Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-22, n. 202302926

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-22, n. 202302926
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302926
Data del deposito : 22 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/03/2023

N. 02926/2023REG.PROV.COLL.

N. 07545/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7645 del 2017, proposto dal Comune di Mignano Monte Lungo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso la dottoressa F R in Roma, viale degli Ammiragli, n. 114;

contro

la società Proma Ssa S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati D T e M A D N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato S M in Roma, via Pietro da Cortona, n. 8;

nei confronti

delle società Seran S.r.l. e Pubblieureka S.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, Sez. VIII, 6 marzo 2017 n. 1289, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Proma Ssa S.r.l. nonché i documenti prodotti;

Esaminate le ulteriori memorie, anche di replica e le note depositate dalle parti con documenti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 2 febbraio 2023 il Cons. Stefano Toschei e udito, per la parte appellata, l’avvocato D T;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Il presente giudizio in grado di appello ha ad oggetto la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, Sez. VIII, 6 marzo 2017 n. 1289 con la quale il predetto TAR ha accolto in parte (e, in parte, ha dichiarato improcedibili) il ricorso introduttivo (n. R.g. 1953/2016), accompagnato da due ricorsi recanti motivi aggiunti, proposti dalla società Proma Ssa S.r.l. al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti e/o provvedimenti: (con il ricorso introduttivo e con il primo ricorso recante motivi aggiunti) a) della diffida prot. n. 766/2016, avente ad oggetto la rimozione ad horas di una sbarra in acciaio di interdizione di una strada a servizio della zona industriale e dell'ordinanza n. 2 del 9 febbraio 2016 con la quale è stata disposta la rimozione sbarra in acciaio realizzata sulla strada;
(con il secondo ricorso recante motivi aggiunti) b) dell’ordinanza sindacale contingibile e urgente n. 23/2016, prot. 5614, del 9 settembre 2016 con la quale era ordinata la riapertura al pubblico transito della strada vicinale.

2. - La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:

- la società odierna appellata è proprietaria, nel territorio del Comune di Mignano Monte Lungo, di tre particelle sulle quali insiste un proprio stabilimento industriale acquistate in tempi diversi;

- su una di tali particelle detta società ha installato una sbarra di acciaio per impedire il libero accesso carrabile su una strada, che sostiene essere di sua proprietà e a servizio di una zona industriale;

- in seguito all’accertamento dell’avvenuta apposizione della sbarra, a chiusura di una strada che va ritenuta di pubblica utilità a servizio della zona industriale, il Comune di Mignano Monte Lungo, con ordinanza n. 2 del 9 febbraio 2016 ne disponeva la rimozione sul presupposto della assoluta abusività dell’intervento e nel contempo, con atto prot. n. 766 dello stesso 9 febbraio 2016, diffidava e invitava la società Proma Ssa S.r.l. a rimuovere la sbarra perché impediva l’accesso alla via ove insistono, sopra e sotto il piano stradale, infrastrutture e impianti di proprietà comunale;

- la società impugnava dinanzi al TAR per la Campania i suddetti due provvedimenti, che riteneva essere stati adottati illegittimamente dal comune su indicazione delle società Seran S.r.l. e Pubblieureka S.r.l., proprietaria e detentrice della particella confinante, proponendo sia un ricorso introduttivo che un ricorso recante motivi aggiunti nei quali sosteneva la natura esclusivamente privata e non di pubblica utilità della strada sterrata in questione, che risulterebbe al servizio del sito industriale della sola Proma Ssa e non impedirebbe l’effettuazione di alcun intervento su infrastrutture essenziali di proprietà comunale, affermando quindi che per l’apposizione della sbarra non era richiesto il rilascio di alcun titolo abilitativo edilizio nonché lamentando la violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale e la mancata comunicazione di avvio del procedimento;

- in pendenza di detto giudizio la società Proma Ssa S.r.l. presentava istanza di accertamento di conformità con riferimento alla installazione della sbarra e, non avendo ricevuto alcuna risposta dal comune, proponeva ricorso avverso il silenzio-rigetto formatosi su detta istanza;

- contemporaneamente il Sindaco del Comune di Mignano Monte Lungo, in seguito alla mancata rimozione della sbarra, adottava l’ordinanza 9 settembre 2016 n. 23 con la quale disponeva l’immediata rimozione del manufatto che impediva il libero transito sulla strada in questione;

- anche tale provvedimento era fatto oggetto di impugnazione con un secondo ricorso recante motivi aggiunti;

- il TAR ha dapprima dichiarato improcedibili il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti atteso che, in seguito all’intervenuta ordinanza sindacale contingibile e urgente n. 23/2016, prot. 5614 del 9 settembre 2016 (impugnata con il secondo ricorso recante motivi aggiunti) con cui è stata ordinata la riapertura al pubblico transito della strada vicinale e all’intervenuta presentazione dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (aderendo il primo giudice all’orientamento giurisprudenziale per il quale la presentazione di una istanza di accertamento di conformità ha automatico effetto caducante sull’ordinanza di demolizione, rendendola inefficace) è venuto meno l’interesse alla prosecuzione del ricorso con riguardo all’impugnazione della diffida prot. n. 766/2016 e dell'ordinanza n. 2 del 9.2.2016, aventi ad oggetto la rimozione della sbarra in acciaio di interdizione della strada e i relativi atti presupposti;

- il Tribunale amministrativo regionale, quindi, ha accolto il secondo ricorso recante motivi aggiunti proposto dalla società Proma Ssa, annullando l’ordinanza sindacale contingibile e urgente n. 23/2016, prot. 5614 del 9 settembre 2016, non risultando provato dall’amministrazione “ l’uso per pubblico transito della strada o l’esistenza di altre ragioni che rendevano indispensabile il ripristino in via d’urgenza della sua accessibilità ” (così, testualmente, nella sentenza qui oggetto di appello).

3. – Propone quindi appello, nei confronti della suddetta sentenza di primo grado n. 1289/2017, il Comune di Mignano Monte Lungo, sostenendone l’erroneità per tre motivi che possono sintetizzarsi come segue:

I) Violazione degli artt. 55, 81 e 378 l. 20 marzo 1865, n. 2248 all. F in relazione all’art.15 d.lgt. n. 1446/1918 – Violazione dell’art. 54 TUEL. Il giudice di primo grado ha anzitutto errato nel qualificare giuridicamente l’ordinanza sindacale n. 23/2016 alla stregua di una ordinanza contingibile e urgente “in senso stretto” piuttosto che, come sarebbe stato corretto, quale provvedimento assunto in autotutela possessoria “juris publici” in materia di strade, per come previsto dalla legge n. 2248/1865 all. F. D’altronde, per un verso nel provvedimento impugnato è stato espressamente richiamato l’art. 55 della suddetta legge e, sotto altro versante, va ricordato che la società ricorrente non si è mai riferita alla violazione dell’art. 54 TUEL;

II) Illegittimità dell’opera – Difetto di interesse. Il TAR non ha poi tenuto conto che la sbarra in questione è stata installata in mancanza di un titolo abilitativo edilizio e ciò è dimostrato anche dall’avere presentato la società oggi appellata domanda di accertamento di conformità con riferimento a detto manufatto;

III) Errata valutazione delle prove documentali – Vizio della motivazione. Con la costituzione in giudizio il Comune di Mignano Monte Lungo ha prodotto copia della delibera della Giunta municipale del 12 gennaio 1987 con la quale il comune ha approvato “ il progetto esecutivo dei lavori di realizzazione delle infrastrutture nella zona industriale, rete fognante e strada redatto dal tecnico comunale, geom. Carmine Mariotti ” precisando che l’intervento era teso a garantire l’accesso alle fabbriche insediate nell’area industriale a causa della primaria carenza di opere infrastrutturali. Ciò è sufficiente a dimostrare, a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice, l’utilizzo per il pubblico transito della strada il cui accesso è stato impedito dalla sbarra installata dalla società oggi appellata. A ciò si aggiunga che tale circostanza è stata confermata dal deposito in giudizio di documentazione ulteriore – non ultima la copia dell’ordinanza collegiale 24 novembre 2016 con cui il Tribunale civile di Cassino ha ordinato alla società Proma Ssa “ di eliminare tutti gli ostacoli ivi posti … che impediscono il passaggio (…) così come esercitato prima dell’apposizione ” – grazie alla quale non vi è alcun dubbio “ che la strada e le opere di pubblica utilità ivi installate (fogne e acquedotto), tutto a spese del Comune, costituiscano infrastrutture realizzate per la collettività nell’ambito dell’area industriale;
e che pertanto la strada assolva ad una utilitas non riservata al singolo bensì ad un numero indeterminato di fruitori (lavoratori, fornitori, clienti) che all’area industriale accedono
” (così, testualmente, a pag. 7 dell’atto di appello).

