Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-03-27, n. 201501626

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-03-27, n. 201501626
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201501626
Data del deposito : 27 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08785/2014 REG.RIC.

N. 01626/2015REG.PROV.COLL.

N. 08785/2014 REG.RIC.

N. 09125/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8785 del 2014, proposto dalla Provincia di Perugia, in persona del sindaco metropolitano, rappresentata e difesa dall'avvocato M R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G C in Roma, Via Cicerone n. 44;

contro

Ingegner D M, rappresentato e difeso dall'avv. Silvio Bozzi, con domicilio eletto presso Silvio Bozzi in Roma, viale Regina Margherita n. 1;

nei confronti di

Signori G G, F M, L V, M F, Michele Vagheggini, Alessandro Cantelli, Milena Solfiti, Marco Macuglia, Remigio Dolci, tutti non costituiti;
ingegner A O, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Augusto De Matteis e Marcello Cardi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 51;



sul ricorso numero di registro generale 9125 del 2014, proposto dall’ingegner A O, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Augusto De Matteis e Marcello Cardi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 51;

contro

Ingegner D M, come sopra rappresentato;

nei confronti di

Provincia di Perugia in persona del sindaco metropolitano, come sopra rappresentata;
signori L V, G G, F M, M F, Michele Vagheggini, Alessandro Cantelli, Milena Solfiti, Marco Macuglia, Remigio Dolci, tutti non costituiti;

per la riforma

quanto al ricorso n. 8785 del 2014:

della sentenza del T.A.R. Umbria - Perugia: Sezione I n. 00444/2014, resa tra le parti, concernente concorso pubblico per la copertura di 1 posto di dirigente - indirizzo tecnico informatico

quanto al ricorso n. 9125 del 2014:

della sentenza del T.A.R. Umbria - Perugia: Sezione I n. 00444/2014, resa tra le parti, concernente concorso pubblico per la copertura di 1 posto di dirigente - indirizzo tecnico informatico


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ingegner D M e dell’ingegner A O;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2015 il Consigliere C S e uditi per le parti gli avvocati M R, Silvio Bozzi e Francesco Augusto De Matteis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- La Provincia di Perugia, con determinazione dirigenziale n. 5089 del 24 maggio 2010, bandiva un concorso pubblico per la copertura di un posto da dirigente con indirizzo informatico, a tempo indeterminato e con rapporto di lavoro a tempo pieno.

L'art. 2, comma 1, n. 3 del bando di concorso richiedeva, ai fini dell'ammissione alla procedura, il possesso del "diploma di laurea in Informatica, Ingegneria informatica, Ingegneria elettronica indirizzo informatico o equipollenti, conseguita ai sensi del vecchio ordinamento …".

Al termine della fase selettiva la Provincia di Perugia, con determina n. 13548 del 27 dicembre 2010, approvava le operazioni della commissione giudicatrice e la graduatoria di merito finale che vedeva collocato al primo posto l'ing. A O con punti 79/90, al secondo posto l'ing. G G con punti 78/90, al terzo posto l'ing. D M con punti 77/90, al quarto posto l'ing. F M con punti 75/90 e al quinto posto l'ing. L V con punti 74/90.

L'amministrazione provinciale procedeva, conseguentemente, all'assunzione del vincitore ing. A O, con decorrenza 30 dicembre 2010.

2.- Avverso gli atti concorsuali l'ing. D M proponeva ricorso straordinario al Capo dello Stato e, a seguito dell'istanza dell'ing. O di trasposizione del giudizio ai sensi dell'art. 10 del D.P.R. n. 1199/1971, riassumeva il gravame innanzi al T.A.R. per l'Umbria (R.G. n. 301/2011).

2b.- Analoga iniziativa veniva intrapresa dall'ing. L V con ricorso al T.A.R. n. 105/2011 R.G., conclusosi con sentenza n. 443 depositata il 4 settembre 2014, oggetto di autonomo appello introdotto dalla provincia di Perugia innanzi al Consiglio di Stato con procedimento n. 8786/2014 R.G..

