Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2016-06-06, n. 201602354

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2016-06-06, n. 201602354
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602354
Data del deposito : 6 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08580/2007 REG.RIC.

N. 02354/2016REG.PROV.COLL.

N. 08580/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8580 del 2007, proposto da:
R G, D G L, E S L, M S, V N, C V, D F S, P C, C C, G L, S F, P L, C O, D I A, C L, C A e C C, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati E A, S G e A D Q, con domicilio eletto presso lo studio della prima, in Roma, Via G. Belloni n. 78;

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Edoardo Barone, Giuseppe Tarallo, Fabio Maria Ferrari e Antonio Andreottola, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione V, n. 08641/2006, resa tra le parti;


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli ;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2015 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati E A e Gabriele Pafundi, su delega dell'avvocato Fabio Maria Ferrari;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.- I ricorrenti, dipendenti del Comune di Napoli, ovvero attualmente trasferiti presso altre amministrazioni, sono stati avviati al lavoro presso l’amministrazione comunale ai sensi della l. n. 285 del 1977, in servizio non di ruolo a tempo indeterminato fino all’inquadramento nel ruolo soprannumerario avvenuto in data 2 giugno 1984.

Nel mese di maggio 1997 il Comune ha liquidato ai suddetti l’indennità di fine rapporto dalla data di avviamento al lavoro e fino alla suddetta data di inquadramento in ruolo, senza comprendere nella base di calcolo le somme relative all’indennità integrativa speciale e, secondo quanto affermato dalla avvocatura del Comune di Napoli con memoria depositata il 12 novembre 2015, limitatamente alla sorte capitale nella misura di un dodicesimo dell’80% della retribuzione.

I suddetti, con ricorso notificato il 9 settembre 1997, hanno quindi adito il T.A.R. Campania, Napoli, per ottenere l’accertamento del diritto alla percezione delle somme per trattamento di fine rapporto, calcolate computando anche l’intera indennità integrativa speciale, dalla data di avviamento al lavoro fino a quella di inquadramento nel ruolo del personale comunale, nonché alla restituzione delle somme trattenute ai fini dell’iscrizione I.N.A.D.E.L. ma mai avvenuta per detto periodo, oltre ad interessi e rivalutazione.

3.- Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito T.A.R. ha respinto il ricorso ritenendo prescritte le domande.

4.- Con il ricorso in appello in esame i suddetti hanno chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:

a) Errores in iudicando : violazione dei principi affermati dalla Corte Costituzionale in ordine alla insussistenza della natura accessoria della contingenza o indennità integrativa speciale.

La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 438 del 1998, ha affermato espressamente che l’indennità integrativa speciale non ha più la caratteristica dell’accessorietà, il che farebbe risaltare l’errore di diritto commesso dal primo giudice, che ha considerato un accessorio l’indennità di contingenza dovuta dal Comune di Napoli ai ricorrenti, affermando erroneamente che la domanda da essi formulata fosse da considerare prescritta, nonostante che fosse stata presentata dopo pochi mesi dall’avvenuto pagamento delle somme (per trattamento di fine rapporto) da parte del Comune.

b) Sono stati quindi riproposti i motivi di ricorso di primo grado non esaminati dal T.A.R.: Violazione di legge;
violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui ai commi 1 e 3 dell’art. 5 della l.r. n. 75 del 1980;
violazione degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione;
eccesso di potere;
falsità dei presupposti;
carenza di motivazione;
illogicità ed ingiustizia manifesta;
violazione dell’art. 9 del D.L.C.P.S. n. 207 del 1947, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 1986;
violazione della legge n. 152 del 1968.

Lo status dei ricorrenti, avviati al lavoro presso il Comune di Napoli ai sensi della l. n. 285 del 1977, ha assunto le seguenti tre diverse connotazioni: 1) un primo periodo (decorrente dalla data di convenzionamento a tempo determinato e di natura contrattuale di diritto privato): 2) un secondo periodo (in cui i contratti, di diritto pubblico e con il trattamento giuridico dei dipendenti civili non di ruolo dello Stato, sono stati prorogati a tempo indeterminato fino alla data in cui aveva effetto la graduatoria unica regionale di cui all’art. 26 septies della l. n. 33 del 1980);
3) un terzo periodo (decorrente dalla data di entrata in vigore della l. n. 138 del 1984, in base alla quale lo status è stato trasformato in quello di impiegati comunali).

Relativamente al primo ed al secondo degli indicati periodi (cioè dalla data di convenzionamento fino all’1 giugno 1984) l’art. 5, comma 3, della l.r. n. 75 del 1980 disponeva che fino all’immissione nei ruoli il trattamento di previdenza e quiescenza degli interessati continuava ad essere disciplinato dalle disposizioni della l. n. 285 del 1977, che è stata successivamente modificata dall’art. 20 del d.l. n. 351 del 1978, a sua volta modificato dalla legge di conversione n. 487 del 1978, che prevedeva che essi avrebbero fruito delle prestazioni della C.P.D.E.L. e dell’I.N.A.D.E.L..

Durante tale periodo, in base alla normativa allora vigente, i suddetti non avrebbero dovuto percepire alcun trattamento di fine rapporto, essendo stati successivamente inquadrati nei ruoli dell’amministrazione comunale e rientrando tale ipotesi tra le ipotesi di preclusione previste dall’art. 9 del D.L.P.C.S. n. 207 del 1947, per effetto del richiamo effettuato dall’art. 1 del d.l. n. 61 del 1948;
tali disposizioni sono poi venute meno a seguito della l. n. 424 del 1966 e delle sentenze della Corte Costituzionale n. 156 e n. 184 del 1973 e n. 236 del 1974 e successivamente a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 152 del 1968, che, modificando il previgente sistema previdenziale, ha statuito l’obbligatorietà dell’iscrizione all’I.N.A.D.E.L. dei dipendenti non di ruolo degli Enti locali.

Gli orientamenti giurisprudenziali in base ai quali, sulla scorta del disposto dell’art. 9, comma 4, del D.L.C.P.S. n. 207 del 1947, si riteneva non dovuta l’indennità di fine rapporto per i servizi non di ruolo prestati in periodi precedenti all’entrata in vigore della l. n. 152 del 1968, sarebbero stati superati dalla declaratoria di incostituzionalità di detta norma, nella parte residuale ancora vigente, con sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 1986, con la quale è stato affermato il principio che la distinzione tra servizio di ruolo e non di ruolo poteva giustificare differenziazioni di natura economica, compresa l’indennità di fine rapporto, ma non la perdita totale della stessa.

Il comportamento parzialmente omissivo del Comune di Napoli, in ordine al soddisfo dell’intero diritto di credito dei ricorrenti violerebbe la richiamata normativa, come interpretata dalla Corte Costituzionale, anche in relazione a quanto disposto con riguardo al personale assunto ex lege n. 285 del 1977 dall’I.N.A.D.E.L. con circolare n. 12 del 1986, dall’I.N.D.A.P. con note del 14 maggio 1993 e 21 settembre 1994, nonché dal Ministero dell’Interno con marconigramma del 17 maggio 1986 e con circolare F.L. n. 22/1996 del 7 agosto 1996.

La Corte Costituzionale con sentenze n. 31 e n. 169 del 1987, nonché n. 288 del 1983, ha affermato che il lavoratore non può essere privato della prestazione I.N.A.D.E.L. (o, in carenza di iscrizione, del trattamento di fine rapporto) in quanto essa ha carattere retributivo.

Quindi i ricorrenti avrebbero diritto, in carenza di iscrizione all’I.N.A.D.E.L., dalla data di inizio del rapporto e sino all’1 giugno 1984, alla liquidazione del trattamento di fine rapporto in misura di una mensilità della retribuzione in godimento per ciascun anno di servizio o frazione di anno superiore a sei mesi, oltre a rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del diritto e con computo degli interessi legali, nella misura del 5% sulle somme rivalutate, fino alla data del 16 dicembre 1990;
successivamente a tale data, in cui è entrata in vigore la l. n. 353 del 1990, su dette somme dovrebbero essere computati gli interessi nella misura del 10% e dal 1 gennaio 1997, in cui è entrata in vigore la l. n. 662 del 1996, gli interessi andrebbero calcolati secondo la disciplina di cui alla legge finanziaria del 1997.

c) Computabilità per intero dell’indennità integrativa speciale ai sensi dell’art. 3 della l. n. 299 del 1980.

Il Comune avrebbe immotivatamente liquidato ai ricorrenti le somme per T.F.R. senza includere nella base di calcolo l’I.I.S. per il periodo dalla data di convenzionamento fino al 31 dicembre 1983, ma calcolandola per intero solo dall’1 gennaio 1984 all’1 giugno 1984, data in cui è iniziato il rapporto di lavoro con l’Amministrazione dei ricorrenti quali dipendenti di ruolo o in ruolo soprannumerario.

Ciò senza considerare che, in considerazione del rapporto organico e di servizio che legava i ricorrenti al Comune di Napoli già dalla data di convenzionamento, ex l. n. 285 del 1977, ad essi avrebbe dovuto essere applicata la disciplina di cui all’art. 3 della l. n. 299 del 1980, come dipendenti dell’Ente locale, considerato anche che l’art. 5 della l.r. n. 75 del 1980 disponeva che a dipendenti in questione di applicava il trattamento di quiescenza previsto dalla l. n. 285 del 1977, cioè quello previsto per il comparto Enti locali.

d) Violazione della l. n. 87 del 1994.

Anche se, in contrasto con le disposizioni prima richiamate, fosse stato applicabile ai ricorrenti, dalla data di convenzionamento fino al 31 dicembre 1983, non solo il trattamento giuridico del personale civile non di ruolo dello Stato, ma anche quello previdenziale ed assistenziale, il Comunque avrebbe erroneamente applicato, ai fini della liquidazione del loro T.F.R., l’art. 1 della l. n. 87 del 1994 (che, oltre che stabilire che restava ferma la disciplina di trattamento di fine servizio dei dipendenti degli enti locali, per i quali era prevista sin dall’origine l’inclusione dell’I.I.S. nel calcolo relativo, disponeva che per i dipendenti statali l’I.I.S. veniva computata dal 1 dicembre 1994 nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita);
non avrebbe infatti considerato che il seguente art. 3 disponeva che il trattamento di cui alla legge stessa era applicabile anche ai dipendenti per i quali non fossero ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell’indennità di buonuscita o analogo trattamento, nonché che, con sentenza n. 8683 del 1995 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, era stata affermata la retroattività della disposizione suddetta.

Peraltro, l’I.I.S., che è finalizzata ad assicurare un parziale adeguamento automatico della retribuzione al costo della vita, avrebbe dovuto essere computata nel trattamento economico complessivo posto a base dell’indennità di fine rapporto in base ad un principio generale di equità e in applicazione degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.

e) Nell’ipotesi che fossero applicabili al caso in esame le norme dettata dalla l. n. 87 del 1994, la misura ridotta di calcolo ivi prevista non sarebbe compatibile con i principi di equità di cui agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, come affermati con sentenza della Corte Costituzionale n. 243 del 1993, cui detta legge, con l’art. 1, avrebbe dato solo parziale applicazione.

5.- Con atti depositati il 19 novembre 2007 e 18 giugno 2015 si è costituito in giudizio il Comune di Napoli, chiedendo la reiezione del ricorso.

6.- Con memoria depositata il 12 novembre 2015 il costituito Comune, premesso che solo alcuni degli originari ricorrenti hanno proposto appello, con passaggio in giudicato della sentenza impugnata nei confronti di coloro che non lo hanno proposto, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello in quanto non sarebbero state formulate specifiche censure alle motivazioni utilizzate dal T.A.R. per affermare la maturazione della prescrizione con riguardo sia all’I.I.S. che ai contributi I.N.A.D.E.L.. Nel merito è stato dedotto che correttamente il primo giudice avrebbe dichiarato la prescrizione delle avanzate domande e che queste sarebbero comunque infondate, considerato che, ex art. 26 quater del d.l. n. 663 del 1979, al personale assunto ex lege n. 285 del 1977 era attribuito, fino alla immissione nei ruoli, il trattamento giuridico dei dipendenti civili non di ruolo dello Stato, nonché il relativo trattamento assistenziale e previdenziale, e che, ex art. 3 della l. n. 87 del 1994, il trattamento previsto da tale legge era attribuito solo ai dipendenti che fossero cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984, mentre i ricorrenti erano cessati dal servizio quali dipendenti civili non di ruolo dello Stato in epoca precedente. Ha poi aggiunto la difesa comunale che all’infondatezza della domanda principale conseguirebbe quella di corresponsione di interessi e rivalutazione (comunque soggetti al divieto di cumulo di cui agli artt. 16, comma 6, della l. n. 412 del 1991 e 22, comma 36, della l. n. 724 del 1994). Quanto alla domanda di riconoscimento del diritto alla corresponsione del T.F.R. per il periodo di servizio dall’1 febbraio 1983 fino al 2 giugno 1984 è stato sostenuto che per il periodo dal 1 gennaio al 1 giugno 1984 l’I.I.S. era stata già inclusa nella base di calcolo del T.F.R. e che il personale assunto ex lege n. 285 del 1977 era stato iscritto all’I.N.P.D.A.P. con decorrenza 1 febbraio 1983 e non 2 giugno 1984, sicché per detto periodo gli appellanti non avrebbero diritto ad alcuna somma a titolo di T.F.R. perché per tale periodo vi provvederà l’I.N.P.D.P. al momento della cessazione del servizio;
inoltre è stato affermato che le trattenute a favore dell’I.N.A.D.E.L. erano dovute. Quanto alla percentuale di inclusione della I.I.S. nella base di calcolo ex art. 1, lettera b), della l. n. 87 del 1984, essa andrebbe computata non per intero, ma nei limiti del 60% del suo ammontare.

