Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-12-29, n. 202108704

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-12-29, n. 202108704
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108704
Data del deposito : 29 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/12/2021

N. 08704/2021REG.PROV.COLL.

N. 04628/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4628 del 2020, proposto da
Comune di Parma, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F G, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Iren Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati N A, G C, F S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F S in Roma, via Pinciana 25;
Iren Ambiente s.p.a., Iren s.p.a., non costituite in giudizio;

nei confronti

ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna- Sezione staccata di Parma (Sezione Prima) 17 gennaio 2020, n. 10, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Iren Energia S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2021, tenuta in collegamento da remoto, il consigliere A R e uditi per le parti, sempre in collegamento da remoto, gli avvocati Gualandi, Aicardi e Chiofalo, in dichiarata delega dell’avvocato Sciaudone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo per l’Emilia Romagna- Sezione Staccata di Parma ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso del Comune di Parma per l'accertamento della proprietà pubblica dell’estensione della rete di teleriscaldamento - realizzata dalla società Iren Energia s.p.a in epoca successiva al rilascio (con delibera della Giunta Provinciale di Parma n. 938 del 15.10.2008) in favore della sua dante causa Enia s.p.a. dell'autorizzazione integrata ambientale per la costruzione ed esercizio del Polo Ambientale Integrato per la gestione dei rifiuti di Parma ( “PAIP” )- e dell'obbligo della stessa società di trasferirne a titolo gratuito la proprietà al Comune, nonché per l’esecuzione di tale obbligo in forma specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c..

2. Avverso tale sentenza propone appello il Comune di Parma, affidandolo ai seguenti motivi di censura: “I) Illegittimità ed erroneità della statuizione in tema di giurisdizione dell’a.g.o. Violazione e falsa applicazione dell’art. 133 c.p.a. Difetto di motivazione. Falso presupposto di fatto e di diritto. Errata valutazione delle risultanze istruttorie. II) Violazione di legge. Difetto di motivazione. Falso presupposto di fatto e di diritto. Errata valutazione delle risultanze istruttorie. III) Violazione di legge. Difetto di motivazione. Falso presupposto di fatto e di diritto. Errata valutazione delle risultanze istruttorie.”

2.1. L’appello domanda pertanto la riforma della sentenza che ha dichiarato d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e il rinvio al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 cod. proc. amm. per la decisione nel merito della controversia.

2.2. Resiste all’appello la società Iren Energia s.p.a., argomentandone l’infondatezza e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

L’appellata Iren Energia ha altresì formulato domanda riconvenzionale in via condizionata, chiedendo, per il caso di accoglimento dell’appello e delle domande ivi formulate, la condanna del Comune al pagamento in suo favore di un indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c., nella misura di € 38.900.000 (costituente l’ammontare degli investimenti effettuati negli anni per la realizzazione dell’estensione e sulla base del valore della stessa, risultante dalla documentazione contabile e dai bilanci della società), ovvero nel diverso importo da determinarsi in corso di giudizio.

2.3. All’udienza del 17 giugno 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

3. L’appello contesta la sentenza in epigrafe che ha declinato la giurisdizione ritenendo la sussistenza sulla controversia della giurisdizione del giudice ordinario.

Il Comune sostiene infatti che, sebbene con il ricorso l’ente abbia “rivendicato” la proprietà comunale dell’opera di cui si discute e, pertanto, ad un primo esame l’azione potrebbe qualificarsi come petitoria, l’accertamento oggetto della domanda proposta riguarderebbe invece anzitutto la “qualificazione” dell’estensione della rete: in particolare al giudice sarebbe stato chiesto di accertare se la realizzazione dell’opera sia stata affidata dal Comune nell’ambito delle proprie scelte di governo del territorio quale infrastruttura per l’urbanizzazione o strumentale al servizio pubblico.

Oggetto della controversia non sarebbe, dunque, l’attribuzione della titolarità del bene in parola all’Amministrazione o al privato, ma a monte la riconducibilità dell’opera realizzata a scelte e funzioni pianificatorie dell’ente, in esercizio di poteri discrezionali, in epoca anteriore all’iniziativa imprenditoriale della realizzazione del Polo Ambientale Integrato per la gestione dei rifiuti di Parma.

