Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-27, n. 202203255

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-27, n. 202203255
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203255
Data del deposito : 27 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/04/2022

N. 03255/2022REG.PROV.COLL.

N. 01959/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1959 del 2022, proposto dai signori C D T, V C, G P, A S, P T, P P S, G A, D D C, A E, B C, R N, Eugenio D'Aragona, M C, V D C, C Z, S P, F C, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato C L F B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'interno, il Ministero della difesa, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
il Ministero della pubblica amministrazione, non costituito in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 8939/2021, pubblicata il 26 luglio 2021 (RG n. 2906/2021), resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'interno, del Ministero della difesa e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la funzione pubblica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2022 il Cons. Giancarlo Carmelo Pezzuto e dato per presente, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, per la parte appellante, l’avvocato C L F B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellanti, i quali riferiscono di essere appartenenti all’Arma dei Carabinieri ed alla Polizia di Stato e di aver maturato alla data del 31 dicembre 1995 (data di entrata in vigore della legge n. 335/1995, c.d. “riforma Dini”) un’anzianità contributiva non superiore a 18 anni, hanno proposto il ricorso di primo grado n. 2906/2021 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio avverso il silenzio-inadempimento delle Amministrazioni odierne appellate formatosi sulla diffida in data 22 dicembre 2020, con la quale gli interessati avevano chiesto di dare attuazione alla previdenza complementare a beneficio dei dipendenti secondo quanto disposto dall’art. 7 del d.lgs. n. 195/1995, dall’art. 26, comma 20, della legge n. 448/1998, dall’art. 3 del d.lgs. n. 124/1993, dall’art. 67 del d.P.R. n. 254/1999, dall’art. 74 della legge n. 388/2000 e dall’art. 1 della legge n. 243/2000.

In detto contesto gli interessati chiedevano la condanna delle citate Amministrazioni, in solido, al risarcimento del danno da ritardo nell’avvio e nella successiva attuazione della previdenza complementare per il “settore Forze di Polizia – Forze Armate”, evidenziando, tra l’altro, che il trattamento pensionistico loro spettante sarà calcolato con il sistema “misto retributivo-contributivo” e che la citata iniziativa previdenziale non è stata avviata sebbene siano “trascorsi 25 anni dall’entrata in vigore della Legge n. 335/1995”, con ciò derivandone un danno patrimoniale conseguente alla mancata possibilità di beneficiare di un significativo risparmio economico derivante da un più favorevole trattamento ai fini Irpef ed alla “impossibilità di destinare al fondo pensione il T.F.R. maturato da ciascun ricorrente” aumentando il montante previdenziale.

2. Con l’impugnata sentenza n. 8939/2021 il T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, Sezione Prima bis, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere in capo ai ricorrenti, e ciò – sostengono gli odierni appellanti – sebbene le Amministrazioni a suo tempo intimate non si fossero costituite nel giudizio di primo grado e non avessero, quindi, eccepito detto difetto di legittimazione attiva.

3. Le parti private hanno ora interposto appello avverso detta pronuncia, articolando, in estrema sintesi, i seguenti motivi:

3.1. violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a.;

3.2. violazione degli artt. 39 e 79 c.p.a. per omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia;
violazione degli artt. 6, par. 1, 13 e 14 CEDU sull’ammissibilità del ricorso;

3.3. violazione dell’art. 87 Cost., dell’art. 2 della legge n. 241/1990 e dell’art. 41 della Carta di Nizza;

3.4. erroneità della sentenza appellata sulla responsabilità da ritardo delle Amministrazioni appellate;

3.5. in via subordinata, violazione dell’art.

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