), ovvero in epoca ampiamente successiva al provvedimento di diniego di riesame della Prefettura di Bologna (così come, peraltro, al successivo provvedimento interdittivo adottato dalla Prefettura di Modena in data 1° marzo 2019): circostanza che ne rivela da sola l’inidoneità ad inficiare, secondo il noto principio tempus regis actum , la legittimità del provvedimento suindicato.
Né, al medesimo fine, assume rilievo il fatto che la suddetta società fosse inattiva, non essendo tale circostanza sufficiente a sterilizzare la valenza probatoria, ai fini della valutazione antimafia, del ruolo di co-amministrazione assunto dall’ing. -O- e dal sig. -O- -O-nell’ambito della medesima società (del resto, la stessa variazione intervenuta in data 2 maggio 2019 dimostra che, sebbene inattiva sul piano della concreta attività imprenditoriale, la suddetta società fosse tutt’altro che “immobile” sul piano gestionale-organizzativo).
In ogni caso – e tale rilievo vale ad escludere che le circostanze allegate dalla parte appellante possano assumere attitudine invalidante anche nei riguardi del successivo provvedimento interdittivo adottato in data 1° marzo 2019 dalla Prefettura di Modena – dagli atti propedeutici all’adozione del provvedimento confermativo dell’originaria interdittiva, dianzi richiamati, si evincono i seguenti dati qualificanti, non puntualmente censurati dalla parte appellante ed atti ad escludere che la dismissione delle quote societaria detenute dal -O-nella società -O- fosse riconducibile ad un genuino disegno “dissociativo” perseguito dalla società nei confronti dei soggetti veicolanti, secondo la ragionevole valutazione prefettizia, il pericolo di condizionamento mafioso:
- la società cessionaria (-O-) era stata costituita in data 12 marzo 2018, ovvero in epoca immediatamente prossima alla cessione (avvenuta in data 27 marzo 2018) delle quote della -O- da parte del -O-;
- la società cessionaria era “inattiva”;
- la -O- era posseduta interamente dalla sig.ra -O-, coniuge dell’ing. -O-, e la stessa società aveva provveduto alla nomina quale amministratore unico della -O- dell’ing. -O-;
- la -O- aveva la sua sede presso la sede secondaria della -O-.
Ebbene, deve ritenersi che i suindicati elementi, esaminati nella loro unitarietà sintomatica, siano indicativi del fatto che le variazioni societarie intervenute, lungi dal rispondere ad una plausibile logica di carattere organizzativo (ovvero dall’essere funzionali ad un reale disegno purificatorio della società interessata dal pericolo di condizionamento riscontrato dall’Amministrazione con l’originario provvedimento interdittivo), fossero finalizzati a precostituire gli elementi giustificativi dell’istanza di riesame (presentata in data 29 marzo 2018), senza elidere i profili di permanenza della società entro un’area pericolosamente esposta ai tentativi di condizionamento mafioso (attraverso, essenzialmente, il rapporto di cointeressenza tra l’ing. -O-, neo-amministratore della società -O-, ed il sig. -O--O-, tra i quali come si è detto, alla data di adozione dei provvedimenti impugnati in primo grado, permaneva la situazione di compresenza gestionale all’interno della società -O-).
La stessa Prefettura di Bologna, del resto, non ha omesso di evidenziare il valore sintomatico dei suddetti elementi, rilevandosi dagli atti istruttori che “il permanere di cointeressenze, quali attuali amministratori della società “-O-“ di Caserta tra il -O- -O- ed il -O- -O-, quest’ultimo a sua volta vicino, per interessi economici, a soggetti contigui alla criminalità organizzata campana, potrebbero far ricondurre, per le modalità e i tempi in cui vengono realizzate, nell’alveo delle controindicazioni ai fini antimafia di cui all’art. 84, comma 4, lettera f), le recenti modifiche societarie apportate nella “-O-(MO)”: a tale riguardo, sebbene i menzionati mutamenti societari non rispecchino fedelmente la fattispecie indiziaria di cui all’art. 84, comma 4, lett. f) d.lvo n. 159/2011 (a mente del quale le situazioni sintomatiche del pericolo di condizionamento mafioso possono essere desunte, tra l’altro, “ dalle sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti di cui alle lettere a) e b), con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l'intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia ”), non può negarsi che esse assumano la sintomaticità preventiva posta in risalto dall’Amministrazione (e non specificamente censurata dalla parte appellante).
I rilievi che precedono sarebbero sufficienti, anche alla luce del nesso di immediata derivatività tra l’interdittiva adottata dalla Prefettura bolognese e quella promanante dalla Prefettura di Modena, a respingere l’appello anche relativamente a quest’ultima.
