Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-07-28, n. 201503692
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N. 03692/2015REG.PROV.COLL.
N. 03334/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3334 del 2014, proposto dal signor B C C, rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto presso il signor G M G in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
contro
Il Comune di Comacchio, rappresentato e difeso dall'avv. B G, con domicilio eletto presso il signor A P in Roma, via Cosseria, n. 2;
per l'ottemperanza
della sentenza del T.A.R. Emilia-Romagna – Bologna, Sezione I n. 62/2014, resa tra le parti, concernente l’ottemperanza della sentenza del T.A.R. n. 8122/2010;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Comacchio;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2015 il Cons. Sabato Guadagno e uditi per le parti l’avvocato Gabriele Pafundi, su delega dell'avvocato A M, e l’avvocato B G;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il sig. B C C esponeva di essere stato assunto con la qualifica dirigenziale con pubblico concorso indetto dal Comune intimato, che con successiva deliberazione G.M. n. 863 del 18 agosto 2007 comunicava il recesso dal contratto, ai sensi dell’art. 15 del contratto collettivo nazionale di lavoro per mancato superamento del periodo di prova.
1.1- Il ricorrente impugnava tale deliberazione G.M. n. 863 del 2007 avanti al Tar Emilia Romagna –Sezione di Bologna, che con sentenza n. 8122 del 16 dicembre 2010 accoglieva il ricorso ed annullava il provvedimento di recesso per incompetenza della giunta comunale, trattandosi di competenza sindacale ai sensi della legge n.142/1990 e dell’art. 24, comma sesto, dello statuto del Comune, e rigettando tutte le ulteriori censure..
2.- Successivamente il ricorrente proponeva ricorso allo stesso Tar Emilia Romagna –Sezione di Bologna per l'ottemperanza alla suddetta sentenza n. 8122/2010 ed, in subordine, per l’annullamento del provvedimento del segretario generale del comune di Comacchio del 19 giugno 2013 di convalida della deliberazione di recesso della Giunta Comunale n. 863 del 18 agosto 1997.
2. Con l’impugnata sentenza n. 62/2014, il T.A.R. Emilia-Romagna – Bologna - Sezione I respingeva il ricorso proposto dal sig. B C C sia per quanto concerne l’azione di ottemperanza sia per quanto concerne l’azione impugnatoria, rilevando che la sentenza del Tar n. 8122/2010 aveva accolto il ricorso limitatamente al vizio dedotto di incompetenza, respingendo, per infondatezza, tutte le altre censure dedotte.
3.- Il sig. B C C ha proposto appello avverso la suddetta sentenza n. 62/2014, deducendone l’illegittimità e riproponendo le censure di primo grado.
3.1- Alla camera di consiglio del 25 giugno 2015, l’appello è stato trattenuto per la decisione.
4.- Preliminarmente il Collegio ritiene di non poter accogliere l’istanza dell’odierno appellante di riunione tra il presente ricorso e quello proposto dal Comune di Comacchio (n.r.g. 3064/2011), entrambi in trattazione in data odierna, data che quest’ultimo è in discussione nell’udienza pubblica, mentre il presente ricorso è in trattazione in camera di consiglio ed, a parte la differenza di rito, non si ravvisa la necessità di tale trattazione congiunta.
4.1 - In ulteriore via preliminare si osserva che la parte appellante ha proposto il giudizio d’ottemperanza in primo grado alla sentenza del Tar n. 8122/2010, prima del suo passaggio in giudicato.
5. Il ricorso è infondato sia per quanto concerne l’azione di ottemperanza sia per quanto concerne l’azione impugnatoria, contestualmente azionata in via subordinata.
6.- Passando alla disamina delle censure, va disattesa la prima censura, con cui è stata dedotta la violazione dell'art. 6 della legge 18 marzo 1968, n. 249, e dell'art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990 n. 241, in quanto l’Amministrazione comunale avrebbe esercitato il potere di convalida di cui all'art. 6 della legge n. 249/1968 di un provvedimento annullato in sede giurisdizionale e quindi la convalida del vizio di incompetenza della deliberazione di Giunta, annullata dal TAR, sarebbe non solo illegittima, ma nulla ed inefficace in ordine ad un atto inesistente.
In proposito, si rileva in primo luogo che la originaria sentenza del TAR – pur avendo accolto il ricorso limitatamente al vizio dedotto di incompetenza – ha respinto, per infondatezza, tutte le altre censure dedotte, di carattere sostanziale.
In assenza di una impugnazione dell’interessato (che avrebbe potuto dedurre in grado d’appello che l’annullamento per incompetenza avrebbe dovuto precludere l’esame degli altri motivi), la medesima sentenza del TAR ha comportato un giudicato anche in ordine alla reiezione dei motivi di carattere sostanziale.