L'ing. D M articolava cinque motivi di doglianza e, in particolare, lamentava violazione degli articoli 2 e 10 del bando di concorso, in quanto la laurea in ingegneria elettronica posseduta dai canditati O e G (classificatisi rispettivamente al primo e al secondo posto della graduatoria finale), non avrebbe potuto essere equiparata a quella di ingegneria informatica richiesta nella lex specialis con la conseguenza che gli stessi avrebbero dovuto essere esclusi dalla partecipazione al concorso.

Con il secondo e terzo motivo l'ingegnere M lamentava violazione dell'art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 e dell'art. 35, comma 3, lettera a) del D.Lgs. n. 165/2001, censurando l'operato della commissione esaminatrice che aveva arbitrariamente deciso quali domande porre ai candidati, violando il principio di imparzialità e par condicio che impone il sorteggio delle domande per la prova orale nonché l'illegittimità del regolamento sull'ordinamento degli uffici e servizi della provincia di Perugia che non aveva previsto espressamente tale obbligo per le commissioni concorsuali.

Con il quarto e quinto motivo il ricorrente lamentava violazione dell'art. 6 del D.P.R. n. 487/1994 e dell'art. 35, comma 3, lettera a) del D.Lgs. n. 165/2001 in quanto la commissione esaminatrice non aveva consentito, ai candidati in attesa di sostenere il colloquio, di assistere allo svolgimento della prova orale. Sul punto deduceva, altresì, l'illegittimità del regolamento provinciale nella parte in cui non si prevedeva l'obbligo espresso per le commissioni concorsuali di procedere alle prove orali in seduta pubblica senza limitazioni di sorta.

2c.- Con distinti atti si costituivano in giudizio i due controinteressati, ingegneri A O e G G, che spiegavano ricorso incidentale, lamentando l'illegittimità dell'art. 2, comma 1 n. 3 del bando nella parte in cui la Provincia aveva richiesto, come requisito per l'ammissione al concorso, il diploma di laurea in ingegneria elettronica con "indirizzo informatico od equipollenti" conseguito ai sensi del "vecchio ordinamento".

Al riguardo i controinteressati, in possesso del diploma di laurea in ingegneria elettronica conseguito con il c.d. vecchio ordinamento, deducevano che la normativa antecedente alla riforma universitaria (D.P.R. 20 maggio 1989) applicabile ratione temporis, non prevedeva per il corso di laurea in ingegneria elettronica l'indirizzo informatico.

Si costituiva in giudizio la Provincia di Perugia che chiedeva di rigettare tutti i ricorsi come proposti.

3.- Il T.A.R, con ordinanza n. 509 del 24 ottobre 2013, ordinava al ricorrente principale l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i concorrenti collocati in graduatoria, entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento, avvenuta via p.e.c. in data 24 ottobre 2013.

L'ing. M provvedeva alla notifica del provvedimento e depositava l'atto di integrazione del contraddittorio in data 24 dicembre 2013, oltre la scadenza del termine assegnato (23 dicembre 2013). Tanto veniva eccepito dalle parti resistenti che chiedevano la declaratoria di improcedibilità del ricorso.

I controinteressati eccepivano, altresì, l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente principale, atteso che l'art. 16, comma 9, del D.L. n. 95/2012, nelle more intervenuto, aveva disposto il divieto di procedere ad assunzioni per le amministrazioni provinciali.

3b.- Il T.A.R. per l'Umbria, con sentenza n. 444 depositata il 4 settembre 2014: - rigettava le eccezioni di improcedibilità sollevate dai controinteressati;
- rigettava il primo motivo di ricorso principale (violazione lex specialis art. 2, comma 1, n. 3) e, contestualmente dichiarava improcedibili i ricorsi incidentali per difetto di interesse con riguardo alla asserita illegittimità della stessa disposizione normativa;
- rigettava gli altri motivi del ricorso principale;
- accoglieva il ricorso principale limitatamente al quarto motivo, concernente la violazione dell'art. 6 del D.P.R. n. 487/1994 e dell'art. 35, comma 3, lettera a) del D.Lgs. n. 165/2001, censurando l'operato della commissione giudicatrice che aveva precluso, ai candidati che non avevano sostenuto il colloquio, di assistere alle prove orali degli altri candidati.

Avverso la sentenza la Provincia di Perugia ha proposto appello.

Si è costituito in giudizio l'ing. A O che ha proposto appello incidentale.

