Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-04-27, n. 201202484
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N. 02484/2012REG.PROV.COLL.
N. 01201/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1201 del 2011, proposto da:
F P, rappresentato e difeso dall'avv. F G S, con domicilio eletto presso F G S in Roma, via G.Paisiello, 55;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;Commissione Incaricata della Valutazione dei Candidati del Concorso A 230 Posti di Notaio;
nei confronti di
L G;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 27760/2010, resa tra le parti, concernente MANCATA AMMISSIONE ALLE PROVE ORALI DEL CONCORSO A N. 230 POSTI DI NOTAIO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2012 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Francesco Vetrò in sostituzione di F G S e Carla Colelli (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza impugnata il TAR Lazio ha respinto il ricorso diretto avverso il giudizio di non ammissione alle prove orali al concorso a 230 posti di notaio, indetto con D.D. del 10 luglio 2006, sulla base di un giudizio complessivo formulato a seguito della lettura, da parte della Commissione, nella seduta del 29 gennaio 2008, degli elaborati relativi a tutte e tre prove scritte.
L’appello è affidato alla denuncia, sotto tre rubriche, di numerose articolate censure, con cui si la violazione dell’articolo 11, comma primo, nonché 5,6,7 del decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 166;difetto di motivazione violazione degli articoli 324 9713 della costituzione violazione dei principi generali in materia di concorsi pubblici difetto di istruttoria e violazione dell’articolo 112 c.p.c. .
Il Ministero si è formalmente costituito in giudizio e, con memoria per la discussione, ha confutato le tesi di controparte concludendo per il rigetto.
Con memoria per la discussione del gravame, l’appellante ha puntualizzato e ribadito le proprie argomentazioni.
Chiamata all'udienza pubblica,uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
DIRITTO
Nel caso di specie, la non idoneità degli elaborati della ricorrente della Commissione giudicatrice per il Concorso a Notaio è affidata al giudizio per cui sia nell’atto ”societario” che nell’atto inter vivos sarebbero presenti varie “carenze e insufficienze”.
___ 1.§. Con la prima articolata doglianza si lamenta, sotto diversi profili, che erroneamente il Tar avrebbe respinto la censura di carenza di motivazione sia della non inidoneità dell’elaborato “mortis causa”, che sarebbe stata non rilevante ai fini della legittimità del verbale ritenendo che il punteggio assegnato valesse le motivazione ai sensi dell’articolo 11 comma cinque del D. Lgs. n. 166/2006;e sia che delle altre prove della candidata. In particolare l’appellante lamenta che:
___ 1.1. l’obbligo di motivazione sarebbe imposto dall’art. 11, 5° comma del citato D. Lgs. n. 166 con riferimento a tutti gli elaborati per cui la Commissione doveva esprimere un motivato giudizio complessivo di inidoneità anche sull’atto mortis causa . La tesi del primo giudice per cui la mancata motivazione del terzo tema sarebbe collegata al raggiungimento da parte dello stesso della soglia di sufficienza qualificata non troverebbe fondamento né in nessuna norma, e neppure in ragioni di logica o di ragionevolezza. Inoltre la mancanza di un punteggio all’atto mortis causa farebbe ritenere che la prova non sarebbe stata valutata. Sarebbe del tutto erroneo, e contro la legge, ritenere che non debbano essere motivati i giudizi su tutti gli elaborati, anche quelli ritenuti sufficienti, qualora i candidati siano giudicati, nel complesso, non idonei. Del resto, come si evincerebbe dai verbali della commissione, la stessa avrebbe sempre valutato, in altri casi, tutti e tre gli elaborati.
___ 1.2. Il giudizio reso nei confronti dell’appellante sarebbe poi affidato a frasi estremamente sintetiche che non illustrerebbero i profili di criticità degli elaborati e della sua preparazione culturale e professionale e non farebbero comprendere quale valutazione abbia compiuto la commissione nei riguardi dei due atti ritenuti non sufficienti (inter vivos e atto societario) rispetto al giudizio che sarebbe stato implicitamente positivo sull’atto a “mortis causa”.
