Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-01-19, n. 201800332

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-01-19, n. 201800332
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800332
Data del deposito : 19 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/01/2018

N. 00332/2018REG.PROV.COLL.

N. 10474/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10474 del 2010, proposto da L S, rappresentata e difesa dagli avvocati F T e B T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato B T in Roma, via Cola di Rienzo 297;

contro

Comune di Briatico, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F T, M Z e E M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F T in Roma, largo Messico 7;

nei confronti di

F N e L G, rappresentati e difesi dall'avvocato A F', con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mario Esposito in Roma, via Lattanzio, 66;
F M non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO – Sez. II n. 00619/2010, resa tra le parti, concernente permesso di costruire senza piano attuativo in area parzialmente urbanizzata.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Briatico, di F N e di L G;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati F. Tigano su delega di F. Tassone, B. Tassone, F. Tedeschini, A. Fuscà.


FATTO e DIRITTO

1.La controversia riguarda un appezzamento di terreno - esteso circa mq 22.000, di proprietà del signor F M, sito nel Comune di Briatico, località Cocca Petrosa o Stazione in Briatico – che il proprietario ha frazionato in diversi lotti nel 2007. Vede contrapposti la proprietaria di un immobile confinante, sig.ra L S, il Comune, l’originario proprietario dell’intero terreno e i proprietari, acquirenti di uno dei lotti, coniugi, signori F N e L G.

2. I terreni in oggetto, ai sensi delle NTA (artt. 30, 62 e 63) del piano regolatore applicabile approvato nel 2003, rientrano in zona B2 - sottopartizione B2 (6) - e B3, residenziale di completamento.

2.1. Secondo le previsioni dei suddetti articoli:

a) sono zone territoriali omogenee di tipo B le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate a destinazione residenziale o turistica (art. 30);

b) sono considerate parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq (art. 30);

c) le zone residenziali di completamento, comprendono le aree a prevalenza residenziale, esistenti e/o in via di completamento, che non presentano particolari valori storici ambientali da salvaguardare (art. 62);

d) in tali zone “è ammesso di norma l’intervento diretto, al fine di avere una più organica sistemazione urbanistica ed edilizia di zone disarticolate, può, tuttavia, su deliberazione del Consiglio Comunale, rendersi necessaria la formazione di uno strumento urbanistico attuativo” (art. 62).

3. Nel 2008, il signor F M (d’ora in poi proprietario) ottenne un permesso di costruire (n. 9 del 9 giugno 2008, d’ora in poi primo permesso) relativo ad opere di urbanizzazione su una parte dell’area già frazionata, per la realizzazione di una strada carrabile interna di accesso ai diversi lotti, oltre che, secondo quanto risulta dal provvedimento in atti, per la realizzazione di collettori delle reti di servizi (fogna, acque bianche pluviali, rete idrica, gas, elettricità);
nello stesso documento si fa riferimento, probabilmente per mero refuso, all’art. 63 delle NTA e contemporaneamente alla zona B2;
comunque, il dato non ha rilievo ai nostri fini, atteso che, sia pure rispetto a zone di completamento turistiche e non residenziale, l’art. 63 prevede la stessa disciplina rispetto all’intervento diretto e alla possibilità, su decisione del Consiglio Comunale, del piano attuativo per le zone disarticolate.

3.1. Sempre nel 2008, i coniugi N, proprietari di uno dei lotti dopo il frazionamento, ottennero il permesso di costruire (n. 16 del 22 settembre 2008, d’ora in poi secondo permesso) per una casa unifamiliare.

4. Nel novembre del 2008, la sig.ra Santacroce (d’ora in poi vicina) ha proposto ricorso al T.a.r.

Ha chiesto l’annullamento dell’illegittimo diniego di accesso agli atti relativi al permesso rilasciato ai signori N;
ha impugnato entrambi i permessi di costruire, con molteplici motivi, ed il secondo, prima genericamente non avendo potuto conoscere gli atti per via del diniego di accesso, poi con motivi aggiunti, invocando l’illegittimità degli stessi sotto diversi profili ed anche in riferimento diretto alle norme di attuazione.

