Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-08-22, n. 201805022

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-08-22, n. 201805022
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805022
Data del deposito : 22 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/08/2018

N. 05022/2018REG.PROV.COLL.

N. 03531/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3531 del 2018, proposto da
IVS Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A. Placidi s.r.l. in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;

contro



ASST

Santi Paolo e Carlo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M S M e D G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. D G V in Roma, largo del Nazareno nn. 8/11;

nei confronti

Gruppo Argenta s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Filippo Donati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilio De Cavalieri n. 11;
C.R.A.L del Presidio San Carlo Borromeo, A.O. Ospedale San Carlo Borromeo, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 00209/2018, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della

ASST

Santi Paolo e Carlo e del Gruppo Argenta s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2018 il Cons. E F e uditi per le parti gli Avvocati Attilio Biava su delega di R P, M S M e Filippo Donati;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

L’appellante IVS Italia s.p.a. si doleva, con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. Lombardia, della illegittimità del provvedimento con il quale l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Santi Paolo e Carlo aveva esteso il contratto stipulato con la controinteressata Gruppo Argenta s.p.a., avente ad oggetto il servizio di vending (ovvero, di vendita e somministrazione di prodotti alimentari e non per mezzo di distributori automatici) nell’ambito del plesso ospedaliero San Carlo di Milano, ricomprendendovi anche quello da espletare presso l’ospedale San Carlo, essenzialmente lamentando che l’Amministrazione, così facendo, aveva omesso di indire, ai fini dell’affidamento, una apposita gara, conseguentemente frustrando l’interesse partecipativo di cui essa, quale operatore del settore, era titolare.

Il T.A.R., nel respingere il ricorso, ha ritenuto che il modus operandi censurato dalla parte ricorrente trovasse idonea copertura legittimante nel disposto dell’art. 311, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 207/2010 (rubricato “Varianti introdotte dalla stazione appaltante” ed applicabile ratione temporis ), evidenziando, al fine di dimostrare la sussistenza dei relativi presupposti applicativi, che, da un lato, sebbene la l.r. n. 23/2015 (dalla quale traeva origine l’evento – rappresentato dalla unificazione delle preesistenti Aziende Ospedaliere San Carlo e San Paolo – giustificativo della “variante”) fosse stata promulgata dalla Regione Lombardia in data antecedente alla spedizione del bando con il quale la preesistente Azienda San Paolo aveva deciso di procedere all’affidamento tramite gara del servizio di vending presso il proprio plesso ospedaliero, la fusione tra le due aziende sanitarie era avvenuta, a mezzo di apposita deliberazione della Giunta regionale, in data successiva all’indizione della predetta gara, dall’altro lato, che nel caso di specie si era trattato, ai sensi della disposizione richiamata, della mera estensione di un contratto già stipulato e non della modificazione sostanziale dello stesso, previa rinegoziazione delle relative condizioni, atteso che “le differenze tra il contratto originario e quello oggetto di estensione (diversa durata e ridistribuzione delle macchine distributrici) sono da considerarsi marginali e conseguenziali rispetto al tipo di estensione effettuata”, trattandosi di “garantire a un nuovo soggetto giuridico lo stesso servizio già presente in uno dei suoi plessi nei limiti di quanto consentito dalla legge (un quinto) e non poteva dunque non corrispondere, ad un aumento del valore del contratto (peraltro compensato dalla minore durata dello stesso), una nuova collocazione fisica delle macchine di distribuzione utilizzate a tali fini”.

L’originaria ricorrente, ed odierna appellante, contesta la correttezza della conclusione reiettiva cui è pervenuto il giudice di primo grado, reiterando le doglianze originarie e censurando i motivi per i quali sono state giudicate infondate dal T.A.R..

Si sono costituite nel giudizio di appello, per resistere al gravame, la

ASST

Santi Paolo e Carlo e la società Gruppo Argenta s.p.a..

L’appello quindi, all’esito dell’udienza di discussione, è stato trattenuto dal collegio per la decisione di merito.

DIRITTO

Come si evince dalla sintetica ricostruzione che precede, l’impresa appellante si duole del fatto che l’Amministrazione appellata ha disposto l’affidamento diretto alla società gruppo Argenta s.p.a. del servizio di vending (ovvero di gestione dei distributori automatici di alimenti e bevande) relativamente al plesso ospedaliero San Carlo, sub specie di estensione della concessione avente ad oggetto il medesimo servizio presso il plesso ospedaliero San Paolo.

La parte appellante fa valere, in particolare, la qualità legittimante che le deriva dalla sua veste di operatore dello specifico settore di mercato cui inerisce la citata concessione, e lamenta che l’Amministrazione, mediante il provvedimento impugnato, ha sottratto il servizio affidato “in estensione” (del rapporto concessorio già in essere con la società controinteressata) al fisiologico e doveroso confronto concorrenziale tra tutte le imprese del settore interessate a parteciparvi.

Con la prima censura, intesa a dimostrare l’illegittimità del provvedimento oggetto del giudizio di primo grado, la parte appellante deduce che esso difetta della indicazione della norma legittimante la scelta operata.

La doglianza è infondata.

A prescindere dal fatto che, qualora il fondamento normativo del provvedimento impugnato, sebbene in esso non espressamente evidenziato, fosse comunque univocamente identificabile, la carenza lamentata degraderebbe ad omissione di carattere meramente formale e priva di valenza invalidante ( ex art. 21 octies l. n. 241/1990), deve osservarsi che la deliberazione impugnata, nel fare leva sulla possibilità, normativamente riconosciuta, di incremento del 20% del valore contrattuale della concessione già in essere, evoca chiaramente la fattispecie normativa di cui all’art. 311, comma 4, d.P.R. n. 207/2010 (astrattamente applicabile ratione temporis , essendo stata l’originaria concessione affidata nella vigenza della norma suindicata), ricalcandone ai fini motivazionali i tratti essenziali, con particolare riguardo alla previsione secondo cui “la stazione appaltante può chiedere all’esecutore una variazione in aumento o in diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza di un quinto del prezzo complessivo previsto dal contratto che l’esecutore è tenuto ad eseguire...”.

Premesso che la norma configura una “causa giustificativa” del mancato ricorso alla gara ai fini dell’affidamento del servizio, costituente oggetto di un precetto generale ed inderogabile che le Amministrazioni aggiudicatrici sono tenute indistintamente ad osservare, le ulteriori censure attoree sono essenzialmente protese a dimostrare l’insussistenza dei relativi presupposti applicativi ovvero l’erroneo esercizio del corrispondente potere fatto dall’Amministrazione appellata, a cominciare da quella diretta a sostenere la non configurabilità del fatto legittimante connesso, ex art. 311, comma 2, lett. a) d.P.R. n. 207/2010, alla strumentalità della variazione contrattuale al soddisfacimento di “esigenze derivanti da sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari”.

Sul punto, in particolare, la parte appellante deduce che il giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto che l’ aliquid novi normativo, atto a legittimare l’introdotta variante contrattuale, fosse ravvisabile nella delibera di Giunta Regionale n. X/4773 del 10 dicembre 2015, con la quale, nel quadro ed in esecuzione del programma riorganizzativo del sistema sanitario regionale delineato dalla l.r. Lombardia n. 23 dell’11 agosto 2015, si è proceduto alla costituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dell’

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi