Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-02, n. 202400022
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Testo completo
Pubblicato il 02/01/2024
N. 00022/2024REG.PROV.COLL.
N. 05091/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5091 del 2021, proposto da
B R S, rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Poggiomarino, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 05095/2020, resa tra le parti, per l’annullamento:
1) dell’ordinanza nr. 68/2014 del 10.07.2014, notificata al ricorrente in data 14 LUGLIO 2014, a firma del Responsabile del Servizio Urbanistico-Edilizia-Ambiente del Comune di Poggiomarino, con la quale si dispone la demolizione delle opere realizzate (manufatto a piano secondo con struttura portante verticale ed orizzontale costituita da travi HE 160, ancorate ai pilastri del piano sottostante, solaio di copertura in legno avente travi portanti di dimensioni 16X32 cm con interasse di cm 82, e muri perimetrali in tavelle tipo isotec da cm 25 con predisposizione di vani porta, avente una superficie di circa mt. 177,25 con altezza misurata all'intradosso del solaio, sotto la trave portante in legno, al colmo di circa mt. 2,90 e alla gronda mt. 2,46. Inoltre sul balcone posto sul lato sud/est è stato realizzato un ulteriore vano avente dimensioni mt. 1,40 X 2,15 ed altezza circa mt. 2,70) in assenza dei prescritti titoli autorizzativi, presso l'immobile ubicato in Poggiomarino –NA- alla via Francesco Miranda, 35, nonché il ripristino dello stato dei luoghi”, da eseguirsi a cura e spese del sig. Sirignano Bruno Rosario a far data dalla notifica dell'impugnata ordinanza, avvertendo che in caso di accertata inottemperanza alla stessa, costituirà titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei Registri Immobiliari;
2) del silenzio dell'Ente sulla istanza di integrazione di condono per il fabbricato sottostante;
3) del silenzio serbato dal Comune di Poggiomarino sull'istanza di conformità ex art. 36 e 37 del DPR 380/2001 e depositata in data 08.07.2014;
4) di ogni altro atto o provvedimento preliminare, presupposto, connesso e conseguente, per quanto lesivo del diritto del ricorrente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Poggiomarino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2023 il Cons. Oreste Mario Caputo e udita per parte resistente l’avv. L B;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n.5095/2020 di reiezione del ricorso proposto dal sig. B R S contro il Comune di Poggiomarino per l’annullamento:
a) dell’ordinanza dirigenziale n. 68/14 del 10 luglio 2014, recante l’ingiunzione di demolizione di un manufatto abusivo realizzato al secondo piano del fabbricato di proprietà del ricorrente sito nel territorio comunale alla Via Miranda n. 35;
b) del silenzio rigetto intervenuto sull’istanza di accertamento di conformità presentata dal ricorrente l’8 luglio 2014;
c) del silenzio rifiuto serbato sull’istanza di condono edilizio presentata dal ricorrente il 27 febbraio 1995, sollecitata con nota di integrazione documentale presentata l’8 luglio 2014;
d) di ogni altro atto o provvedimento preliminare, presupposto, connesso e conseguente, per quanto lesivo del diritto del ricorrente.
2. nelle premesse in fatto dell’atto introduttivo il ricorrente ha precisato:
- di essere proprietario del fabbricato sito in Poggiomarino (NA) alla via Francesco Miranda n. 35;di avervi ivi realizzato delle opere in difformità della concessione edilizia n. 6 del 1991 e variante n. 29 del 1991 e di aver, poi, presentato istanza di condono edilizio ai sensi della Legge n. 724/94 (prot. n. 4521 del 27 febbraio 1995);
- di aver sospeso i lavori in ottemperanza all’ordinanza del Comune di Poggiomarino, emanata a seguito di sopralluogo dei C.C. durante la quale veniva riscontrate opere abusive sul lastrico solare del primo piano;
- di aver integrato, in data 8 luglio 2014, la domanda di condono edilizio nonché depositato istanza di conformità ex art. 36 e 37 DPR n. 380/2001;
- di aver ricevuto, in data 10 luglio 2014, l’ordine di demolizione n. 68 impugnato in primo grado.
3. nei motivi d’impugnazione il ricorrente ha dedotto:
1) Eccesso di potere;violazione dell’art. 36 d.P.R. 380/2001; violazione dei principi del giusto procedimento ;MANIFESTA.
2) violazione degli artt. 27 e 31 d..P.R. 380/2001;violazione degli artt. 3 e l. 241/90
4. Il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo, in via preliminare, inammissibili le impugnative avverso il silenzio rigetto maturato sull’istanza di accertamento di conformità e sul silenzio rifiuto serbato sull’istanza di condono;e, nel merito, infondate tutte le censure avverso l’ordine di demolizione.
5. Appella la sentenza il signor B R S. Resiste in giudizio il Comune di Poggiomarino.
6. Alla pubblica udienza del 30 novembre 2023 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
7. Con il primo motivo d’appello, il ricorrente censura l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il TAR nel ritenere inammissibili l’impugnativa del silenzio-rigetto maturato sull’istanza di accertamento di conformità e quella del silenzio-rifiuto serbato sull’istanza di condono.
Con riferimento al silenzio-rigetto, l’appellante eccepisce che l’istanza di accertamento di conformità, in quanto protocollata dall’ente civico, assurgerebbe ad atto pubblico facente fede fino a querela di falso e, pertanto, a prova legale di quanto in essa dichiarato: ossia l’avvenuta allegazione di tutti i documenti menzionati dell’istanza stessa.
L’appellante sostiene inoltre di aver impugnato il provvedimento tacito di rigetto nei termini di legge.
Il motivo è infondato.
L’istanza di parte (prot. n. 17933 dell’8 luglio 2014) non era idonea ad avviare il procedimento di sanatoria, essendo stata omessa la descrizione delle opere abusive da sanare.
La circostanza di fatto che l’indicazione degli abusi da sanare emergerebbe dalla documentazione allegata all’istanza non ha pregio posto che il funzionario competente, ricevuta l’istanza, ha attestato l’assenza dei documenti ivi citati come “allegati” di cui, inoltre, non vi è prova nel giudizio.
Carenza di prova di prova e allegazione che, nella dialettica processuale, è imputabile esclusivamente a parte ricorrente.
Ad analogo conclusione deve giungersi con riguardo alla censura avente ad oggetto l’asserita tempestività del ricorso.
Posto che, per le conclusioni appena rassegnate, il procedimento di sanatoria non ha mai avuto inizio per fatto imputabile alla parte, non si è formato alcun provvedimento tacito, oggetto d’eventuale impugnazione.
Sicché, prima ancora che sul piano giuridico, non è logico disputare sulla tempestività o meno di un’impugnazione avverso un provvedimento tamquam non esset .
8. Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’illegittimità dell’ordine di demolizione per esser stato adottato nella pendenza dell’istanza di condono, inerente il medesimo manufatto, presentata al Comune di Poggiomarino il 27 febbraio 1995, istanza, poi, sollecitata con nota di integrazione documentale dell’8 luglio 2014.
Il motivo è inammissibile e, in ogni caso, infondato.
La censura risulta essere nuova rispetto a quelle dedotte con ricorso di primo grado, pertanto inammissibile ex art. 104 c. 1 cpa. Come noto, nell'ambito del giudizio amministrativo d'appello la parte processuale non può introdurre nuove domande processuali, caratterizzate da un nuovo o mutato petitum oppure da una nuova o mutata causa petendi che determinino una nuova o mutata richiesta giudiziale ovvero nuovi o mutati fatti costitutivi della pretesa azionata;il divieto di nova sancito dall'art. 104, comma 1, c.p.a. è imprescindibile, ha carattere assoluto e valenza di ordine pubblico processuale, promanando dalla fondamentale esigenza di assicurare il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione, e impone l'immutabilità della causa petendi introdotta in primo grado;segnatamente, l'effetto devolutivo dell'appello, consacrato dalla predetta norma con il divieto di porre nuove difese rispetto a quelle formulate innanzi al primo giudice, assicura che l'oggetto del giudizio del gravame non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il giudice della sentenza appellata.
In ogni caso, la censura è infondata nel merito sulla base di plurime considerazioni: non è stato depositato in atti alcun documento attestante l’istanza di condono del 1995;in ogni caso, sulla detta istanza si è formato il silenzio rigetto ai sensi dell'art. 13l. 28 febbraio 1985 n. 47; l’integrazione postuma, datata 8 luglio 2014, non ha alcuna efficacia, non potendosi considerare reiterazione dell’istanza idonea a riaprire il procedimento.
Ne deriva, conclusivamente, che alla data del provvedimento demolitorio non era pendente alcun procedimento di condono.
9. Né sussiste la violazione delle norme che disciplinano la partecipazione al procedimento.
I provvedimenti aventi natura di atto vincolato, come l’ordinanza di demolizione, non devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento non essendo prevista la possibilità per l’amministrazione di effettuare valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene. L’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e, in quanto tale, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge.
Pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia l’abuso, di cui il ricorrente deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo (cfr., Cons. di Stato n. 6490/2021, n. 4389/2019, n. 2681/2017).
10. L'appello, in definitiva, non merita accoglimento.
11. Le spese del presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.