4. – Nel silenzio processuale delle società Seran S.r.l. e Pubblieureka S.r.l., pure evocate in giudizio, si è costituita nel presente grado di appello la società Proma Ssa S.r.l. contestando analiticamente le avverse prospettazioni e riproponendo le stesse censure dedotte in primo grado con il ricorso introduttivo ed il primo dei motivi aggiunti proposti, entrambi dichiarati improcedibili dal giudice di primo grado.

Con memoria depositata in data 23 ottobre 2020 nel fascicolo digitale del processo, la società Proma Ssa ha anche eccepito il difetto di interesse alla proposizione dell’appello da parte del Comune di Mignano Monte Lungo. Infatti, segnala la società appellata, il comune appellante ha proposto il gravame quando la predetta società, eseguendo l’ordinanza possessoria emanata in data 24 novembre 2016 dal Tribunale di Cassino, aveva già provveduto a rimuovere la sbarra in questione. Posto che il comune era intervenuto ad adiuvandum nel processo civile possessorio, esso era perfettamente a conoscenza della rimozione della sbarra.

Le parti hanno quindi espresso nuovamente le rispettive posizioni, nelle loro memorie conclusive, anche di replica, confermando le conclusioni già rassegnate negli atti processuali precedentemente depositati.

5. – In via preliminare il Collegio ritiene di non dover scrutinare l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla società appellata in quanto, per le ragioni che verranno di seguito rappresentate, il mezzo di gravame proposto dal Comune di Mignano Monte Lungo non si presenta accoglibile. Del resto pare evidente che la sbarra sia stata rimossa in esecuzione dell’ordinanza possessoria emanata in data 24 novembre 2016 dal Tribunale di Cassino e non in esecuzione dell’ordinanza sindacale n. 23/2016 della cui legittimità si discute nel presente processo.

Perimetrando adeguatamente l’oggetto della presente controversia, tenendo conto di quanto emerge dall’atto di appello, dopo avere accertato che nessun appello incidentale è stato proposto dalla società appellata nei confronti della sentenza di primo grado di parziale accoglimento e quindi dopo avere appurato che l’odierno contenzioso è limitato alla contestazione circa la rappresentata erroneità del capo della sentenza per effetto del quale è stata annullata, perché ritenuta illegittima dal primo giudice, l’ordinanza sindacale n. 23/2016, la verifica sulla fondatezza dei tre motivi di appello deve necessariamente prendere le mosse dalla qualificazione giuridica di detta ordinanza.

Dalla lettura del provvedimento annullato dal giudice di primo grado si colgono i seguenti passaggi rilevanti per la definizione del presente contenzioso:

- anzitutto si evidenzia l’oggetto dell’ordinanza n. 23/2016, per come autoqualificato dal comune, come “ Ordinanza contingibile e urgente per la riapertura al pubblico transito della strada vicinale insistente sul terreno individuato catastalmente al Foglio (…) del Comune di Mignano Monte Lungo ”;

- quindi vengono espressamente richiamati – nelle premesse dell’atto e tra i “Visto” - alcuni riferimenti normativi “propri” delle ordinanze contingibili e urgenti quali: a) l'art. 54, comma 4, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267;
b) l'art. 2, lettera d), del Decreto del Ministro dell'Interno 5 agosto 2008, avente ad oggetto “ Incolumità pubblica e sicurezza, urbana: definizione e ambiti di applicazione ”, il quale prevede che il Sindaco intervenga per prevenire e contrastare le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, in particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo pubblico;
c) l'art. 650 c.p., dal titolo “ Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità ”, secondo cui, chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene, è punito, se il fatto non costituisca un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a € 206,00;

- infine lo stesso comune autoqualifica il provvedimento quale “urgente”, tanto da giustificare espressamente la mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241 per effetto di tale caratterizzazione provvedimentale.