3.1. L’accertamento riguarderebbe, pertanto, atti e comportamenti del Comune costituenti espressione di poteri autoritativi e della cura di interessi pubblici, non una mera controversia sulla proprietà della rete: poiché dunque il petitum sostanziale investe l’esercizio di un potere pubblico e la legittimità dei provvedimenti amministrativi che ne sono manifestazione, la giurisdizione apparterebbe al giudice amministrativo.

A quest’ultimo è stato infatti richiesto, in prospettazione, di accertare “la genesi, la natura e il regime giuridico” dell’estensione della rete di teleriscaldamento, che è opera di urbanizzazione primaria o comunque destinata a un servizio pubblico: la decisione di tali questioni richiede di conseguenza il previo esame del rapporto esistente tra il Comune e Iren Energia, dal quale è scaturita l’esecuzione dell’estensione stessa. In tale prospettiva l’attribuzione della proprietà e l’ulteriore questione concernente l’individuazione della disciplina applicabile al bene in oggetto sotto il profilo edilizio costituirebbero (non l’oggetto, bensì) l’effetto dell’accertamento giurisdizionale richiesto con il ricorso introduttivo. Anche la delibera ANAC n. 14/2015 avrebbe ricondotto la rete di teleriscaldamento in questione al novero delle opere di urbanizzazione primaria ovvero di opere pubbliche di adeguamento infrastrutturale e trasformazione del territorio.

La sentenza impugnata avrebbe così erroneamente “invertito” l’ordine delle questioni: escludendo a priori la propria giurisdizione sulla causa concernente a suo avviso un’azione petitoria, non si sarebbe compiutamente soffermata sulla ricostruzione dei rapporti tra il Comune di Parma ed Iren Energia, né sui profili concernenti la natura, la funzione, il regime dell’estensione della rete di teleriscaldamento, non avvedendosi né dell’esercizio, nella fattispecie, di poteri amministrativi finalizzati al perseguimento dell’interesse pubblico, né della riconducibilità della controversia alle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettere f) e c) del Codice del processo amministrativo.

3.2. Con il secondo motivo l’appello impugna il capo della sentenza che ha negato la natura di opera di urbanizzazione primaria dell’estensione della rete di teleriscaldamento. Ad avviso dell’appellante, a prescindere dall’assenza nella fattispecie di un “titolo giuridico cui si ricolleghi “un’incontestata ascrizione alle opere di urbanizzazione primaria” dell’estensione della rete de qua” e comunque di atti formali (quale una convenzione urbanistica o un titolo edilizio rilasciato al privato), la qualificazione dell’estensione in tali termini ( id est : come opera a servizio degli insediamenti e, dunque, di urbanizzazione) potrebbe essere comunque dedotta con certezza dalle caratteristiche e funzioni dell’intervento (costituente “infrastruttura degli insediamenti” , come si evince dall’art. 22 del d.lgs. n. 28 del 2021 ( “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili” ) e dall’art. 13 della Direttiva 2009/28/CE a mente del quale “Gli Stati membri, in particolare, incoraggiano gli enti amministrativi locali e regionali a includere, se del caso, il riscaldamento e il raffreddamento da fonti rinnovabili nella pianificazione delle infrastrutture urbane della città” ). Ad ogni modo il titolo giuridico sarebbe rinvenibile nella citata delibera di Giunta Provinciale VIA/AIA n. 938 del 2008 che ha disposto l’affidamento dei lavori di estensione della rete ad Enia (oggi Iren Energia) nell’ambito della realizzazione del PAIP.

Nessun ostacolo alla qualificazione nei su indicati termini potrebbe poi derivare dalla “mancanza di un atto di esercizio del potere amministrativo, teso all’apprensione autoritativa dell’estensione al patrimonio pubblico, sul presupposto della sua natura di opera di urbanizzazione primaria (o di bene strumentale a un pubblico servizio)” , come invece ritenuto dalla sentenza, anche sul punto erronea e meritevole di riforma.

