Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-11-29, n. 201908180
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Pubblicato il 29/11/2019
N. 08180/2019REG.PROV.COLL.
N. 00239/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 239 del 2014, proposto da
Gavioli Arte e Restauri S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi n. 35 B;
contro
Condominio Tritone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati L P M, P M, con domicilio eletto presso lo studio Maurizio Mililli in Roma, via Sallustiana 15;
M D Pelo, V D P, B E, M C, D B I, M F, G S, G D S, Rosanna Vanni, Comune di Giulianova non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) n. 00454/2013, resa tra le parti, concernente demolizione e ripristino stato dei luoghi nel condominio "tritone"
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Condominio Tritone;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 26 novembre 2019 il Cons. D P e uditi per le parti gli avvocati R C e L P M per sé e in delega dell'avv. Mastrangelo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 454 del 2013 con cui il Tar Abruzzi aveva accolto l’originario gravame.
Quest’ultimo era stato proposto dall’odierna parte appellata, in qualità di comproprietari dello stabile coinvolto dal provvedimento impugnato, al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 461 del 24 ottobre 2011.
Tale provvedimento ordinava la demolizione di una serie di opere qualificate come variazioni essenziali degli atti autorizzativi, in zona soggetta a vincolo paeaggistico.
2. Il Tar accoglieva il ricorso sotto l’assorbente terzo profilo dedotto, in termini di difetto di motivazione, stante il lungo tempo trascorso e considerato che la conformità era stata esplicitamente attestata nel procedimento di rilascio della licenza di abitabilità.
3. Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante censurava la sentenza appellata deducendo error in iudicando, in riferimento alla eccepita insussistenza di un vincolo preesistente alla data di rilascio della licenza, all’assenza dell’obbligo di motivare rispetto all’affidamento ed all’interesse pubblico alla demolizione.
La parte appellata privata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello, mentre non si costituiva il Comune appellato.
Con memoria depositata in data 23 novembre 2016 parte appellata riproponeva le censure non esaminate dal Tar in quanto assorbite dall’accoglimento del terzo motivo.
4. Alla pubblica udienza di smaltimento del 26 novembre 2019 la causa passava in decisione.
5. L’appello è fondato sotto entrambi i profili dedotti.
6. Se in linea di fatto la sussistenza e la consistenza delle difformità contestate non appaiono smentite (di rilevante impatto, quali mutamento di destinazione d’uso del piano terra da garage a locale commerciale, maggiore altezza anche dell’intero fabbricato da 15 a 17,20 m., variazione di quote e dei distacchi dai confini, diversa distribuzione degli spazi interni), in linea di diritto le considerazioni svolte a sostegno dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso, poste a base della sentenza impugnata, si scontrano con le risultanze documentali e con la prevalente opinione giurisprudenziale.
7. In merito alla sussistenza del vincolo paesaggistico assume rilievo dirimente il d.m. 22 maggio 1964, recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona del lungomare nel comune di Giulianova.
Al riguardo, quindi, la chiara affermazione contenuta nel provvedimento demolitorio (cfr. pag. 3 in fondo) trova conferma negli atti di vincolo, oggetto di corretta pubblicazione e conseguente piena conoscenza e conoscibilità in capo a tutti gli interessati.
8.1 Per ciò che concerne il presunto difetto di motivazione, costituisce jus receptum il principio espresso dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio (cfr. sentenza n. 9 del 2017) secondo cui il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso.
Secondo il Supremo Consesso, il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.
8.2 Analogamente, non può invocarsi una deroga a fronte dell’ottenimento di un titolo, la licenza di abitabilità, avente fini diversi.
A quest’ultimo riguardo, il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l'immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all'accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche.
Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell'oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l'edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili.
8.3 Sempre in termini generali, l’inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole, idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata, come accade nella diversa ipotesi della autotutela decisoria su titoli edilizi illegittimamente rilasciati.
A quest’ultimo riguardo, gli oneri motivazionali, applicabili nel diverso ambito dell’autotutela decisoria, non valgono per l’ordine di demolizione il quale deve ritenersi adeguatamente motivato in forza del richiamo al comprovato carattere abusivo dell’intervento.
8.4 L’ordine di demolizione presenta un carattere rigidamente vincolato (dovendo essere adottato a seguito della sola verifica dell’abusività dell’intervento) e non richiede né una specifica motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione fra l’interesse pubblico e l’interesse privato al mantenimento in loco dell’immobile (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 21 marzo 2017, n. 1267), essendo la relativa ponderazione compiuta a monte dallo stesso legislatore nel senso della doverosità della demolizione (cfr. art. 31, comma 2, del d.P.R. 380 del 2001).
Ciò in generale in quanto non può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare e, in particolare, a fronte di attività abusiva in zona vincolata, oggetto di specifica e ancor più severa disciplina di tutela.
8.5 Né il principio della Plenaria risulta limitato o limitabile all’ipotesi dell’assenza di titolo, in quanto anche la difformità, nella specie oltretutto qualificabile come variazione essenziale in zona vincolata, mantiene la qualifica generale di abuso, concetto unitario ai fini in esame.
Ciò sia per mancata espressa limitazione formale, non ricavabile infatti dalle norme né dal diritto vivente sancito dal Supremo Consesso, sia per la piena applicabilità logico giuridica degli argomenti predetti ad entrambe le ipotesi.
Anzi, la parziale difformità, meno evidente rispetto all’abuso totale, si rende meno percepibile dagli organi deputati alla vigilanza, senza quindi che possa sorgere alcun affidamento il quale, negli eccezionali limiti ammissibili, presuppone comunque una piena conoscenza dell’abuso in capo alla stessa p.a..
9.1 Passando all’esame dei motivi oggetto di riproposizione da parte del condominio appellato, occorre ribadire, in termini di cornice giuridico processuale, che nel processo amministrativo d'appello, ai sensi degli artt. 101 e 46 cod.proc.amm. i motivi assorbiti possono essere riproposti incidentalmente con memoria depositata entro il termine di costituzione in giudizio (id est, sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del gravame).
Ove ciò non avvenga, in armonia con le suindicate disposizioni e con il più generale principio processuale di cui all'art. 112 c.p.c. (di cui le norme prima citate costituiscono corollario applicativo), deve intendersi precluso al Collegio giudicante ogni esame delle dette doglianze (Consiglio di Stato, sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1379).
9.2 Nel caso di specie, la costituzione del condominio, avvenuta in data 23 novembre 2016, risulta tardiva, ai fini in esame, a fronte del perfezionamento della notifica in data 2 gennaio 2014, come da certificazione postale allegata al ricorso di appello.
10. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.