7.- Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2015 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

8.- La Sezione ritiene innanzi tutto solo parzialmente condivisibile l’eccezione di inammissibilità dell’appello, che è stata formulata dalla difesa Comunale nell’assunto che le motivazioni utilizzate dal T.A.R. per negare valenza, ai fini della maturazione della prescrizione, alla deliberazione n. 1431 del 1997 non risulterebbero in alcun modo contestate con specifiche censure, non incidendo il carattere accessorio o meno dell’I.I.S. sul percorso argomentativo seguito in sentenza, che rimarrebbe valido ed incontestato, considerato che non si verterebbe in materia di debenza o meno di detta indennità, ma del suo inserimento nella base di calcolo del T.F.R.. Inoltre non sarebbe contenuto alcun accenno nell’atto d’appello neppure con riguardo alla dichiarata prescrizione dei contributi I.N.A.D.E.L..

8.1.- Invero con la sentenza impugnata è stata in primo luogo indicato come termine di decorrenza della prescrizione, per quel che concerne la richiesta restituzione delle somme trattenute ai fini dell’iscrizione I.N.A.D.E.L. (assuntamente mai avvenuta dalla data di avviamento al lavoro sino al 1 giugno 1984), al più tardi tale data, in cui il rapporto dei ricorrenti era divenuto di ruolo, mentre, per quel che riguarda il ricalcolo dell’indennità di fine rapporto, è stato indicato quale termine iniziale di decorrenza della prescrizione la data del 1 agosto 1986, in cui è stata pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 1986 (di declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, del D.L.C.P.S. n. 207 del 1947);
successivamente è stato affermato che la prescrizione aveva durata quinquennale, non essendo applicabile l’art. 2 del R.D.L. n. 295 del 1939, e che il termine di prescrizione era spirato prima della proposizione del ricorso, in assenza della produzione di atti interruttivi da parte degli interessati e non avendo valore interruttivo la adozione della deliberazione n. 1431 del 1997 (di liquidazione ai ricorrenti del trattamento di fine rapporto) che non aveva ad oggetto la maggiorazione pretesa dai ricorrenti e non poteva neppure essere essa intesa come rinuncia alla prescrizione.

8.2.- Con il primo motivo d’appello è stato affermato che la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 438 del 1998 ha affermato espressamente che l’indennità integrativa speciale non ha più la caratteristica dell’accessorietà, ponendo in risalto l’errore di diritto che sarebbe stato commesso dal primo giudice che ha considerato un accessorio l’indennità di contingenza dovuta dal Comune di Napoli ai ricorrenti, statuendo erroneamente che la domanda dei ricorrenti fosse da considerare prescritta, nonostante che fosse stata presentata dopo pochi mesi dall’avvenuto pagamento delle somme (per trattamento di fine rapporto) da parte del Comune.

8.3.- E’ del tutto evidente, da quanto sopra evidenziato, che l’atto d’appello non contiene alcuna censura con riguardo alla declaratoria di prescrizione del preteso diritto alla restituzione delle somme trattenute ai fini dell’iscrizione all’I.N.A.D.E.L. formulata con l’impugnata sentenza, sicché al riguardo deve ritenersi che su tale capo della decisione si sia formato il giudicato.

8.4.- Quanto invece alla dichiarata prescrizione delle ulteriori pretese avanzate con il ricorso introduttivo, deve ritenersi che l’atto d’appello contenga specifici motivi di censura con riguardo al calcolo dell’indennità di fine rapporto sull’intera indennità integrativa speciale dalla data di avviamento al lavoro e sino alla data di inquadramento nel ruolo del personale del Comune di Napoli, atteso che è ivi espressamente affermato che il T.A.R. avrebbe considerato erroneamente un accessorio l’indennità di contingenza dovuta dal Comune di Napoli ai ricorrenti ed avrebbe erroneamente affermato che la domanda dei ricorrenti fosse da considerare prescritta, nonostante che fosse stata presentata dopo pochi mesi dall’avvenuto pagamento trattamento di fine rapporto da parte del Comune. Di tali censure sarà nel prosieguo valutata la fondatezza o meno.

Nessuna censura è invece contenuta nell’atto d’appello nei riguardi della pretesa, avanzata con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, alla liquidazione (in carenza di iscrizione all’I.N.A.D.E.L.) del T.F.R., dalla data di inizio del rapporto e sino a tutto il 1° giugno 1984, in misura di una mensilità della retribuzione in godimento per ciascun anno di servizio o frazione di anno superiore a sei mesi, oltre ad interessi in misura legale e danno da svalutazione monetaria sugli importi oggetto di credito in questione.

9.- Ciò posto nel merito l’appello è fondato nei sensi e neilimiti che saranno di seguito delineati, seguendo l’ordine di riproposizione dei motivi di primo grado.

10.- Con riguardo al motivo di gravame di cui al precedente punto 3.- b), con cui è stato riproposto in appello il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, formulando la richiesta di riconoscimento del diritto al T.F.R. nella misura di una intera mensilità della retribuzione in godimento nel periodo che interessa per ciascun anno di servizio, oltre ad interessi e rivalutazione, deve affermarsi che, come in precedenza evidenziato, si sia formato sulla pronuncia del primo giudice, che ha dichiarato prescritta la pretesa, il giudicato, sicché la stessa è insuscettibile di accoglimento.

Ciò considerato che la causa del credito è comune sia alla sorte principale che agli accessori (la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sui relativi ratei arretrati), i quali soggiacciono al medesimo regime, anche per quanto attiene al termine prescrizionale.

11.- Con riguardo al riproposti motivi di gravame di cui ai precedenti punto 3.- c) e 3.- d) - con cui è stato censurato il mancato riconoscimento ai ricorrenti da parte del Comune di Napoli del diritto alla inclusione anche dell’I.I.S. nella base di calcolo delle somme dovute per trattamento di fine rapporto per il periodo dalla data di convenzionamento fino al 31 dicembre 1983 (avendo il Comune incluso detta indennità nel calcolo del T.F.R. solo per il periodo dall’1 gennaio 1984 all’1 giugno 1984) - va innanzi tutto valutata la fondatezza della, sopra meglio specificata, censura con cui è stata dedotta l’erroneità della declaratoria da parte del primo giudice della prescrizione sulla relativa richiesta.

11.1.- Innanzi tutto va rilevato che, poiché il termine prescrizionale, in base al noto principio actioni nondum natae non praescribitur , decorre dal momento in cui è intervenuto il riconoscimento del diritto, nel caso che occupa può condividersi l’affermazione del T.A.R. che la prescrizione del diritto all’inclusione anche dell’I.I.S. nel computo del T.F.R. dovuto ai soggetti avviati al lavoro presso l’amministrazione comunale ai sensi della l. n. 285 del 1977 e poi transitati nei ruoli comunali decorresse dalla data del 1 agosto 1986, in cui è stata pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 1986 (con la quale è stata dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, del D.L.C.P.S. n. 207 del 1947, nella parte in cui disponeva che l'indennità di fine rapporto - di cui lo stesso art. 9, al comma 1, prevedeva il pagamento a favore del personale non di ruolo all'atto della cessazione del rapporto - non era dovuta nel diverso caso caso di passaggio di ruolo).

Ciò evidentemente in quanto, essendo iniziata a decorrere da detta data la prescrizione con riguardo al diritto al trattamento di fine rapporto vantato dai soggetti assunti in base alla l. n. 285 del 1977 che non erano cessati dal rapporto ma erano transitati nei ruoli comunali, contemporaneamente era iniziato il decorso della prescrizione del diritto da essi preteso al ricalcolo del T.F.R. con inclusione anche della I.I.S..

In ordine alla decorrenza della prescrizione degli arretrati occorre infatti fare riferimento alla disposizione a carattere generale contenuta nell'art. 2935 c.c., in base alla quale " la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ".