L’apprensione autoritativa, rileva il Comune, non vi è stata poiché Iren Energia ha eseguito l’opera “su committenza” del Comune, che ha deciso l’estensione della rete di teleriscaldamento nell’ambito delle sue scelte pianificatorie, imponendo a suo tempo (con la citata delibera G.P. n. 938/2008) a Enia s.p.a. (oggi Iren Energia) di realizzare e gestire l’estensione;
irrilevante risulterebbe, per converso, la successiva delibera di Giunta Comunale n. 242/2017 (viceversa richiamata in sentenza) con cui si è solo stabilito di dare seguito alle indicazioni di ANAC al fine di ottenere il trasferimento coattivo dell’estensione in vista dell’indizione di una gara pubblica.

A supporto della tesi, il Comune di Parma ha quindi richiamato tutti gli atti che escluderebbero che l’estensione sia il frutto di un’iniziativa imprenditoriale privata, quali, in particolare: a) il progetto del PAIP presentato dal Comune per avviare le procedure necessarie alla localizzazione del Polo tra il 2005 e il 2006; b) l’accordo urbanistico ex art. 18 L.R. n. 20/2020 del 2006 per la localizzazione del PAIP in variante agli strumenti urbanistici (approvato con delibera C.C. n. 45/2011 del 31.3.2006), nonché la successiva integrazione intervenuta nel 2010; c) lo studio di impatto ambientale presentato in fase prodromica alla valutazione di impatto ambientale del PAIP; d) la determina dirigenziale della Provincia n. 3985/2006 di approvazione dell’elaborato presentato da Enia; e) il rapporto di impatto ambientale in sede di VIA.

Su queste basi il Comune sostiene che il Tribunale amministrativo avrebbe errato nell’escludere che si tratti di opere di urbanizzazione e conseguentemente nel dichiararsi sfornito di giurisdizione.

Evidenzia inoltre che l’estensione della rete, prevista negli atti di pianificazione specialmente a servizio dei nuovi comparti, non sarebbe neanche un opera di “mitigazione ambientale” siccome volta a compensare non tanto i disagi arrecati alla collettività dalla realizzazione di un impianto privato (il termovalorizzatore), ma soprattutto le maggiori entrate derivate al privato dalla sua costruzione e dall’estensione del servizio di teleriscaldamento (di seguito anche “TLR” ) .

In definitiva, secondo l’appello, il bene in questione, in quanto opera di urbanizzazione, destinata a un pubblico servizio e avente natura pubblica, sarebbe stato acquisito a titolo originario al patrimonio indisponibile del Comune ai sensi dell’art. 826, comma 3, c.c.

3.3. Infine con il terzo mezzo, l’appello contesta la sentenza laddove, pur riconoscendo come il presente giudizio sia astrattamente assimilabile alle cause “afferenti (…) ai servizi di pubblica utilità” , ha poi escluso in concreto la possibilità di considerare l’estensione quale bene funzionale a tale servizio;
in ciò non si sarebbe considerato che il teleriscaldamento si configura come servizio pubblico locale e, in quanto soddisfa in parte il fabbisogno di calore cittadino, esso è senz’altro riconducibile alla volontà dell’amministrazione comunale di realizzare sul territorio le infrastrutture necessarie a dotare la collettività di detto servizio pubblico (oggi gestito da Iren Energia per effetto del subentro del gruppo di cui quest’ultima fa parte ad AMPS s.p.a., società in house a totale partecipazione pubblica che realizzò nel 2000 la rete originaria di teleriscaldamento).

All'estensione andrebbe dunque riconosciuta, in alternativa, natura di bene destinato a un pubblico servizio, qual è l'attività di gestione del teleriscaldamento da parte di Iren Energia (di cui l'estensione è bene strumentale): poiché il servizio di teleriscaldamento è un servizio locale di pubblica utilità e il bene di cui è controversa la proprietà è strumentale a tale servizio, anche l’azione di accertamento della natura (privata o pubblica) di tale bene rientra nel perimetro della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.

