Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2013-05-13, n. 201302308
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Numero 02308/2013 e data 13/05/2013
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 20 marzo 2013
NUMERO AFFARE 01951/2011
OGGETTO:
Ministero dello sviluppo economico, Camera di Commercio Reggio Emilia.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da M S, per l’annullamento dell’atto prot. n. 014482 del 2.10.2010 del Presidente della C.C.I.A. di Reggio Emilia, di rigetto della richiesta inquadramento nella prima qualifica dirigenziale camerale e corresponsione del corrispondente trattamento economico, nonché della deliberazione della Giunta camerale n. 162 del 30.08.2000, di inquadramento provvisorio nella categoria “D3” e del D.P.C.M. 26.05.2000 “in parte qua”.
LA SEZIONE
Vista la relazione prot. n. 0000892 in data 29.04.2011, trasmessa con nota prot. n. 0082610 del 3.05.2011, pervenuta il giorno 12 successivo, con la quale il Ministero dello Sviluppo Economico (Direzione Generale per il Mercato, la Concorrenza, il Consumatore, la Vigilanza e la Normativa tecnica) ha chiesto il parere sull’affare indicato in oggetto;
Vista la nota prot. n. 0108489 in data 8.6.2011, pervenuta il 16 successivo, con la quale la competente D.G. del Ministero riferente comunicava che nel termine loro assegnato le parti non avevano prodotto eventuali chiarimenti, confermando “in toto” il contenuto della relazione ministeriale;
Richiamato in fatto quanto espone la riferente Amministrazione;
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore, Consigliere Carlo Visciola;
PREMESSO E CONSIDERATO:
IN FATTO:
Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica depositato presso la Camera di Commercio di Reggio Emilia il 30 gennaio 2001, il dott. M S – già dipendente del Ministero dell’Industria di IX q.f. – e Direttore dell’ufficio U.P.I.C.A. di Reggio Emilia – transitato alla Camera di Commercio di Reggio Emilia a seguito dell’emanazione del D.P.C.M. in data 26.05.2000, impugnava, chiedendone l’annullamento, gli atti indicati in epigrafe lamentando, sostanzialmente, il non corretto inquadramento disposto nei suoi confronti con gli atti stessi dalla Camera di Commercio di destinazione.
A sostegno del gravame, deduceva:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 50 D.lgs. 31.03.1998 n. 112;eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di istruttoria, manifesta illogicità, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90;eccesso di potere per disparità di trattamento.
Gli atti impugnati avrebbero illegittimamente negato al ricorrente, sia in via provvisoria che definitiva, l’attribuzione della qualifica dirigenziale, che gli competerebbe per effetto delle mansioni di Direttore dell’U.P.I.C.A. di Reggio Emilia svolte dal mese di agosto 1988 sino al 31 agosto 2000.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 50 D.lgs. 31.03.1998 n. 12 e del D.P.C.M. 26.05.2000;eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di istruttoria, illogicità, violazione e falsa applicazione del vigente CCNL di comparto;violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90.
Il ricorrente avrebbe diritto, in ogni caso, all’inquadramento dirigenziale camerale e/o il corrispondente trattamento economico, in virtù del superamento del concorso interno per dirigente indetto con Decreto Ministero Industria in data 4.7.1997, espletato e concluso in data antecedente l’emanazione del D.P.C.M. 26.05.2000, del quale la C.C.I.A.A. di Reggio Emilia non avrebbe tenuto alcun conto.
Con atto di opposizione ritualmente notificato alle parti, la Camera di Commercio di Reggio Emilia chiedeva la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 24.11.1971 n. 1199.
Il ricorrente provvedeva, quindi, alla trasposizione del gravame innanzi al T.A.R. per l’Emilia Romagna – Sezione staccata di Parma che, con sentenza n. 204/2010, depositata in Segreteria il 25.05.2010, accogliendo l’eccezione dello stesso ricorrente dott. M S, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, attraverso la conseguente inammissibilità dell’opposizione al ricorso straordinario, disponeva la remissione degli atti al Ministero dello Sviluppo Economico, ai sensi dell’art. 10, comma 2, del D.P.R. n. 1199 del 1971.