In quel processo si sono costituite tutte le parti.

5. Il T.a.r., con la sentenza specificata in epigrafe, ha così provveduto:

a) ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse quanto al diniego di accesso, per essere stati i documenti oramai prodotti in giudizio;

b) ha rigettato le eccezioni preliminari: I) di omessa notifica ad uno dei coniugi N;
II) di difetto di legittimazione ad agire della ricorrente, ritenendo sufficiente la qualità della stessa quale proprietaria di immobile sito nelle immediate vicinanze dell’area;
III) di tardività della proposizione dei motivi aggiunti concernenti il secondo permesso;

c) ha rigettato nel merito il ricorso, rilevando nel contempo profili di inammissibilità, con argomentazioni delle quali, per comodità espositiva, si darà conto nel prosieguo;

d) ha dichiarato assorbito alcune censure di dettaglio riferite ai permessi.

6. Avverso la suddetta sentenza, ha proposto appello la sig.ra Santacroce, articolando diciotto motivi di ricorso, così riproponendo interamente le censure avanzate in primo grado, anche mediante espressa riproposizione di quelle dichiarate assorbite. Ha depositato memorie, anche di replica.

6.1. Si sono costituiti il Comune di Briatico e i coniugi N;
il primo anche depositando memoria di costituzione con nuovo difensore, oltre che memorie, anche di replica.

F M non si è costituito.

7. Il presente appello è stato dichiarato perento con decreto presidenziale n. 997 del 2016 per inattività ultraquinquennale.

L’opposizione - proposta dall’appellante <<e notificata anche agli eredi di F M, deceduto (il 25 dicembre 2012) nelle more del processo di appello >>
- è stata accolta per difetto di comunicazione all’appellante dell’avviso di perenzione, con ordinanza n. 2062 del 5 maggio 2017, restata non contestata.

7.1. In esito è stata fissata l’udienza odierna per la trattazione

8. In via del tutto preliminare, il Collegio ritiene che non vi siano i presupposti per l’interruzione del processo per effetto della morte nelle more del processo di appello di F M, appellato non costituito.

8.1. L’evento della morte è stato segnalato dall’appellante nell’atto di opposizione al decreto di perenzione. Questi ha notificato l’atto all’appellato non costituito, già deceduto, presso la moglie;
ed inoltre, agli eredi singolarmente, quali potenziali controinteressati specificando <<se ritenuto necessario>>.

8.1.1. Ritiene il Collegio che la documentazione da parte dell’appellante della morte dell’appellato non costituito non sia idonea ad integrare i presupposti per l’interruzione del processo, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., applicabile al processo amministrativo ai sensi dell’art. 79, co 2 c.p.a., il quale per la disciplina dell’interruzione rinvia integralmente alle disposizioni del c.p.c.

8.2. In tale direzione rilevano le argomentazioni che seguono:

a) è applicabile ratione temporis (processo innanzi al T.a.r. del 2008) la formulazione originaria dell’art. 300, co. 4 c.p.c. e non la novella apportata con la l. n. 69 del 2009, la quale attribuisce rilievo anche all’evento interruttivo documentato dalla controparte, atteso che, sulla base delle disposizioni transitorie, quest’ultima si applica ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore;

b) secondo l’interpretazione consolidata della Corte di legittimità ( ex multis , Cass. civ. sez. 3, n. 24762 del 2007;
Cass. civ. sez. 2, n. 8755 del 2012), nel caso di morte della parte restata contumace, l’evento interruttivo va considerato come non avvenuto, qualora non sia stato portato a conoscenza nei modi stabiliti dall’art. 300, co. 4 c.p.c., attesa la tipicità dei mezzi di conoscenza previsti dalla norma, consistenti nella relazione di notifica di uno degli atti previsti dall’art. 292 c.p.c., che non consente l’automaticità dell’interruzione, né la possibilità di equipollenti, con la conseguenza che non spiega influenza la conoscenza acquisita aliunde ;

