Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-02-05, n. 202401152

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-02-05, n. 202401152
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401152
Data del deposito : 5 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/02/2024

N. 01152/2024REG.PROV.COLL.

N. 01619/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1619 del 2023, proposto da
Università Giustino Fortunato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G T, L A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Ministero dell'Università e della Ricerca, ANVUR - Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, Università degli Studi Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 09558/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Università e della Ricerca e di ANVUR - Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca e di Università degli Studi Roma La Sapienza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 novembre 2023 il Cons. M V e uditi per le parti gli avvocati G T, L A e l'avvocato dello Stato Monica De Vergori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

Avanti il giudice di prime cure, l’originaria ricorrente, odierna appellante, ha chiesto l’annullamento:

- del d.m. n. 1154 del 14 ottobre 2021, recante “ Decreto autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio ”, in parte qua;

- della delibera ANVUR n. 166 del 27 luglio 2021, recante “ Proposta di revisione del decreto ministeriale n. 6 del 7 gennaio 2019 ”, in parte qua;

- del decreto della Direzione Generale degli ordinamenti della formazione superiore e del diritto allo studio, Segretariato Generale, del MUR, n. 2711 del 22 novembre 2021, in parte qua;

- della delibera ANVUR n. 248 del 11 novembre 2021, richiamata nel D.D. n. 2711/2021;

- ove occorra, del d.m. n. 289 del 25 marzo 2021, concernente le Linee Generali di indirizzo della programmazione 2021-2023, in parte qua;

- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale;

Col ricorso in primo grado la parte ricorrente, Università telematica non statale, idonea alla erogazione della didattica a distanza, ha impugnato in parte qua il d.m. n. 1154/2021, con cui sono state dettate le disposizioni applicabili all’ “autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio” , nonché alla valutazione periodica delle Università, con riferimento alle Università statali e non statali legalmente riconosciute, ivi comprese le Università telematiche.

Come indicato all’art. 10, comma 1, del predetto decreto ministeriale, la nuova disciplina sostituisce quella prevista dal d.m. n. 6/2019, e successive modificazioni e integrazioni, a decorrere dall’offerta formativa dell’a.a. 2022/2023.

Si evince dagli atti di causa e risulta ampiamente richiamato nella sentenza impugnata che quest’ultimo aveva previsto, per le sole Università telematiche, un moltiplicatore per il calcolo della numerosità massima di studenti, da considerare ai fini del computo del numero minimo di docenti necessario per il rispetto dei requisiti di idoneità dell’offerta di docenza.

In caso di superamento delle numerosità massime indicate nell’allegato D del medesimo decreto, il numero di docenti di riferimento, comprendente anche i docenti a contratto e quello delle figure specialistiche aggiuntive, sarebbe stato incrementato in misura proporzionale al superamento delle soglie secondo un’apposita formula, mantenendo la quota minima prevista per i professori a tempo indeterminato nell’ambito dei docenti di riferimento.

Il nuovo decreto ministeriale impugnato, che ha sostituito al termine del triennio la disciplina introdotta nel 2019, ha eliminato il suddetto moltiplicatore e previsto, al contempo, un proporzionale aumento del numero dei docenti a tempo indeterminato per il caso di superamento della numerosità massima degli studenti.

Il TAR ha respinto il ricorso.

Premessa un’analitica, ampia e puntuale ricostruzione del quadro normativo di riferimento, la sentenza impugnata richiama in primo luogo l’assunto della ricorrente fondato sull’asserita parificazione che il nuovo d.m. n. 1154/2021 avrebbe comportato tra le Università telematiche e quelle convenzionali, modificando, come detto, la disciplina fino ad allora vigente per gli Atenei a distanza.

Tale tesi, anche alla luce della ricostruzione normativa, non è stata accolta.

Ha infatti argomentato il primo giudice che i requisiti di docenza, indicati nell’allegato A del d.m. impugnato, tengono conto della specificità delle Università telematiche, laddove diversificano il numero minimo di docenti in base alle differenti modalità di erogazione dei corsi, più basso di quasi il 30%, per i corsi di studio erogati prevalentemente o integralmente a distanza rispetto a quelli erogati in modalità convenzionale o mista.

A parità di tipologia di corsi di studio e di titoli di studio rilasciati al termine del corso di laurea, i requisiti di docenza richiesti per i corsi a distanza sono inferiori, argomenta la sentenza impugnata, proprio in ragione della raggiungibilità, attraverso la piattaforma didattica tecnologica, di un numero indefinito di studenti.

Ad avviso del giudice di prime cure, il decreto impugnato, pur modificando la più favorevole disciplina contenuta nel d.m. n. 6/2019, mantiene, in coerenza con la normativa primaria contenuta nel d. lgs. n. 19/2012, elementi di differenziazione fra Università convenzionali e telematiche.

Mentre non vi è stata alcuna modifica relativamente alla soglia minima di docenza riportata nell’allegato A, rispetto a quella fissata nei precedenti decreti ministeriali, evidenzia il TAR, quanto al meccanismo del moltiplicatore deve evidenziarsi che questo abbia rappresentato un’innovazione introdotta dal precedente d. m. n. 6/2019, in quanto né il d.m. n. 47/2013, né quello n. 987/2016 lo avevano mai contemplato.

In altre parole, ad avviso del primo giudice, l’eliminazione del moltiplicatore - in base al quale per tutti i corsi interamente o prevalentemente a distanza le numerosità massime di studenti andavano triplicate e la cui eliminazione per effetto del d.m. impugnato costituisce, nel complessivo assetto della nuova disciplina, l’elemento avente carattere maggiormente impattante per le Università telematiche - riconduce la disciplina a quella previgente all’adozione del d.m.. n. 6 /2019 che lo aveva introdotto, peraltro, su parere contrario dell’ANVUR.

La sentenza impugnata si sofferma poi sulla contestata modalità di computo del numero di studenti, osservando che il riferimento al «numero di iscritti per la prima volta nel corso», non rappresenta una novità introdotta con il decreto impugnato, essendo invece la modalità di calcolo prevista per i corsi a distanza fin dal d.m. n. 987/2016 e confermata anche nel d.m. 6/2019, la cui ratio va rintracciata proprio nella peculiarità dei corsi a distanza nei quali, diversamente dai corsi convenzionali, la prevalenza degli ingressi degli studenti si verifica in anni successivi al primo.

Il TAR non ha pertanto accolto la tesi di parte ricorrente circa l’asserito stravolgimento della disciplina delle Università telematiche recato dal d.m. impugnato.

Il giudice di prime cure non ha altresì ritenuta fondata la tesi di parte ricorrente volta a considerare ingiustificata la nuova disciplina dettata dal d.m. n. 1154/2021, per l’asserita assenza di mutamenti del quadro giuridico e fattuale sotteso al precedente decreto nonché per l’assenza di concertazione con le Università interessate.

Sul punto, il primo giudice ha richiamato la revisione periodica dei criteri di accreditamento, in attuazione di quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 19/2012, cui l’ANVUR deve provvedere ogni tre anni, quale fondamento dell’adozione del provvedimento impugnato, volto a tenere gli indicatori costantemente coerenti sia con le linee guida europee, destinate ad assicurare la qualità del sistema universitario, sia con gli obiettivi della programmazione universitaria triennale, tenendo conto degli esiti dell’attività di periodico monitoraggio.

Le modifiche apportate con il nuovo decreto non sono apparse nella sostanza al giudice di prime cure ingiustificate, ma trovano la loro ragione, secondo la sentenza impugnata, nell’intento di ricondurre l’offerta formativa delle Università telematiche a standard di qualità adeguati al cresciuto numero di studenti, senza che ciò sia risultato determinare alcun annullamento delle peculiarità delle Università telematiche.

Infine, la sentenza impugnata non ha accolto l’assunto di parte ricorrente che ha lamentato, diversamente da quanto asseritamente avvenuto in precedenza, il mancato coinvolgimento delle Università telematiche nell’adozione della nuova disciplina, tenuto conto che l’obbligo di tale coinvolgimento non risulta da alcuna fonte normativa.

Il TAR ha rigettato le doglianze relative al dedotto difetto di motivazione e all’assenza di elementi giustificativi delle modifiche apportate dal d.m.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi