Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-10-18, n. 202208875

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-10-18, n. 202208875
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202208875
Data del deposito : 18 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/10/2022

N. 08875/2022REG.PROV.COLL.

N. 05560/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5560 del 2020, proposto dal sig.
-OMISSIS-, in proprio e quale titolare della ditta individuale “ -OMISSIS- ”, rappresentato e difeso dall’avv. F C e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via G. Ferrari, n. 4

contro

Comune di Scalea (CS), non costituito in giudizio

per la riforma,

previa adozione di idonee misure cautelari, anche monocratiche,

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro, Sezione Seconda, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. -OMISSIS- proposto dal sig. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l’istanza di misure cautelari monocratiche presentata dall’appellante e il decreto presidenziale n. -OMISSIS-, recante accoglimento della stessa;

Vista l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, formulata in via incidentale dall’appellante;

Visti la memoria e i documenti dell’appellante;

Vista l’ordinanza della Sezione V n. -OMISSIS-, con cui è stata respinta l’istanza di misure cautelari collegiali;

Visti la memoria finale e gli ulteriori documenti dell’appellante;

Vista l’istanza dell’appellante di passaggio della causa in decisione senza discussione orale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 luglio 2022 il Cons. Pietro De Berardinis e dato atto che nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe il sig. -OMISSIS-, agendo in proprio e quale titolare della ditta individuale “ Lido Il Bilionaire ”, ha impugnato la sentenza breve del T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, n. -OMISSIS- e ne ha chiesto la riforma, previa sospensione dell’esecutività e previe misure cautelari monocratiche.

1.1. La sentenza appellata ha respinto il ricorso proposto dal sig. -OMISSIS- avverso il provvedimento del Comune di Scalea (CS) del 10 giugno 2020, che ha disposto la sospensione del procedimento di “estensione” delle concessioni demaniali marittime di cui è titolare il ricorrente “ ai sensi dell’art. 1, comma 662 e ss., della Legge n. 145/2018 ” fino a quando il richiedente non avesse regolarizzato la propria posizione debitoria nei confronti del Comune di Scalea per quanto riguarda il pagamento della T.A.R.I. per gli anni dal 2015 al 2018.

1.2. Il provvedimento di sospensione si è basato sull’art. 8, comma 3, del Regolamento delle entrate del Comune di Scalea – anch’esso impugnato dal ricorrente, unitamente agli altri atti presupposti e connessi – ai sensi del quale il rilascio di qualunque autorizzazione, concessione, certificazione è subordinato alla previa verifica della regolarità della posizione contrattuale e/o debitoria di tributi del richiedente e ove costui risulti moroso, il procedimento di rilascio è sospeso fino alla regolarizzazione della posizione debitoria: ciò, in conformità al disposto dell’art. 15- ter del d.l. n. 34/2019 (conv. con l. n. 58/2019).

1.3. Il ricorrente ha censurato il provvedimento di sospensione allegando la non definitività del debito tributario contestatogli, ma il T.A.R. ha disatteso le sue censure, rilevando:

- che il debito tributario del ricorrente deve ritenersi definitivo, poiché i ricorsi da lui proposti innanzi alla Commissione Tributaria hanno ad oggetto non gli avvisi di accertamento, ma i provvedimenti di sgravio parziale emessi in autotutela dall’Ente su istanza del privato;

- che la fonte regolamentare e quella legislativa richiamate dal provvedimento di sospensione non postulano la definitività del debito tributario per determinare l’arresto procedimentale con necessità di regolarizzazione;

- che nonostante l’art. 8 del Regolamento comunale delle entrate (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Scalea n. 22 del 31 marzo 2017) sia stato emanato prima dell’art. 15- ter del d.l. n. 34/2019, sarebbe illogico pretendere che il Comune resistente riadotti una nuova disciplina regolamentare, di uguale contenuto, per dare attuazione al suddetto art. 15- ter : ciò tanto più, in quanto l’art. 15- ter cit. è entrato in vigore il 1° maggio 2019, ossia prima della presentazione dell’istanza da parte del privato, che risale al dicembre 2019;

- che la previsione regolamentare non ha natura soprassessoria, in quanto non sospende sine die il procedimento, ma subordina la sua prosecuzione a un evento definito (quello della regolarizzazione della posizione tributaria).

2. L’appellante contesta l’ iter argomentativo e le conclusioni del primo giudice, deducendo a supporto del gravame i seguenti motivi:

I) erroneità e ingiustizia della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto insussistente la dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del Regolamento delle entrate del Comune di Scalea e nella parte in cui ha considerato definitiva la pretesa tributaria avanzata dal Comune;
violazione e falsa applicazione dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016);
illogicità e sviamento di potere;
difetto di istruttoria;

II) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto insussistente la dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del Regolamento delle entrate del Comune di Scalea, nonché la dedotta violazione dell’art. 24 Cost.;

III) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto sussistenti i vizi di eccesso di potere, sviamento, ingiustizia ed illogicità manifesta del Regolamento delle entrate adottato con deliberazione del Consiglio comunale di Scalea n. 22 del 31 marzo 2017.

2.1. L’istanza di misure cautelari provvisorie è stata accolta con decreto presidenziale n. -OMISSIS-.

2.2. Il Comune di Scalea (CS), pur evocato, non si è costituito in giudizio.

2.3. L’appellante ha depositato memoria e ulteriori documenti, evidenziando di aver sanato la propria posizione con riferimento alla T.A.R.I. da lui dovuta al Comune di Scalea per le annualità dal 2010 al 2014 e insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

2.3.1. L’istanza cautelare collegiale è stata respinta con ordinanza della Sezione V n. -OMISSIS-, apparendo il provvedimento di sospensione corretto alla luce delle stesse difese del ricorrente, il quale ha riconosciuto la pendenza di giudizi dinanzi alla Commissione Tributaria aventi ad oggetto atti di imposizione adottati dal Comune.

2.4. In prossimità dell’udienza di merito l’appellante ha depositato ulteriori documenti a comprova dell’intervenuta rateizzazione del pagamento dei tributi di cui è debitore nei confronti del Comune di Scalea. Ha depositato altresì una memoria, con cui ha insistito per l’illegittimità del provvedimento impugnato e la riforma della sentenza appellata, anche alla luce di tali documenti (che avrebbero fatto venir meno i presupposti del provvedimento stesso). Da ultimo, ha chiesto il passaggio della causa in decisione senza discussione orale.

2.5. All’udienza pubblica del 12 luglio 2022 il Collegio, dopo aver preso atto che nessuno è comparso per le parti, ha trattenuto la causa in decisione.

3. Le censure dedotte nell’appello non possono essere condivise.

3.1. Con il primo motivo, assai articolato, l’appellante lamenta che il ragionamento del primo giudice incentrato sulla definitività del debito tributario sarebbe viziato dall’errore di fondo di aver giudicato come definitivi debiti tributari che non sarebbero tali: infatti il ricorrente, nell’agire innanzi ai giudici tributari, avrebbe impugnato atti di sgravio che si riferirebbero ad annualità per cui non sarebbero stati emessi avvisi di accertamento, e che avrebbero rivisto la pretesa impositiva sulla base di richieste ordinarie di pagamento, ovvero di solleciti di pagamento, o comunque di atti per i quali non sarebbe previsto un obbligo di impugnazione a pena di decadenza da parte del contribuente. A riprova di ciò, l’appellante osserva che per le annualità 2015 e 2016 il Comune avrebbe versato in atti copia degli avvisi di accertamento notificatigli quale persona fisica e non in quanto titolare della ditta individuale “ -OMISSIS- ” (che ha presentato l’istanza), mentre per le annualità 2017 e 2018 il Comune non avrebbe prodotto alcunché (v. infra ).

3.1.1. In aggiunta, l’appellante lamenta che quelli notificatigli per le annualità 2015 e 2016 sarebbero meri solleciti di pagamento, quindi atti non definitivi, come dimostrerebbe il fatto che in detti solleciti il Comune si sarebbe riservato di emettere un successivo avviso di accertamento. Inoltre, gli atti di sgravio relativi a tali annualità avrebbero modificato la natura e i presupposti della pretesa impositiva e sarebbero, dunque, autonomamente impugnabili, avendo essi sostituito in toto gli atti in precedenza emanati.