c) l’interpretazione si fonda sulla preordinazione della disciplina dell’interruzione alla tutela dell’interesse della parte colpita dall’evento o dei suoi aventi causa, con la conseguenza che solo costoro sono legittimati alla notifica dello stesso;

d) in senso concorde si è espressa la giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. Stato, sez. n. 4641 del 2011), secondo cui, << come ritiene la Suprema Corte di Cassazione (sez. III, 13 novembre 2009 n. 24025), le norme che disciplinano l'interruzione del processo sono preordinate alla tutela della parte colpita dal relativo evento, la quale è l'unica legittimata a dolersi della (eventualmente) irrituale continuazione del processo nonostante il verificarsi della causa interruttiva, con la conseguenza che la mancata interruzione del processo non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dall'altra parte come motivo di nullità. >>;

8.3. In conclusione, non ha rilievo la segnalazione dell’evento morte dell’appellato non costituito da parte dall’appellante, nell’atto di opposizione al decreto di perenzione;
né la notificazione dello stesso agli eredi personalmente, atteso che ai sensi dell’art. 85, co 3, c.p.a. l’opposizione va notificata a tutte le altri parti costituite (Cons. Stato, sez. V, n. 2608 del 2014).

9. Ai fini di delimitare l’ambito della decisione, va subito precisato che non sono più controverse, in mancanza di espressa riproposizione, la pronuncia in rito di improcedibilità e le eccezioni preliminari, espressamente rigettate dal primo giudice (cfr. § 5, lett. a) e b).

9.1. Non ha pregio l’eccezione, sollevata dall’appellante nella memoria del 13 aprile 2017, di tardiva costituzione del Comune con atto del 3 aprile del 2017. Infatti, il Comune, già ritualmente costituito, in tale data ha depositato atto di costituzione con nuovo difensore.

10. Al fine di rendere più linearmente comprensibile la materia controversa, si reputa opportuno enucleare le questioni affrontate dal primo giudice secondo un ordine di priorità logica, prescindendo dall’ordine espositivo dello stesso, dando contestualmente conto delle censure mosse dall’appellante e, quindi, delle ragioni della presente decisione.

10.1. In generale, quanto al ricorso in appello, va precisato che le censure, prospettate attraverso ben diciotto motivi, hanno al loro centro quelle che investono, sotto diversi profili, l’esistenza delle condizioni di urbanizzazione per l’intervento diretto (motivi primo, secondo, quarto e settimo), anche mediante censure rivolte al primo permesso concernente la strada (motivi, sesto e nono);
si snodano attraverso la denuncia della violazione del vincolo paesistico previsto dalla legge (motivi terzo, quinto e ottavo);
ripropongono i motivi di censura svolti in primo grado, partitamente rivolti al secondo permesso (motivi dal decimo a diciottesimo).

11. L’appello è meritevole di accoglimento nei termini di seguito precisati.

12. La sig.ra Santacroce, nell’impugnare i permessi di costruire in argomento dinanzi al primo giudice, ha dedotto, con articolata censura che è centrale nella materia controversa, l’assenza del carattere totalmente o parzialmente edificato della zona, rilevando che la stessa, per le sue caratteristiche: - I) avrebbe dovuto rientrare nella zona C (destinazione a nuovi interventi insediativi) e non nella zona B) dell’art. 30 delle NTA;
- II) che, comunque, assumendo l’esistenza di una parziale edificazione disorganica, sarebbe stato necessario un piano attuativo, previsto come possibilità rimessa alla decisione del Consiglio Comunale;
III) che si sarebbe dovuto tener conto del vincolo paesistico, trattandosi, per molta parte, di zona entro 300 metri dalla battigia. Per i profili sub II) e III), ha assunto l’illegittimità dei permessi sulla base del mancato esercizio da parte del Comune della possibilità di prevedere la formazione di uno strumento urbanistico attuativo, il quale, invece, sarebbe stato necessario a partire dallo stato dei luoghi.