In conclusione, poiché il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione del diritto al trattamento di fine rapporto per i ricorrenti con ricalcolo di quanto dovuto includendo anche l’I.I.S. andava individuato alla data di pubblicazione della predetta sentenza della Corte Costituzionale sulla Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 1° agosto 1986), può concordarsi con il T.A.R. che il relativo termine prescrizionale fosse effettivamente spirato dopo un quinquennio da detta data.

11.2.- Tuttavia nel caso di specie è avvenuto che, con deliberazione n. 1431 del 7 aprile 1997, quindi dopo la scadenza di detto termine di prescrizione, il Comune di Napoli, in conformità a detta sentenza della corte Costituzionale, ha comunque liquidato il trattamento di fine rapporto ai ricorrenti per il periodo decorrente dal convenzionamento e fino all’immissione in soprannumero nei ruoli comunali avvenuta il 2 giugno 1984, includendo tuttavia l’I.I.S. nella base di calcolo, come da pag. 10 del ricorso in appello, non con riferimento a tutto detto periodo, ma solo per il periodo dal 1 gennaio 1984 al 1 giugno 1984.

Tanto premesso va ulteriormente osservato che la I.I.S., costituisce non un accessorio, ma parte integrante del T.F.R., tenuto conto dell’assunto contenuto nella ordinanza della Corte Costituzionale 23 dicembre 1998 n. 438, in cui è espressamente affermato che “ l'indennità integrativa speciale non ha più la caratteristica di effettiva accessorietà ”.

Pertanto nel caso di specie un nuovo termine di prescrizione della pretesa alla inclusione anche di detta indennità nel T.F.R. per tutto il periodo di interesse decorreva per i ricorrenti dal momento in cui era intervenuto il riconoscimento da parte del Comune di Napoli, con detta deliberazione n. 1431 del 1997, del loro diritto al trattamento di fine rapporto per il periodo di cui trattasi, atteso che l’I.I.S., quale componente del complessivo credito cui atteneva, partecipava alla natura di questo e soggiaceva al medesimo regime, anche per quanto attiene al termine prescrizionale .

Più precisamente, poiché l'art. 20 del T.U. 29 dicembre 1973, n. 1032, secondo cui “ Il diritto del dipendente e dei suoi aventi causa all'indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto il diritto ”, è stato interpretato dalla giurisprudenza nel senso che il termine di prescrizione decorre dall'ultimo ordinativo di pagamento del credito principale (Cons. di Stato, sez. VI, 19 marzo 2012, n. 1526;
18 agosto 2010, n. 5870;
12 febbraio 2007, n. 544, 11 marzo 2008 n. 1034). è da tale termine che decorreva la prescrizione anche di quanto preteso co riguardo all’inclusione dell’I.I.S. nel calcolo del T.F.R., indipendentemente dall'epoca della maturazione del relativo diritto, essendo l’indennità stessa, secondo la citata ordinanza n. 438 del 1998 della Corte Costituzionale, da ritenersi inglobata nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto.

Va quindi condivisa la tesi degli appellanti che erroneamente il primo giudice ha ritenuto prescritta la domanda di accertamento da essi formulata nonostante che fosse stata presentata dopo pochi mesi dall’avvenuto pagamento delle somme (per trattamento di fine rapporto) da parte del Comune con la citata deliberazione n. 1431 del 1997.

11.3.- In proposito non ritiene il collegio che assumano rilevanza le affermazioni contenute in sentenza che, contrariamente a quanto ritenuto con la sentenza n. “20130” del 2005 del T.A.R. Campania, alla deliberazione n. 1431 del 1997 non poteva riconoscersi efficacia interruttiva della prescrizione perché l’ipotetico riconoscimento avrebbe potuto avere ad oggetto il diritto come consacrato e non anche la maggiorazione pretesa dai ricorrenti e comunque perché l’interruzione della prescrizione a seguito riconoscimento del diritto di cui all’art. 2944 del c.c. concerne le sole ipotesi in cui il termine prescrizionale non è decorso.

Detta deliberazione non ha invero comportato l’interruzione della prescrizione, ma la rinuncia implicita a far valere la prescrizione medesima, costituendo fatto incompatibile in maniera assoluta - senza, cioè, possibilità alcuna di diversa interpretazione - con la volontà di avvalersi della causa estintiva dell'altrui diritto, come richiesto dall'articolo 2937, comma 3, del c.c..