3.1.2. Per le annualità 2017 e 2018, poi, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R. mancherebbe la prova dell’adozione a carico del privato di alcun provvedimento impugnabile, non avendo il Comune depositato alcunché (neppure mere richieste o solleciti di pagamento): con il ché emergerebbe l’errore commesso dal T.A.R. nel ritenere “ ormai cristallizzato ” il debito tributario.

3.1.3. Nel caso di specie, insomma, non esisterebbero avvisi di accertamento sottostanti alla pretesa tributaria vantata dal Comune e il T.A.R. avrebbe errato nel non tener conto di tale carenza, finendo per fare confusione tra l’omessa notifica di un atto che, però, esiste, e l’inesistenza materiale dell’atto stesso.

3.2. Da ultimo, l’appellante sottolinea di aver presentato ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza per contestare le pretese avanzate dal Comune di Scalea a titolo di T.A.R.I. per le annualità dal 2014 al 2018, sicché anche da questo punto di vista difetterebbe il requisito della definitività della pretesa tributaria vantata dall’Ente nei suoi confronti: per l’effetto, verrebbe a cadere il presupposto fondamentale affinché gli si possano applicare l’art. 8 del Regolamento delle entrate del Comune di Scalea e l’art. 15- ter del d.l. n. 34/2019.

3.2.1. Che il debito tributario debba essere definitivo si ricaverebbe, d’altra parte, anche dall’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).

3.3. Il motivo è infondato.

3.3.1. Il “ Regolamento generale delle entrate comunali ” approvato dal Consiglio Comunale di Scalea con deliberazione n. 22 del 31 marzo 2017, all’art. 8 (rubricato “ Azioni dirette a garantire maggiore efficienza e efficacia alla gestione della fiscalità locale ”) così recita:

1. Al fine di incrementare l’efficienza della gestione delle entrate e attivare iniziative concrete ed efficaci volte al contrasto dell’evasione dei tributi e delle entrate comunali, si prevede, in maniera inequivocabile, che qualsiasi rilascio di autorizzazioni, concessioni e/o rinnovi, certificazioni ivi compresi i certificati di agibilità, e qualsiasi altro provvedimento che impegna il Comune, venga subordinato (sottolineato ed in grassetto nel testo originale) alla preventiva verifica della regolarità delle posizioni contrattuali e/o debitorie di tributi ed entrate patrimoniali ed extrapatrimoniali nei confronti del Comune di Scalea.

2 A tale riguardo, i Responsabili degli Uffici Comunali, acquisita agli atti l’istanza dei contribuenti, dovranno avanzare specifica richiesta di informazioni in ordine alla posizione amministrativa all’Ufficio Entrate del Comune, che dovrà fornire formale riscontro entro 7 giorni dal ricevimento della richiesta.

3. All’esito di tale verifica, qualora risultassero delle morosità a carico del soggetto richiedente, il Responsabile dell’Ufficio Comunale dovrà sospendere la procedura di rilascio dell’autorizzazione, concessione e/o sovvenzione e rappresentare al soggetto richiedente che solo dopo la regolarizzazione della posizione debitoria nei confronti del Comune di Scalea potrà essere riavviato l’ iter istruttorio relativo alla richiesta avanzata ”.

3.3.2. A sua volta, l’art. 15- ter del d.l. 30 aprile 2019, n. 34, inserito dalla legge di conversione 28 giugno 2019, n. 58, stabilisce che “ Gli enti locali competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni e dei relativi rinnovi, alla ricezione di segnalazioni certificate di inizio attività, uniche o condizionate, concernenti attività commerciali o produttive possono disporre, con norma regolamentare, che il rilascio o il rinnovo e la permanenza in esercizio siano subordinati alla verifica della regolarità del pagamento dei tributi locali da parte dei soggetti richiedenti ”.

3.4. Dunque, né l’art. 8 del regolamento comunale, né la norma primaria statale richiedono che il debito tributario sia definitivamente accertato: ne discende che tutte le censure contenute nel primo motivo dell’appello, volte a contestare la definitività del debito tributario dell’appellante, sono prive di rilevanza, poiché il potere esercitato dal Comune nei confronti del richiedente trova fondamento in fonti normative che non presuppongono tale definitività.

3.5. In altre parole, è errato l’assunto dell’appellante secondo cui, una volta verificata la pendenza del contenzioso tributario tra lui e il Comune di Scalea, verrebbe meno il presupposto per applicargli la disciplina prevista dal citato art. 8, nonché dall’art. 15- bis del d.l. n. 34/2019 (sulla cui ratio si tornerà infra ). Né può negarsi che il debito tributario esistesse, visto che è lo stesso appellante ad affermare e documentare da ultimo di aver saldato o comunque rateizzato le pendenze.

3.6. Neppure è corretto il richiamo fatto dall’appellante alla disciplina in tema di contratti pubblici e, in particolare, all’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, poiché tale disposizione, nel testo vigente (conseguente alle modifiche apportate dal d.l. n. 76/2020, conv. con l. n. 120/2020), prevede al quinto periodo del comma 4 la possibilità dell’esclusione dell’operatore economico dall’appalto pubblico ove sia dimostrato che egli è incorso in violazioni gravi degli obblighi tributari o previdenziali, anche non definitivamente accertate (C.d.S., Sez. V, 19 aprile 2022, n. 2950).

4. Acclarata, quindi, l’infondatezza del primo motivo di gravame e passando al secondo motivo, con esso l’appellante lamenta l’illegittimità della condotta del Comune di Scalea, che ha sospeso il rilascio del provvedimento sulla base dell’esistenza di un debito contestato, lasciando il richiedente di fronte alla seguente alternativa: o pagare il tributo al fine di ottenere il provvedimento, ovvero non pagare e proporre ricorso giurisdizionale innanzi al giudice tributario, sapendo, però, che l’omesso pagamento è ostativo al rilascio del provvedimento stesso.

4.1. Sul punto il T.A.R. ha affermato che il contribuente, in caso di pagamento di un debito tributario non dovuto, ha comunque diritto alla ripetizione dell’indebito, ma l’appellante contesta che nel caso che lo riguarda la regola “ solve et repete ” possa essere efficace: infatti, qualora il privato non impugni l’avviso di accertamento e poi paghi, pur essendo il debito inesistente, per non subire la sospensione del procedimento di rilascio del provvedimento amministrativo, non potrà poi agire per la ripetizione dell’indebito e ciò proprio per la definitività dell’accertamento tributario.

4.2. Aggiunge l’appellante che, a portare fino in fondo il ragionamento del primo giudice, si andrebbe a consentire al Comune di esercitare un potere arbitrario di sospensione di qualsiasi procedimento di rilascio di titoli amministrativi sulla base di semplici richieste di pagamento, magari trasmesse con posta ordinaria e senza prova della loro ricezione da parte del contribuente.

4.3. Il motivo non può essere condiviso.

4.4. Ed invero, le alternative che possono presentarsi in concreto sono le seguenti: o il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento (o comunque l’atto su cui si è basata la pretesa impositiva), e allora non si tratta di violazione definitivamente accertata, cosicché egli ha disposizione l’azione di ripetizione laddove sia dimostrata la non debenza della somma e, quindi, il meccanismo del “ solve et repete ” può funzionare;
ovvero il contribuente non ha impugnato l’avviso di accertamento, ma in tale ipotesi la violazione tributaria è definitiva. In ambedue le opzioni alternative, le doglianze formulate dall’appellante si rivelano prive di fondamento.

4.4.1. Pretestuoso è, inoltre, il riferimento alle richieste di pagamento non ricevute dal contribuente, perché ai sensi dell’art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992 il termine decadenziale per impugnare gli atti di imposizione decorre dalla data di notifica dell’atto impugnato e, quindi, il decorso di detto termine presuppone la ricezione dell’atto da parte dell’interessato (cfr. Comm. Trib. Reg. Campania, Napoli, Sez. III, 1° agosto 2014, n. 7545).