12.1. Il T.a.r. - esplicitamente in alcuni passaggi motivazionali, implicitamente nel corpo dell’intera motivazione – ha affermato l’intangibilità delle NTA, non tempestivamente impugnate. Sotto altro profilo, ha ritenuto inammissibile, perché irrilevante ai fini del decidere, la previsione della possibilità per il Comune di deliberare la necessità di uno strumento attuativo posto che, data la riscontrata urbanizzazione dell’area, anche se fosse stato previsto dal Comune lo strumento attuativo i permessi sarebbe stati legittimi, essendo l’area in argomento già dotata di quegli indici richiesti dall’art. 12 t.u. edil.

Nel merito, con argomentazioni sparse nella sentenza, ha poi sostenuto la sussistenza dei presupposti per consentire l’intervento diretto ai sensi del suddetto art. 12.

Inoltre, ha escluso ogni rilievo alla violazione del vincolo paesaggistico ritenendo applicabile la deroga, prevista dall’art. 142, co. 2, lett. a) dell’art. 142, d.lgs n. 42 del 2004, secondo la quale il vincolo legale non si applica alle aree che, come nella specie, alla data del 6 settembre 1985, erano individuate negli strumenti urbanistici come zone territoriali omogenee A) e B).

12.2. La sentenza gravata è corretta nella parte in cui afferma l’intangibilità delle NTA, non tempestivamente impugnate. Con la conseguenza che l’appellante non può dolersi della mancata ricomprensione dell’area nella zona C), né della ricomprensione della stessa nella zona B).

12.2.1. Tale statuizione è conforme all’indirizzo giurisprudenziale consolidato, che il Collegio condivide, secondo il quale, in tema di disposizioni dirette a regolamentare l'uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa regionale, vanno distinte: a) le prescrizioni che, in via immediata, stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata (nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione, la destinazione di aree a soddisfare gli standard urbanistici, la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo);
b) le altre regole che, più in dettaglio, disciplinano l'esercizio dell'attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio (disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze, sull'osservanza di canoni estetici, sull'assolvimento di oneri procedimentali e documentali, regole tecniche sull'attività costruttiva, ecc.). Secondo il suddetto indirizzo, per le disposizioni appartenenti alla prima categoria s'impone, in relazione all'immediato effetto conformativo dello ius aedificandi dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio. Invece, le prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare destinate a regolare la futura attività edilizia, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo, possono essere oggetto di censura in occasione della sua impugnazione. ( ex multis , sez. IV, n. 5235 del 2015).

12.2.2. Principio applicabile anche in riferimento ai vicini - legittimati in presenza delle altre condizioni della vicinatas , in questa sede non più in discussione – che, come nella fattispecie, si assumano lesi per previsioni che riguardano la stessa zonizzazione dell’area impugnando i provvedimenti emanati sulla base delle NTA.

12.2.3. Conseguentemente, nella fattispecie, certamente non può essere in tal modo messa in discussione la mancata ricomprensione dell’area nella zona C) o la sua erronea ricomprensione nella zona B), rientrando tali previsioni nella prima categorizzazione.

12.3. A diverse conclusioni conduce, invece, la censura volta a rilevare il mancato esercizio da parte del Comune del potere, previsto nelle NTA, di deliberare per le zone B) uno strumento urbanistico attuativo al fine di avere una più organica sistemazione urbanistica ed edilizia di zone disarticolate, in alternativa all’intervento diretto reso possibile in via immediata dalle stesse disposizioni.

Solo il mancato esercizio di tale possibilità in una con il rilascio di permessi di costruire, infatti, rende concreta ed attuale la lesione del vicino che, assumendo esistente una zona solo parzialmente edificata, disarticolata, non compiutamente urbanizzata, in gran parte rientrante nel vincolo paesaggistico previsto dalla legge, vede cadere la possibilità che un piano attuativo tenga conto di tali esigenze;
ed assiste, invece, alla concessione di interventi diretti, il primo dei quali, per il suo stesso contenuto (cfr. § 3), avvalora propria la necessità del piano attuativo.

