Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-26, n. 201304818

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-26, n. 201304818
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304818
Data del deposito : 26 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03448/2011 REG.RIC.

N. 04818/2013REG.PROV.COLL.

N. 03448/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3448 del 2011, proposto da:
E N, rappresentato e difeso dagli avv. S D, P M, con domicilio eletto presso Mariateresa Avitabile in Roma, via Panetteria, 15;

contro

Comune di Minturno, rappresentato e difeso dall'avv. V C, con domicilio eletto presso Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, 7;

nei confronti di

R N, rappresentato e difeso dall'avv. M A, con domicilio eletto presso Maria Teresa Pagano in Roma, via Achille Papa, 21;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA: SEZIONE I n. 01657/2010, resa tra le parti, concernente DEMOLIZIONE OPERE REALIZZATE ABUSIVAMENTE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Minturno e di R N;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2013 il Cons. U R e uditi per le parti gli avvocati Gennaro Leone (su delega di S D), Stefano Scarano (su delega di V C) e Lucio Longo (su delega di M A);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame l’appellante impugna la sentenza con cui è stato respinto il suo ricorso diretto all’annullamento delle ordinanze del Comune di Minturno di demolizione, rispettivamente, della totale chiusura di una tettoia-capannone prima parzialmente aperta per un quarto, dell’apposizione di una vetrata di metri 7,00 x 0,80 e di una recinzione realizzata davanti alla stessa.

L’appello è affidato alla denuncia di un’unica rubrica di gravame relativa all’errore di fatto, al difetto di istruttoria e di motivazione della decisione. In via subordinata, insiste per la nomina di una C.T.U. per l’accertamento in punto di fatto della situazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Minturno versando il fascicolo di primo grado ed una memoria con cui ha confutato analiticamente le affermazioni dell'appellante.

Con ordinanza n. 2372/2011 la Sezione ha respinto la richiesta di sospensione cautelare della decisione in considerazione della "… natura delle opere realizzate…".

Il controinteressato R N si è solo costituito formalmente in giudizio.

Con memoria per la discussione l’appellante E N:

-- ha specificato le proprie affermazioni sostenendo che la parete metallica posta a chiusura del capannone avrebbe riguardato una porta scorrevole. Le opere realizzate non sarebbero ascrivibili a quelle per le quali era richiesta la concessione edilizia in quanto non avrebbero comportato alcuna trasformazione urbanistica, ma sarebbero stati semplicemente opere di manutenzione ordinaria per cui non sarebbe stato necessario alcun titolo abilitativo;

-- infine chiede la pronuncia di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse perché la presentazione dell'istanza di sanatoria avrebbe fatto diventare inefficaci le ordinanze impugnate.

Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

L’appello è infondato.

___ 1. In linea preliminare deve essere respinta la richiesta di declaratoria di improcedibilità dell’appello la quale, in primo luogo, è del tutto generica: l’appellante non indica nemmeno le date ed i protocolli di arrivo dell’asserita presentazione di istanza di conformità.

Inoltre, come la giurisprudenza più rigorosa ha sempre affermato, nell'ambito di un procedimento amministrativo per la demolizione di opere abusive nessuna norma prevede il venir meno dell'efficacia dell'ordine di demolizione per la presentazione della domanda di accertamento in conformità. La presentazione dell'istanza ai sensi dell'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 non costituisce un fatto idoneo a rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio originario e, quindi, non determina di per sé l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell'impugnazione originariamente proposta avverso l'ordinanza di demolizione, ma determina solo un arresto temporaneo dell'efficacia delle misure ripristinatorie, che dunque riacquistano efficacia in caso di eventuale rigetto della sanatoria, con la sola specificazione che il termine per l'esecuzione spontanea decorre dalla conoscenza del diniego di sanatoria. Infatti, in caso di riesame negativo circa l'abusività dell'opera, conseguente all'istanza di sanatoria, si addiviene alla formazione di un provvedimento di rigetto che non dà luogo ad alcuna modificazione sostanziale della preesistente realtà giuridica e quindi costituisce un tipico atto confermativo del precedente provvedimento sanzionatorio (cfr. Consiglio Stato sez. IV n. 2484 08 maggio 2013;
Consiglio Stato sez. V 9 maggio 2006 n. 2562).

Nel caso in esame per poter affermare l’inefficacia sopravvenuta delle ordinanze sul piano procedimentale sarebbe stato invece necessario un provvedimento favorevole sulla presunta nuova istanza di sanatoria.

___ 2.1. L'unica rubrica di gravame è ripartita in tre profili che appare opportuno esaminare unitariamente.

___ 2.1.a. L'appellante assume l'erroneità della decisione che non avrebbe tenuto conto che l'opera asseritamente abusiva sarebbe in realtà consistita nell’apposizione di blocchetti di cemento -- in luogo della preesistente porta d'accesso al capannone -- ma che tale intervento essendo stato giudicato un atto di spoglio nei confronti del germano Nocella Renato dal Pretore di Minturno, sarebbe stato rimosso. Il T non avrebbe correttamente apprezzato tale profilo ed avrebbe ordinato una "distorta istruttoria" che aveva comportato una declaratoria della "non-conformità" delle opere sul presupposto che esse non erano ricomprese tra le opere oggetto della concessione n. 17/2002 rilasciata sul condono del 1986. Ma all’epoca del condono il "muro" non esisteva e quindi avrebbe potuto essere oggetto della precedente istanza di sanatoria.

I Vigili Urbani - ripetendo pedissequamente l'esposto del fratello -- avevano falsamente definito "vetrata" di 7 ml. quelli che in realtà sarebbero stati semplici vetri apposti all'interno a chiusura di quattro lucernari, che erano già riportati negli allegati (planimetrie e fotografie) a corredo dell'istanza di condono del 1986.

___ 2.1.b. Con un secondo capo di doglianza si assume che, successivamente all’avvenuta asportazione dei blocchetti, il ricorrente si era solo limitato a ripristinare l’accesso sostituendo quella precedente con una porta di metri lineari 3 x 2. Invece l'amministrazione comunale dando fede ad un erroneo e falso accertamento dei VV.UU. individuava l'esistenza di una parete metallica di 6 × 4 e ne ingiungeva la demolizione assumendo che questi costituirebbero un’evidente trasformazione edilizia, come sarebbe stato del resto statuito dal Consiglio di Stato, con l'accoglimento dell'istanza cautelare respinta in primo grado.

Il T avrebbe erroneamente ritenuto di dover richiedere al Comune se la predetta porta di ferro fosse o meno ricompresa nel capannone di cui all'istanza di condono del 1986. Ma anche a tal proposito tale istanza non avrebbero potuto avere che un esito negativo in quanto nel 1986 non sarebbe esistita una parete metallica all'epoca, ma solo una porta di m.3 × 2.

Di qui l'asserita illegittimità della sanzione della demolizione.

___ 2.1.c. Con il terzo profilo di doglianza si lamenta che il T avrebbe dovuto rilevare, alla stregua dall'abbondante documentazione depositata, che le opere sanzionate “non esisterebbero” e che quindi i provvedimenti essere dovrebbero essere ritenuti nulli per assoluto difetto dell'oggetto.

___ 2.1.d. Con un quarto profilo si lamenta l'erronea configurazione in fatto degli interventi edilizi descritti nelle ordinanze comunali impugnate in primo grado che avrebbero generato una falsa rappresentazione dell'abuso. Il T non si sarebbe pronunciato poi sulla denuncia della violazione dell'articolo 1 della l. n. 10/1977 e dell'articolo 7 della legge n. 47/1985, in quanto le opere asseritamente abusive non sarebbero state oggetto di concessione edilizia e quindi non sarebbero state sanzionabili con la demolizione.

___ 2.1.e. Del tutto erroneamente il T avrebbe poi affermato la circostanza per cui la censura interesserebbe un capannone interamente abusivo, essendo stata rilasciata la concessione edilizia dal Comune per l'intero capannone. Si tratterebbe quindi di manutenzione ordinaria, in quanto semplice sostituzione di finiture di edifici, e peraltro la porta accedente verso l'interno diminuirebbe la cubatura e non comporterebbe alcuna trasformazione urbanistica.

___ 2.2. L’intero impianto va respinto.

In primo luogo, alla luce delle foto e dalle planimetrie prodotte dall’appellante, è evidente come la ricostruzione delle vicende e della situazione dal medesimo operata sia del tutto mistificatoria della realtà.

Come esattamente annotato dal primo giudice, le opere oggetto delle Ordinanze Comunali n. 96 del 04/05/1999 e n. 70 del 31/05/2000, non erano affatto ricomprese nel condono del 1986 e non risultano essere presenti nemmeno nella documentazione fotografica trasmessa dall’appellante stesso al Comune in data 21/09/1989, dalla quale è facile ricavare che la struttura abusivamente realizzata, in prossimità di un edificio di civile abitazione (di tre piani fuori terra più una torretta), consisteva in una tettoria- capannone con tetto in lamiera, di ml. 15,30 x 7,00, realizzata con una struttura in metallo non completamente tamponata in mattoni che lasciavano aperta un vano dal colmo per ca. 80 cm. su tutta la sua lunghezza.

Contrariamente poi a quanto vorrebbe l’appellante sub b), la parte che fungeva da ingresso, sul lato sinistro della tettoia-capannone era del tutto aperta. Sempre nelle foto del 1989 non risulta alcuna porta di ml.3 x 2 come afferma l’appellante.

Anche l’apposizione dei vetri sulla sommità delle pareti per cm. 80 fino al colmo per tutto l’arco della larghezza della struttura, era stata un’addizione postuma in quanto non risultava essere riportata né nelle planimetrie e né nelle fotografie a corredo dell'istanza di condono nel 1989 sulla quale è stata poi rilasciata la sanatoria del 2002.

Pertanto del tutto esattamente i VV.UU. avevano definito "vetrata" l’apposizione in continuità sul lato alto dalla fine dei mattoni fino al colmo del tetto di vetri per una lunghezza di 7 metri x 0.80 ca. .

Si trattava di ulteriori opere abusivamente realizzate dopo la presentazione della suddetta domanda di sanatoria del 09/04/1986, e prima del rilascio della concessione in sanatoria del 2002.

Per questo, del tutto esattamente il TAR ha posto a fondamento della sua decisione la situazione in essere in base alla disciplina del condono del 1986.

Nel caso in esame è del tutto evidente come, dalla stessa narrazione dei fatti dell’appellante, ci si trovi di fronte alla tipica ipotesi di abuso progressivo: l’interessato, prima ha cercato di chiudere con blocchetti parte della tettoia e poi, a seguito dell’iniziativa in sede civile del fratello, ha tentato la nuova via della parete in metallo.

Per cui l’apposizione successiva di una parete metallica di ml.6 × 4 riscontrata dai VV.UU. (ma a tutto voler concedere) anche solo di una porta di ml.3 × 2 come afferma l’appellante), costituiva comunque l’inserimento di un elemento nuovo e spurio rispetto alla struttura così come identificata in sede di condono del 1986.

In conseguenza, del tutta contraddittoria e non credibile è l’affermazione sub c), per cui le opere sanzionate “non esisterebbero” dato che è lo stesso ricorrente ad affermare di aver comunque aggiunto una porta a chiusura della tettoria originaria. Se i provvedimenti impugnati avrebbero dovuto essere ritenuti nulli per assoluto difetto dell'oggetto, non sarebbe stato ab origine sussistente l’interesse processuale ad impugnare. Ma tale circostanza è smentita dalla stessa impostazione dei ricorsi di primo grado e di appello, che non sono diretti alla mera declaratoria della nullità.

La chiusura con porte e vetrate di una tettoia-capannone -- in precedenza solo parzialmente chiusa -- e la sua utilizzazione”ex novo" come deposito di materiali edili non integrava affatto un intervento di manutenzione (straordinaria o ordinaria che sia ) di un organismo edilizio in quanto la chiusura totale della tettoia ne mutava radicalmente la natura edilizia.

Non è poi vero che, come denunciato sub d), il TAR, non abbia statuito sulla denunciata violazione dell'articolo 1 della L. n. 10/1977 e dell'articolo 7 della legge n. 47/1985, in quanto al contrario ha dichiarato inammissibile per genericità la censura. Avverso tale ultima statuizione, nulla deduce in proposito l’appellante che si limita inammissibilmente a riproporre pedissequamente la censura di primo grado, ancorché con l’artificiosa ed erronea deduzione dell’omessa pronuncia.

In ogni caso la censura nel merito è anche infondata, in quanto ai sensi dell'art. 35, l. 28 febbraio n. 47, e dell'art. 39, l. 23 dicembre 1994 n. 724, alla domanda di condono edilizio deve essere allegata una descrizione delle opere per le quali si chiede la concessione o l'autorizzazione in sanatoria, sicché le opere successivamente realizzate sono del tutto abusive dato che la sanatoria edilizia è ferreamente limitata alle opere realizzate anteriormente alla presentazione della domanda ed ultimate entro il termine perentorio indicato (cfr. Consiglio di Stato sez. V 27 marzo 2013 n. 1776).

La completa tamponatura, con pareti in metallo e con vetri di una tettoia-capannone abusiva, in origine parzialmente aperta, restava comunque assoggettate al previo rilascio della concessione edilizia in quanto implicava un aumento di cubatura ed un mutamento della destinazione di uso dell’immobile, che come tali erano comunque urbanisticamente rilevanti, e quindi sanzionabili, in assenza di detto titolo, con la demolizione.

Dato che la concessione in sanatoria fu rilasciata solo il successivo 12 marzo 2002 esattamente il T ha poi affermato che l’intervento interessava una struttura, allo stato, ancora interamente abusiva. Nel caso si trattava infatti di ulteriori interventi illecitamente realizzati su un immobile che al momento della loro realizzazione e dell’emanazione dei provvedimenti impugnati in primo grado (n. 96 del 04.05.99 e n. 70 del 31.05.2000), non aveva ancora ottenuto la sanatoria.

Del tutto erroneamente sub e) l’appellante cerca quindi di isolare le opere oggetto dei provvedimenti sanzionatori dalla struttura a cui accedevano al fine di affermare la loro estraneità all’ambito oggettivo di applicazione dell’articolo 1 della legge 28 gennaio 1997, n. 10.

Essendo l’abuso edilizio un illecito continuato, non può ammettersi, in linea di principio, la manutenzione ordinaria di opere abusive per cui gli ulteriori interventi realizzati senza il previo rilascio della concessione in sanatoria, accedevano integralmente al medesimo intervento abusivo,

Di qui l’infondatezza di tutti i profili di gravame.

___ 3. In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto..

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi