Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-10-20, n. 202006346

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-10-20, n. 202006346
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006346
Data del deposito : 20 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/10/2020

N. 06346/2020REG.PROV.COLL.

N. 00356/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 356 del 2017, proposto dalla signora R P, rappresentata e difesa dall'avvocato E P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Adriana, n. 20;

contro

CRI - Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Toscana, sez. I, n. 1675 del 22 novembre 2016, concernente l’ottemperanza alla sentenza del Tribunale di Livorno – sezione lavoro - n. 613 del 2 agosto 2013.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Croce Rossa Italiana;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020, il consigliere Giuseppa Carluccio, nessuno presente per le parti.


FATTO e DIRITTO

1. Oggetto della presente controversia è l’appello proposto dalla signora R P avverso la sentenza del T.a.r. per la Toscana n. 1675 del 22 novembre 2016, che ha dichiarato improcedibile il ricorso promosso dalla stessa - contro l’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana, già Croce Rossa Italiana (CRI) - per l’ottemperanza della sentenza del giudice del lavoro di Livorno, n. 613 del 2 agosto 2013, passata in giudicato per effetto della ordinanza della Corte di appello di Firenze 14 ottobre 2014, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione della CRI.

1.1. L’appello è stato affidato ad un unico articolato motivo (da pagina 4 a pagina 8 del ricorso).

1.2. L’ESACRI (Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana) si è costituito, instando per il rigetto.

1.3. Con ordinanza n. 110 del 30 gennaio 2020, il Presidente della sezione, ritenutolo necessario al fine del decidere, ha disposto che le parti depositino << una relazione sui fatti di causa, specificando se vi sia stato il pagamento nel corso del secondo grado di giudizio >>.

1.3.1. L’ESACRI, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, il 20 febbraio 2020 ha depositato una relazione, con allegata documentazione, da cui risulta: a) la sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato in data 8 marzo 2016, con decorrenza giuridica dal 31 maggio 2008;
b) il riconoscimento delle differenze retributive, come liquidate dal Servizio Gestione Separata della CRI, con mandato di pagamento dell’8 settembre 2017 tramite bonifico bancario, per un importo di euro 57.547,28;
b) l’esclusione del compenso incentivante per il periodo di assenza dal servizio, dal 1° gennaio 2012 al 7 marzo 2016;
c) l’intervenuta prescrizione per il periodo dall’11 agosto 2003 al 31 dicembre 2010.

1.3.2. L’appellante, in adempimento della stessa ordinanza presidenziale, in data 2 marzo 2020, ha depositato “relazione” con la quale ha rilevato:

a) che dal 24 gennaio 2017 – data di deposito dell’appello – l’ESACRI non ha provveduto al pagamento di alcuna spettanza;

b) che dal 1° gennaio 2018 l’ESACRI è stato posto in liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell’art. 8, comma 2 del d.lgs. n. 178 del 2012, come modificato dal d.l. n. 148 del 2017, convertito dalla l. n. 172 del 2017;
c) che il credito vantato non è stato “ammesso nella massa passiva” dell’Ente.

1.4. L’ESACRI, in data 2 ottobre 2020 ha depositato memoria, con allegata la documentazione già prodotta in adempimento dell’ordinanza istruttoria.

1.6. Alla camera di consiglio dell’8 ottobre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Preliminarmente, va rilevata la tardività delle memoria depositata dall’ESACRI, per violazione dei termini dimidiati ai sensi degli artt. 73 e 87 c.p.a.

2.1. Mentre, per i documenti contestualmente depositati, perde di rilevanza la dichiarazione di inammissibilità del deposito tardivo, trattandosi di documenti già ritualmente depositati dall’Amministrazione in adempimento dell’ordinanza istruttoria.

3. La sentenza ottemperanda ha così statuito:

a) sulla base dell’art. 1, comma 519 della l. n. 296 del 2006 e della procedura avviata dalla CRI il 14 novembre 2007, ha riconosciuto alla dipendente il diritto alla assunzione a tempo indeterminato presso la CRI con la qualifica di appartenenza ai sensi del

CCNL

Enti Pubblici non economici, con decorrenza dal 31 maggio 2008;

b) ha condannato l’Ente a corrispondere le eventuali differenze retributive maturate dalla data di assunzione a tempo indeterminato, in relazione alla qualifica posseduta e al CCNL applicato, oltre accessori come per legge, dalla scadenza dei ratei mensili maturati sino al saldo.

3.1. Non è oggetto di contestazione che il contratto a tempo indeterminato è stato sottoscritto l’8 marzo 2016.

3.2. L’interessata, assumendo di non aver percepito le differenze retributive riconosciutele dalla sentenza civile, con il ricorso per l’ottemperanza del luglio-settembre 2016, ha chiesto la corresponsione da parte della CRI delle somme dovute dal 31 maggio 2008 al momento della sottoscrizione del contratto, quantificando in euro 154.395,86 le differenze retributive maturate nel periodo dal 1 gennaio 2010 al 7 marzo 2016, oltre l’importo di euro 5.445,78, asseritamene dovuto per assegni familiari e “bonus Renzi”.

4. La sentenza del T.a.r. oggetto del presente giudizio di appello ha fondato l’improcedibilità del ricorso sulle essenziali argomentazioni che seguono:

a) il Comitato dell’amministrazione resistente, con atto n. 67 del 23 settembre 2016, ha deliberato l’apertura della procedura concorsuale di liquidazione coatta amministrativa della gestione separata della CRI;
tanto in applicazione dell’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 178 del 2012, il quale ha istituito un’apposita gestione separata nella quale confluiscono “ i debiti la cui causa giuridica si sia verificata in data anteriore al 31 dicembre 2011 anche se accertata successivamente ”;

b) la pretesa creditoria della ricorrente ha la propria causa giuridica nell’avviso pubblico, datato 15 novembre 2007, per la stabilizzazione nei ruoli del personale a tempo determinato, e nei presupposti per la stipulazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, maturati nel maggio 2008, per effetto dell’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006;
infatti, il contratto stipulato dalle parti in data 8 marzo 2016 si richiama all’accertamento giudiziale del diritto all’assunzione decorrente dal 31 maggio 2008;

b1) le spettanze economiche maturate nel periodo intercorrente tra il 31 maggio 2008 ed il momento di sottoscrizione del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato trovano la propria causa giuridica in atti risalenti a prima del 2012, e quindi fanno parte della gestione separata prevista dal citato art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 178 del 2012, il quale preclude espressamente, sino alla conclusione della procedura concorsuale, l’esercizio di azioni esecutive o l’adozione di atti preordinati alla riscossione coattiva;

c) costituisce principio consolidato nella giurisprudenza quello secondo cui, in caso di assoggettamento dell’ente debitore alla liquidazione coatta amministrativa diretta ad ottenere l'accertamento ed il soddisfacimento di crediti, inclusi quelli derivanti da un rapporto di lavoro subordinato, l’azione di riscossione coattiva non è proponibile davanti all'autorità giudiziaria ordinaria, in quanto la pretesa creditizia deve essere fatta valere in via amministrativa dinanzi al commissario liquidatore, salvi restando il successivo intervento del giudice per eventuali opposizioni ed impugnazioni dello stato passivo ed il ricorso amministrativo previsto dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 178 del 2012;

c1) del resto, se ai singoli creditori fosse ammesso, in pendenza della liquidazione, di svolgere azioni esecutive individuali, verrebbe certamente a compromettersi l'efficacia dello strumento concorsuale diretto a far conseguire ad ogni creditore, e non ad uno solamente, il soddisfacimento del rispettivo credito, vanificando così l'esigenza posta alla base del principio della par condicio creditorum .

5. L’appellante, nel censurare la decisione di improcedibilità, sostiene:

a) che ha errato il primo giudice nell’interpretare l’art. 4, comma 2 cit. non avendo considerato che la procedura concorsuale speciale, disciplinata dai successivi commi, era stata avviata con una deliberazione del comitato dell’Ente (n. 67 del 3 settembre 2016) poi annullata in autotutela (con deliberazione n. 73 del 28 ottobre 2016);

a1) con la conseguenza che, non essendo stata avviata la procedura concorsuale, sarebbero possibili sulla base dell’art. 4 cit. – come concretamente avvenuto - periodici stati di ripartizione dei crediti dei lavoratori, quali crediti privilegiati, anche con l’intervento di commissari ad acta nominati dai tribunali amministrativi;