Né osta a tale qualificazione (di bene funzionale ad un pubblico servizio e appartenente al patrimonio comunale) la necessità di regolamentare ancora tra le parti taluni aspetti di natura meramente economica, quale il rapporto concessorio, il prezzo di cessione o la disciplina dell’opera al termine del periodo di gestione.

4. L’appello è infondato.

5. Il Comune di Parma domanda in effetti l’accertamento giudiziale del proprio diritto di proprietà sull’ “estensione” della rete di teleriscaldamento realizzata e gestita da Iren Energia.

Giova anzitutto evidenziare che la deliberazione della Giunta della Provincia di Parma n. 938/2008 (recante la VIA Positiva e l’autorizzazione integrata ambientale per la costruzione ed esercizio del PAIP), richiamata dalle parti a sostegno delle opposte tesi, fa riferimento (cfr. punto 4.4. della deliberazione) sia all’ampliamento della rete di teleriscaldamento esistente (tramite utilizzo dell’energia termica prodotta nel PAIP e allacciamento a tale rete di un determinato numero di utenze residenziali e industriali) sia alla vera e propria “estensione” della rete ai Comuni limitrofi, “qualora si rendessero disponibili quote termiche” .

5.1. Tanto premesso in linea generale, il Collegio rileva che nel presente giudizio si verte della titolarità del diritto di proprietà sulla citata estensione, che il Comune assume essere pubblica (tant’è che, con deliberazione di Giunta Comunale n. 242 del 9 giugno 2017, ha dato mandato all’Avvocatura comunale di agire in giudizio per l’accertamento della proprietà della rete e per il suo trasferimento coattivo da parte della società), e che Iren Energia pure rivendica, ritenendosene a sua volta proprietaria (sulla base degli indicati elementi probatori, tra cui il fatto che la società avrebbe da sempre pagato al Comune il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche per l'occupazione del sottosuolo con le reti del teleriscaldamento, comprese quelle dell'estensione).

Su queste basi correttamente la sentenza appellata ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia azionata e la sua spettanza alla giurisdizione del giudice ordinario alla luce del petitum sostanziale: oggetto della domanda introdotta col ricorso è infatti l’accertamento del diritto di proprietà pubblica dell’estensione della rete di teleriscaldamento realizzata da Iren Energia e dell’obbligo di quest’ultima di trasferirne a titolo gratuito la proprietà al Comune.

In particolare, col ricorso introduttivo il Comune ha domandato al giudice adito di: a) accertare l'obbligo di Iren Energia «di trasferire la proprietà dell’estensione al Comune» ;
b) «disporre e ordinare ai sensi dell'art. 2932 c.c., sussistendone i presupposti, il trasferimento a titolo gratuito di detta rete al Comune in piena proprietà» ;
c) «ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari di Parma la trascrizione ai sensi dell'art. 2652 n. 2, cod. civ.» .

L’azione promossa dal Comune è quindi assimilabile, sia in termini di petitum che di causa petendi, ad una tipica azione a tutela del diritto di proprietà, che, secondo gli ordinari criteri di riparto, radica la giurisdizione del giudice ordinario.

Il Comune ha infatti introdotto un’azione petitoria o comunque di accertamento della titolarità della dell’estensione della rete, facendo valere il proprio interesse ad una pronuncia giudiziale che affermi il suo diritto di proprietà sul bene e rimuova l’esistente situazione di incertezza.

5.2. In particolare, come bene rilevato dall’appellata sentenza, l’accertamento della natura del bene oggetto di contenzioso si colloca, nella stessa prospettazione dell’amministrazione interessata e senza che ciò comporti alcuna “inversione” dei termini delle questioni poste dal ricorso, “a monte” rispetto alla funzionalizzazione di tale bene nell’ottica del futuro svolgimento di un servizio pubblico, di cui non vi è peraltro agli atti di causa alcuna traccia di assunzione soggettiva.