___ 1.3. il difetto di motivazione degli atti della commissione non sarebbe stata fatto oggetto di un’adeguata trattazione da parte del primo giudice.
___ 1.4. Tutti i profili complessivamente non convincono.
Innanzitutto, la suggestione retorica del primo capo di doglianza per cui l’atto “mortis causa” non sarebbe stato affatto esaminato è comunque inconferente in quanto la Commissione, pur senza rilevare nei compiti della d.ssa Pallaro né nullità e nè gravi insufficienze, la aveva comunque ritenuta insufficiente per due prove su tre. Come osservato esattamente dal TAR la Commissione non aveva esplicitamente motivato il giudizio relativo al primo compito per il fatto che lo stesso era stato giudicato oltre la soglia di sufficienza qualificata.
Al riguardo l’interpretazione operata dalla Commissione, e condivisa dal TAR, appare perfettamente conforme all’archetipo per la correzione delle prove scritte delineato nell’art. 11, quinto co. del D.Lgs. 24-4-2006 n. 166, per cui il “ giudizio di non idoneità è motivato ” , mentre per quello “ di idoneità il punteggio vale motivazione ”.
Se l’obbligo di motivazione concerne la “non idoneità”, ciò vuol dire che tale motivazione non potrà che concernere che gli elementi ritenuti insufficienti o inidonei, e non quelli comunque giudicati positivamente.
La motivazione della non ammissione deve abbracciare necessariamente il giudizio sull’elaborato, o sugli elaborati, ritenuti non sufficienti.
La mancata motivazione di giudizio positivo su un compito sul quale non sono state riscontrate inesattezze o errori, non lede infatti alcun diritto di informazione procedimentale del candidato e comunque non è idonea ad inficiare la legittimità dell’intero giudizio, anche perché l’articolo 11, 7° co. del D. Lgs. n. 166/2006 consente alla Commissione di non procedere alla lettura degli ulteriori elaborati in caso di inidoneità di un solo elaborato.
Né è vero che la Commissione avesse fatto ricorso a espressioni generiche o stereotipate in quanto al contrario si fondava su ben precise ed individuate mende degli elaborati (ma sul punto amplius vedi infra).
Sul piano procedimentale il giudizio della Commissione appare comunque sufficientemente motivato.
Sul punto, la decisione impugnata appare del tutto esaustiva, corretta e condivisibile in quanto esattamente fa luogo ad un’interpretazione di tipo sostanziale e non formalistica delle norme in questione.
Il motivo va dunque respinto.
___ 2.§. Con la seconda rubrica si sottolinea, sul piano formale, che il giudizio espresso alla commissione sarebbe lesivo dei diritti dell’appellante perché, con riferimento all’atto societario, il suo elaborato sarebbe stato giudicato “gravemente carente” senza esplicitare in alcun modo quali siano gli aspetti non trattati;mentre con riferimento all’atto mortis causa si sarebbe apoditticamente affermato che “la parte teorica risulta non pienamente sufficiente in nessuno degli argomenti trattati”.
Nello specifico si lamenta che il primo giudice, affermando che nel caso sarebbe non ravvisabile alcun vizio logico o una complessiva inattendibilità del giudizio della commissione, non avrebbe affatto affrontato l’essenza della questione posta alla sua attenzione, relativa invece all’insufficienza sostanziale della motivazione dei giudizio affidata a un allocuzioni stereotipate e generiche. I suoi elaborati risulterebbero infatti entrambi pienamente sufficienti e completi in tutti gli argomenti richiesti dalla traccia.
Il motivo non ha pregio.
Quanto all’atto societario, la Commissione indica chiaramente che le ragioni dell’inidoneità sarebbero affidate al fatto che l’appellante aveva modificato l’articolo relativo al capitale sociale, prima che fosse effettuato il conferimento, e non aveva specificato nulla in merito alle modalità di corresponsione del sovrapprezzo;mentre con riferimento alla parte teorica della medesima prova, questa era stata giudicata gravemente carente nella trattazione dell’aumento di capitale con conferimento di beni in natura.
Quanto poi all’”Atto tra vivi”, la motivazione è affidata al rilievo preciso per cui la candidata aveva omesso di indicare gli estremi dell’ipoteca da cancellare nell’atto di assenso a cancellazione dell’ipoteca, rilasciato da S. Inoltre, se anche si potrebbe ritenere abbastanza stereotipata l’annotazione per cui “ la parte teorica risultava non pienamente sufficiente in nessuno degli argomenti trattati .”, è anche vero che -- anche a voler prescindere in via di ipotesi dall’esattezza o meno di rilievo – da solo non poteva certo portare all’annullamento sul punto del giudizio di inidoneità, in quanto si poneva in quadro di una valutazione comunque complessivamente insufficiente.
Quanto alla questione relativa all’esattezza o meno, nella sostanza, dei predetti giudizi si rinvia all’esame della censura che segue.
___ 3.§. Con il terzo motivo si contesta, sotto diversi profili che tuttavia vanno esaminati partitamente, la mancata corrispondenza tra il richiesto ed il pronunciato e il difetto di adeguata istruttoria processuale della decisione che non avrebbe tenuto conto che le soluzioni adottate dall’appellante sarebbero state assolutamente corrette e perfettamente rispondenti alla traccia formulata così come asserito dal parere “pro veritate” della notaia Croscenzi, dei distretti riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa.
___ 3.1. Il primo giudice non si sarebbe dato carico di esaminare il predetto parere non indicando in alcun modo le ragioni per le quali le soluzioni indicate dalla notaia non sarebbero idonee a dimostrare la correttezza degli elaborati. Il giudice aveva dovere di esaminare la documentazione depositata dall’appellante e di valutarla onde darne contezza nella motivazione ai sensi dell’articolo 111 Cost.
___ 3.2. Nei rilievi operati dalla commissione sarebbero evidenti numerosi elementi di illegittimità.
___ 3.2.1. l’insufficienza all’elaborato l’atto societario erroneamente sarebbe ancorata: -- alla contestata mancata specificazione “.. delle modalità di corresponsione del sovrapprezzo…”;-- al particolare che la trattazione dell’aumento di capitale con riferimento ai beni in natura sarebbe “gravemente carente nella parte teorica”.
Al contrario per il consulente dell’appellante tale giudizio susciterebbe “ perplessità e dubbi in ordine alla coerenza rispetto ai criteri dati ” in quanto la candidata avrebbe verbalizzato esattamente le delibere di approvazione della situazione patrimoniale, mentre la commissione avrebbe erroneamente interpretato la postilla n. 5 apposta alla delibera di modifica dell’oggetto sociale: in presenza di più delibere dell’assemblea, alcune delle quali avente un carattere modificativo dello statuto (esempio modifica dell’oggetto sociale) ed altre prive di tale carattere (aumento di capitale a pagamento senza la contestuale sottoscrizione), l’effetto modificativo dell’atto dello statuto conseguiva solamente al momento del completamento della relativa procedura (vale a dire del perfezionamento del negozio di sottoscrizione di cui all’articolo 2439 c.c.) per cui l’espressione usata dall’appellante “… di modificare lo statuto, adeguandolo a quanto sopra deliberato ”, non poteva essere assolutamente inteso con riferimento alle delibere che non comportavano una immediata modifica statutaria. Al riguardo, la valutazione della commissione sarebbe erronea e, del tutto illegittimamente, il Tar – senza alcun riferimento alle valutazioni della consulente della parte – ha affermato che “ la clausola che modifica lo statuto societario… manca della necessaria chiarezza rete precisione richiesta gli atti notarili ” perché il riferimento alla modifica dello statuto “ a quanto sopra deliberato ”, rappresenta una “ formulazione per relationem e che evidentemente comporta anche quella possibilità di interpretazione (modifica dello statuto nella parte relativa al capitale prima del conferimento di parentesi stigmatizzata la commissione ”. Anche il riferimento del primo giudice “ ad una possibilità di interpretazione ”ammette la possibilità di ulteriori interpretazioni possibili e quindi la correttezza della soluzione adottata dall’appellante.
