Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-05-03, n. 201202546

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-05-03, n. 201202546
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201202546
Data del deposito : 3 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07299/2011 REG.RIC.

N. 02546/2012REG.PROV.COLL.

N. 07299/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7299 del 2011, proposto dall’Ente Foreste della Sardegna, rappresentato e difeso dagli avv. M S M e G C, con domicilio eletto presso la prima in Roma, via della Vite 7;

contro

Multimedica Srl, rappresentata e difesa dagli avv. M L e F L, con domicilio eletto presso Roberto Altieri in Roma, via Sicilia 66;
Emi di C U S;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA – CAGLIARI, SEZIONE I, n. 871/2011, resa tra le parti, concernente

OTTEMPERANZA SENTENZA N.

871 DEL 2011 DEL TAR SARDEGNA SEZIONE PRIMA - SERVIZIO SORVEGLIANZA SANITARIA DEI DIPENDENTI

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Multimedica Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2012 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati M S M nonché, su delega dell'avv. M L, Alessio Petretti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’Ente Foreste della Sardegna indiceva una gara d’appalto per l’affidamento del servizio di sorveglianza sanitaria per i circa 950 dipendenti dell’unità territoriale di Oristano con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Nella seduta del 29.09.2009 la commissione di gara procedeva all’aggiudicazione in favore della Emi di Carlo Usala S.a.s. (di seguito, la EMI), riservandosi la verifica dei documenti probatori inerenti alla struttura sanitaria della ditta. Il rappresentante della concorrente Multimedica S.r.l. (da qui in avanti, la MULTIMEDICA) aveva difatti eccepito, durante la procedura, che la struttura indicata dalla EMI quale luogo di esecuzione delle visite e degli accertamenti di cui al protocollo sanitario non possedeva una regolare autorizzazione per l’erogazione di tali prestazioni.

Nella seduta del 6.10.2009 la commissione scioglieva la riserva confermando l’aggiudicazione in capo alla EMI.

Da qui il ricorso di MULTIMEDICA dinanzi al TAR per la Sardegna avverso l’aggiudicazione alla concorrente.

Il Tribunale adìto, con la sentenza in forma semplificata 19 marzo 2010 n. 354, accoglieva il ricorso di MULTIMEDICA, sul rilievo che la controinteressata non aveva dimostrato di essere dotata (secondo le indicazioni del bando) della struttura autorizzata esplicitamente prescritta come requisito di capacità.

Questo, peraltro, non prima di avere respinto il ricorso incidentale che era stato esperito dall’aggiudicataria, con la motivazione di seguito trascritta (per quanto qui di interesse).

Il secondo ed il terzo motivo sono altrettanto manifestamente infondati.

In ordine al primo, la Multimedica ha con evidenza raggiunto il punteggio minimo prescritto dal bando. L’interpretazione delle clausole della lex specialis proposta dalla ricorrente incidentale non è condivisa dal Collegio.

Quanto alla censura inerente la presunta carenza dei requisiti in capo alla Multimedica è agevole rilevarne l’infondatezza.

Il bando prevedeva con riferimento alla capacità tecnica che ogni partecipante dovesse “essere una struttura sanitaria specificamente autorizzata per le prestazioni inerenti la Medicina del lavoro e le sue pertinenze .

La ricorrente ha, in applicazione dell’art. 6 lettera c) del capitolato, espressamente reso la richiesta dichiarazione in ordine a quel requisito ed ha indicato una struttura sanitaria autorizzata.

La contestazione della ricorrente appare pertanto infondata in fatto .”

Di lì a poco MULTIMEDICA proponeva un nuovo ricorso allo stesso TAR, formalmente diretto ad ottenere l'ottemperanza al giudicato formatosi sulla precedente sentenza n. 354 del 2010.

Con il suo nuovo ricorso veniva esposto quanto segue.

La società vittoriosa in giudizio aveva diffidato l'Ente Foreste, in data 23.3.2010, a dare corretta esecuzione alla sentenza n. 354/2010, affidando ad essa richiedente l'appalto per la sorveglianza sanitaria.

Il 29 marzo 2010 il direttore del Servizio territoriale di Oristano dell'Ente Foreste, dopo avere disposto un’aggiudicazione con riserva in favore della società istante, onde poter procedere all'aggiudicazione definitiva e alla stipula del contratto chiedeva alla stessa il deposito, entro gg. 10, dei seguenti elementi:

- documentazione attestante la capacità tecnica, raccomandando di documentare dettagliatamente i titoli di esperienza dichiarati sugli allegati sia per la struttura che per il medico competente (originali o copie autentiche dei contratti, con le relative fatture);

- copia dei documenti autorizzativi delle strutture sanitarie interessate.