12.3.1. La suddetta argomentazione è idonea a togliere pregio alle argomentazioni del T.a.r., che ha ritenuto comunque irrilevante ai fini del decidere la previsione della possibilità per il Comune di deliberare la necessità di uno strumento attuativo sul presupposto che, data la riscontrata urbanizzazione dell’area e delle condizioni richieste dall’art. 12 t.u. edil., anche se il Comune avesse previsto lo strumento attuativo, l’intervento diretto sarebbe stato legittimo.

12.3.2. La stessa argomentazione fa assumere rilievo, ai fini della necessità del piano attuativo sulla base della situazione di fatto, alla qualificazione di zona parzialmente edificata come contenuta nelle NTA, e, nello stesso tempo, alla necessità di tener conto dei valori ambientali l’esistenza dei quali, secondo le stesse NTA, è ostativa alla ricomprensione delle aree con valori ambientali nelle zone residenziali di completamento.

12.4. Il primo giudice, con argomentazioni sparse nella sentenza, ha ritenuto la sussistenza dei presupposti di urbanizzazione dell’area idonei a consentire l’intervento diretto sulla base di argomentazioni così essenzialmente sintetizzabili:

a) la zona è inserita nel centro abitato, lontano dalle zone classificate C;

b) risulta dagli atti di causa che non c’è insufficienza di opere di urbanizzazione atteso che l’area, sottozona B2 (6), si sviluppa in gran parte lungo la strada comunale e, sul lato opposto a tale strada, si trova la sottozona B2 (7), intensamente edificata;

c) è vero che la sottozona è inedificata, per una percentuale superiore al 90%, tuttavia è prevista la possibilità dell’intervento diretto e le norme prescrivono indici e parametri per la realizzazione di nuove opere più contenuti di quelli della confinante sottozona B2 (7);

d) essendo consentito l’intervento diretto, è possibile presupporre, sino a prova contraria, l’esistenza di opere di urbanizzazione;

e) il frazionamento del 2007 e i provvedimenti impugnati non fanno emergere situazioni critiche o aspetti che possono ricondursi al denunciato carattere disarticolato della zona;

f) la circostanza che il permesso rilasciato ai coniugi N, per una abitazione su un lotto prospiciente la strada comunale, abbia ottenuto il nulla osta per l’allaccio di servizi, comprova l’esistenza di opere di urbanizzazione;

g) il Comune, nella memoria, assicura che sono in corso di realizzazione opere di urbanizzazione quali parcheggi, marciapiedi, viabilità e l’affermazione non è smentita dalla ricorrente;

h) sussistono, pertanto, i presupposti dell’art. 12, co. 2 t.u. edil per il rilascio dei permessi di costruire, atteso che, in mancanza della deliberazione comunale che preveda un piano attuativo, l’intervento diretto è consentito.

12.4.1. L’appellante, sottolineando in generale le erronee deduzioni del giudice, lamenta la sostituzione di convincimenti personali all’accertamento in concreto dello stato di urbanizzazione dell’area (sottozona B2 (6).

In particolare, rileva: a) l’erronea deduzione della esistenza delle fognature, della rete idrica, della rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, dai nulla osta per il permesso dei N, che, essendo prospiciente alla strada comunale frontale all’insediamento abitativo B2 (7), ben poteva usufruire delle opere ad esso relative;
b) l’aver dato rilievo alla urbanizzazione della contrapposta e diversa zona B2 (7), pacificamente ad alto insediamento abitativo;
c) la contraddizione nell’aver dato atto che l’inedificazione era superiore al 90%, e aver riconosciuto come urbanizzata l’area nonostante che per le aree parzialmente edificate le NTA, in conformità all’art. 2 del d.m. n. 1444 del 1968, prevedano che la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% della superficie della zona;
d) che la strada comunale costeggia l’area, mentre nessuna strada vi è all’interno, se si esclude quella di accesso ai lotti assentita con il primo permesso;
e) che proprio la realizzazione di una strada di collegamento tra i lotti frazionati è sintomatica, quantomeno, di una disarticolazione della zona e della necessità di un piano attuativo;
f) che la prossima realizzazione di altre opere di urbanizzazione (riqualificazione via della Stazione, con realizzazione di parcheggi, verde urbano ornamentale, marciapiedi e viabilità) era stata solo genericamente dedotta e non documentata dal Comune;
g) che non esistevano e non esistono opere che si possono qualificare come urbanizzazione primaria e manca ogni impegno del Comune di farsene carico;
h) che, pertanto, non vi erano le condizioni richieste dall’art. 12 t.u. edil. per la legittimità degli interventi diretti.