Dal riconoscimento del diritto dei ricorrenti al T.F.R. per il periodo che interessa da parte dell’Amministrazione è derivato che, ai sensi degli art. 2944 e 2945 c.c., la prescrizione è stata superata ed è iniziato a decorrere un nuovo periodo di decorrenza della stessa (Consiglio di Stato sez. VI 31 agosto 1996 n. 1103) con riguardo al diritto a detto trattamento come nel complesso spettante, cioè, nel caso che occupa, compreso il diritto all’inclusione nel relativo computo della I.I.S.,

12.- Nel merito il motivo di cui al precedente punto 3.- c) è fondato.

Secondo l'ormai uniforme indirizzo della giurisprudenza amministrativa, ai sensi dell'art. 3 L. n. 87 del 1994 (secondo il quale “ Il trattamento di cui alla presente legge viene applicato anche ai dipendenti che siano cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 ed ai loro superstiti, nonché a quelli per i quali non siano ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell'indennità di buonuscita o analogo trattamento ”), i dipendenti pubblici collocati a riposo prima del 1° dicembre 1984 hanno titolo alla riliquidazione dell'indennità di buonuscita col computo dell'indennità integrativa speciale ove il relativo rapporto previdenziale non sia ancora esaurito, intendendosi per tale, non solo quello per il quale sia pendente un giudizio, ma anche quello rispetto al quale sia stata interrotta la prescrizione (Cons. Stato, sez. VI, 7 agosto 2002, n. 4138;
Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3325;
Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 2002, n. 2826;
Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2002, n. 481;
Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2000, n. 2689);
interruzione che può aver luogo con atti di costituzione in mora e con pagamenti tardivi, costituenti riconoscimento del diritto da parte dell'amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 31 agosto 1996, n. 1103, cit.;
Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3325;
27 maggio 2005, n. 2744).

Nella fattispecie, se è vero che i ricorrenti sono cessati dal servizio pre-ruolo antecedentemente al 30 novembre 1984 (essendo stati immessi nei ruoli comunali con decorrenza dal 2 giugno1984), è altrettanto vero che, per costoro, il rapporto giuridico attinente la liquidazione del T.F.R. non poteva dirsi esaurito a quella data, giacché la delibera di liquidazione di tale trattamento è stata adottata solo in data 7 aprile 1997 con la citata deliberazione n. 1431.

Per rapporto non esaurito (ai sensi dell'art. 3 della legge n. 87 del 1994) deve intendersi non solo quella situazione in cui il diritto alla liquidazione della indennità integrativa speciale nella indennità di buonuscita sia ancora vitale e quindi azionabile in giudizio perché non prescritto o non condizionato da situazioni che ne possano paralizzare la concreta tutela, ma anche l'ipotesi in cui non sia stata prestata acquiescenza alla successiva liquidazione del beneficio, tramite comportamenti volti a chiederne, mediante apposite domande (nel caso di specie mediante ricorso giurisdizionale proposto il 9 settembre 1997), l'applicazione di un diverso metodo di computo, con ciò interrompendo il corso del termine di prescrizione, che, ai sensi degli articoli 1 e 20 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, decorrente non dalla data di cessazione dal servizio, ma da quella dell'ultimo ordinativo di pagamento del credito principale (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 marzo 2012, n. 1526 e 8 giugno 2009, n. 3481).

Ne consegue che, in base alla normativa transitoria di cui all'art. 3 della l. n. 87 del 1994, i ricorrenti hanno diritto titolo alla riliquidazione dell'indennità di buonuscita col computo dell'indennità integrativa speciale.

12.1.- Al riguardo, con riferimento alle eccezioni al riguardo formulate dalla difesa del resistente Comune con memoria depositata il 12 novembre 2015, è pacifico, essendo stato apertamente riconosciuto dagli appellanti a pag. 10 del gravame in esame, che per il periodo dal 1° gennaio 1984 al 1° giugno 1984 l’I.I.S. era stata già inclusa nella base di calcolo del T.F.R., sicché per tale periodo gli appellanti nulla hanno a che pretendere.

Con detta memoria la difesa del Comune ha anche affermato che per il periodo dal 1° febbraio 1983 al 1° giugno 1984 sarà l’I.N.P.D.A.P. al momento della cessazione dal servizio a corrispondere il T.F.R.;
la circostanza deve ritenersi ammessa, stante la mancata contestazione dell’assunto da parte degli appellanti, e comunque, per le considerazioni in precedenza svolte, nella relativa base di calcolo andrà inclusa l’I.I.S..