MULTIMEDICA, dopo avere depositato la documentazione richiestale senza però ottenere risultati, con atto notificato in data 10 maggio 2010 diffidava nuovamente l'Ente Foreste a dare ottemperanza alla sentenza n. 354/2010.

Il direttore del servizio competente, intanto, con nota n. prot. 7643 del 7 maggio 2010 comunicava, ai sensi dell'art. 7 della L. 241/1990, la mancata esecutività dell'aggiudicazione, asserendo che la documentazione fatta pervenire non avrebbe confermato le dichiarazioni rese dalla ricorrente in sede di gara.

MULTIMEDICA riscontrava la nota formulando specifiche osservazioni con allegata documentazione, giunte all'Ente Foreste il 17 maggio successivo.

Infine, l'Ente Foreste con atto n. prot. 9955 del 14 giugno 2010 concludeva il procedimento adottando la revoca dell'aggiudicazione, che motivava sviluppando gli argomenti già anticipati con la sua precedente nota n. prot. 7643.

Con la medesima si era sostenuto che la documentazione prodotta dalla società non avrebbe confermato le dichiarazioni da essa rese in sede di gara per i seguenti motivi:

A) la Ditta Multimedica risultava autorizzata per la medicina del lavoro in data 07.12.1999 in Cagliari e per le sue pertinenze in data 22.02.2006 sempre in Cagliari;

B) la struttura sanitaria Casa di cura del Rimedio in Oristano risultava autorizzata (Aut. 6544/55) per il servizio di guardia medica, ostetrica e infermieristica diurno e notturno e per il pronto soccorso;

C) la Ditta Multimedica ed il Medico competente indicato risultavano avere dimostrato il possesso di titoli curriculari e di esperienza (anni di attività svolta nel settore dalla ditta - dimensione e tipologia delle Aziende in cui la ditta ha operato/opera;
attività di Medico competente - dimensione e tipologia delle aziende in cui il Medico ha operato/opera) non sufficienti a considerare superata la I fase di cui all'art. 16 del Capitolato di gara.

MULTIMEDICA con il suo nuovo ricorso già menzonato obiettava che le determinazioni dell’Ente Foreste si basavano su presupposti erronei sia in fatto che in diritto, e confliggevano con il giudicato formatosi sulla sentenza n. 354/2010.

Resisteva al nuovo ricorso l’Amministrazione intimata, che chiedeva che lo stesso venisse dichiarato inammissibile o comunque rigettato.

Il Tribunale con ordinanza n. 90/2011 disponeva la conversione del rito di trattazione dello stesso ricorso, stabilendo che questa dovesse avvenire in pubblica udienza, nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione.

Ciò in quanto reputava che l’azione proposta dalla ricorrente, per quanto formalmente rivolta all’esecuzione del giudicato di cui alla sentenza del T.A.R. n. 354/2010, avesse in realtà i requisiti sostanziali di un giudizio impugnatorio.

Questo il principale passaggio motivazionale a base dell’ordinanza:

Il Collegio ricorda che il Giudice, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, invece, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, siccome desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante.

E, il caso che occupa il Collegio è chiaramente qualificabile come giudizio di cognizione.

Le doglianze che la ricorrente esprime sono, nella sostanza, dirette a contestare la legittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione disposto con provvedimento prot. 9955 del 14 giugno 2010 ed inoltre, il ricorso è stato ritualmente notificato in data 30.06.2010 cioè ampiamente in termini.

Vero è che la ricorrente si duole della mancata esecuzione della sentenza 354/2010, ma è altrettanto vero che essa contesta diffusamente la correttezza delle conclusioni cui l’Amministrazione è giunta con il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione datato 14 giugno 2010, con argomentazioni che vanno ben oltre la mera violazione del giudicato.

Ritiene in definitiva il Collegio che la cognizione della domanda proposta dal ricorrente debba essere effettuata nella sede del giudizio di merito previa conversione del rito ”.

Il Tribunale, nell’occasione, rilevava ancora quanto segue.

La questione su cui, in definitiva, si è formato il giudicato non era affatto la verifica (che questo Giudice non avrebbe potuto compiere) dei requisiti dichiarati in sede di gara da Multimedica.

