Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-02-01, n. 202100923

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-02-01, n. 202100923
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100923
Data del deposito : 1 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2021

N. 00923/2021REG.PROV.COLL.

N. 09515/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9515 del 2014, proposto da
L G, rappresentato e difeso dall'avvocato G D B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sistina 121;

contro

Comune di Cesena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato B G, domiciliato presso la Cons. Di Stato Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00655/2014, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cesena;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2020 il Cons. G O.

L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell'art. 25, comma 2, del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata indicata in epigrafe il Tar dell’Emilia-Romagna ha respinto il ricorso proposto dal signor Garaffoni per l’annullamento del provvedimento del comune di Cesena prot. 20/55 del 5 aprile 2006 recante “diniego di titolo abitativo edilizio in sanatoria” e degli atti connessi.

L’odierno appellante aveva presentato in data 5 aprile 2006 una domanda di condono edilizio ai sensi dell’articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326/2003 per realizzare un “mutamento di destinazione d’uso con opere di un attrezzaia in civile abitazione…”.

Il Comune ha respinto l’istanza con la motivazione che non era stato dimostrato che il mutamento di destinazione d’uso fosse già avvenuto alla data prevista dalla legge del 31 marzo 2003. Anche il sopralluogo dei tecnici del Comune, svoltosi in data 17 maggio 2005, avrebbe rilevato l’incompletezza dei lavori.

Il Tar ha confermato il provvedimento dell’amministrazione ritenendo infondati i motivi del ricorso di primo grado volti a evidenziare, in particolare, che entro la data del 31 marzo 2003 erano state ultimate le opere strutturali del fabbricato e che successivamente i lavori hanno interessato solo aspetti di finitura.

2. L’appello rileva l’erroneità della sentenza del Tar deducendo plurimi motivi di gravame concernenti sia la violazione di legge che l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, travisamento, illogicità e contraddittorietà.

3. Il comune di Cesena si è costituito in giudizio in data 4 novembre 2016 e ha depositato una memoria il 13 novembre 2020 nella quale chiede la conferma della sentenza gravata.

Parte appellante ha depositato una memoria in data 13 novembre 2020 riproponendo le censure dedotte con l’atto di appello.

4. Nell’udienza del 17 dicembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. L’appello non è fondato.

5.1. L’appellante censura, in primo luogo, la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che il ricorrente non avesse assolto all’onere probatorio concernente la conclusione dei lavori entro la data prevista dalla legge. Viene rilevato in proposito che è stata prodotta la prova dei lavori eseguiti fin dall’anno 2000 e che la distribuzione interna dei vani e la riapertura delle finestre, nonché la copertura e l’impiantistica sarebbero elementi sufficienti a dimostrare la diversa destinazione d’uso dell’immobile. La sentenza sarebbe contraddittoria inoltre perché da un lato afferma la mancanza di prove e dall’altro fonda la decisione sullo stato di incertezza dei lavori alla data del 31 marzo 2003. Si rileva che, invece, come documentato dalla relazione tecnica depositata in primo grado, entro la scadenza prevista erano state realizzate le opere indispensabili a rendere effettivamente possibile il diverso uso dell’immobile.

Viene contestata, in secondo luogo, la motivazione carente della sentenza con riferimento alle censure dedotte in ordine alla mancanza di una idonea motivazione giustificativa dell’atto negativo adottato dal Comune e alla violazione dei diritti di partecipazione dell’istante al procedimento amministrativo.

5.2. Le censure non sono meritevoli di accoglimento.

Nel provvedimento adottato dal Comune oggetto del presente giudizio viene espressamente motivato il diniego dell’istanza di condono dovuto al fatto che l’immobile “non era fornito delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile l’uso abitativo, cioè diverso da quello assentito di attrezzaia”. Il provvedimento fa riferimento in particolare all’esito del sopralluogo eseguito in data 17 maggio 2005 da cui è emerso che “i lavori, a quella data, erano ancora in corso;
era stato realizzato un soppalco e la divisione del piano terra con pareti in muratura”, tuttavia, la struttura “era priva di infissi interni ed esterni, di intonaco, di pavimentazione, gli impianti elettrico ed idraulico non erano funzionalmente ultimati, i rivestimenti dei bagni e i sanitari erano mancanti”.

