Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-07-29, n. 202004837
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Pubblicato il 29/07/2020
N. 04837/2020REG.PROV.COLL.
N. 00855/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 855 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M B, A G, D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) -OMISSIS- resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 25 giugno 2020 il Cons. Giovanni Tulumello e uditi per le parti gli avvocati presenti secondo la legge come da delega in atti (ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza -OMISSIS-, il T.A.R. Calabria, sede di Catanzaro, ha rigettato il ricorso proposto dalla-OMISSIS-con cui la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Crotone ha rigettato la richiesta avanzata dalla ricorrente di aggiornamento dell’esito delle informazioni ai sensi dell'art. 91 comma 5, ultima parte, del decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011.
Con ricorso in appello notificato il 27 gennaio 2020, e depositato il successivo 29 gennaio, la -OMISSIS-ha impugnato l’indicata sentenza.
Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero dell’Interno.
Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione all’udienza del 25 giugno 2020.
2. La sentenza impugnata ha motivato il rigetto del ricorso di primo grado in relazione al “ pesante quadro indiziario dell’infiltrazione mafiosa tratteggiato nell’interdittiva prefettizia n. -OMISSIS- ”.
Con un unico, articolato motivo di gravame l’appellante deduce “ Erroneità della sentenza per travisamento dei fatti. Inesistenza dei presupposti. Violazione dei principi in materia come dedotti dal Codice antimafia n. 59/2011 ”.
Il ricorso in appello contesta, in particolare:
che gli elementi fattuali su cui si è basato il giudizio negativo dell’amministrazione sarebbero entrambi privi di rilevanza sintomatica: il vincolo familiare dell’amministratore unico della società appellante (Pasquale Iuzzolini) e del socio, suo germano (Antonio Iuzzolini), con il (comune) suocero (appartenente alla -OMISSIS-);le risultanze di un’operazione di polizia relativa alla cosca Arena operante nel comune di Cutro e dintorni (con ramificazioni estese);
che l’interdittiva presupposta è stata annullata con sentenza del T.A.R. Catanzaro -OMISSIS-;
che non sarebbero emersi elementi di collegamento con la criminalità organizzata da ulteriori operazioni di polizia giudiziaria condotte nel medesimo territorio.
3. L’appello è infondato.
Questa Sezione, nell’ordinanza -OMISSIS- resa all’esito del giudizio di impugnazione del provvedimento cautelare di primo grado, ha già avuto modo di affermare che “ l’istanza di aggiornamento, che fa generico riferimento alle risultanze dell’operazione investigativa Stige, non sembra avere immutato, come ha ritenuto il provvedimento prefettizio impugnato in prime cure, il grave quadro indiziario posto a base dell’originaria informazione antimafia, il quale lascia ritenere, sulla base di un attendibile giudizio prognostico, che l’odierna appellata subisca pesanti infiltrazioni, se non addirittura sia “eterodiretta”, dalla -OMISSIS- ” (…).
In merito ai singoli argomenti di censura posti a fondamento del ricorso in appello, il Collegio rileva ulteriormente che una valutazione non atomistica, ma funzionalmente coerente, degli elementi fattuali considerati, induce a ritenere infondate tali censure alla stregua del parametro normativo invocato e della costante giurisprudenza di questa Sezione formatasi in materia.
4. In primo luogo, va osservato che la sentenza del T.A.R. Catanzaro -OMISSIS- ha annullato non un’informativa, ma un provvedimento AGEA di sospensione dell’erogazione di finanziamenti;questa Sezione, con ordinanza n. -OMISSIS-(resa su appello cautelare avverso tale sentenza), ha respinto l’istanza di AGEA motivando, anche sul fumus boni juris , nel senso che “ resta ferma la potestà dell’Amministrazione di valutare la rilevanza del menzionato provvedimento interdittivo sopravvenuto, unitamente a tutti gli altri elementi utili al riguardo (compresi quelli segnalati in sede difensiva dalla parte resistente), ai fini della eventuale rinnovazione delle sue determinazioni concernenti il Consorzio appellato ”.
Nella citata sentenza -OMISSIS-, invocata dall’appellante, si afferma infatti chiaramente che i provvedimenti impugnati in quel giudizio “ conseguono all’interdittiva antimafia prot. -OMISSIS- ”: laddove l’interdittiva presupposta, rispetto al provvedimento oggetto del presente giudizio, è – come detto, e come chiaramente affermato nella sentenza impugnata - l’interdittiva prefettizia n. -OMISSIS-, che non risulta attinta da alcun provvedimento giurisdizionale (e che anzi la citata ordinanza della Sezione n. -OMISSIS-fa espressamente salva).
Il dato assume rilevanza processuale anche in relazione al fatto che l’interdittiva del 2017 non risulta essere stata impugnata, e come tale ha cristallizzato i propri effetti e il contenuto di accertamento dalla stessa portato: laddove la singolarità del presente giudizio, come correttamente rilevato dalla difesa erariale, è nel fatto che “ La ricorrente ha ritenuto di proporre ricorso non già avverso l’originario provvedimento prefettizio, bensì avverso la nota di conferma dell’informazione antimafia interdittiva ”, pur muovendo censure che attengono proprio al giudizio di condizionamento ritenuto nel provvedimento presupposto, ormai consolidatosi (ferme restando le sopravvenienze che però, come si dirà, confermano e non smentiscono tale giudizio).
5. Tanto premesso, osserva il Collegio che gli elementi di fatto valorizzati dal provvedimento prefettizio, unitariamente valutati secondo il canone inferenziale quae singula non prosunt, collecta iuvant , dimostrano l’esistenza del pericolo di una permeabilità della struttura societaria a più che possibili tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata (al contrario non escluso dagli elementi addotti dalla difesa ricorrente, che non appaiono decisivi o comunque tali da superare il ridetto giudizio prognostico), secondo la valutazione di tipo induttivo che la norma attributiva rimette al potere cautelare dell’amministrazione, il cui esercizio va scrutinato alla stregua della pacifica giurisprudenza di questa Sezione ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 759/2019).
L’applicazione di tale modello esegetico alla specifica fattispecie dedotta induce, come detto, ad escludere la fondatezza delle censure proposte.
Sulla scorta di tali princìpi nel caso in esame il doppio rapporto di affinità-OMISSIS- non rileva infatti ex se , ma in chiave necessariamente convergente con le ulteriori risultanze.
Fra queste spicca la circostanza che dall’Ordinanza di fermo di indiziati di delitto-OMISSIS-, emessa dalla Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Catanzaro, risulta (pagg. 633/640) che “ in particolare nel corso della conversazione progressivo -OMISSIS-a quasi tutti i ristoranti e alle strutture turistiche della zona, conseguendone la distribuzione grazie alla capacità persuasiva derivante dalla sua appartenenza al sodalizio di ‘ndrangheta… ”.
Il colloquio intercettato è intervenuto fra tale -OMISSIS-, incaricato della commercializzazione dei vini da parte della società odierna appellante, e -OMISSIS-, esponente della omonima cosca.
Tale elemento è fortemente sintomatico, perché espressivo – in relazione alle espressioni utlizzate dal -OMISSIS- per “imporre” il prodotto - di una modalità di penetrazione sul mercato di imprese legate alla criminalità organizzata, mediante dinamiche connesse alla forza di intimidazione del vincolo associativo ed al conseguente controllo del territorio.
La plausibilità di tale ipotesi ricostruttiva si lega al già richiamato (duplice) legame di affinità, dal momento che ciascuno dei due elementi fattuali corrobora in modo univoco l’ipotesi posta a fondamento della prognosi ritenuta nel provvedimento impugnato in primo grado.
6. Come già accennato, gli elementi e gli argomenti addotti nel motivo di appello non appaiono tali da superare il ridetto giudizio prognostico.
La società appellante assume che in realtà il -OMISSIS- non risulterebbe tra gli agenti addetti alla commercializzazione, pur non escludendo che possa avere “venduto a qualche ristoratore -OMISSIS-”.
Il dato del titolo formale è ininfluente: ciò che rileva, ai fini della valutazione della conoscenza del fatto, è che il -OMISSIS- fosse, a qualsivoglia titolo, implicato nella rete di vendita dei -OMISSIS-, e che in tale veste possa avere avuto contezza del dato riferito nel colloquio.
7. Quanto alla circostanza, poi, che da tale colloquio emergerebbero rapporti personali non buoni fra -OMISSIS-anch’essa non altera l’ipotesi ritenuta nel provvedimento impugnato, dal momento che il contatto fra struttura imprenditoriale e organizzazione criminale ha riguardo a dinamiche che trascendono le capillari relazioni fra i singoli soggetti interessati.
Il dato, valorizzato nel ricorso in appello, per cui tale colloquio dimostra che “ -OMISSIS-non ha alcun timore reverenziale nei confronti di -OMISSIS- ” può anzi avere una valenza inferenziale opposta rispetto a quella affermata dalla difesa appellante, dal momento che nel contesto di riferimento è più probabile che sia indice di una posizione quanto meno paritaria fra i due soggetti.
8. L’appellante, inoltre, deduce la mancanza di riferimenti alla società Iuzzolini nel contesto di un’altra indagine -OMISSIS-, riferita ad altro procedimento penale.
L’allegazione è priva di pregio, perché l’autosufficienza del quadro fattuale risultante dagli elementi riferiti non necessita di ulteriori riscontri, e perché non può inferirsi l’estraneità dal contesto criminale sulla base di specifici filoni d‘indagine peraltro relativi ad altri soggetti.
9. Infine, l’appellante deduce l’estinzione nel 2014 di un procedimento penale -OMISSIS-, dunque di un reato altamente sintomatico dal punto di vista qui considerato (quanto meno per escludere la rilevanza solo personale del rapporto di affinità).
Il fatto storico, pertanto, si è cristallizzato nel giudicato penale: mentre la pronuncia assolutoria implica un accertamento della mancanza di una penale responsabilità dell’imputato, invece la declaratoria della estinzione del reato per prescrizione suppone, al contrario, che non risulti evidenza di tale assenza di responsabilità, giacché questa, ove sussistente, imporrebbe una formula assolutoria prevalente sulla pronuncia di estinzione per prescrizione, come chiaramente espresso dall’art. 129, secondo comma, cod. proc. pen.
10. Il ricorso in appello è pertanto infondato, e come tale deve essere rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.