L’effetto conformativo della sentenza portava dunque, come correttamente avvenuto, a disporre l’aggiudicazione provvisoria in favore di Multimedica ma non escludeva affatto l’attività successiva da compiersi ai sensi dell’art. 48 d.lgs. 163 del 2006.

Avverso tale verifica e le sue risultanze, la ricorrente avrebbe dovuto esperire un’azione di annullamento poiché le questioni poste vanno valutate non in termini di esecuzione del giudicato, ma come questioni di vizi di un nuovo procedimento .”

Il Tribunale riteneva, pertanto, che nella fattispecie sussistessero i presupposti per l’applicazione dell’art. 32 del C.P.A., il quale, al comma 2, recita: “ Il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali. Sussistendone i presupposti il giudice può sempre disporre la conversione delle azioni ”, ove non concordi con la qualificazione che delle stesse è stata data dalle parti.

In sede decisoria, infine, lo stesso Tribunale, con la sentenza 4 agosto 2011 n. 871 in epigrafe, accoglieva anche questa impugnativa di MULTIMEDICA, annullando la revoca dell’aggiudicazione assunta il 14 giugno 2010.

Tanto sulla base della seguente motivazione.

Ciò premesso, va detto che la controversia ruota tutta intorno ad un unico punto:

se la verifica effettuata dalla stazione appaltante abbia condotto ad un risultato corretto o se essa sia frutto di uno o più errori e, in quest’ultimo caso, se il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione sia illegittimo.

La risposta è affermativa e il ricorso deve essere accolto.

Le doglianze della ricorrente colgono, difatti, nel segno.

La Multimedica ha pienamente comprovato i requisiti dichiarati in sede di gara e le risultanze cui è giunta l’Amministrazione sono palesemente erronee.

Tale erroneità è manifesta.

Multimedica ha depositato imponente documentazione a comprova dei requisiti, dalla quale si evinceva con chiarezza il superamento della soglia di sbarramento di 25 punti contestata dalla Amministrazione.

Valga una considerazione su tutte.

L’Ente Foreste ha chiaramente errato quando ha deciso di non ritenere provati i servizi prestati da Multimedica prima del 2006. Multimedica è iscritta nella Sezione ordinaria del Registro delle imprese dal 9.12.1996 e, prima ancora, in quella delle ditte dal 10.11.1993 per l’esecuzione di qualsiasi prestazione relativa alla medicina del lavoro. La stessa Multimedica ha richiesto ed ottenuto dalla Regione l’autorizzazione del 7.12.1999 che, prima del d.P.R. 14.1.1997, non necessitava.

Ne segue che è falso ed erroneo l’assunto secondo cui i servizi precedenti al 2006 non dovessero essere computati.

Altrettanto erroneo è il calcolo del punteggio relativo alla anzianità del medico competente.

Con riferimento alla voce “esperienza del medico competente” dall’esame degli atti appaiono chiaramente comprovati 6 punti.

Così come appaiono comprovati punti anche relativamente alla “esperienza della struttura sanitaria” proprio per l’erroneità dell’assunto secondo cui le attività anteriori al 2006 non potevano essere conteggiate.

Non è nemmeno necessario procedere ad un compiuto calcolo di tutte le altre voci considerabili (che pure sono considerabili) poiché la soglia di sbarramento è superata in modo molto ampio.

Il ricorso deve pertanto essere accolto con conseguente annullamento della revoca dell’aggiudicazione prot. 9955 del 14 giugno 2010.”

Con la stessa sentenza, infine, veniva accolta anche la domanda risarcitoria proposta dalla medesima MULTIMEDICA, e per l’effetto l'Amministrazione condannata a risarcire il danno derivato dall’illegittima mancata aggiudicazione dell’appalto, con ordine impartito allo stesso Ente, ai sensi dell’art. 34, comma 4, d.lgs. 104 del 2010, di proporre alla società ricorrente il pagamento di una somma di denaro entro il termine ed in base ai criteri indicati in motivazione.

Questa la motivazione del pertinente capo della decisione.

La ricorrente formula la domanda in relazione ai danni maturati successivamente alla sentenza 354/2010. A questa domanda il Collegio deve limitare la propria attenzione (periodo che va dal 19.03.2010 all’11.10.2010).

Il danno è chiaramente provato posto che i concorrenti in gara erano due e che il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione era palesemente illegittimo.

L’impresa ha provato di avere presentato un’offerta pari a € 119.750.

Il Collegio ricorda la propria costante giurisprudenza in ordine alla quantificazione del danno da illegittima mancata aggiudicazione di un appalto per cui non può ritenersi corretto il ricorso al criterio del c.d. 10%, mutuato da alcune disposizioni in materia di lavori pubblici, che riguardano però altri istituti, come l’indennizzo dell’appaltatore nel caso di recesso dell’amministrazione committente (art. 345 legge n. 2248/1865, all. F) oggi abrogato, art. 134 d.lgs. 163/2006).

La Sezione ha sempre ricordato che deve considerarsi preferibile il diverso indirizzo, recentemente espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2143 del 6 aprile 2009, che esige la prova rigorosa, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto (ex multis T.a.r. Sardegna, Sezione I, n. 1498/2009).

Nel caso di specie la ricorrente ha provato l’esistenza del danno e ha indicato criteri per la sua quantificazione sulla base della offerta presentata e i costi di produzione. Non è fornita prova in ordine alla mancata utilizzazione di mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'esecuzione di altri servizi.

Quanto al danno curriculare va ricordato che esso, costituisce una specificazione del danno per perdita di chance e si correla necessariamente alla qualità dell'impresa operante nel settore degli appalti pubblici e, più in particolare, al fatto stesso di eseguire uno di questi tipi di contratto, a prescindere dal lucro che l'impresa stessa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante.

Questa qualità imprenditoriale può ben essere fonte per l'impresa di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti. L'interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un operatore economico, va oltre l'interesse all'esecuzione dell'opera in sé e ai relativi ricavi diretti. In linea di massima deve, pertanto, ammettersi che l'impresa ingiustamente privata dell'esecuzione di un appalto possa rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale al di là dell'incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (Consiglio Stato , sez. VI, 18 marzo 2011 , n. 1681).

Stante la peculiarità della situazione, in applicazione del potere attribuito dall'art. 34, comma 4, del d.lgs. n. 104 del 2010, il Collegio ritiene quindi di condannare l'amministrazione a proporre entro 60 giorni (sessanta) dalla notificazione della presente sentenza o dalla comunicazione se anteriore, la corresponsione di una somma a titolo di risarcimento.

Il danno da mancata aggiudicazione deve essere pari all'utile che l'impresa ha dichiarato nella offerta parametrato in relazione alla domanda della ricorrente (periodo 19.03.2010 – 11.10.2010). Per quanto attiene al danno curriculare, essa va quantificato nella misura, ritenuta equa, del 3% della somma da corrispondere per risarcimento da mancata percezione dell'utile.

Gli interessi, nella misura legale, devono essere calcolati dalla data della notifica del ricorso al soddisfo, secondo quanto richiesto dalla società ricorrente.”

Avverso tale nuova sentenza di Tribunale 4 agosto 2011 n. 871 in epigrafe l’Ente Foreste della Sardegna esperiva indi il presente appello, che criticava la pronuncia per ragioni sia di rito che di merito.

In particolare, l’Ente appellante assumeva:

- che la conversione del rito disposta dal Tribunale con l’ordinanza n. 90/2011 necessitava di una precisa domanda di parte, presupposto nella specie carente;

- che l’avversaria aveva prodotto solo tardivamente la documentazione che le era stata richiesta;

- che la medesima non aveva comunque fornito prova della concreta ed effettiva spettanza di tutti i punteggi dichiarati;

- che non era onere di essa appellante acquisire i contratti dell’avversaria;

- che l’avversaria, in ogni caso, non aveva raggiunto la prescritta soglia di punteggio.

Anche l’accoglimento da parte del T.A.R. della domanda risarcitoria della società veniva sottoposto a critiche.

Resisteva all’appello MULTIMEDICA, che deduceva l’infondatezza delle doglianze dell’Ente appellante.

Le rispettive tesi di parte venivano ulteriormente illustrate ed approfondite con successivi scritti.

Alla pubblica udienza del 20 marzo 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

La sicura infondatezza dell’appello induce la Sezione a prescindere dall’esame di ogni questione di rito per concentrare subito la propria attenzione sulla disamina dei motivi d’impugnazione.

1 Con il primo mezzo l’Amministrazione appellante si duole che il Tribunale, con l’ordinanza n. 90/2011, abbia disposto la conversione del rito di trattazione del ricorso, nei termini sopra ampiamente esposti, in difetto di una specifica domanda di parte, la cui presenza costituirebbe un indefettibile presupposto per una simile operazione.

La difesa avversaria ha fatto però esattamente osservare che l’art. 32 del C.P.A., al comma 2, si limita a stabilire quanto segue : “ Il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali. Sussistendone i presupposti il giudice può sempre disporre la conversione delle azioni ”, ove non concordi con la qualificazione che delle stesse è stata data dalle parti.

La norma, che solo recentemente ha disciplinato l’istituto, non fa quindi riferimento alcuno alla necessità di una previa domanda di parte come condizione per la conversione ope judicis .

Quest’ultima non è configurata, invero, come una “risposta” del Giudice ad un particolare ed apposito petitum , ma rappresenta solo uno dei possibili epiloghi di un’operazione preliminare, di interpretazione e qualificazione dell’atto introduttivo del giudizio, che comunque la legge richiede al giudicante. E che nella fattispecie il Tribunale ha condotto facendo applicazione del giusto criterio per cui “ il Giudice, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, invece, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, siccome desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante .”

Con lo stesso mezzo viene altresì lamentato che, a seguito della suddetta conversione, il giudizio sia proseguito “ come se le domande proposte dalla ricorrente fossero autonome rispetto alla domanda di ottemperanza ”, trasformandosi così la causa - si sostiene - in un giudizio del tutto diverso.

Il Tribunale, tuttavia, con la propria ordinanza, ha condivisibilmente ritenuto che il nuovo giudizio instaurato dinanzi a sé fosse qualificabile come giudizio di cognizione, per essere le doglianze della ricorrente dirette, nella sostanza, a contestare la legittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione che l’aveva colpita, mediante argomentazioni critiche che andavano ben oltre la mera violazione del giudicato: le stesse conclusioni di quel ricorso, giova ricordarlo, recavano la richiesta di declaratoria di nullità, inefficacia o inopponibilità della revoca dell’aggiudicazione. Ciò posto, una volta confermata l’avvenuta ineccepibile riqualificazione dell’oggetto del giudizio, l’aspetto sul quale il presente profilo di doglianza si appunta costituisce, in realtà, solo una coerente conseguenza della disposta conversione del rito, e come tale si sottrae per ciò stesso alla censura.

2a Con il successivo mezzo l’Ente appellante desume dall’affermazione del T.A.R. che MULTIMEDICA aveva “ pienamente comprovato i requisiti dichiarati ” un preteso, implicito accoglimento dell’assunto avversario per cui essa Stazione appaltante sarebbe stata tenuta ad acquisire d’ufficio i contratti della società, ciò che invece, oppone l’Ente, non era suo onere fare.

Un obiettivo esame della pronuncia appellata rende peraltro sufficientemente chiaro che il Tribunale, con la propria sentenza, si è limitato ad accertare null’altro che “ il superamento della soglia di sbarramento di 25 punti contestata dall’Amministrazione ” (cfr. pag. 12 della decisione), vale a dire, quanto sarebbe stato sufficiente a determinare le sorti della gara.

Il T.A.R. non ha perciò avallato in alcun modo l’idea che l’Ente dovesse acquisire d’ufficio la documentazione indicata. Il primo Giudice non ha assunto alcuna posizione in proposito, reputando sufficiente desumere dalla documentazione in atti il conseguimento (del resto, decisivo) della predetta soglia minima.

2b Quanto appena detto circa la limitatezza della portata degli accertamenti svolti dal primo Giudice permette di superare, oltre alla doglianza appena delineata, anche l’ulteriore rilievo di parte, pur’esso desunto da un preteso contenuto solo implicito della sentenza appellata, per cui l’originaria ricorrente non avrebbe in realtà fornito prova dell’effettiva spettanza di tutti i punteggi da essa dichiarati.

2c Con il medesimo mezzo viene dedotto, infine, che l’avversaria aveva prodotto solo tardivamente la documentazione che le era stata richiesta, in violazione della regola di perentorietà del termine di dieci giorni previsto dall’art. 48 del Codice dei contratti.

In contrario è però agevole osservare: che nel rispetto del termine MULTIMEDICA aveva depositato, in data 7 aprile 2010, una nutrita documentazione (compendiantesi in ben 439 pagine), riflettente i requisiti tecnici a suo tempo indicati nelle dichiarazioni sostitutive allegate alla domanda;
che lo stesso Ente aveva spontaneamente stabilito di concedere alla società una proroga di ulteriori trenta giorni;
che in quello stesso frangente, tuttavia, l’Ente aveva omesso di precisare in che senso e sotto quali profili la documentazione già depositata avrebbe dovuto essere, in ipotesi, ritenuta carente, e perciò bisognosa di integrazione, il punto di vista dell’Amministrazione essendo stato chiarito solo con il conclusivo provvedimento di revoca dell’aggiudicazione;
infine, che neppure in questa sede è stata dimostrata l’essenzialità di alcuno dei documenti prodotti oltre l’originario termine legale (pur prorogato dall’Ente) ai fini del raggiungimento della pertinente soglia di punteggio.

Orbene, costituiva indubbio onere dell’appellante, tanto più in presenza di una produzione documentale sicuramente tempestiva tanto compendiosa, quello di dimostrare l’indispensabilità della documentazione tardiva ai fini del raggiungimento della soglia minima di cui si tratta. E questo a più forte ragione se si tiene conto del fatto che l’originaria valutazione dell’Ente nel senso dell’insufficienza della produzione iniziale di MULTIMEDICA poggiava sul presupposto (cfr. lo stesso atto di appello a pag. 15), che si vedrà essere infondato, della non utilizzabilità dei servizi resi prima del 2006.

Anche il secondo mezzo deve pertanto essere interamente disatteso.

3a Con il terzo motivo l’appellante, dopo avere ricordato le considerazioni che hanno indotto il T.A.R. ha reputare superata la soglia in rilievo, riprende la propria tesi della non valutabilità delle prestazioni rese dall’appellata prima del 2006.

Secondo l’Ente, il campo delle prestazioni in cui MULTIMEDICA aveva operato prima di tale anno sarebbe stato più ristretto di quello oggetto di gara: “ e quindi il curriculum maturato in prestazioni non coincidenti con quelle che le si doveva affidare non poteva essere pianamente riconosciuto come utile ”.

L’affermazione così introdotta dall’appellante è tuttavia generica, meramente apodittica e sprovvista di qualsiasi supporto dimostrativo. E tale è rimasta, pur dinanzi alle obiezioni avversarie per cui :

- l’oggetto dell’appalto era sostanzialmente coincidente con tutti gli altri servizi di sorveglianza sanitaria già prestati da MULTIMEDICA anche prima del 2006;

- la lex specialis non recava alcuna previsione che limitasse temporalmente i servizi suscettibili di valutazione;

- l’appellante non si era rivelata in grado di indicare neanche il profilo sotto il quale il campo delle prestazioni della società sarebbe stato in precedenza più ristretto.

Il rilievo, siccome rimasto indimostrato, non può che essere respinto.

3b L’appellante deduce, inoltre, che il TAR, con l’affermare l’utilità pure dei servizi precedenti al 2006, aveva così accolto (ancora una volta, in modo solo implicito) anche il motivo di ricorso relativo al preteso dovere dell’Ente di rettificare la dichiarazione di MULTIMEDICA, nella parte in cui vi era stata attestata un’anzianità di soli nove anni in luogo di quindici.

L’appellante obietta allora che non era proprio dovere quello di individuare e correggere un siffatto errore.

In contrario è stato fatto notare, tuttavia, che l’errore di compilazione in cui era incorsa l’originaria ricorrente riguardava unicamente l’indicazione degli anni di anzianità della propria struttura, laddove, peraltro, essa aveva nel contempo richiesto (e avrebbe poi documentato i titoli per ottenere) il riconoscimento di tutti i servizi da essa prestati lungo tutto l’arco -in realtà ben più ampio- della propria effettiva attività regolarmente prestata nel settore. Il capitolato, invero, distingueva, all’art. 18, nei punti 3) e 4), la valutazione degli “ anni di attività svolta nel settore dalla ditta ”, dall’apprezzamento, invece, della “ dimensione e tipologia delle aziende in cui la ditta ha operato ” anno per anno;
e solo sub n. 3) poneva il limite del “ farà fede la data del provvedimento di autorizzazione ”.

Soprattutto, poi, MULTIMEDICA ha rimarcato di non avere mai preteso che l’Amministrazione operasse alcuna rettifica del suddetto errore. Il punteggio da essa rivendicato per l’aspetto dell’anzianità della struttura (e riconosciutole dal primo Giudice) era stato solo quello di punti 3, 60 (in luogo dei 6 che in assenza di errore le sarebbero spettati). Ed esso già le era valso il raggiungimento della soglia indicata.