b) che, inoltre, la procedura delineata dall’art. 4 cit. non coincide con quella tipica di liquidazione coatta amministrativa, la quale prevede la sostituzione degli organi ordinari con quelli straordinari, ma costituisce una procedura sui generis avente finalità liquidatoria, gestita con modalità speciali dagli organi ordinari dell’Ente, titolari dei poteri attribuiti dalla legge e dallo Statuto se non derogati espressamente dall’art. 4, rispetto alla quale il rinvio al r.d. n. 267 del 1942 ha carattere solo residuale;

b1) con la conseguenza: - che si tratterebbe di una gestione sui generis nella forma della gestione separata ;
- non sarebbe necessario il commissario liquidatore e sarebbe possibile il pagamento dei crediti rientranti nella massa passiva mediante periodici stati di ripartizione prima di predisporre il riparto finale, nell’ambito del quale si potrebbe tener conto dei pagamenti avvenuti nel rispetto della par condicio;

c) che, sotto altro profilo, il debito sfuggirebbe alla preclusione temporale del 31 dicembre 2011, trattandosi di retribuzioni che maturano periodicamente e, quantomeno, le retribuzioni maturate dal 1° gennaio 2012 non rientrerebbero nella massa passiva della liquidazione.

6. L’appello è infondato e va rigettato.

6.1. Innanzitutto, nella articolata tesi dell’appellante, deve rilevarsi una contraddittorietà, oltre che una decisiva omissione.

6.1.1. Infatti, da un lato si mette in rilievo la specificità della procedura regolata dal d.lgs. n. 178 del 2012, per via: - della atipicità della attribuzione delle funzioni agli organi ordinari interni all’Ente e non ad organi straordinari, con conseguente erroneità della sentenza che richiama il Commissario liquidatore;
- dell’autoannullamento dell’avvio della procedura concorsuale;
- del richiamo solo residuale della disciplina propria della liquidazione coatta amministrativa di cui al r.d. n. 267 del 1942.

Dall’altro lato, tale tesi coesiste con la consapevolezza dell’appellante: - del dissesto storico dell’Ente;
- della esistenza della una gestione separata dei debiti pregressi come mezzo di risanamento con finalità liquidatoria di tale gestione. Inoltre, si sostiene come compatibile con tale procedura speciale per ripianare l’indebitamento pregresso il ripianamento dei crediti privilegiati tramite commissari ad acta nell’ambito del giudizio di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo, pur ammettendo il rispetto della par condicio tra tutti i creditori e la confluenza dei pagamenti avvenuti medio tempore nel riparto finale.

6.1.2. La insostenibilità della tesi dell’appellante, inoltre, riposa in modo decisivo sulla omessa considerazione della disposizione espressa, introdotta - quale ultimo periodo del comma 2 dell’art. 4 cit. - dall’art. 1, comma 397, lett. a), della l. n. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016.

A partire da tale data - nel cui periodo di decorrenza temporale ricade in pieno la fattispecie in esame, essendo stata l’azione esecutiva avviata nell’anno 2016 - è divenuta inequivocabile la preclusione, sino alla conclusione della speciale procedura concorsuale, dell’avvio e del proseguimento delle azioni esecutive individuali, per la riscossione coattiva di somme liquidate, ai sensi della normativa vigente in materia, rispetto a debiti la cui causa giuridica si fosse verificata in data anteriore al 31 dicembre 2011, anche se successivamente accertata.

Sino a tale data, nonostante a livello sistematico fosse sostenibile tale preclusione, per via di disposizioni espresse in tal senso emanate negli anni precedenti in riferimento ad analoghe procedure concorsuali speciali ai fini della tutela della par condicio tra i creditori (il riferimento è alla disciplina dettata in generale per gli enti locali e, con legislazione speciale, per Roma capitale), può storicamente spiegarsi la coesistenza di decisioni in sede di ottemperanza (richiamate dall’appellante), che hanno visto l’intervento di commissari ad acta per l’esecuzione coattiva individuale di crediti derivanti da sentenze del giudice del lavoro.

6.2. Si intende fare riferimento alle procedure concorsuali speciali presenti da tempo nell’ordinamento rispetto al dissesto dei Comuni, da ultimo regolate dall’art. 248, commi 2 e 4, e dall’art. 252, comma 4 del t.u. enti locali, nonché dall’art. 5, comma 2, del d.l. n. n. 80 del 2004, convertito dalla l. n. 140 del 2004. Ed inoltre, alle analoghe disposizioni vigenti per le obbligazioni rientranti nella gestione commissariale del Comune di Roma, quali l'art. 78 del d.l. n. 112 del 2008, convertito dalla l. n. 133 del 2008, nonché l’art. 4, comma 8- bis , ultimo periodo, del d.l. n. 2 del 2010, conv. con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 42 del 2010. Disposizioni, queste, sulla cui interpretazione sono intervenute numerose pronunce di questo Consiglio (da ultimo ed esemplificativamente, Ad. Plen. n. 15 del 2020, Cons. Stato n. 2141 del 2018) oltre all’avallo della Corte costituzionale, nella sentenza n. 154 del 2013, rispetto alla gestione commissariale del Comune di Roma. Secondo l’interpretazione uniforme della suddetta disciplina, dalla dichiarazione di dissesto è impedito ai singoli creditori di intraprendere o proseguire azioni esecutive per debiti rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione perché la liquidazione dei debiti è essenzialmente dominata dal principio della par condicio dei creditori, sicché la tutela della concorsualità comporta, in linea generale, l’inibitoria anche del ricorso di ottemperanza in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore.

6.3. La fattispecie all’esame del Collegio rientra nelle speciali previsioni con le quali il legislatore (d.lgs. n. 178 del 2012, sulla base della delega di cui all’art. 2 della l. n. 183 del 2010) ha perseguito una integrale rinnovazione dell’assetto della CRI mediante la trasformazione da ente di diritto pubblico a base associativa a persona giuridica di diritto privato, ancorché di interesse pubblico e ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario, unitamente al risanamento.

Intervento legislativo che trova il suo fondamento nel contesto di grave dissesto dell’Ente originario, proveniente da innumerevoli anni di gestione commissariale, ancora in atto al momento dell’emanazione del decreto legislativo. Circostanza, quest’ultima, che spiega il riferimento prioritariamente al “Commissario” e “successivamente” al “Presidente dell’Ente” quali organi interni della speciale procedura concorsuale, nello stesso art. 4 in argomento.

6.3.1. Al fine di realizzare la trasformazione della natura giuridica dell’ente, il decreto legislativo, anche attraverso successivi adattamenti, ha disposto un percorso graduale e transitorio, che passa attraverso l’istituzione di un Ente strumentale (art. 2), quale soggetto ponte volto a favorire il subentro della neoistituita Associazione al preesistente ente pubblico (art. 3), del quale – ai fini di nostro interesse – sono disciplinati contestualmente la liquidazione e i relativi rapporti giuridico-patrimoniali (art. 4).

6.3.2. In tale ottica, rilevano più dati normativi restati costanti dal 2012 ad oggi: - l’obiettivo del ripiano dell’indebitamente pregresso mediante procedura concorsuale;
- l’individuazione nella legge della data (quella del 31 dicembre 2011) cui ancorare l’atto o il fatto genetico dell’obbligazione per individuare i crediti imputabili alla procedura concorsuale;
- la previsione di una “gestione separata” nella quale confluiscono i predetti debiti e la massa attiva per il pagamento anche parziale dei debiti, mediante periodici stati di ripartizione, secondo i privilegi e le graduazioni previste dalla legge;
- il piano di riparto finale.

6.3.3. Mentre, altri dati normativi sono mutati per effetto di modifiche succedutesi nel tempo;
sintomatico della difficoltà di portare a termine la procedura e di pervenire alla liquidazione dell’ente strumentale, lo spostamento in avanti della data finale della procedura concorsuale dal gennaio 2014, al dicembre del 2015, al dicembre del 2017;
sino alla continuazione della procedura, a partire dal 1° gennaio 2018, con una nuova regolamentazione della stessa attraverso l’applicazione diretta – salvo le eccezioni espressamente previste – del titolo V del r.d. n. 267 del 1942 (art. 8, comma 2, come modificato dal d.l. n. 148 del 2017, convertito con modificazioni dalla l. n. 172 del 2017).

6.4. Rispetto alla fattispecie di interesse, rilevano due importanti modifiche nella disciplina della procedura di liquidazione della CRI.

6.4.1. La prima (della quale si è già detto perché completamente ignorata dalle argomentazione dell’appellante) è la disposizione espressa – introdotta, come ultimo periodo del comma 2 dell’art. 4 cit., dall’art. 1, comma 397, lett. a), della l. n. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016 – del divieto di inizio e prosecuzione delle azioni esecutive, rispetto a debiti antecedenti al 31 dicembre 2011, sino alla conclusione della procedura concorsuale.

6.4.2. La seconda è costituita dalla modifica dell’art. 8, comma 2 del d.lgs. n. 178 del 2012 ad opera del d.l. n. 148 del 2017 cit., meramente richiamata dall’appellante nella “relazione” in adempimento della ordinanza istruttoria. Con questo intervento di riforma, il legislatore ha chiuso, alla data del 31 dicembre 2017, la fase della “gestione separata” regolata con norme speciali, provvedendo alla contestuale abrogazione delle rispettive previsioni (art. 4, commi 3 e ss). Nel contempo, ha individuato la nuova disciplina generale nella liquidazione disciplinata dal r.d. n. 267 del 1942, ed ha attribuito ad organi interni all’Ente le funzioni del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza. Soprattutto, il legislatore ha posto un ponte tra vecchio e nuovo senza soluzione di continuità, prevedendo che la gestione separata si conclude con un atto di ricognizione della massa attiva e passiva, che confluiscono nella nuova procedura.

6.5. In conclusione il credito della ricorrente, la cui causa giuridica trova origine in data anteriore al 31 dicembre 2011, riconducibile per questo alla gestione separata e rispetto al quale, per espressa disposizione legislativa introdotta a partire dal 1° gennaio 2016, è inibita l’azione esecutiva individuale esercitata nello stesso anno, confluisce nella nuova procedura concorsuale.

7. Quanto alla censura dell’appellante, volta a sostenere la non ricomprensione del credito nella preclusione temporale del 31 dicembre 2011, trattandosi di retribuzioni maturate periodicamente, quantomeno a partire da quelle maturate dal 1° gennaio 2012, le argomentazioni del primo giudice (§ 4 lett. b) sono pienamente condivise dal Collegio, senza che possa avere alcun rilievo il loro accertamento successivo;
tanto più dopo l’interpretazione ampia del “fatto generatore” dell’obbligazione attratta nella gestione contabile speciale, fatta da ultimo dalla menzionata recente sentenza della Plenaria n. 15 del 2020 (alle cui ampie argomentazioni si rinvia).

8. Deve aggiungersi che nella fattispecie in esame non ricorre neanche l’unica deroga ammessa dalla giurisprudenza (Ad. plen. n. 4 del 1998, successivamente sez. IV, n. 2141 del 2018) - rispetto alla preclusione delle azioni esecutive nella speciale disciplina degli enti dissestati - costituita dalle azioni aventi un sostanziale contenuto di cognizione, come quelle volte alla quantificazione delle somme effettivamente dovute. Infatti, a fronte di un giudicato che ha condannato l’Ente a corrispondere le eventuali differenze retributive maturate dalla data di assunzione a tempo indeterminato, in relazione alla qualifica posseduta e al CCNL applicato, il ricorrente ed attuale appellante non ha avanzato alcuna domanda di accertamento.

9. Per mera completezza, resta da dire che, a fronte della mancanza di ogni specifica contestazione da parte dell’appellante in ordine all’avvenuto adempimento nel 2017, mediante il bonifico di oltre 57 mila euro, del quale riferisce analiticamente l’Ente (tramite ostensione di evidenze contabili), limitandosi l’appellante a dedurre l’assenza di ogni pagamento e a lamentarne il mancato inserimento nello stato passivo della procedura in corso, non residua alcuno spazio al giudice dell’esecuzione neanche rispetto a possibili poteri sollecitatori rivolti agli organi della procedura concorsuale (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. IV, n. 2141 del 2018).

10. In conclusione, sulla base delle argomentazioni che precedono, l’appello è infondato e va confermata la statuizione di improcedibilità del ricorso proposto dinanzi al T.a.r.

11. Le spese processuali del grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri indicati dal d.m. n. 55 del 2014 e dei criteri di cui all’art. 26 c.p.a.

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