12.4.2. Le censure sono meritevoli di accoglimento.

In generale, va rilevato che il primo giudice ha fatto errata applicazione di un principio consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio, che il Collegio condivide.

Secondo tale principio, in presenza di una zona già urbanizzata, va esclusa la necessità dello strumento attuativo solo nei casi nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell'ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l'urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione. Ciò, in quanto l'esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4200 del 2013, ove numerosi riferimenti ulteriori, cui adde sez. V, n. 1177 del 2012).

12.4.2.1. Nella fattispecie, il giudice:

a) ha addirittura riconosciuto che l’inedificazione nella zona era superiore al 90%, nonostante per le aree parzialmente edificate le NTA, in conformità all’art. 2 del d.m. n. 1444 del 1968, prevedano che la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% della superficie della zona, dando, poi, rilievo alla urbanizzazione di altra area separata da una strada comunale;

b) ha erroneamente desunto l’esistenza di alcune opere di urbanizzazione primaria (collegamento alla rete dei servizi) solo dall’allaccio consentito per l’abitazione del secondo permesso, senza valutare la prossimità della stessa alla contrapposta zona urbanizzata;

c) erroneamente non ha dato rilievo alla mancanza nella zona di strade all’interno e alla circostanza che l’unica strada era stata assentita con il primo permesso all’originario proprietario dell’intera area, a dimostrazione della necessità di un piano attuativo (strada che risulta di proprietà privata dall’allegato allo stralcio del PRG;
mentre in causa non vi è traccia delle altre opere richiamate nel permesso, cfr. § 3);

e) per le altre opere di urbanizzazione, ha erroneamente dato rilievo al generico richiamo del Comune, non documentato, in ordine alla loro prossima realizzazione.

12.4.2.2. Pertanto, nella valutazione della congruità del grado di urbanizzazione di un’area al fine di sindacare la scelta dell’amministrazione di non prevedere uno strumento attuativo, il primo giudice non ha considerato l’esistenza di un’area, che egli stesso dice meno edificata di quanto sarebbe stato necessario per essere considerata parzialmente urbanizzata;
di un’area che, già per quanto risulta dalle cartine allegate al PRG, appare quantomeno disarticolata e priva di opere di urbanizzazione;
di un’area, pertanto, che avrebbe necessitato di un piano di attuazione per consentire l’ordinata crescita con opere di urbanizzazione.

Inoltre, in violazione dell’art. 12 cit. non ha considerato che il permesso è subordinato “alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria, le quali, ai sensi dell’art. art. 16, co 7 dello stesso t.u. edil., consistono in strade residenziali, spazi di sosta e parcheggio, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato, oltre che in fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, volendo ipotizzare la esistenza di queste ultime.

In definitiva, non ha considerato che la necessità di un piano attuativo può rendersi indispensabile quando s’invera un’ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad un situazione che esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all’abitato , riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona ( Cons. Stato, sez. IV, n.2592 del 2002). Tale evenienza può per esempio verificarsi allorché debba essere completato il sistema di viabilità secondaria nella zona o quando debba essere integrata l’urbanizzazione esistente garantendo il rispetto dei prescritti standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue già asservite all’edificazione (Cons. Stato, sez. IV, n. 26 del 2012).