L’atto impugnato appare pertanto adeguatamente motivato, non essendo rilevante la mancata allegazione degli atti endo-procedimentali. Inoltre, come riferito dallo stesso appellante nel ricorso introduttivo, il comune di Cesena ha inviato in data 14 novembre 2005 un preavviso del diniego e, successivamente, su richiesta del signor Garaffoni, una nuova comunicazione nella quale ha indicato le motivazioni del diniego a cui l’odierno appellante ha replicato con memoria oppositiva. Non si rilevano pertanto violazioni dei diritti di partecipazione al procedimento fissati dalla legge n. 241 del 1990.

5.3. Per quanto riguarda il merito del diniego, vale a dire la mancata prova della conclusione dei lavori entro la scadenza di legge per poter accedere al condono, si deve rilevare che la descrizione dello stato dell’immobile contenuta nel verbale di sopralluogo svolto dai tecnici del Comune in data 17 maggio 2005 non viene smentita dall’appellante. La stessa relazione tecnica di parte depositata in primo grado conferma che entro la data del 30 marzo 2003 si era proceduto alla realizzazione del soppalco, alla tramezzatura dei locali, alla intonacatura interna delle pareti e alla predisposizione degli impianti attraverso la realizzazione delle canalizzazioni sottotraccia e della posa delle scatole per le prese e i comandi dell’impianto elettrico.

L’appellante ritiene però che tali lavori fossero sufficienti a quel “completamento funzionale” richiesto dalla legge e da interpretare come la realizzazione delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile l’uso diverso da quello assentito nel senso, come indica la relazione tecnica, che la parte dei lavori svolti consenta di considerare “oggettivamente riconoscibili il disegno progettuale e il diverso uso cui è destinata”.

La giurisprudenza della sezione ha chiarito, in termini generali, che “ il concetto di completamento funzionale deve riferirsi alla realizzazione di un intervento di cui sia possibile riconoscere le caratteristiche tipologiche, in quanto siano presenti gli aspetti essenziali che ne individuano la funzione e ne consentano l’utilizzo ” (tra le molte, sentenza n. 4168 del 2018). Con specifico riferimento al condono dell’abusivo mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, il consolidato orientamento giurisprudenziale da cui la sezione non ha motivo di discostarsi, ha stabilito che il completamento funzionale va inteso nel senso che “ il manufatto deve essere già fornito delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile l’uso diverso da quello assentito ” entro il termine ultimo fissato dalla legge (Cons. St. sez. VI, n.150 del 2019).

Nel caso di specie, il sopralluogo del 17 maggio 2005 ha accertato che, a quella data, le opere erano ancora in corso e che non erano stati realizzati alcuni lavori indispensabili a rendere possibile l’uso abitativo dell’immobile. In particolare, si rilevava la mancanza degli infissi interni ed esterni, circostanza non smentita dalla relazione tecnica di parte. Come ha sottolineato la Sezione in una recente sentenza “ la mancanza degli infissi esterni esclude che il manufatto destinato ad uso abitativo possa essere ritenuto funzionalmente completato” (sentenza n. 2541 del 2020).

Prescindendo quindi dalle censure concernenti l’assolvimento dell’onere probatorio, e in linea con l’interpretazione della giurisprudenza del concetto di completamento funzionale nel caso di abuso da condonare consistente nel cambiamento della destinazione d’uso di un immobile (diverso dalla realizzazione di nuove opere, cui si riferiscono molti dei precedenti citati dall’appellante), si deve ritenere che alla data prevista dalla legge l’opera oggetto di sanatoria non fosse completata.

6. Alla luce delle esposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

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