La notaia Croscenzi contesterebbe poi l’affermata erroneità della mancata indicazione delle modalità di corresponsione del sovrapprezzo, in quanto tale deficienza non comporterebbe un’alterazione dell’atto, in relazione all’inderogabile disciplina di cui all’articolo 2439 primo comma c.c. e 2481 bis quarto comma c.c. .
La decisione del Tar, che non ha tenuto in alcun conto del parere pro veritate, appare erronea e fuorviante nella parte in cui afferma che la ricorrente non congegna un disciplina compiutamente autosufficiente e che la clausola stilata poteva trovare applicazione solo attraverso le articolate interpretazione sviluppata unicamente nel ricorso e nel parere pro veritate.
___ 3.2. Con riferimento all’atto inter vivos, erroneamente la commissione avrebbe contestato “ nell’assenso a cancellazione dell’ipoteca rilasciato da S il candidato omette di indicare gli estremi dell’ipoteca da cancellare ”. Per la notaia Croscenzi, in relazione ai criteri di determinazione indicati dalla candidata, non vi sarebbe stata alcuna incertezza dell’ipoteca da cancellare e quindi non si sarebbe alcun errore grave, tale da inficiare la validità dell’elaborato che risponde esattamente alla complessità delle problematiche poste. Al riguardo, il Tar Lazio si sarebbe limitato a ricordare il carattere formale degli atti notarili i cui vizi rileverebbero comunque ancorché non presidiati dalla sanzione della nullità. Ma tale annotazione sarebbe ultronea dal momento che la commissione non ha formulato alcun rilievo di carattere formale, tanto meno sanzionato con la nullità.
___ 3.3. In conclusione, per la notaia Crescenzi di Treviso, i rilievi mossi dalla commissione non avrebbero giustificato la non idoneità dei due elaborati.
___ 3.3. Tutti i capi di doglianza vanno respinti.
In primo luogo deve rilevarsi, in linea generale, che le produzioni, da parte dei ricorrenti di perizie di parte, referti e studi specialistici, e pareri, e materiali probatori vari, devono essere valutata dal giudice alla stregua dell’art. 64, quarto co. del c.p.a. , vale adire secondo il suo prudente appressamento. Per cui in nessun caso la mancata confutazione delle argomentazioni e delle conclusione degli esperti addotti dalle parti ricorrenti a supporto delle loro argomentazioni costituisce una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di all'art. 112, c.p.c. .
Per cui, salvi i casi in cui si manifestino incongruenze nella correzioni di elaborati così palesi e grossolane da risultare come elementi sintomatici di un eccesso di potere per sviamento e falsità sui presupposti, di norma nelle impugnazioni degli atti riguardanti l'ammissione alle prove orali, i pareri pro veritate depositati dalla parte ricorrente appaiono del tutto privi di rilevanza e non onerano il giudice a pronunciare diffusamente al riguardo.
Non può infatti ammettersi che professionisti ex post scelti dall'interessato, in assenza della garanzia dell'anonimato dell’autore dell’elaborato, effettuino valutazioni sui singoli elaborati che sono rimesse alla specifica competenza della Commissione, nella sua collegialità ed alla luce del complessivo andamento delle correzioni (cfr. Cons. St., sez. IV, 16 febbraio 2011 n. 1008, id., sez. IV, 18 giugno 2009 n. 3991, ecc.).
