Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-03-28, n. 201902056
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Pubblicato il 28/03/2019
N. 02056/2019REG.PROV.COLL.
N. 08908/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso NRG 8908/2017, proposto da M E, rappresentato e difeso dall'avv. A R, con domicilio eletto in Roma, via B. Tortolini n. 30, presso l’avv. Placidi,
contro
il Comune di Salerno, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avv.ti L M e M G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Taranto n. 18, presso l’avv. Antonio Brancaccio,
per la riforma
della sentenza del TAR Campania – Salerno, sez. I, n. 1239/2017, resa tra le parti e concernente l’ordinanza comunale n. 31/2013, recante la demolizione di opere edilizie abusive ed il ripristino dello stato dei luoghi, con preavviso che, in mancanza, si provvederà all'acquisizione del bene e dell'area di sedime;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 27 settembre 2018 il Cons. S M R e uditi altresì, per le parti, gli avv.ti Alessandro Tozzi (per delega di Rizzo) e Graziani;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – Il dott. M E dichiara d’esser stato a suo tempo autorizzato dal Comune di Salerno colà, loc. Giovi Santo Stefano, a realizzare un fabbricato rurale a due elevazioni f.t., di cui il p.t. ad uso di deposito agricolo e per la lavorazione di prodotti agricoli, nonché da un I piano destinato ad abitazione.
Il dott. E rende noto altresì d’aver voluto realizzare una serie di opere e di interventi sine titulo , miranti a rendere abitabile parti del predetto edificio, modificando l’originaria destinazione d’uso del p.t. A seguito dell’accertamento tecnico condotto in situ dal Comune e da personale della Guardia di Finanza, si appurò che il dott. E aveva così realizzato senza titoli:
a) – un muro di contenimento in c.a (lato E del fondo) di m 20 ad alto ca. m 1, un cancello in ferro (lato W) largo m 3,00 e alto m 2,50, con due pilastri laterali in c.a (m 0,30 x m 0,30), nonché la costruzione, tra il cancello e la strada, d’una rampa d’accesso in calcestruzzo, con a valle un muro di sostegno alto di ca. m 4 ed alto ca. m 2;
b) – un casotto in muratura ove porre un serbatoio dell’acqua (di m. 5,20 x m 2,60 con copertura a tetto in legno a falda unica, alto m 1,80 e m 2,50), il cambio di destinazione del p.t. ad uso abitativo (all’uopo ponendo in opera un vano cucina arredato e funzionante, un locale bagno, un ingresso ed un salotto con caminetto, rifiniti, ammobiliati ed abitati) ed una scala interna in c.a di collegamento tra tale p.t. ed il I piano;
c) – due terrazzi a copertura dei corpi di fabbrica laterali del p.t., in sostituzione delle previste coperture a falda con tegole.
Sicché il dott. E fu attinto da tre coeve ordinanze comunali del 19 luglio 2011: la n. 14, per l’irrogazione della sanzione pecuniaria relativamente agli abusi descritti sub a);la n. 54, con cui gli furono ingiunti, ai sensi dell’art. 31 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per gli abusi indicati sub b);e la n. 55, recante l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi ex art. 33 del DPR 380/2001, per gli abusi sub c).
2. – Il dott. E impugnò le citate tre ordinanze innanzi al TAR Salerno, con il ricorso NRG 1839/2011, deducendo vari profili di censura.
Nelle more di quel giudizio, egli propose al Comune, per gli abusi sanzionati con le ordinanze nn. 54 e 55/2011, l’istanza prot. n. 195767 del 19 ottobre 2011 per l’accertamento di conformità ex art. 36 del DPR 380/2001. Con la coeva istanza prot. n. 195772, egli chiese anche, per le opere indicate dall’ordinanza n. 14/2011, una SCIA in sanatoria di cui al successivo art. 37. Il Comune, all’inizio rimasto inerte, emanò poi la nota prot. n. 238271 del 21 dicembre 2011, con cui comunicò al dott. E l’avvenuta formazione del silenzio-rigetto su entrambe le predette istanze. A seguito di tal silenzio e contro la nota n. 238271 il dott. E si gravò di nuovo avanti al TAR Salerno, con il ricorso NRG 352/2012.
Prima che quest’ultimo giudizio fosse definito, intervenne il provvedimento dirigenziale n. 9 dell’11 marzo 2013, notificato il successivo giorno 25, con cui il Comune di Salerno rigettò la citata istanza n. 195757 per l’accertamento di conformità. Ad avviso della P.A., non era possibile un mutamento di destinazione d’uso da agricolo a residenziale del p.t. nell’edificio de quo , poiché l’art. 6-bis della l. reg. Camp. 28 dicembre 2009 n. 19 (nel testo novellato dall’art. 1, co. 1 della l.r. 5 gennaio 2011 n. 1) presupponeva il regolare assenso del cambio di destinazione ex ante le relative opere e, quindi, non sarebbe stato applicabile in sanatoria. Dal che la nuova adizione del TAR Salerno, con il ricorso NRG 1022/2013, deducendo l’unico, articolato motivo della violazione degli artt. 31, 36 e 37 del DPR 380/2001, della l. 7 agosto 1990 n. 241, dei principi generali sul rilascio di titoli edilizi, del giusto procedimento e della l.r. 19/2009 e s.m.i., nonché l’eccesso di potere sotto vari profili.
Nel frattempo ed a seguito del diniego delle richieste di sanatoria, il Serv. T.U. del Comune emise l’ordinanza n. 31 del 4 aprile 2013, recante, in una con l’elenco degli abusi edilizi commessi dal dott. E —che avevano implicato comportato la trasformazione di un fabbricato rurale in un immobile completamente rifinito per uso abitativo, con cambio di destinazione d’uso ed incremento di s.u. abitativa e di volume e, quindi, diverso per caratteristiche tipologiche e d’uso da quello a suo tempo assentito—, la demolizione di esse e il ripristino già disposto con le ordinanze del 2011.
Pure l’ordinanza n. 31 fu impugnata dal dott. E innanzi al TAR, col ricorso NRG 1196/2013, al riguardo deducendo: I) – l’impossibilità per la P.A. di disporre l’acquisizione al suo patrimonio in caso di mero cambio di destinazione d’uso senza opere, nonché la sproporzione della superficie che si vorrebbe acquisire;II) – la conformità delle opere sanzionate, peraltro su un edificio assentito con titoli validi, al c.d. “Piano Casa” ex l.r. 19/2009, per cui era corretto l’accertamento di conformità richiesto ed illegittimo il relativo diniego, basato su una lettura dell’art. 6-bis della l.r. 19/2009 del tutto irrazionale e senza che le opere sanzionate avessero creato difformità, aumenti di volumi o un vulnus al vincolo paesaggistico gravante sull’area.
3. – Dopo la proposizione di detto ricorso, il 1° luglio 2013 il dott. E rese noto al Comune di aver intrapreso lavori per l’esecuzione parziale dell’ordinanza n. 31/2013.
Quindi con la missiva del 16 settembre 2013, acquisita al prot. n.160706/13 e corredata da relazione tecnico-descrittiva sugli interventi spontaneamente realizzati e dalla documentazione fotografica, il dott. E comunicò la definizione dei lavori stessi, sollecitando un accertamento tecnico in loco . Egli poi chiese (23 ottobre 2013) il riesame della vicenda, ma il Comune non ritenne i lavori di ripristino sufficienti per consentire la revoca dell’ordinanza n. 31/2013, come gli fece presente in base alla nota prot. 192212 del successivo 7 novembre, alla luce del sopralluogo in situ . Con l’atto per motivi aggiunti depositato il 4 gennaio 2014, il dott. E si gravò contro la nota n. 192212, deducendo ora: III) – il difetto di motivazione di quest’ultima, all’uopo non bastando il rinvio per relationem al verbale del predetto sopralluogo, a fronte dei dati e della documentazione offerta per dimostrare invece la parziale esecuzione dell’ingiunto ripristino e per confutarne ciascuno degli assunti;IV) – la natura meramente ristrutturativa del cambio d’uso, con conseguente applicabilità nella specie della sanzione ex art. 39 del DPR 380/2001, invece di quella demolitoria di cui al precedente art. 31, donde l’illegittimità della disposta acquisizione: V) – l’omesso preavviso di rigetto.
L’adito TAR, con l’ordinanza n. 76 del 6 febbraio 2014, impose al Comune il riesame della nota n. 192212/2013.
Il Comune vi ottemperò con la nota prot. 198814 del 16 dicembre 2014, precisando in sostanza che il dott. E non ripristinò alcunché, certo non lo stato originario dei luoghi del deposito a p.t., abusivamente trasformato in residenza, avendo adoperato taluni espedienti per simulare e, quindi, facilmente ripristinare il locale abusivo. Dal che l’impossibilità, per il Comune, di dare un giudizio favorevole circa il vero ripristino dello stato dei luoghi, in coerenza con gli originari titoli rilasciati.
Il 21 gennaio 2015 il dott. E nondimeno propose altre due istanze al Comune, ossia: 1) – quella assunta col prot. n. 9753, intesa ad ottenere la sanatoria del cambio di destinazione per i locali del p.t., ai sensi dell’art. 6-bis della l.r. 19/2009;2) – quella assunta col prot. n. 9710, concernente la sanatoria dell’ampliamento del fabbricato. A seguito di richiesta istruttoria del TAR, il Comune gli rese noto d’aver rigettato tali istanze con i provvedimenti n. 26 del 16 aprile 2015 e, rispettivamente, n. 18 del precedente 17 marzo, entrambi rimasti inoppugnati.
Comunque il dott. E s’oppose contro la nota comunale n. 198814 col secondo atto per motivi aggiunti, depositato il 23 marzo 2015, con cui dedusse: VI) – l’elusione del giudicato cautelare;VII) – il difetto d’istruttoria e di motivazione, avuto riguardo sia alla documentazione sul ripristino svolto, sia al giudizio sull’attuale stato di fatto, sia all’assenza dell’agibilità per i locali del p.t., per il resto ribadendo quanto lamentato coi primi motivi aggiunti;VIII) – l’omessa motivazione anche sulla conferma dell’ordinanza n. 31/2013 per le opere di cui all’ordinanza n. 14/2011 (non soggette a PDC) e per i volumi tecnici e pertinenziali, ferma comunque la piena sanabilità di tutte le opere ai sensi degli artt. 146 e 167 del D.lgs. 42/2004;IX) – la violazione degli artt. 31 e 39 del DPR n. 380.
4. – Con l’ordinanza n. 1617 del 10 maggio 2016, il TAR, a fronte delle istanze attoree del 21 maggio 2015 e del loro rigetto non gravato, ha disposto la riunione dei quattro ricorsi proposti dallo stesso dott. E (per evidenti ragioni di connessione) e ha assegnato alle parti, ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a., un termine per dedurre anche sull’eventuale improcedibilità.
Il TAR, quindi e con sentenza n. 1239 del 30 luglio 2017, ha dichiarato improcedibili i ricorsi NRG 1839/2011 e NRG 352/2012 per sopravvenuta carenza d’interesse e ha respinto i ricorsi NRG 1022/2013 e NRG 1196/2013, avendo riscontrato la legittimità della reiezione d’ogni sanatoria delle opere in questione, stante l’inapplicabilità nella specie dell’art.