Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-09-08, n. 201603825

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-09-08, n. 201603825
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201603825
Data del deposito : 8 settembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/09/2016

N. 03825/2016REG.PROV.COLL.

N. 09917/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9917 del 2014, proposto dai signori C C, Ciro D'E, Dario D'E, Davide D'E, N C, in proprio e quali eredi di Salvatore D’E nonchè M C V, Ciro D'E, Consiglia D'E, Giovanni D'E, in proprio e quali eredi di Bernardino D’E rappresentati e difesi dall'avvocato Massimo Sartorio D'Analista, con domicilio eletto presso l’avvocato S B in Roma, viale Regina Margherita 1;

contro

Comune di Grumo Nevano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio eletto presso l’avvocato G P in Roma, corso del Rinascimento, 11;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania – Napoli - Sezione V, n. 3802 dell’8 luglio 2014, resa tra le parti, concernente procedura espropriativa per la realizzazione di una scuola elementare di n. 12 aule.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Grumo Nevano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2016 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Vergara e Pasqualone (quest’ultimo su delega dell’avvocato Parisi);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I germani D’E Salvatore e D’E Bernardino (entrambi deceduti nelle more del giudizio di primo grado), proprietari dal 1979 di un terreno sito in Comune di Grumo Nevano (censito al catasto terreni al foglio 4 particella 1163, di mq 2106), impugnavano con ricorso proposto nell’anno 2006 innanzi al Tar della Campania sede di Napoli, gli atti relativi alla procedura espropriativa posta in essere dal suindicato Comune per la realizzazione di una scuola elementare che ha coinvolto in parte l’area di loro proprietà.

1.2 I predetti contestavano in particolare la legittimità, sotto vari profili, degli atti deliberativi comunali rispettivamente del luglio ed agosto del 1987 (recanti la localizzazione dell’opera pubblica in questione e l’approvazione del relativo progetto esecutivo), nonché la delibera consiliare n. 151/1988 (di fissazione del termine di inizio e di completamento dei lavori e delle espropriazioni) e, infine, i decreti emanati dal sindaco di Grumo Nevano (rispettivamente nel dicembre 1988, nel gennaio 1992 e nel gennaio 1994), recanti l’occupazione temporanea ed urgenza dell’area di proprietà dei ricorrenti, la proroga dell’occupazione temporanea e l’espropriazione della medesima.

1.3 L’adito Tribunale amministrativo, con sentenza n. 3802/2014, ha definito il relativo ricorso giurisdizionale respingendolo nel merito, dopo aver respinto esplicitamente l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla difesa comunale.

1.4 Avverso detto decisum hanno proposto appello gli eredi dei sigg.ri D’E come indicati in epigrafe, deducendo a sostegno del proposto gravame i seguenti motivi:

I) Violazione art. 13 legge n. 2359/1865 n. 2359, art. 1 legge n. 1/78 e art. 35 comma 3 legge regionale n. 51/1978, art. 14 legge n. 641/1967 e art. 10 legge n. 41271986 convertito in legge n. 48871986. Eccesso di potere. Violazione del giusto procedimento;

II) Violazione art.10 e art. 11 legge n. 865/1971. Violazione del principio della partecipazione;

III) Violazione art. 3 comma 4 legge n. 1/78;

IV) Violazione art. 20 legge n. 865/1971, artt. 35 e 37 legge n. 51719878. Eccesso di potere;
contraddittorietà con altro atto;

V) Violazione art. 13 legge n. 2359/1865, art. 1 legge n. 1/78 e art. 35 comma 3 legge regionale n. 51/1978, art. 14 legge n. 641/1967 e art. 10 legge n. 412/1975. Violazione art. 11 d.l. n. 318/1986 convertito in legge n. 488786. Eccesso di potere. Inesistenza dei presupposti. Violazione del giusto procedimento;

VI) violazione dei principi generali in materia espropriativa. Violazione legge n. 2359/1865, legge n. 86571971. Legge n. 1/78: violazione art. 97 Cost. e art. 1 legge n. 241/90;

VII) Riproposizione delle censure di illegittimità derivata assorbite in primo grado.

1.5. L’intimato comune di Grumo Nevano, dal canto suo, ha contestato la fondatezza dei motivi d’impugnazione sopra indicati ed ha proposto contestualmente appello incidentale avverso la sentenza n. 3802/2014 nella parte in cui non ha dichiarato irricevibile per tardività il ricorso di primo grado.