Ciò vale tanto più in quanto l’appellante ing. -O-, come già evidenziato, è attinto dal provvedimento interdittivo nella qualità di amministratore unico della società -O- e gli effetti della misura preventiva nei confronti del soggetto societario sono inscindibili da quelli che ne coinvolgono l’organo amministrativo: non senza osservare, anzi, che risponde ad una corretta ricostruzione della concreta genesi nella specie della misura interdittiva, e dei fatti sintomatici che sono alla base del pericolo di condizionamento, che sia stato proprio l’organo amministrativo a fungere, nell’ottica dell’Amministrazione, da tramite dell’influenza criminale che il provvedimento interdittivo mira a neutralizzare (sì che lo stesso, ergo la persona fisica che detiene la relativa carica societaria, non potrebbe restare immune, in tale veste, dagli effetti interdittivi).
Non può tuttavia non farsi a meno di richiamare le ulteriori risultanze istruttorie acquisite dal Prefetto di Modena e di cui è traccia nella relazione istruttoria depositata dall’Amministrazione, agli atti del giudizio di primo grado, in data 2 ottobre 2019.
Da essa si evince infatti, tra l’altro, che:
- -O-, coniuge di -O-, è sorella di -O-, moglie di -O- -O-;
- -O-è stato amministratore unico della -O-, subentrando in tale carica a -O--O-, prima di diventare, dal 12 marzo 2018, amministratore unico della “-O-;
- la -O-che ha come amministratore unico -O-, attualmente detiene il 40% della -O-
- successivamente alla interdittiva emessa in data 9 novembre 2017 dalla Prefettura di Bologna nei confronti della -O-, le quote detenute da quest’ultima nella -O- sono state trasferite, con atto del 12 dicembre 2017, alla -O-.;
- l’ing. -O- è stato anche socio al 49% della “-O-
- l’ing. -O- è subentrato a -O-nella carica di amministratore della -O-
- la “-O-” risultano avere la stessa sede legale.
I menzionati elementi, oltre a denotare la sussistenza di un intreccio parentale (recte, di affinità) e societario tra i soggetti suindicati (compresi i sig. -O--O- e -O-), evidenziano che le descritte variazioni societarie (in particolare, la cessione da parte del -O-e favore del -O- delle quote possedute nella -O- e la cessione da parte della -O- e favore della -O- delle quote possedute nella -O-) sono intervenute in un frangente temporale che ne denota la finalizzazione a neutralizzare gli effetti delle misure interdittive, attraverso atti di apparente quanto strumentale dissociazione dai soggetti controindicati, ma nella realtà inidonei a dimostrare la fuoriuscita degli stessi dall’area di influenza della criminalità organizzata.
Deve solo aggiungersi che se passano in secondo piano i riferimenti, contenuti negli impugnati provvedimenti interdittivi, al sig. -O-, sui quali pure si appuntano le censure di parte appellante, le considerazioni che precedono non consentono di estromettere dal circuito inferenziale sui quali si fonda il provvedimento interdittivo della Prefettura di Modena l’ing. -O- (che, insieme alla -O- e quale amministratore della stessa, come detto a più riprese, è attinto dal medesimo provvedimento), anche perché illustrative del fatto che i rapporti del -O- con il sig. -O--O-, costituente il principale veicolo del condizionamento mafioso posto a fondamento della misura interdittiva oggetto di giudizio, travalica il piano dei meri rapporti parentali, assumendo concretezza anche sul piano delle relazioni societario-imprenditoriali.
Né assume rilievo viziante la deduzione di parte appellante intesa ad evidenziare che in sede istruttoria è emersa nei confronti dell’ing. -O- l’inesistenza “ condizioni ostative previste dall’art. 67 del D. Lgs. 6 settembre 2011 n. 159 ” così come di “ controindicazioni dalle quali determinare eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa ” (cfr. nota della Legione dei Carabinieri dell’Emilia-Romagna – Comando Provinciale di Bologna in data 19 febbraio 2019), tenuto conto che il pericolo di condizionamento deve essere ricavato da una visione unitaria degli atti istruttori e, laddove congruamente argomentato dall’Amministrazione, non è inficiato dalle risultanze di segno contrario eventualmente acquisite al procedimento.
L’appello in conclusione, per le ragioni esposte, deve essere dichiarato inammissibile e comunque infondato.
L’appellante deve essere condannato alla refusione delle spese a favore dell’Amministrazione appellata, nella complessiva misura di € 3.000,00, oltre oneri di legge.