5. Con il terzo motivo, infine, l’appellante critica l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui l’art. 8 del Regolamento comunale non ha natura soprassessoria, perché àncora la prosecuzione del procedimento sospeso a un evento definito, cioè la regolarizzazione della posizione tributaria. In realtà, nel caso di specie ci si troverebbe dinanzi a un atto soprassessorio, il quale sarebbe lesivo delle pretese del privato e dunque impugnabile, rinviando esso il soddisfacimento dell’interesse pretensivo del privato stesso a un accadimento futuro e privo di data certa.

5.1. La doglianza non convince, poiché l’art. 8 cit. àncora la fine della sospensione a un evento certo e che dipende dallo stesso richiedente il rilascio del provvedimento ampliativo e cioè il pagamento da parte sua del debito tributario, dovendo pertanto farsi applicazione, al riguardo, di un principio di autoresponsabilità del privato.

5.1.1. Piuttosto, la natura interlocutoria della nota comunale del 10 giugno 2020, che ha disposto la sospensione (implicita nella tesi che si tratti di un atto soprassessorio), condurrebbe ad escludere che la stessa fosse impugnabile (C.d.S., Sez. IV, 8 aprile 2019, n. 2265;
Sez. V, 27 maggio 2014, n. 2742);
ove, invece, si intenda attribuire a detta nota natura di sostanziale provvedimento negativo, siccome reiettivo dell’istanza del privato, non potrà parlarsi di atto soprassessorio (C.d.S., Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2530).

5.2. Peraltro, la ratio dell’art. 8 del Regolamento comunale, esplicitata anche nella rubrica dell’art. 15- ter del d.l. n. 34/2019, è quella di combattere l’evasione fiscale negli Enti locali e quindi eventuali dubbi di legittimità costituzionale del citato art. 15- ter non hanno ragion d’essere, rispondendo sia la norma primaria statale, sia quella regolamentare, ai principi costituzionali della capacità contributiva e del buon andamento della P.A. (artt. 53 e 97 Cost.).

5.3. Come sottolineato recentemente dalle Sezioni Unite (Cass. civ., SS.UU., ord. 4 maggio 2022, n. 14049), lo strumento previsto dall’art. 15- ter cit. consiste non già nella comminatoria di una misura afflittiva collegata all’inadempimento di un'obbligazione tributaria, ma nella previsione di una forma di coazione indiretta all’adempimento. La disposizione de qua ha dotato i Comuni di uno strumento volto a contrastare diffusi fenomeni di evasione dei tributi locali, che comporta l’esercizio ad opera dell’Ente locale di un potere autoritativo (con conseguente sussistenza della giurisdizione generale di legittimità del G.A.).

6. Da ultimo, la circostanza dell’intervenuto saldo, o almeno della rateazione, dei debiti tributari da parte dell’appellante, non comporta, come da lui sostenuto nella memoria finale, l’annullamento del provvedimento impugnato, in quanto ormai privo di ragion d’essere: vale, infatti, per i provvedimenti amministrativi il principio “ tempus regit actum ”, secondo cui la legittimità del provvedimento deve essere valutata in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, con conseguente irrilevanza delle circostanze successive, che non possono incidere ex post su precedenti atti amministrativi (cfr., ex multis , C.d.S., Sez. VII, 26 aprile 2022, n. 3192;
Sez. II, 21 giugno 2021, n. 4759;
id., 8 marzo 2021, n. 1908;
Sez. III, 18 aprile 2011, n. 2384). Piuttosto, la regolarizzazione della posizione tributaria del contribuente comporta, se dimostrata, il superamento della sospensione e il riavvio del procedimento sull’istanza presentata.

7. In conclusione, pertanto, l’appello è infondato e da respingere, attesa l’infondatezza di tutti i motivi con esso dedotti e meritando la sentenza gravata di essere confermata.

8. Considerata la mancata costituzione in giudizio del Comune di Scalea, non si fa luogo a pronuncia sulle spese del presente giudizio d’appello.

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