In questo contesto, la Sezione osserva che non risulta che la ricorrente abbia domandato alcuna rettifica della propria dichiarazione in parte qua . La lettura della pag. 14 dell’atto introduttivo di prime cure depone, difatti, in senso esattamente opposto. La sentenza che si sta scrutinando, inoltre, si è limitata a riconoscere il diverso aspetto (si rammentano le distinte previsioni dei punti 3) e 4) dell’art. 18 del capitolato) della valutabilità dei (soli) servizi antecedenti all’autorizzazione regionale del 1999: e di questi ultimi era stata certo chiesta ab origine la valutazione, tanto che l’Amministrazione aveva esplicitamente preso posizione in proposito, ancorché nel senso di escluderla (cfr. la memoria dell’appellata del 24 febbraio 2012, pag. 3).

Anche questa censura risulta quindi infondata.

4 Con il successivo ed ultimo mezzo ci si duole che il T.A.R. abbia riconosciuto all’appellata addirittura un punteggio che questa non aveva mai neppure richiesto.

Il primo Giudice le avrebbe infatti attribuito 6 punti in corrispondenza della voce “ esperienza del medico competente ”, laddove la stessa ricorrente nel proprio ricorso si era limitata a rivendicare, per la stessa voce, solo 2 punti.

Obietta tuttavia esattamente l’appellata che questa prospettazione confonde due profili valutativi diversi, e come tali tenuti distinti dalla lex specialis , vale a dire quello dell’anzianità del medico (art. 18-5.1 del capitolato) e quello della concreta esperienza documentata del medesimo (5.2 ivi). Sicché le due dotazioni di punteggio di 6 e 2 punti non riguardavano, in realtà, la stessa voce, bensì due voci differenti.

In particolare, già dalla lettura della sentenza del primo Giudice risulta in modo univoco (cfr. le sue pagg. 7, 8 e 12) come l’originaria ricorrente avesse richiesto il riconoscimento anche dei 6 punti indicati, a titolo appunto di “ esperienza del medico ”. Se poi si esamina il relativo ricorso, è immediata la constatazione che tale rivendicazione è stata articolatamente motivata nei suoi addendi costitutivi nei paragrafi da 26.1 a 26.6 (pagg. 15-17 del ricorso al TAR), fino ad arrivare proprio al valore di sommatoria totale di sei punti.

La pronuncia resa sul punto corrisponde, pertanto, esattamente a quanto la ricorrente di prime cure aveva richiesto (i due periodi della motivazione del T.A.R. riguardanti, rispettivamente, “ anzianità ” ed “ esperienza del medico competente ” erano infatti distinti, benché consecutivi).

5 Anche la conclusione del T.A.R. circa l’avvenuto raggiungimento da parte di MULTIMEDICA della soglia di cui si tratta risulta immune dai vizi dedotti, peraltro in modo solo del tutto generico, dall’Ente appellante.

In proposito, è immediato osservare che tanto sono analitici e trasparenti i conteggi minuziosamente ricostruiti nelle pagine del ricorso di primo grado di MULTIMEDICA, che sono stati condivisi dal primo Giudice per sintesi e nei limiti dell’occorrenza (“ non è nemmeno necessario procedere ad un compiuto calcolo di tutte le altre voci considerabili … poiché la soglia è superata in modo molto ampio ”), quanto si presentano invece sommarie ed apodittiche le contestazioni mosse al riguardo dall’Ente appellante.

Cosa che induce la Sezione a reputare già senz’altro decisiva la notazione che, secondo la tabella redatta dallo stesso Ente, la società perveniva già al punteggio di 24,824 (sui 25 di soglia) limitandosi il computo ai servizi da essa prestati solo dal 1999 in poi. L’esiguo differenziale residuo di 0,176 punti che la separava, a quel punto, dalla soglia era, infatti, ampiamente superato, secondo un’affermazione dell’appellata rimasta priva di specifica contestazione, dai punti riflettenti gli anteriori servizi già a suo tempo dimostrati.

6 Resta l’esame delle contestazioni che l’appellante muove al capo della sentenza recante l’accoglimento della domanda risarcitoria di MULTIMEDICA.

6a L’Ente lamenta in primo luogo che, avendo il Tribunale ritenuto indimostrata la mancata utilizzazione da parte della società di mezzi e maestranze per altri servizi, ciò avrebbe dovuto condurre non ad un semplice temperamento del danno risarcibile, bensì al riconoscimento tout court della mancanza di prova dello stesso danno.

Ammesso che sia esatta la premessa da cui l’Ente muove, secondo la quale l’elemento indicato sarebbe stato valorizzato dal T.A.R. come fattore di temperamento del danno, sicuramente non può essere però condivisa l’affermazione che la medesima appellante su tale premessa articola, allorché assume che lo stesso elemento avrebbe dovuto indurre, invece, a negare in toto il risarcimento.

L’affermazione trova invero smentita sin dall’esame della stessa giurisprudenza che è stata allegata a suo fondamento.

Già dalla citazione fattane alla pag. 21 dell’appello risulta, infatti, che l’orientamento richiamato dall’appellante, pur onerando della relativa prova il richiedente il risarcimento, ricollega all’inadempimento di un simile onere probatorio non un integrale disconoscimento della tutela risarcitoria, bensì solo la decurtazione del risarcimento di una misura per aliunde perceptum vel percipiendum (in tal senso v. appunto la richiamata C.d.S. VI, 21 settembre 2010, n. 7004, ma altresì, ad es., più di recente, l’analoga 19 aprile 2011 n. 2427), in armonia con la previsione di fondo dell’art. 1227 cod. civ. .

6b L’appellante lamenta, inoltre, che l’utile sia stato dichiarato dall’avversaria nella misura, ritenuta abnorme, del 57,25 % , che sarebbe stata calcolata senza tenere conto dei costi per le strutture, le attrezzature e le attività amministrative.

L’appellata ha tuttavia avuto gioco facile nel far notare come la tabella contenuta nel proprio ricorso di primo grado (pag. 27), oltre a recare tra le voci dei costi anche quelle per spese generali (10 % ) e per imprevisti (5 % ), comprendeva, accanto ai compensi per le prestazioni del medico competente, anche i corrispettivi omnicomprensivi da riconoscere alla struttura sanitaria per l’espletamento di ciascun singolo esame.

Donde la sostanziale completezza delle voci di costo considerate.

Dalla lettura della sentenza in epigrafe risulta, infine, effettivamente di immediata percezione come il Tribunale abbia inteso riferirsi all’utile che MULTIMEDICA avrebbe potuto ritrarre, sottraendo dal compenso lordo riflettente la sua offerta di gara la struttura di voci di costo da essa analiticamente rappresentata in ricorso.

Anche sotto questo aspetto la pronuncia in rassegna si rivela, perciò, immune dai vizi dedotti.

6c Si obietta, altresì, che l’avversaria non aveva concretamente dimostrato di avere subìto alcun danno curricolare.

Il Collegio è però dell’avviso che l’esistenza di tale profilo di danno, in tema di appalti pubblici di servizi, possa essere pragmaticamente ritenuta in re ipsa , per il fatto stesso dell’impossibilità di utilizzare le referenze derivanti dall’esecuzione dell’appalto in controversia nell’ambito di futuri procedimenti simili di gara cui la stessa ricorrente potrebbe partecipare. Ne consegue che un’impresa operante nel settore degli appalti di servizi non può dirsi gravata, al riguardo, da alcuno specifico onere probatorio.

6d L’appellante deduce infine (del tutto irritualmente, solo con memoria) che per il periodo rispetto al quale il risarcimento è stato chiesto e accordato non residuava, in realtà, alcun danno: ciò in quanto l’avversaria, essendo stata ormai dichiarata aggiudicataria provvisoria, sarebbe stata così già risarcita in forma specifica.

L’obiezione, al di là della sua –già decisiva- irritualità, manca però di farsi carico del fatto che il presente novello giudizio verte sull’illegittimità del successivo atto di revoca della stessa aggiudicazione;
e così pure del fatto che la ricorrente, medio tempore , non potendo svolgere il servizio in questione, non ha potuto ritrarne l’utile ottenibile.

Va da sé, infine, che per il periodo con riferimento al quale MULTIMEDICA sarà risarcita per equivalente deve intendersi con ciò stesso esclusa la conseguibilità da parte sua di una riparazione in forma specifica.

7 In conclusione, il presente appello deve essere integralmente respinto.

Le spese processuali del presente grado sono liquidate secondo soccombenza dal seguente dispositivo

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