1.6. Le parti hanno poi prodotto memorie difensive ad ulteriore sviluppo delle loro tesi.

1.7. All’udienza pubblica del 16 giugno 2016 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Tanto premesso, seguendo la tassonomia propria delle questioni (in ossequio ai principi elaborati dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), deve in primo luogo essere vagliato l’appello incidentale del Comune di Grumo Nevano recante l’eccezione pregiudiziale di tardività del ricorso introduttivo, infruttuosamente dedotta in primo grado e riproposta in questa sede d’appello.

2.1 Sostiene in particolare l’appellante incidentale che il gravame di prime cure è tardivo in quanto l’opera pubblica cui era preordinata la procedura espropriativa in contestazione (un istituto scolastico) è stata realizzata nell’anno 2000 e fronte di ciò gli interessati si sono attivati per l’impugnazione solo nell’anno 2006, ben oltre quindi il termine decadenziale previsto per l’impugnativa della procedura ablatoria.

2.2. L’eccezione è fondata.

2.3. Relativamente al termine decadenziale per l’impugnativa giurisdizionale occorre fare riferimento, quanto al dato normativo, all’art. 21 l. TAR ( ratione temporis applicabile, oggi art. 41 del codice del processo amministrativo), secondo cui il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza alla P.A. che ha emesso l’atto impugnato entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza.

Sicché il termine per l’impugnazione di un atto amministrativo per il quale non vi è stata la notificazione o comunicazione, come nel caso all’esame, decorre dalla piena conoscenza dello stesso da parte dell’interessato.

Con riferimento alla fattispecie all’esame occorre procedere ad individuare il momento a partire del quale si è avuto “piena conoscenza” dell’atto lesivo ai fini del computo del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale onde dedurne la tardività o meno del gravame proposto.

Costituiscono principi acquisiti nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato quelli secondo cui:

a) la “piena conoscenza” coincide con la percezione dell’esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidenti la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l’attualità dell’interesse ad agire contro di esso;

b) la consapevolezza dell’esistenza del provvedimento unitamente alla sua lesività integra la sussistenza di una condizione dell’azione, rimuovendo in tal modo ogni ostacolo all’impugnazione dell’atto, determinandosi in tal modo la piena conoscenza indicata dalla norma (cfr. Cons. Stato Sez. IV 28/5/2012 n. 3159;
29/10/ 2015 n. 4945;
13/4/2016 n. 1459);

c) la prova della tardività del ricorso può essere data, da chi la eccepisce, anche mediante presunzioni semplici, specie ove sia trascorso un notevole lasso di tempo (come nel caso di specie), e il contenuto del provvedimento impugnato è rappresentato dall’apprensione del bene e dall’esecuzione di lavori (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 21/3/2016, n. 1135, resa in fattispecie simile).

Tornando al caso qui in discussione, è pacifico che la trasformazione del suolo dei ricorrenti è avvenuta per effetto della costruzione del progettato plesso scolastico nell’anno 2000, mentre il ricorso è stato notificato nell’anno 2006, sicché, in base al su illustrato dato fattuale appare evidente che l’avvenuta realizzazione dell’opera pubblica cui era finalizzata la procedura ablatoria ha consentito agli interessati di percepire all’epoca l’esistenza di atti amministrativi e la loro lesiva portata e comunque la consapevolezza della iniziativa amministrativa, di guisa che in capo agli stessi non poteva non insorgere a suo tempo (e cioè immediatamente dopo l’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica) l’onere precipuo ed inderogabile di gravare tempestivamente gli atti impugnati.

Senonché, nonostante tali circostanze, gli interessati solo a distanza di sei anni dalla intervenuta realizzazione dell’opera e a oltre dodici anni dall’adozione del decreto di esproprio (13 gennaio 1994) si sono opposti alla procedura ablatoria, nel che si invera la non tempestività del rimedio giurisdizionale attivato.

Se così non fosse, se cioè si volesse ancorare la decorrenza del termine impugnatorio ad una diversa, successiva data, significherebbe aggirare la regola legislativamente fissata della decadenza del termine di impugnazione a danno del principio della certezza e stabilizzazione delle situazioni giuridiche come conformate dall’azione della P.A.(cfr. Cons Stato Sez. IV n.1459/2016 già citata).

Di qui, dunque, la irricevibilità, per tardività, del ricorso di prime cure.

3. In forza di quanto sin qui esposto, l’appello incidentale va accolto, con riforma dell’impugnata sentenza, il che preclude l’esame dell’appello principale che diventa perciò improcedibile.

4. Nella novità e peculiarità della vicenda all’esame, il Collegio ravvisa, ex artt. 92 c.p.c. e 26 co. 1 c.p.a, eccezionali motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

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