E’, altresì, indubbiamente vero che il predetto provvedimento cita anche tre disposizioni normative specifiche, quali: a) l'art. 55 della Legge sulle opere pubbliche 20 marzo 1865, n. 2248 (allegato F), il quale stabilisce, che nessuno può senza mandato o licenza dell'amministrazione fare opere o depositi anche temporanei sulle strade, né alterne la forma od invaderne il suolo e che è proibito altresì di far cosa che rechi danno alla strada, alle opere relative, nonché alle piantagioni che appartengono alla strada stessa;
b) l'art. 15 d.lgt. 1 settembre 1918, n. 1446, convertito con modificazioni con l. 17 aprile 1925, n. 473, il quale stabilisce, in particolare, quali sono le funzioni di vigilanza e polizia sulle strade vicinali esercitate dal Sindaco al quale spetta il compito di ordinare che siano rimossi gli impedimenti all'uso delle strade e all'esecuzione delle opere definitivamente approvate e che siano ridotte nel pristino stato le cose abusivamente alterate;
c) l'art. 14, comma 4, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (recante il Codice della strada), il quale prevede che per le strade vicinali i poteri dell'ente proprietario previsti dal Codice della strada sono esercitati dal comune.

6. - Orbene, da quanto appena descritto in ordine alle norme richiamate a supporto del potere esercitato, ne emerge un quadro tipico “apparente” proprio dell’atto complesso, in quanto adottato con riferimento a diverse disposizioni normative, ma sostanzialmente riconducibile al genus delle ordinanze contingibili e urgenti assegnate alla competenza sindacale dall’art. 54 d.lgs. 267/2000.

Le ordinanze contingibili e urgenti sono, invero, rivolte alla disciplina del caso concreto e sono connotate da atipicità: la fonte primaria non disciplina in maniera specifica né i presupposti di applicazione di tali provvedimenti, facendosi riferimento genericamente alla necessità, urgenza e contingibilità, la cui individuazione concreta compete all'autorità amministrativa deputata, né tantomeno il contenuto, che può estrinsecarsi in una serie di provvedimenti che si rivelino idonei a fronteggiare quella determinata situazione. È indubbio, tuttavia, che il fondamento del potere di ordinanza debba comunque essere identificato nella legge, non potendo esso risiedere nella necessità in sé.

Come costantemente è stato rilevato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., tra le ultime, Cons. Stato, Sez. V, 10 novembre 2022 n. 9846), le ordinanze di necessità e urgenza, quali espressione di un potere amministrativo extra ordinem , volto a fronteggiare situazioni di urgente necessità, laddove all'uopo si rivelino inutili gli strumenti ordinari posti a disposizione dal legislatore, presuppongono necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, tali da giustificare la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi.

In argomento si è ulteriormente sottolineato che “ i presupposti per l'adozione dell'ordinanza contingibile e urgente risiedono nella sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento, nonché nella provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti, nella proporzionalità del provvedimento, non essendo pertanto possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità ” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. II, 11 luglio 2020 n. 4474 nonché Sez. III, 29 maggio 2015 n. 2697).

Il potere di urgenza di cui agli artt. 50 e 54 d.lgs. 267/2000, può essere esercitato solo rispetto a circostanze di carattere eccezionale e impreviste, costituenti un'effettiva minaccia per la pubblica incolumità e unicamente in presenza di un preventivo accertamento delle condizioni concrete, fondato su prove empiriche e non su mere presunzioni. Tali presupposti non ricorrono laddove il Sindaco possa far fronte alla situazione con rimedi di carattere corrente nell'esercizio ordinario dei suoi poteri (si veda, sul punto, Cons. Stato, Sez. II, 11 luglio 2020 n. 4474).