Lo stesso appello del resto sostiene che «l'effetto dell'esito» dell'accertamento richiesto è «l'attribuzione della proprietà dell'opera» , confermando anche per tale via che l’azione proposta dal Comune ha contenuto petitorio e mira al conseguimento di una pronuncia giudiziale dichiarativa dell’obbligo di trasferimento e consegna dell'estensione da parte di Iren Energia;
la giurisprudenza ha infatti chiarito al riguardo che «l'accertamento del preteso diritto di proprietà, ove contestato dal convenuto che sia nel possesso del bene e se ne dichiari a sua volta titolare, assume connotazione recuperatoria analoga a quella della “rei vindicatio”» (Cass. civ., Sez. II, 18 agosto 2003, n. 12091) e l'azione proposta dal Comune in primo grado è tipicamente un'azione di rivendicazione della proprietà, diretta a conseguire dal giudice non solo l'accertamento del diritto, ma anche la condanna della controparte alla restituzione del bene.

Né rileva in senso opposto, ai fini della decisione sulla questione di giurisdizione, l’espressa rinuncia in appello alla domanda ex art. 2932 c.c. contenuta nel ricorso di primo grado;
rispetto alle statuizioni impugnate la rinunzia su indicata e il mutamento di domanda che ne è conseguito sono sopravvenuti e, in ogni caso, riguardano soltanto la domanda di trasferimento ex art. 2932 c.c., ma non quella formulata in primo grado (e qui riproposta) di accertamento del diritto di proprietà del Comune sull’estensione della rete di teleriscaldamento.

Resta dunque il fatto che l’azione promossa dal Comune appartiene alla giurisdizione ordinaria, in quanto «si esaurisce nell'indagine sulla titolarità della proprietà ed è quindi rivolta alla tutela di posizioni di diritto soggettivo» (così Cass. civ., Sez. un, 28 gennaio 2021, n. 1915).

5.3. In secondo luogo, deve rilevarsi, come, per un verso, il diritto soggettivo azionato dal Comune non è fondato su provvedimenti che sono espressione di pubblici poteri e non rientra pertanto nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
per altro verso esso è anche estraneo a materie di giurisdizione esclusiva.

Al riguardo, considerato che ai sensi dell’art. 7 cod. proc. amm. «nelle particolari materie indicate nella legge» quali materie di giurisdizione esclusiva « sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione … di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti atti, accordi o comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni» , deve escludersi che ricorra qui un’ipotesi di giurisdizione esclusiva: nel presente giudizio (incentrato sull’accertamento della proprietà dell’estensione, contesa tra le parti) non si fa questione del legittimo esercizio del potere amministrativo.

5.4. Inoltre, in relazione al secondo profilo su indicato, il Tribunale amministrativo ha pure correttamente escluso che la controversia possa essere ricondotta ad alcuna delle particolari ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo previste dall'art. 133, comma 1 Cod. proc. amm., invocate dal Comune e che qui vengono astrattamente in rilievo, e precisamente:

1) l’ipotesi di cui all’art. 133, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 104 del 2010 (“controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio” );

2) l’ipotesi di cui all’art. 133, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 104 del 2010 (“controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici” );

3) l’ipotesi di cui all’art. 133, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 104 del 2010 (“controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità” ).

5.5. In primo luogo, non si tratta di controversia compresa tra quelle in materia di urbanistica ed edilizia ex art. 133, comma 1, lett. f) c.p.a.

Al riguardo deve anzitutto rilevarsi come l’odierno giudizio non ha ad oggetto, né direttamente né mediatamente, un provvedimento dell’amministrazione in materia urbanistica, laddove la sfera applicativa dell'art. 133, comma 1, lett. f) c.p.a. è testualmente circoscritta alle sole «controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia» ;
inoltre, anche l’eventuale assimilazione della costruzione dell’ulteriore segmento di rete ad un’opera di urbanizzazione non sarebbe di per sé sufficiente ad inquadrare il regime proprietario (pubblico o privato) del bene, di modo che l’azione di accertamento proposta resta esterna ad un eventuale riflesso della complessa operazione urbanistica ipoteticamente sottostante.