Nel merito della censura deve poi ricordarsi che, in base ad un consolidato orientamento della Sezione, l'opinabilità delle questioni giuridiche sottese ai quesiti, spesso articolati e complessi, che connotano le prove d'esame del concorso notarile, impedisce di esaminarle come se si trattasse di quiz rispetto ai quali la Commissione è chiamata soltanto a verificare l'esattezza o meno delle risposte fornite. Il giudizio sulle soluzioni offerte dal candidato è infatti condizionato in modo determinante dal percorso logico e dalle argomentazioni che le sostengono, nell'ambito di una più generale valutazione sulla completezza e sulla logica interna dell'elaborato (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 02 marzo 2011 , n. 1350).
Salvi i casi di palesi e concreti elementi sintomatici di una disparità di trattamento, la valutazione del merito degli elaborati e la valutazione degli errori di diritto si risolverebbe un giudizio sul merito degli elaborati (cfr. anche Cons. Stato, Sez. IV 27 giugno 2011 n.3855).
Anche a tal proposito si deve concordare con il Primo Giudice per cui il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa.. Un tale sindacato giurisdizionale sui singoli elaborati comporterebbe peraltro anche un problema di tutela della par condicio, in quanto le tracce assegnate non presuppongono la mera dimostrazione della conoscenza degli istituti giuridici, ma impongono la valutazione, e la scelta motivata, anche tra più possibili soluzioni , tutte possibilmente coerenti con i paradigma legali.
Al riguardo quello che, in realtà, l’appellante vorrebbe con le proprie censure, è proprio un’inammissibile rivisitazione giurisdizionale delle sue prove.
Nella valutazione degli elaborati dei candidati al concorso per posti di notaio la commissione di concorso formula un giudizio tecnico-discrezionale espressione di puro merito, come tale di norma non sindacabile in sede di legittimità, salvo che esso risulti viziato ictu oculi da macroscopica illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento del fatto (cfr. infra multa: Consiglio Stato , sez. IV, 27 novembre 2008 , n. 5862;Consiglio Stato sez. IV 12 marzo 2007 n. 1188;Cassazione civile , sez. un., 21 giugno 2010, n. 14893).
Non vertendosi in tema di giurisdizione di merito, il limite oggettivo dell’apprezzamento del giudice della legittimità in materia è determinato, da un lato dall'opinabilità e relatività di ogni valutazione scientifica e, dall'altro, dalla sua impossibilità di sostituire l'Amministrazione, alla quale il potere di valutazione è stato attribuito dall'ordinamento.
Ma, nel caso, siffatti elementi sintomatici non ricorrono assolutamente.
Sul piano della logica, i rilievi fatti all’appellante sui suoi elaborati non paiono affatto irrilevanti, se riguardati nell’ottica di chi intende affrontare la professione di notaio che, come è noto, richiede non solo elevate capacità tecnico-professionali, ma anche una notevole precisione.
Nel caso la Commissione ha ritenuto che le insufficienze, anche se non era tali da determinare l’immediata espulsione della candidato dal procedimento concorsuale, non raggiungevano comunque un livello tale da giustificare l’idoneità necessaria per l’ammissione all’orale. Pertanto è legittima la valutazione negativa di un concorrente se le sue prove presentino errori di diritto ancorchè non gravi;o comunque siano connotate da una carenza dell’illustrazione delle parti teoriche.
In definitiva sia per le modalità valutative e sia con riferimento alla sostanza delle cose, nel caso non pare possa dubitarsi dell'attendibilità complessiva del giudizio di inidoneità espresso nel caso dalla commissione.
Il terzo motivo è complessivamente infondato in tutti i suoi profili.
___ 4.§. In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto.
Le spese tuttavia, proprio in considerazione dell’opinabilità della materia, possono essere compensate tra le parti.