12.5. Il T.a.r., come detto, ha escluso ogni rilievo alla violazione del vincolo paesaggistico per l’area riconosciuta come posta, in gran parte, entro ml 300 dalla battigia, ritenendo applicabile alla fattispecie la deroga, prevista dall’art. 142, co. 2, lett. a) dell’art. 142, d.lgs n. 42 del 2004, secondo la quale il vincolo legale non si applica alle aree che, alla data del 6 settembre 1985, erano individuate negli strumenti urbanistici come zone territoriali omogenee A) e B). Ha specificato che la zona era già B2, di completamento, nel piano regolatore vigente alla data del 6 settembre 1985.

12.5.1. L’appellante, nel sostenere che si sarebbe dovuto tener conto del vincolo paesistico, trattandosi, per molta parte, di zona entro 300 metri dalla battigia e, quindi, la necessità della formazione di uno strumento urbanistico attuativo, proprio a partire dallo stato dei luoghi, tanto più che, secondo le NTA, l’esistenza di valori ambientali è ostativa alla ricomprensione delle aree nelle zone residenziali di completamento, argomenta nel senso che la deroga prevista dell’art. 142 cit. vale solo rispetto a norme vigenti alla data del settembre 1985, non per quelle dirette a regolamentare l'uso del territorio le quali, pur reiterando la precedente previsione, risultino da una nuova manifestazione provvedimentale. Altrimenti, basterebbe la reiterazione di una disposizione dello strumento urbanistico per eludere la disposizione che delimita temporalmente la deroga.

12.5.2. La censura è fondata e va accolta.

Non è controverso che, almeno, una parte dell’area di interesse si trovi entro ml 300 dalla battigia, né che l’area fosse qualificata B2 già col precedente PRG, vigente alla data del 6 settembre 1985, e che tale qualificazione sia stata reiterata con il successivo PRG, applicabile alla controversia ratione temporis .

12.5.2.1. Ritiene il Collegio che sia corretta la tesi dell’appellante e non quella dei resistenti, secondo i quali si deve prescindere dalla rideterminazione dell’autorità risultando la deroga cristallizzata ad un dato tempo di entrata in vigore della legge dii tutela.

L’eccezione al vincolo ex lege vale solo a favore di quelle aree già indicate come zone territoriali omogenee A) e B) prima del 6 settembre 1985 (c.d. legge Galasso), per tener conto dell’esistente, e sino a che vige quello strumento urbanistico, così consentendo di portare a compimento una scelta già fatta al momento dell’entrata in vigore della legge Galasso;
non può valere nel caso di nuova determinazione dell’amministrazione nello stesso senso, evidentemente sul presupposto che la precedente non aveva avuto concreta o, comunque, completa attuazione.

In tal senso rileva: a) l’evidente ratio di tutela dei valori paesistici;
b) l’espressa previsione contenuta nella successiva lett. b) dello stesso comma, secondo la quale la deroga vale anche per le aree delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del d.m. n. 144 del 1968, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A) e B), limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, << a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate >>.

Inoltre, nella direzione di una interpretazione restrittiva appare orientata la giurisprudenza di questo Consiglio, secondo la quale non è consentito ai Comuni ampliare tale disciplina derogatoria (Cons. Stato, sez.VI, n. 2056 del 2010;
sez. IV, n. 929 del 2008, quest’ultima in riferimento alla necessità che le diverse previsione del Piano Paesaggistico Ambientale siano state concretamente realizzate.

13. In conseguenza dell’accoglimento delle censure generali suddette, restano assorbiti i motivi di appello che concernono partitamente il primo permesso relativo alla strada (sesto e nono), nonché quelli, concernenti il secondo permesso di costruire, riproposti con i motivi di appello dal decimo al diciottesimo.

14. In conclusione, l’appello è accolto nei termini precisati in motivazione;
in totale riforma della sentenza appellata, è accolto il ricorso proposto dinanzi al Tar e, per l’effetto, sono annullati i provvedimenti impugnati.

Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza per entrambi i gradi di giudizio.

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