Con nota del 13.X.2010, prot. 0045488P, il Dipartimento della Funzione Pubblica trasmetteva al Ministero dello Sviluppo Economico la nota (in data 9.06.2010) già inviata dallo stesso Dipartimento all’Avvocatura dello Stato di Bologna, in occasione del giudizio di opposizione al ricorso straordinario in argomento, con la quale sosteneva la legittimità dell’impugnato D.P.C.M. 26.05.2000 e la infondatezza della pretesa del dott. M all’inquadramento in qualifica dirigenziale.
Con nota prot. n. 16204 in data 26.10.2010 (pervenuta al Ministero dello Sviluppo Economico il 5 novembre successivo), la Camera di Commercio di Reggio Emilia trasmetteva al Ministero riferente memoria difensiva con la quale sosteneva la legittimità dei propri provvedimenti e del D.P.C.M. del 26.05.2000, concludendo per il rigetto del ricorso straordinario.
Con relazione in data 29.04.2011, trasmessa con nota del 9.5.2011 – pervenuta a questo Consiglio il 12 successivo – il Ministero dello Sviluppo Economico, richiamati gli atti difensivi del Dipartimento della Funzione Pubblica e della Camera di Commercio di Reggio Emilia, condividendo le argomentazioni e conclusioni del citato Dipartimento e dell’Ente Camerale, si esprimeva per il rigetto del ricorso.
Con nota prot. n. 18465 in data 6 dicembre 2010, la C.C. di Reggio Emilia confermava integralmente le sue precedenti conclusioni, alle quali riteneva non dover aggiungere ulteriori considerazioni, chiedendo contestualmente di essere informata su eventuali memorie, osservazioni e/o documenti trasmessi al Ministero da parte del ricorrente.
Con memoria in data 11.01.2011, pervenuta al Ministero riferente il 12.1.2011 (prot. al n. 0004309), il ricorrente contestava alcune affermazioni e conclusioni della relazione ministeriale, ribadendo la richiesta di accoglimento del ricorso.
Con nota prot. n. 0032033 in data 21.02.2011, la Camera di Commercio di Reggio Emilia trasmetteva al Ministero dello Sviluppo Economico ulteriori considerazioni in esito alla memoria di controparte datata 11 gennaio 2011, ribadendo l’infondatezza delle pretese del ricorrente e la richiesta di rigetto del ricorso straordinario.
Con nota prot. n. 0008321 in data 29.03.2011, in riscontro alla richiesta in tal senso ad esso formulata dalla competente D.G. del Ministero riferente – con nota 35706 del 28.2.2011 – la Divisione IV (Reclutamento) trasmetteva copia degli atti relativi al concorso a suo tempo indetto con D.M. 4.7.1977, cui aveva partecipato l’attuale ricorrente.
Alla luce degli atti testé richiamati, il Ministero riferente confermava – nella propria relazione istruttoria – le conclusioni già espresse circa l’infondatezza del ricorso optando quindi per il suo conseguente rigetto.
IN DIRITTO:
Come riassunto in narrativa, il ricorso straordinario in esame, proposto dal dott. M S in data 30 gennaio 2001 e riassunto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale – Sezione distaccata di Parma – a seguito di rituale atto di opposizione della Camera di Commercio di Reggio Emilia, con sentenza n. 204/2010 del 25.05.2010 è stato dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, da tale Organo giurisdizionale, che ha rimesso gli atti al Ministero dello Sviluppo Economico, competente per l’istruzione dell’affare, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 24.11.1971 n. 1199.
Con relazione predisposta in data 29.04.2011 e trasmessa con nota del 3.5.2011, il detto Ministero, riassunti i termini essenziali della controversia, richiamati gli atti difensivi delle parti ed i documenti ad essa allegati, ha espresso il proprio motivato avviso sull’esito da riservare al ricorso, chiedendo sullo stesso il parere di questo Consiglio, prescritto dagli artt. 11 e 13 del richiamato D.P.R. n. 1199/71.