12.2.- Quanto alla richiesta, contenuta nel ricorso in appello, di condanna del Comune resistente alla liquidazione delle somme comprensive dell’indennità integrativa speciale, oltre ad interessi in misura legale e danno da svalutazione monetaria, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia di crediti di lavoro, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria decorrono dalla data di maturazione del diritto, per il solo fatto del ritardo, a prescindere dalla colpa del datore di lavoro (ex multis: Consiglio di Stati, Sez. V, n. 6016/2001 e n. 1062/2001).

Pertanto, nella fattispecie, il dies a quo della decorrenza degli accessori maturati sul T.F.R. comprensivo dell’I.I.S. deve essere individuato nel 2 giugno 1984, data dell'insorgenza del diritto a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 9 luglio 1986 (G.U. 1 agosto 1986, n. 38) che ha espunto dall'ordinamento giuridico con efficacia ex tunc la norma (art. 9, comma 4, D.L. gs. del Capo Provvisorio dello Stato n. 207/1947) che stabiliva che la buonuscita non era dovuta ai dipendenti non di ruolo dello Stato che transitavano in ruolo.

Trattandosi di crediti previdenziali maturati prima del 31 dicembre 1994, non è applicabile il divieto introdotto dall'art. 22, comma 36, della L. 23 dicembre 1994, n. 724, per cui sono dovuti cumulativamente rivalutazione monetaria ed interessi legali sino all'effettivo soddisfo, da calcolarsi secondo i criteri stabiliti dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione del 14.6.1998, n. 3.

12.2.- A tali conclusioni circa la sussistenza del diritto ad interessi e rivalutazione monetaria non osta la disposizione di cui all’art. 2, comma 4, l. 29 gennaio 1994 n. 87 (secondo il quale “ Le somme dovute a titolo di prestazioni ai sensi della presente legge e quelle dovute per contributi a norma del presente articolo non danno luogo a corresponsione di interessi, né a rivalutazione monetaria ”) in quanto essa deve ritenersi relativa agli accessori dovuti sulle somme già riconosciute in sede di liquidazione dell'indennità di buonuscita ed a seguito del riconoscimento dell'indennità integrativa speciale (Consiglio di Stato, sez. VI, 30 agosto 2011, n. 4839), ma non agli accessori relativi ai periodi successivi alle scadenze previste per il pagamento dall'art. 3 comma 3, della l. n. 87 del 1994.

13.- Quanto al motivo d’appello di cui al punto 3.- e), con il quale è stato dedotto che, nell’ipotesi che si ritengano applicabili al caso in esame le norme dettata dalla l. n. 87 del 1994 la misura ridotta di calcolo ivi prevista non sarebbe compatibile con i principi di equità di cui agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, come affermati con sentenza della Corte Costituzionale n. 243 del 1993, cui detta legge, con l’art. 1, avrebbe dato solo parziale applicazione, la Sezione ne rileva l’incondivisibilità.

Come dedotto dalla difesa del Comune resistente, infatti, ai sensi dell’art. 1, lettera b), della l. n. 87 del 1994, l’I.I.S. non va computata per intero, come sostenuto dagli appellanti, ma nei limiti del 60% del suo ammontare, considerato che ai rapporti di cui trattasi si applicava, ai sensi dell’art. 26 quater della l. n. 33 del 1980, la normativa valevole per il personale non di ruolo dello Stato, sicché il diritto alla riliquidazione del T.F.R. sussiste con inclusione di quanto dovuto a titolo di I.I.S. nella misura del 60%.

Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. b), l. 29 gennaio 1994 n. 87, sollevata in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, essa va valutata manifestamente infondata secondo l'apprezzamento della Corte Costituzionale enunciato in reiterate decisioni, cioè con sentenza 31 marzo 1995, n. 103, con ordinanze 30 maggio 1995, n. 207, 13 luglio 1995, n. 324, 26 ottobre 1995, n. 468, 4 dicembre 1995, n. 495, 29 gennaio 1996, n. 19, 18 aprile 1996, n. 125, 28 febbraio 1997, n. 55 e 20 marzo 1998, n. 72 (Consiglio di Stato sez. VI 2 marzo 2000 n. 1113) e poi con sentenza 12 marzo 2004, n. 91.

14.- L’appello deve essere conclusivamente accolto nei limitati termini di cui in motivazione.

15.- Le spese del doppio grado di giudizio, compensate per la metà a causa della reciproca parziale soccombenza, seguono per il residuo la sostanziale soccombenza dell’Amministrazione in ordine alla pretesa principale formulata dai ricorrenti e vanno liquidate come in dispositivo, tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi