Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-08-30, n. 201805117
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Testo completo
Pubblicato il 30/08/2018
N. 05117/2018REG.PROV.COLL.
N. 03414/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3414 del 2017, proposto da
V M, rappresentata e difesa dall’avvocato S M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G I in Roma, via Collina n. 36;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
G V non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 10561 del 2016.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 19 luglio 2018 il Cons. Silvia Martino;
Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati M e Fedeli (quest’ultimo per l’Avvocatura dello Stato);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per il Lazio, l’odierna appellante, premesso di aver partecipato al concorso a 250 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del 22 marzo 2013, impugnava il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.
Esponeva in fatto di essere stata dichiarata “non idonea” dalla commissione esaminatrice per asseriti errori riscontrati nella correzione del primo elaborato (atto mortis causa ) e conseguentemente di non essere stata ammessa a sostenere le prove orali senza che si procedesse alla lettura anche del secondo e del terzo elaborato.
Deduceva:
1) violazione e falsa applicazione di legge, con specifico riguardo agli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/06, nonché agli artt. 1 ssegg. L. 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere sotto i profili per difetto d’istruttoria, illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, violazione del giusto procedimento, trasparenza e pubblicità .
Il giudizio negativo che la Commissione esaminatrice aveva espresso non sarebbe stato coerente con il contenuto effettivo dell’elaborato della ricorrente, donde non era giustificata la decisione della commissione di non procedere oltre nella correzione degli altri elaborati.
A sostegno delle soluzioni giuridiche proposte nel primo elaborato, oggetto di analitica disamina al fine di confermarne la correttezza, l’odierna esponente deduceva che altri candidati risultati idonei avevano, a suo dire, adottato le medesime soluzioni, per cui vi sarebbe stata disparità di trattamento.
2. Nella resistenza del Ministero della Giustizia il T.a.r. respingeva tutti i motivi di ricorso.
3. La sentenza forma oggetto di appello da parte della d.ssa M che deduce:
I) Il Tar avrebbe omesso di esaminare la censura di disparità di trattamento e non avrebbe quindi verificato che la candidata oggi appellante, nel proprio elaborato, avrebbe sostenuto tesi assolutamente identiche a quelle di altri candidati ammessi formulando, nel caso specifico, le disposizioni testamentarie contestate in termini del tutto sovrapponibili.
L’appellante sottolinea, ad esempio, che in nessuno degli elaborati ammessi vi è traccia del riconoscimento del figlio T (evenienza invece alla stessa addebitata come grave insufficienza). Ed ancora, l’elaborato della dottoressa M è stato valutato gravemente insufficiente per carenza nella trattazione degli istituti giuridici attinenti alla traccia, con particolare riferimento a quelli di maggiore rilievo (legato di azienda, diseredazione e legato di usufrutto con facoltà a vendere), quando, invece, la candidata ha trattato dei richiamati istituti.
Per contro, la mancata trattazione del legato di azienda da parte di altro candidato ammesso non è stata ritenuta di particolare rilievo dalla commissione.
L’appellante sostiene ancora che, in presenza del denunziato vizio di disparità di trattamento, il primo giudice avrebbe dovuto esaminare comparativamente i suoi elaborati con quelli (prodotti) degli altri candidati ammessi, poiché solo in tal modo, a suo dire, sarebbe stato possibile verificare se il giudizio espresso dalla commissione fosse, o meno, viziato da manifesta ed evidente illogicità.
L’appellante ha quindi riproposto i motivi di ricorso che non sarebbero stati esaminati dal T.a.r..
1) Violazione e falsa applicazione di legge, con specifico riguardo agli artt. 10 e 11 del d.lgs. 166/06, nonché agli artt. 1 segg. l. 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere sotto i profili per difetto d’istruttoria, illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, violazione del giusto procedimento, trasparenza e pubblicità .
Il primo rilievo della commissione è quello secondo cui l’elaborato « è gravemente insufficiente per travisamento della traccia in riferimento alla lettera c) della traccia ».
Secondo la lettera c) della traccia era intenzione del testatore « sostituire a Primo - in caso gli premuoia senza figli - la domestica Sempronia ».
La dottoressa M ha così formulato la disposizione:
«[…] sostituisco a Primo sotto la condizione sospensiva che egli premuoia senza figli la mia domestica Sempronia ».
La disposizione sarebbe stata formulata in perfetta coerenza con la natura giuridica che dottrina e giurisprudenza unanimemente riconoscono alla sostituzione quale disposizione sospensivamente condizionata alla mancata accettazione da parte dell’istituito o del legatario.
La commissione non avrebbe esplicitato le ragioni giuridiche del suo convincimento e, in ogni caso, avrebbe violato il criterio secondo cui « ogni soluzione compatibile con il testo della traccia e giuridicamente corretta sarà considerata positivamente purché adeguatamente motivata ».
L’appellante evidenzia altresì che altri candidati, ammessi, hanno formulato la sostituzione in identico modo (cfr. documenti 6, 7, 8 fascicolo T.A.R.) senza però evidenziarne la natura giuridica.
Il secondo rilievo reputa l’elaborato « gravemente insufficiente per incompletezza dell’atto in riferimento alla lettera f) della traccia ».
Secondo la lettera f) della traccia era intenzione del testatore « In ogni caso destinare l’immobile sito in Roma, Via Nomentana 1, caratterizzato da forte redditività, al mantenimento del figlio T, per tutta la durata della sua vita, designando quale gestore con pieni poteri compreso quello di alienare il bene stesso ove ritenuto conveniente o necessario - con il reinvestimento in altri beni immobili da assoggettarsi al medesimi vincolo - il fidato commercialista F, prevedendo che alla cessazione di tale vincolo: 1) l’immobile 2) o beni acquistati ovvero 3) quanto ricavato dall’eventuale alienazione, sia trasferito agli eredi del figlio T ».
La dottoressa M ha così formulato la disposizione:
« Costituisco in vincolo ai sensi e per gli effetti dell’art. 2645 ter c.c. l’immobile sito in Roma Via Nomentana 1, allo scopo di mantenere T per tutta la durata della sua vita. Designo quale gestore con pieni poteri compreso quello di alienare il bene stesso ove ritenuto conveniente o necessario con il reinvestimento in altri beni da assoggettarsi al medesimo vincolo – F ».
In altro elaborato valutato positivamente (doc. 6 fascicolo di primo grado) la disposizione è stata così espressa: « Destino, ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., l’immobile sito in Roma Via Nomentana 1 [segue descrizione con dati catastali e confini] al mantenimento del mio figlio disabile T, per l’intera durata della sua vita. Designo quale gestore del predetto vincolo di destinazione il mio fidato commercialista F (generalità) il quale avrà ampi poteri compreso quello di alienare il bene stesso, ove ritenuto conveniente o necessario nell’interesse del beneficiario, con il reinvestimento in beni immobili da assoggettarsi al medesimo vincolo ».
Entrambi i candidati (sia la ricorrente che l’altra candidata ammessa) non hanno disposto per il caso di cessazione del vincolo.
A dire dell’odierna appellante, si trattava di una soluzione obbligata, stante la natura e la funzione del vincolo, pena la violazione del disposto dell’art. 692