Nel caso di specie, il Comune di Mignano Monte Lungo, nel disporre la rimozione della sbarra, ha fatto uso di una serie di poteri, discendenti da altrettante previsioni normative distinte, non coordinati tra di loro, preferendo generalizzare l’intervento di imposizione dell’obbligo di rimozione della sbarra apposta richiamando sia norme specifiche [quali l'art. 55 l. 2248/1865 (allegato F), sulla “ostruzione” delle strade il quale stabilisce, che nessuno può senza mandato o licenza dell'amministrazione fare opere o depositi anche temporanei sulle strade, né alterne la forma od invaderne il suolo e che è proibito altresì di far cosa che rechi danno alla strada, alle opere relative, nonché alle piantagioni che appartengono alla strada stessa;
b) l'art. 15 d.lgt. 1 settembre 1918, n. 1446, convertito con modificazioni con l. 17 aprile 1925, n. 473, in materia di funzioni di vigilanza e polizia sulle strade vicinali esercitate dal Sindaco;
c) l'art. 14, comma 4, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (recante il Codice della strada)] sia norme generali sul potere sindacale di adozione di provvedimenti contingibili e urgenti.

Il sopra descritto pot-pourri normativo, che il comune ha ritenuto di richiamare nella specie nell’ordinanza sindacale n. 23/2016, non conduce al risultato voluto dall’ente locale, non solo perché le disposizioni generali sul potere contingibile e urgente, per quanto si è già riferito, intervengono solo nel caso in cui non possono già essere utili alla vicenda amministrativa, che pretende una soluzione urgente e concreta, norme specifiche che debbono prioritariamente essere applicate, ma anche perché – nel caso per il quale è qui controversia - proprio per l’applicazione delle disposizioni di settore più sopra richiamate deve escludersi che esse si rivolgano alla competenza sindacale.

Ed infatti, come è noto, la giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte affermato che il potere di autotutela esecutiva possessoria sui beni di proprietà pubblica, che era indubbiamente attribuito al Sindaco dall'art. 378 l. 2248/1865, all. F, deve ritenersi trasferito ai dirigenti (ovvero per gli enti privi di dirigenti agli organi che ne svolgono i compiti) dal d.lgs. 267/2000, atteso che la riforma degli enti locali (e del loro ordinamento), provocata prima dalla l. 8 giugno 1990, n. 142 e quindi dal d.lgs. 267/2000, ha comportato l'affermazione di un principio generale in ordine alla distinzione delle funzioni, tra quelle d'indirizzo politico e quelle di gestione dell'amministrazione pubblica, riservando queste ultime alle figure amministrativo-dirigenziali. L'attività di sgombero di proprietà comunali ovvero di aree che siano (almeno ritenute) di pubblico utilizzo non ha, infatti, il minimo contenuto “politico” trattandosi di attività di mera gestione, mentre l'art. 107, comma 5, del predetto testo normativo fa espressamente salve solo le competenze del Sindaco previste dall'art. 50 e dall'art. 54, vale a dire le competenze espressamente attribuitegli dalla legge in determinate materie e, specificatamente, in materia di ordinanze contingibili e urgenti e di ordine e sicurezza pubblica (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2018 nn. 2519 e 2520).

7. – Deriva da quanto appena sottolineato come, laddove dovesse ritenersi l’ordinanza n. 23/2016 adottata nell’esercizio di potere di autotutela possessoria “esecutiva”, detto potere non avrebbe potuto essere esercitato dal Sindaco (ma dal dirigente dell’ufficio comunale competente).

Laddove invece, come pare di potersi confermare, ad avviso del Collegio, il suddetto provvedimento debba essere ricondotto, più propriamente, nella categoria delle ordinanze contingibili e urgenti, se ne ravvisa, nella specie, la carenza dei presupposti per l’esercizio del corrispondente potere.

L'art. 54 (Attribuzioni del Sindaco nelle funzioni di competenza statale), comma 4, d.lgs. 267/2000 prevede che: “ Il Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire o di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana ”.