Con i due motivi di gravame, che per la loro oggettiva connessione possono essere congiuntamente esaminati, il ricorrente lamenta l’erroneità e l’illegittimità del suo inquadramento, nell’organico della Camera di Commercio di Reggio Emilia, nella categoria giuridica D3 (con il mantenimento del trattamento economico statale in godimento), invece che nella categoria dirigenziale cui ritiene aver diritto sia in ragione delle mansioni svolte in concreto nell’Amministrazione di provenienza, quale Direttore dell’Ufficio U.P.I.C.A. di Reggio Emilia, sia in virtù del superamento del concorso interno per Dirigente indetto con decreto del Ministero dell’Industria in data 4.7.1997, espletato e concluso in data antecedente all’emanazione del D.P.C.M. 26.05.2000 – impugnato in questa sede straordinaria “nei limiti di cui in ricorso”.
A giudizio della Sezione, il ricorso è, anzitutto, inammissibile nella parte in cui tende a censurare, sotto i molteplici profili di eccesso di potere dedotti con entrambe i motivi di gravame, nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della L. 241/90, l’inquadramento disposto nei suoi confronti dalla C.C.A. di Reggio Emilia con gli atti impugnati.
La giurisprudenza di questo Consiglio, dalla quale la Sezione non ha motivo di discostarsi nel fattispecie in esame, ha già chiarito che l’inquadramento degli impiegati pubblici ha carattere autoritativo e natura vincolata esclusivamente nell’interesse pubblico, in quanto espressione della potestà organizzatoria dell’Amministrazione, sicché gli atti di inquadramento non tollerano censure di eccesso di potere per difetto di motivazione, disparità di trattamento, illogicità mentre le norme che li contemplano sono soggette a stretta interpretazione per evidenti ragioni di contenimento della spesa pubblica, in ossequio al principio della sana finanza pubblica, che postula la preventiva attività di individuazione e quantificazione delle maggiori spese e dei mezzi per farvi fronte, sia a livello costituzionale, ex art. 82 e 97 Cost., sia a livello comunitario ex art. 2 e 4 Trattato C.E. (“ex multis”: C.d.S. SEZ. III, 7.05.2012 n. 2617;SEZ. V, 16.06.2009 n. 3898;23 marzo 2009 n. 1754 e 14.04.2008 n. 1649;SEZ. IV, 12.08.2005 n. 4371).
Per quanto attiene, in particolare, all’eccepita violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990 n. 241, la stessa giurisprudenza ha puntualizzato che il difetto di motivazione costituisce vizio di eccesso rilevante ove proposto con riferimento ad atti di natura discrezionale e non quelli vincolati, fra i quali invece rientrano i provvedimenti di inquadramento dei pubblici dipendenti. (cfr., per tutti: C.d.S. SEZ. IV, 5.03.2009, n. 1324).
Ritiene la Sezione che l’inquadramento del dott. M nella categoria D3, disposto dalla C.C.I.A. di Reggio Emilia con l’impugnata deliberazione di Giunta camerale n. 162 del 30.08.2000, e sostanzialmente conferito dal Presidente della stessa Camera di commercio con l’atto n. 014482 prot. del 2.10.2000 – anch’esso gravato col ricorso in esame – sia stato effettuato in puntuale e corretta applicazione dell’art. 3 del D.P.C.M. 26.05.2000 di “Individuazione delle risorse umane, finanziarie, strumentali e organizzative degli uffici provinciali del Ministero dell’industria, del Commercio e dell’artigianato (UU.PP.I.C.A.) da trasferire alle camere di commercio per l’esercizio delle funzioni ad esse attribuite ai sensi dell’art. 20 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112”.
Il richiamato art. 3, che reca in rubrica “Inquadramento del personale trasferito” prevede, invero, che la “trasposizione del personale interessato dalle aree funzionali del sistema di classificazione di cui all’art. 3 del C.C.N.L. del comparto regioni autonome locali” è effettuata “in modo da garantire la collocazione professionale corrispondente a quella di provenienza”.
A tal fine lo stesso art. 3 definisce l’equiparazione tra aree funzionali e categorie secondo una tabella che, per quanto interessa la fattispecie in esame, equipara la IX qualifica dei “Ministeri” alla Categoria D (D3) delle “Regioni Autonome Locali”.