A seguito della pubblicazione della sentenza del TAR n. 8122 del 2010, l’Amministrazione comunale si è trovata in una peculiare posizione, poiché il proprio provvedimento (che aveva disposto il recesso) è stato considerato giustificato sul piano sostanziale, ma adottato da una autorità incompetente.
Del tutto legittimamente il segretario generale, con il provvedimento del 19 giugno 2013, ha proceduto a dare seguito alla sentenza, sostanzialmente facendo proprio il contenuto sostanziale del precedente atto (risultato per questo aspetto legittimo) e rendendo irrilevante il profilo della incompetenza, rilevato dal giudice di primo grado.
Né può condividersi la deduzione di parte appellante circa la nullità del provvedimento di convalida.
E’ decisivo considerare che la sentenza del TAR, che aveva ravvisato l’incompetenza, era stata imugnata innanzi al Consiglio di Stato dal Comune, sicché risultava anche il presupposto del giudizio pendente, preso in considerazione dalla richiamata legge n. 249 del 1968.
Vanno altresì disattesi gli ulteriori profili di censura in ordine all’efficacia ex tunc della convalida.
L’appellante ha dedotto che l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere all’integrale riesame di tutti gli elementi al fine di pervenire ad una nuova determinazione.
A tale prospettazione osta l’evidenziata circostanza che gli altri motivi del ricorso di primo grado non erano stati dichiarati assorbiti, ma esaminati e rigettati, perché ritenuti infondati.
Cominciare ex novo la relativa procedura avrebbe determinato non solo la violazione del principio costituzionale ex art. 97 Cost. del buon andamento della pubblica amministrazione (nel cui ambito rientra anche il principio della celerità dell’attività amministrativa), ma anche la mancata considerazione delle statuizioni, di per sé rilevanti, con cui il TAR aveva ravvisato la sostanziale legittimità dell’atto impugnato, in ragione della sussistenza delle relative ragioni giustificative.
Né può trovare accoglimento la seconda censura, con cui si deduce la violazione dell'art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990 n. 241, secondo cui la convalida del provvedimento sarebbe consentito solo per ragioni di interesse pubblico e purché il relativo potere venga esercitato entro un termine ragionevole.
In primo luogo, la valutazione degli interessi pubblici vi è stata, mediante il richiamo al contenuto sostanziale dell’originario provvedimento di recesso, considerato di per sé giustificato dalla stessa originaria sentenza del TAR, nonché al richiamo alla opportunità di mantenere fermi gli effetti del recesso stesso, in ragione di ciò che ha caratterizzato lo svolgimento del periodo di prova, nel corso del rapporto di lavoro instaurato con l’appellante.
In altri termini, in sede di convalida – anche col richiamo al contenuto della sentenza del TAR – vi è stata una ulteriore valutazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico alla cessazione del rapporto di lavoro instaurato con l’appellante.
In secondo luogo, l’Amministrazione ha provveduto con la convalida quando la sentenza del TAR, poi appellata, ha riscontrato il vizio di incompetenza, sicché non si ravvisano anomalie rispetto ai tempi che hanno caratterizzato la vicenda.
Del resto, il protrarsi della definizione della vicenda è riconducibile al protrarsi della pendenza del giudizio proposto contro il primo atto di recesso: il provvedimento di convalida del segretario generale ha puntualmente richiamato l’interesse pubblico di dare esecuzione alla decisione del giudice amministrativo, salvaguardando gli interessi dell’Amministrazione.
Né ha pregio la terza censura, con cui l’appellante deduce, in via subordinata, l’incompetenza del segretario generale del Comune di Comacchio in ordine all’adozione del provvedimento del 19 giugno 2013 di convalida della deliberazione di recesso della Giunta Comunale n. 863 del 18 agosto 1997.
Al riguardo, l’interessato ha dedotto la violazione degli articoli 89 e 97 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, degli artt. 31, 28 e 29 dello statuto dell'ente, e degli articoli 55, 55 bis e segg. del d. ls. N. 165 del 2001.
Al riguardo il Collegio rileva che l'art. 30, comma terzo, dello statuto comunale è stato modificato con deliberazione del 29 aprile 2013, che ha sancito specificamente la competenza del segretario per l 'adozione dei provvedimenti di licenziamento del personale di qualifica dirigenziale dell'ente e del comandante di polizia municipale per mancato superamento del periodo di prova.
Tale delibera non è stata oggetto di alcuna impugnazione, ha determinato la competenza del segretario generale e, in quanto emessa prima del provvedimento del segretario generale, comporta la sussistenza della competenza di tale organo amministrativo.
Va infine rigettata la quarta censura, con cui l’appellante ribadisce l’illegittimità del provvedimento di convalida per i motivi dianzi esposti, in quanto sostanzialmente ripetitiva delle precedenti censure, risultate infondate.
7. L’appello va pertanto respinto.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di questo grado del giudizio.