A tale centrale considerazione si aggiunga pure che (come ben rilevato dall’appellata sentenza): a) manca in effetti qualsiasi «titolo giuridico» cui si ricolleghi un' “incontestata ascrizione dell’estensione alle opere di urbanizzazione primaria” ; b) non è stata dimostrata in giudizio l'esistenza di un atto di esercizio del potere amministrativo, teso all'apprensione autoritativa dell’estensione al patrimonio pubblico sul presupposto della sua natura di opera di urbanizzazione primaria (o di bene strumentale a un pubblico servizio), tale non potendosi considerare la deliberazione di Giunta Comunale n. 242 del 9 giugno 2017 (con cui il Comune ha incaricato la propria Avvocatura di agire in giudizio per l’accertamento della titolarità dell’estensione); c) non vi è infine traccia in atti della stipula di apposita convenzione tra il Comune e Iren Energia volta a regolare la realizzazione dell'estensione quale opera di urbanizzazione (ovvero tale da definire puntualmente le opere di urbanizzazione connesse all’intervento edificatorio da realizzare a cura e spese della società in un’area di nuova urbanizzazione e a scomputo totale o parziale degli oneri dovuti al Comune ai sensi dell’art. 16 del d.P.R. 380 del 2001).

5.6. La sentenza ha correttamente escluso che l’estensione possa essere oggettivamente qualificata come opera di urbanizzazione, osservando come tali, in base alla disciplina di legge, sono “le opere realizzate al servizio di nuovi insediamenti edilizi, anche al fine di assicurarne le occorrenti dotazioni territoriali” , mentre nella fattispecie (come emerso dalla documentazione versata dal Comune agli atti del giudizio di primo grado in adempimento dei disposti incombenti istruttori) l'estensione “risulta essere stata in larga parte realizzata in aree di edilizia già consolidata allo scopo di offrire un servizio aggiuntivo da parte dell'operatore privato, in una prospettiva concorrenziale rispetto ad altre modalità di produzione del calore negli edifici”, già presenti nelle aree urbanizzate ove negli anni (periodo 2008-2019) è avvenuta la posa delle reti dell’estensione.

L'estensione non può inoltre essere qualificata come opera di urbanizzazione neanche ex lege : non vale in tal senso il richiamo operato dal Comune all'art. 22, comma 1 del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, in base al quale le reti di teleriscaldamento sono «assimilate» alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 solo «nei casi e alle condizioni definite con il decreto di cui al comma 5» , da emanarsi a cura del Ministro dello Sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'Ambiente e delle Politiche agricole, previa intesa con la Conferenza unificata.

Né consente di ravvisare la su indicata ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo l’asserita «natura e funzione di opera a servizio degli insediamenti» della rete di teleriscaldamento, in assenza di elementi nella fattispecie che consentano di qualificarla come opera di urbanizzazione ai sensi del citato art. 16 del d.P.R. n. 380/2001, connessa all'intervento di nuova edificazione da realizzare a cura e spese del privato stesso (e a scomputo degli oneri dovuti), con conseguente acquisizione delle opere così realizzate al patrimonio indisponibile del Comune.

Argomenti in tal senso non possono invero trarsi, ad avviso del Collegio, neanche dalla già citata deliberazione della Giunta provinciale di Parma n. 938/2008, recante la VIA positiva e il rilascio dell’autorizzazione unica integrata del PAIP all’allora richiedente Enia con prescrizioni e, tra queste, per quanto rileva quella di cui di cui al punto b. n. 3), che prevedeva l’ampliamento della rete di teleriscaldamento (tramite allacciamento al servizio di un determinato numero di utenze residenziali e industriali) o, in caso di impossibilità, la messa in atto da parte del richiedente di adeguate misure di compensazione e mitigazione degli impatti, oltre alla prevista estensione della rete di teleriscaldamento agli altri comuni limitrofi qualora si rendessero disponibili quote termiche.

Invero, tali previsioni non possono assimilarsi a provvedimenti con cui il Comune, similmente a quanto accade nell'ambito di un contratto d'appalto, abbia richiesto alla società di realizzare l'estensione «su committenza» del Comune stesso, affidandole i relativi lavori: e ciò non solo perché la prescrizione non proviene dal Comune, ma è inserita in una delibera assunta dalla Provincia di Parma, ma soprattutto per il fatto che in essa non vi è in effetti traccia alcuna di un atto di affidamento di lavori autoritativamente imposti dal Comune alla società né della conseguente regolamentazione dei rapporti e dei reciproci diritti e obblighi tra le parti;
la prescrizione relativa alla realizzazione dell’estensione rappresenta, infatti, soltanto una condizione di efficacia della VIA positiva e dell’autorizzazione integrata ambientale alla costruzione ed esercizio del PAIP, al fine di mitigare l’impatto ambientale del progetto autorizzato, e non è qualificabile come opera di urbanizzazione imposta dal Comune in attuazione di precedenti scelte di pianificazione territoriale.

Né conduce a diversa conclusione in punto di giurisdizione l’ulteriore argomento speso dal Comune secondo cui l’estensione della rete sarebbe stata prevista non tanto quale misura di mitigazione o compensazione ambientale, ma quale misura volta a indennizzare la collettività locale delle maggiori utilità economiche derivanti al privato dalla gestione del Polo Ambientale Integrato per la gestione dei rifiuti: infatti, neppure da ciò può inferirsi la qualificazione dell’estensione come opera di urbanizzazione.

5.6.1. Non sono, inoltre, positivamente apprezzabili gli assunti del Comune volti a rinvenire atti di esercizio di potere amministrativo in taluni provvedimenti a suo tempo adottati, su cui si fonderebbero le relative domande di accertamento della proprietà pubblica dell’estensione citata.

Nello specifico, risultano generici e comunque inidonei a scalfire il corretto ragionamento del primo giudice in punto di giurisdizione i riferimenti- oltre che alla più volte citata deliberazione della Giunta provinciale della Provincia di Parma n. 938/2008 - a taluni passaggi del PEC (Piano Energetico Comunale) del 2006, nei quali si prevedeva un possibile ampliamento della rete di teleriscaldamento a servizio delle aree di nuova urbanizzazione, nonché nell'art. 152 delle N.T.A., il quale stabilisce che gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia ed urbanistica devono «prevedere adeguati sistemi di produzione di calore ed energia elettrica da fonti rinnovabili» .

Tali richiami non sovvertono la decisiva considerazione per cui non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nella presente controversia non essendo qui in discussione la legittimità di provvedimenti amministrativi, espressione di pubblici poteri in materia di uso del territorio (come invece nelle precedenti decisioni richiamate a sostegno delle proprie tesi dal Comune appellante: in particolare cfr. Cons. Stato, Sez. II, 17 aprile 2020, n. 2477;
Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2012, n. 28;
Cons. Stato, Sez. V, 4 febbraio 2004, n. 373).

5.7. La presente controversia non è riconducibile inoltre a quelle relative a rapporti di concessione di beni pubblici di cui all’art. 133, comma 1, lett. b) c.p.a., ipotesi correttamente esclusa dal tribunale, stante l'assenza di alcun provvedimento di carattere concessorio, «né esplicito né implicito» .

Inoltre, come a ragione evidenziato dal primo giudice, ipotizzare, al fine di trattenere la giurisdizione sull’odierna controversia ai sensi della richiamata lett. b) dell’art. 133 c.p.a., l’esistenza di una concessione di bene pubblico darebbe per scontata la risoluzione della questione giuridica (che è invece esclusivo oggetto del presente giudizio), ovvero se si tratti di bene pubblico o privato.

5.8. L’odierno giudizio non è infine riconducibile alle controversie inerenti ai “servizi di pubblica utilità” ex art. 133, comma 1, lett. c) c.p.a.

In relazione a tale ipotesi la sentenza ha anche qui correttamente rilevato la carenza di qualsiasi atto di esercizio di potere amministrativo: infatti, per un verso, non è desumibile dalla documentazione in atti alcuna traccia di assunzione soggettiva, da parte dell'amministrazione interessata, dello svolgimento di un servizio pubblico, non essendo possibile invertire i termini della questione (e dunque assumere di fatto soggettivamente il servizio) con una mera azione di accertamento proprietario per poi procedere, acclarata la natura di bene di proprietà comunale dell’estensione, alla «funzionalizzazione di tale bene nell'ottica del futuro svolgimento» del servizio stesso;
per altro verso manca senz’altro nella fattispecie (relativa ad un servizio pubblico locale ad assunzione facoltativa) un'inequivoca scelta politico-amministrativa volta all'assunzione del servizio in questione, non risultando atti di apprensione autoritativa dell’estensione al patrimonio pubblico sul presupposto della sua natura di bene strumentale ad un pubblico servizio.

L'assunzione del servizio pubblico di teleriscaldamento da parte del Comune e il suo affidamento a Iren Energia non può desumersi implicitamente da meri elementi fattuali, in assenza di atti formali di manifestazione di una volontà in tal senso dell’amministrazione: né l’attività svolta dalla medesima è stata oggetto di regolamentazione pubblica da parte del Comune;
anche la circostanza che quest’ultimo, nei propri atti di pianificazione, abbia stabilito di agevolare lo sviluppo del teleriscaldamento non consente poi di ritenere che esso abbia inteso assumere la relativa attività come servizio pubblico.

5.9. In conclusione, non sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto la presente controversia non riguarda il legittimo esercizio di poteri pubblicistici e autoritativi. Tanto si desume anche dal tenore letterale delle lettere b), c) ed f) dell'art. 133, comma 1 c.p.a. (relative alle materie di giurisdizione esclusiva astrattamente invocabili nella fattispecie e la cui ricorrenza va qui esclusa per le ragioni anzidette) le quali stabiliscono, rispettivamente, che le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva: a) in materia di «rapporti di concessione di beni pubblici» devono avere “ad oggetto atti e provvedimenti relativi” a tali concessioni; b) in materia di pubblici servizi, devono essere relative a «concessioni» , ad altri «provvedimenti adottati … in un procedimento amministrativo» , a provvedimenti di «affidamento» o ad atti di esercizio dei poteri di «vigilanza» e di «controllo »; c) in materia di urbanistica e edilizia devono «avere ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni» nella materia stessa.

Secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (si veda sentenza 6 luglio 2004, n. 204) le controversie su diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo devono infatti pur sempre essere «contrassegnate dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisca come autorità» , non essendo sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse.

A tali principi si è pienamente attenuta la sentenza appellata, escludendo che l'accertamento del diritto soggettivo di proprietà sull'estensione, richiesto dal Comune, sia attratto alla giurisdizione esclusiva: la posizione giuridica azionata, inerente il diritto di proprietà sul bene controverso, non si fonda infatti su provvedimenti amministrativi della cui legittimità si discute né attiene in alcun modo all’esercizio del potere autoritativo con riguardo alle materie dei pubblici servizi, dell’urbanistica o delle concessioni di beni pubblici.

L’appello e le domande ivi formulate sono infatti unicamente incentrati non sull’accertamento della legittimità di atti costituenti, anche in via mediata, esercizio di poteri pubblici, ma su mere asserite oggettive «caratteristiche e funzioni» dell'estensione (da cui, nella prospettazione del Comune appellante, discenderebbe la natura di opera di urbanizzazione o, in alternativa, la qualificazione di bene strumentale destinato ad un servizio pubblico o, ancora, la natura pubblica ex lege e l’appartenenza al patrimonio indisponibile del Comune ex art. 826, comma terzo c.c).

Tuttavia, da un lato manca un atto dal quale si desuma in maniera incontrovertibile la natura di opera di urbanizzazione dell'estensione;
dall'altro, difetta un'apposita disciplina di aspetti essenziali dell’affidamento del servizio pubblico, come ad esempio il rapporto concessorio, il controllo del Comune sul prezzo di cessione o la disciplina dell'opera al termine della gestione.

6. L’appello deve essere pertanto respinto, restando salvi gli effetti processuali e sostanziali delle domande qualora il processo sia riproposto innanzi al giudice ordinario nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza ai sensi dell’art. 11 Cod. proc. amm.

7. La chiusura in rito della controversia nonché la peculiarità e novità delle questioni giuridiche trattate giustificano la compensazione delle spese processuali tra le parti in causa.

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