Per il personale appartenente alla IX q.f., il comma secondo del medesimo articolo dispone che le C.C.I.A.A. “… provvedono, in sede di inquadramento ai sensi del comma 1, all’attribuzione delle eventuali posizioni economiche ulteriori in relazione alla posizione professionale posseduta all’atto del trasferimento”.
Attraverso le disposizioni testé richiamate, dunque, il D.P.C.M. del 26.5.2000 ha previsto che l’inquadramento del personale trasferito a seguito della soppressione degli uffici provinciali dell’industria, del commercio e dell’artigianato, ai sensi dell’art. 90 del D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 112, debba essere effettuato esclusivamente in base alla comparazione tra le qualifiche possedute dall’Amministrazione di provenienza e quelle ad esse indicate come corrispondenti nell’indicata tabella, senza che vengono in rilievo le mansioni espletate dagli interessati, sia di fatto che a seguito di incarico in forza di atti formali diversi da quelli prescritti dalla legge per il conferimento della qualifica funzionale.
Secondo la procedura in questione, perciò, l’inquadramento dei dipendenti interessati nell’Ente di destinazione costituisce per quest’ultima un’attività amministrativa priva di profili di discrezionalità, le cui operazioni non sono sindacabili sotto i dedotti profili di eccesso di potere per difetto di motivazione e disparità di trattamento, consentendo al Giudice di legittimità di verificare solo la corretta individuazione della qualifica posseduta dal dipendente trasferito e dell’attribuzione della categoria giuridica ad essa corrispondente in sede di inquadramento nella Camera di Commerci di destinazione.
Il ricorrente, come lo stesso ricorda nelle premesse del ricorso straordinario, rivestiva nell’Amministrazione di provenienza, dove svolgeva le funzioni di direttore dell’Ufficio provinciale per il commercio, industria e artigianato (UPICA) di Reggio Emilia, la IX qualifica funzionale, alla quale corrisponde, come si è detto, la categoria giuridica D3 ai sensi della tabella di cui all’art. 3 del D.P.C.M. 26.05.2000, della quale il dott. M è stato legittimamente inquadrato, come si è detto, presso la Camera di commercio di Reggio Emilia, con il mantenimento del trattamento economico statale in godimento.
Né può il ricorrente, al fine di sostenere la sua pretesa all’inquadramento nella categoria dirigenziale, fondatamente invocare, per le ragioni poc’anzi indicate, lo svolgimento delle mansioni svolte in qualità di Direttore dell’ufficio U.P.I.C.A., che ove effettivamente esulanti e superiori rispetto a quelle della qualifica funzionale rivestita, avrebbero, se del caso, dovuto essere fate valere a suo tempo nei confronti dell’Amministrazione di appartenenza e non già nei confronti della Camera di commercio di destinazione, tenuta solo, come si è detto, a operare l’inquadramento del dipendente trasferito nel proprio organico, in conformità alla più volte richiamata tabella di equiparazione.
Né può quest’ultima essere contestata, deducendone il contrasto con l’art. 50 del D. Lgs. 112/1998, limitandosi l’invocato art. 50 a disporre la soppressione degli uffici provinciali per l’industria, il commercio e l’artigianato (c. 1) prevedere, al comma 4 (essendo stati il 2° e 3° comma abrogati dall’art. 9 della L. 8 marzo 1999 n. 50) che “Il personale e le dotazioni tecniche degli uffici medici provinciali e degli uffici provinciali per l’industria, il commercio e l’artigianato sono trasferiti alle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura” ed a demandare ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri”, da adottarsi ai sensi dell’articolo 7, comma 1 e 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59 …”, la “… individuazione in via generale dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative da trasferire (c. 2 dell’art. 3).
In attuazione di quanto disposto dal richiamato art. 50 è stato emanato il contestato D.P.C.M. 26 maggio 2000 che, come riferito dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri – con nota del 13.X.2010 prot. n. 159115 – è stato redatto in osservanza della legge n. 59 del 1997, previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dopo aver sentito gli allora Ministri dell’Industria, della Funzione Pubblica, degli Affari regionali e del Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica.
Non può seguirsi il ricorrente neppure allorché sostiene che nel negargli l’inquadramento dirigenziale, la Camera di Commercio avrebbe illegittimamente omesso, in violazione di quanto previsto dal V comma dello stesso art. 3 del D.P.C.M. 26.5.2000, di considerare la circostanza che l’istante era risultato vincitore del concorso interno per dirigenti indetto dal Ministero dell’Industria con decreto in data 4.7.1977, espletato e concluso in data antecedente all’emanazione dello stesso D.P.C.M. 26.5.2000.
Risulta, invero, dalla copia degli atti relativi al concorso in questione, trasmessi dalla Direzione Generale che ha proceduto all’istruttoria del ricorso in esame – a richiesta di quest’ultimo – dalla Divisione IV (Reclutamento) dell’Ufficio per gli AA.GG. e per le Risorse Umane con nota n. 8321 del 29.3.2011, che pur avendo il dott. M effettivamente sottoscritto per accettazione la nota ministeriale n. 65540 in data 15.12.2000, con cui la D.G. Affari Generali del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato comunicava all’interessato le condizioni del contratto di lavoro quale dirigente del Ruolo Unico di quel Ministero, con telegramma inviato il 22.12.2000 allo stesso Ministero il dott. M, con riferimento alla convocazione di cui alla nota ministeriale di convocazione prot. n. 703859 del 21.12.2000, dichiarava “Rinuncio ad attribuzione funzioni dirigenziali presso la D.G.S.P.O. di questo Ministero”.
La mancata attribuzione di funzioni dirigenziali conseguente a tale espressa rinuncia, dalla cui data di assunzione avrebbe, peraltro, dovuto decorrere anche il trattamento economico di posizione – secondo quanto previsto dal contratto di lavoro di cui alla richiamata nota ministeriale n. 65540 del 15.12.2000 sottoscritta, per accettazione, dall’interessato – comportava che nessun mutamento di qualifica rispetto a quella rivestita al momento del transito presso la Camera di Commercio di Reggio Emilia poteva considerarsi intervenuto a favore del ricorrente, che non può fondatamente invocare il diritto all’inquadramento dirigenziale camerale e/o il corrispondente trattamento economico, per effetto del solo superamento dell’indicato concorso interno.
Nessun diritto alla soddisfazione delle pretese formulate in ricorso può vantare l’interessato a seguito dell’esito a lui favorevole del concorso più volte indicato, dal momento che lettera prot. n. 65540 in data 15 dicembre 2000, avente ad oggetto: “Contratto di lavoro”, nel comunicare all’interessato le condizioni” del contratto di lavoro stesso da lui accettate attraverso la sottoscrizione della lettera medesima, prevede al n. 1) che “la S.V. è nominata dirigente del Ruolo Unico e inserita nell’organico del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato – ai sensi dell’art. 2 – comma 2 del D.P.R. 150/98 a decorrere dalla medesima data della prima attribuzione di funzioni dirigenziali di cui al punto 5, sia agli effetti giuridici che agli effetti economici”.
Secondo il richiamato punto 5), “le funzioni dirigenziali sono attribuite con provvedimento del Direttore Generale dello Sviluppo Produttivo e Competitività, cui risulta assegnato”.
Avendo il dott. M, col telegramma poc’anzi richiamato, espressamente rinunciato all’attribuzione di tali funzioni dirigenziali appare evidente che, come sostiene il Ministero riferente, lo stesso non poteva che ritenersi decaduto dalla nomina di cui legittimamente non ha tenuto conto la Camera di Commercio di Reggio Emilia nel disporre l’inquadramento del ricorrente nel proprio organico nella categoria giuridica D3, con il mantenimento del trattamento economico statale in godimento, riconoscendogli successivamente l’inquadramento nell’apicale categoria D5 a seguito del riconoscimento della posizione economica C3 super – che aveva, nel frattempo, sostituito la IX qualifica funzionale in possesso del ricorrente.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non trova possibilità di accoglimento e va, conclusivamente, respinto.