Spetta, quindi, al Sindaco valutare l'esistenza di una situazione di grave pericolo, vale a dire il rischio concreto di un danno grave e imminente per l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana;
la valutazione, di carattere eminentemente tecnico, va compiuta sulla base di pareri acquisiti ed accertamenti tecnico - scientifici effettuati in sede istruttoria, di cui si deve dar conto nella motivazione del provvedimento (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2020 n. 5780 e 29 maggio 2019 n. 3580 secondo cui: “ il potere di ordinanza, inoltre, presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione, e in ragione di tali situazioni si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale ”;
allo stesso modo, Cons. Stato, Sez. V, 21 febbraio 2017 n. 774, che richiama, nello stesso senso, i precedenti di cui a Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2016 n. 1189, 25 maggio 2015 n. 2967 e 5 settembre 2015 n. 4499).

L'esito di tali accertamenti tecnico - scientifici deve condurre con sufficiente grado di attendibilità a dimostrare (se) sussistente (o meno) un nesso causale tra la situazione fattuale come riscontrata e la possibile lesione della pubblica incolumità, non potendosi richiedere, per l'urgenza che connota il momento In cui il provvedimento viene assunto), che si pervenga ad un giudizio di certezza della derivazione causale degli eventi.

Le misure adottate devono, infine, garantire il corretto bilanciamento degli interessi che vengono in rilievo e devono essere rispettose del principio di proporzionalità (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 novembre 2021 n. 7366), ovvero, altrimenti detto, essere coerenti con il livello di attendibilità del giudizio causale al quale si è precedentemente fatto cenno.

Dalla lettura del provvedimento annullato dal giudice di primo grado (l’ordinanza sindacale n. 23/2016) e dall’esame della documentazione depositata nei due gradi del presente giudizio non si evince la presenza dei presupposti come sopra indicati, né si coglie la presenza di una adeguata istruttoria volta a individuare le ragioni di pericolo che avrebbero indotto il Sindaco ad adottare l’ordinanza ex art. 54 d.lgs. 267/2000, tenuto conto che, per quanto si è sopra riferito, non spettava al Sindaco provvedere in sede di autotutela possessoria.

8. - Del resto neppure il pubblico utilizzo della strada in questione si presenta provato, essendo tale utilizzo solo “affermato” (senza alcun risconto probatorio o indicazione di titoli che lo dimostrino) nell’ordinanza sindacale n. 23 del 2016.

Quest’ultima infatti àncora le ragioni della sua adozione sui seguenti due elementi:

- la denuncia-querela presentata dai signori Domenico Di Caprio e Antonio Di Caprio, nella qualità di amministratori rispettivamente della Seran S.r.l. e della Pubblieureka S.r.l., acquisita al prot.n.543 in data 28 gennaio 2016;

- le risultanze del sopralluogo effettuato dal responsabile dell'Ufficio tecnico e dalla Polizia Municipale del Comune si Mignano Monte Lungo (di cui alla relazione prot. n. 669 del 2 febbraio 2016), all’esito del quale si sarebbe accertata l’arbitraria apposizione, senza alcuna autorizzazione, “ da parte della PROMA SSA S.R.L. di una sbarra di chiusura in ferro sulla strada vicinale di pubblica utilità di accesso ad altri lotti e capannoni industriali nonché soprastante infrastrutture di proprietà dell'ente e funzionali all'erogazione di servizi pubblici essenziali per la popolazione (rete idrica, fognante, etc.), (…) e che tale sbarra impedisce quindi l'accesso a detta strada ”.

Quanto sopra non è confortato da alcuna allegazione circa la riconducibilità della strada in questione tra quelle “ vicinali di pubblica utilità ”. Inoltre, qualora la contestazione fosse legata alla mancanza di un titolo edilizio per l’apposizione della sbarra, tale rilievo avrebbe dovuto essere effettuato dal comune applicando le specifiche disposizioni contenute nel d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 che tuttavia, come è ampiamente noto, non prevedono che i provvedimenti repressivo-sanzionatori in materia edilizia vengano adottati attraverso ordinanze contingibili e urgenti di competenza sindacale.

9. - In ragione di quanto si è sopra illustrato il ricorso in appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Le spese del grado di appello seguono la soccombenza processuale, per il noto principio di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., di talché esse vanno imputate a carico del Comune di Mignano Monte Lungo e in favore della società Proma Ssa S.r.l., potendosi liquidare complessivamente nella misura di € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge. Spese compensate con riferimento alle altre parti in giudizio.

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