Si è costituito, altresì, in giudizio l'ing. D M che ha chiesto di rigettare l'appello della Provincia e dell'ing. O ha proposto, a sua volta, appello incidentale improprio in relazione ai motivi del ricorso originario non accolti dal T.A.R.

All'udienza pubblica del 3 marzo 2015 la causa è stata assunta per la decisione.

DIRITTO

4.- La Provincia di Perugia e l'ing. A O hanno chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. avanzando sostanzialmente le medesime censure articolate su tre distinti motivi.

4b.- Con il primo motivo di appello essi lamentano violazione degli artt. 37, 35 comma 1 lettera c) e 49 comma 3, del cod. proc. amm..

Gli appellanti sostengono che in sede di originario ricorso l'ing. D M, non avendo provveduto al tempestivo deposito dell'atto di integrazione del contraddittorio, nel termine di 60 giorni stabilito nell'ordinanza del T.A.R. n. 509 del 23 ottobre 2013, sarebbe incorso nella sanzione di cui all'art. 49 comma 3, del cod. proc. amm. e nella conseguente improcedibilità del ricorso ai sensi dell'art. 35 comma 1 lettera c), del cod. proc. amm..

Gli appellanti assumono, inoltre, che il Tribunale avrebbe errato nel concedere al ricorrente ing. M il beneficio del c.d. errore scusabile, ex art. 37 cod. proc. amm., non essendo riscontrabili, nel caso di specie, i presupposti che consentono al giudice la rimessione in termini e cioè la "presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto".

Al riguardo, come già evidenziato, il T.A.R., con ordinanza n. 509 del 24 ottobre 2013, aveva ordinato al ricorrente di provvedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i concorrenti collocati in graduatoria, entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento avvenuta in data 24 ottobre 2013.

Conseguentemente, l'ing. M provvedeva alla notifica del provvedimento agli interessati e depositava l'atto di integrazione del contraddittorio in data 24 dicembre 2013, oltre la scadenza del termine assegnato (23 dicembre 2013), circostanza questa che veniva eccepita dalle parti resistenti che chiedevano la declaratoria di improcedibilità del ricorso.

Il T.A.R. respingeva, però, l'eccezione ritenendo, con articolata motivazione, che vi fosse spazio per riconoscere, d'ufficio, l'errore scusabile e ciò a termini dell'art. 37 del cod. proc. amm., che consente al giudice amministrativo di rilevare la tempestività dell'atto di integrazione del contraddittorio.

4c.- Orbene, il Collegio ritiene che, seppure nel termine di sessanta giorni assegnato dall'ordinanza n. 509 del 2013 poteva effettivamente intendersi che fosse ricompreso tanto l'adempimento della notifica che quello del deposito dell'atto, tuttavia deve riconoscersi che la disposizione di cui all'art. 49 del cod. proc. amm. sull'integrazione del contraddittorio si presta a qualche dubbio interpretativo, fatto proprio dalla giurisprudenza.

Il Collegio rileva che l'art. 49 cod. proc. amm., al comma 3, prevede che il giudice deve indicare il termine entro cui la parte interessata deve effettuare le notifiche alle parti da chiamare in causa, mentre solo per le conseguenze, previste dal precedente art. 35, la norma fa riferimento alla tardività sia della notifica degli atti che del relativo deposito.

La più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (Sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1063) ha evidenziato, al riguardo, che "discende da quanto sopra che l'ordinanza di integrazione del contraddittorio debba obbligatoriamente contenere il termine perentorio, entro cui effettuare le notifiche, ma non anche (o non necessariamente) il termine per il successivo deposito, essendo al riguardo dettata - nell'art. 45, comma 1, c.p.a. - la disposizione generale sopra riportata, che inequivocabilmente impone un termine di trenta giorni per il deposito degli atti notificati".

Quest'ultimo termine deve ritenersi, allora, per evidenti ragioni sistematiche, ed in mancanza di diversa indicazione ex officio nell'ordinanza emanata a tal fine, come indicazione di un omogeneo e generale regime normativo di rito da rispettare, direttamente inerente alla necessaria certezza di perfezionamento del rapporto processuale, esteso, verso soggetti altrimenti estranei, mediante l'integrazione del contraddittorio.

Alla luce di tali considerazioni, circa i termini procedurali da rispettare, deve condividersi, come evidenziato dal T.A.R. dell'Umbria, che le norme di interesse si prestano a dubbi interpretativi, per cui non possono che ritenersi sussistenti i presupposti per la concessione dell’errore scusabile, così come enucleati dall’adunanza plenaria di questo Consesso (Cons. St., Ad. Plen., 2 dicembre 2010 n. 3) e cioé l’oscurità del quadro normativo, le oscillazioni della giurisprudenza e il dettato non univoco della citata ordinanza del TAR dell'Umbria n. 509 del 24 ottobre 2013.

5.- Con un secondo motivo di censura gli appellanti eccepiscono l'improcedibilità del ricorso originario per difetto d’interesse, perchè, nelle more del giudizio, è entrato in vigore l'art. 16, comma 9, del decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012 che ha disposto il divieto per le province di effettuare nuove assunzioni.

Gli appellanti sostengono che, con l'intervenuto divieto di procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato, l'annullamento della graduatoria finale di merito produrrebbe come unico effetto quello di privare la Provincia del vincitore del concorso, senza alcuna possibilità per l'ing. M di essere assunto in luogo del titolare.

5b.- L'eccezione non può trovare accoglimento, atteso che, come evidenziato dal T.A.R., è da ritenere sempre sussistente l'interesse di un candidato, a impugnare una graduatoria al fine di ottenere una posizione migliore, anche nel caso in cui "il conseguimento della nomina si ponga per lui come dato meramente eventuale".

L'interesse a ricorrere sussiste, infatti, ogni qualvolta il giudicato si riveli meramente strumentale rispetto ad un'ulteriore attività dell'amministrazione dalla quale il ricorrente potrebbe conseguire un risultato positivo, anche se eventuale.

In tema di legittimazione processuale e interesse a ricorrere rileva, peraltro, oltre al vantaggio concreto ed eventuale, anche quello puramente morale che il ricorrente può perseguire con la propria impugnativa in esito all'annullamento del ricorso (Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 1848;
Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 805).

6.- Con il terzo motivo di censura gli appellanti lamentano l'erroneità della sentenza gravata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto illegittimo l'operato della commissione esaminatrice che ha precluso l'accesso ai candidati non ancora esaminati, all'aula di svolgimento della prova orale, con conseguente violazione del principio di pubblicità.

Gli appellanti sostengono che l'esigenza di precludere l'accesso ai soli candidati non esaminati era legittima, in quanto la commissione esaminatrice aveva stabilito di iniziare la prova con domande omogenee per tutti i concorrenti e, conseguentemente, la presenza di candidati in attesa di sostenere il colloquio, avrebbe potuto determinare dalle risposte altrui un vantaggio a loro favore.

6b.- Al riguardo, si osserva che le descritte modalità di svolgimento della prova in questione non possono non ritenersi illegittime, alla stregua delle più basilari regole di trasparenza, imparzialità e buon andamento da osservarsi in merito.

Di ciò è evidente espressione l'art. 6, comma 4, del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, secondo il quale "le prove orali devono svolgersi in un'aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione", nonché gli artt. 7 comma 5 e 16 comma 2, del d.PR. 27 marzo 2001 n. 220 secondo i quali la prova orale deve svolgersi in un'aula o sala aperta al pubblico.

E perché un'aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e quindi non soltanto a terzi estranei, ma anche e "soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti "(Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1722).

Ciascun candidato è titolare, infatti, di un interesse qualificato a presenziare alle prove degli altri candidati, al fine di verificare di persona il corretto operare della commissione.

A nulla rileva sostenere, come gli appellanti fanno, che la scelta operata dalla commissione sarebbe stata motivata dalla circostanza che i quesiti, pur essendo in numero pari a quello dei concorrenti (così da evitare che la stessa domanda fosse posta a due candidati), erano tra loro "strettamente interconnessi" e "l'ascolto delle risposte da parte degli altri concorrenti avrebbe comunque avvantaggiato questi ultimi in violazione della par condicio".

Tale assunto, oltre ad essere inconferente, non è condivisibile, atteso che le materie d'esame, per la loro ampiezza, ben consentivano di sottoporre domande sempre variate, ancorché di equivalente difficoltà tecnica.

7.- Con appello incidentale "improprio" l'ing. D M ripropone alcune delle doglianze avanzate con il ricorso originario e rigettate dal T.A.R.

L'ing. M, con un primo motivo, lamenta l'erroneità del capo n. 4 della sentenza del T.A.R. n. 444/2014, laddove il Tribunale ha ritenuto che la laurea in ingegneria elettronica, posseduta dai canditati ingegneri A O e G G, sia equiparabile a quella di ingegneria informatica richiesta dal bando di concorso.

L'ing. M sostiene che l'equiparazione delle lauree, seppur sancita dal D.P.R. n. 328 del 2001 che ha regolato l'accesso alla professione di ingegnere, non sarebbe prevista per l'ammissione ai pubblici concorsi.

7b.- Orbene, come evidenziato dal T.A.R. nella sentenza appellata, "sarebbe del tutto illogico ritenere che una equiparazione normativamente prevista per l'esercizio di una attività professionale non assuma alcun rilievo ai fini dei concorsi per l'assunzione a posti di pubblico impiego".

L'articolo 47 del D.P.R. n. 328 del 2001 sulla professione di ingegnere, per l'ammissione all'esame di Stato per il "settore dell'informazione" ai fini dell'iscrizione nell'albo professionale richiede, infatti, il possesso (tra le altre) della laurea specialistica in Ingegneria elettronica, equiparandola a tal fine ad Ingegneria informatica, ad Informatica e ad Ingegneria elettronica ad indirizzo informatico, lauree tutte indistintamente previste nel bando ai fini dell'ammissione al concorso.

L'equiparazione del titolo di studio posseduto dagli ingegneri O e G secondo il criterio dell'equipollenza di cui al D.P.R. n. 328/2001 è, quindi, da ritenersi legittima ed è, conseguentemente, conforme alle previsioni della lex specialis.

La circostanza che l'ing. O abbia sostenuto n. 6 esami ad indirizzo informatico nel suo ciclo universitario è, poi, un ulteriore elemento utile per poter comprendere quali siano i contenuti formativi del corso di laurea in questione.

Né questo assunto è smentito dal disposto del D.P.R. del 20 maggio 1989, atteso che, come il primo giudice ha evidenziato, detta norma inserisce nella stessa classe di corsi di laurea le due specializzazioni di ingegneria informatica ed ingegneria elettronica, riservando identico valore legale ai diplomi conseguiti nell'ambito della stessa classe.

Peraltro, l'ing. O si è laureato in ingegneria elettronica prima dell'entrata in vigore del D.P.R. 20 maggio 1989, che ridisciplinava corsi di laurea, specializzazioni e indirizzi con effetti successivi, mentre in precedenza, come nella fattispecie oggetto di trattazione, l'indirizzo del corso era determinato dal piano di studi sottoposto dallo studente all'approvazione dell'università, piano che doveva contenere un determinato numero di esami propri dell'indirizzo prescelto.

7c.- Con un secondo motivo di doglianza l'ing. M censura l'operato della commissione d'esame che, illegittimamente, non avrebbe effettuato il sorteggio delle domande da porre ai candidati per la prova orale, in violazione dell'art. 12 del D.P.R. n. 487 del 1994 e dell'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001.

7d.- Orbene, come chiarito dal TAR, il regolamento della Provincia di Perugia in materia di concorsi non ha previsto tale obbligo, né l'art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 costituisce norma di indirizzo per gli enti locali ai sensi dell'art. 18 bis dello stesso D.P.R..

Detto regolamento non è, pertanto, da ritenersi insufficiente, né illegittimo, anche perchè non pregiudica, ragionevolmente, la par condicio dei partecipanti al concorso.

8.- Per quanto ampiamente esposto si può prescindere, per carenza di interesse, dall'esaminare le doglianze dell'ing. A O, circa l'errata interpretazione o applicazione dell'art. 35, comma 1 lettera b) del cod. proc. amm. ed, in subordine, l'errata applicazione del D.M. n. 509/1999 e del D.I. del 9 luglio 2009, in relazione alle norme sull'ordinamento universitario ante riforma, nonché ai principi in materia di accesso ai concorsi pubblici, già avanzate in primo grado e dichiarate anche dal TAR dell'Umbria improcedibili per carenza di interesse.

9.- Conclusivamente l'appello principale va respinto e gli appelli incidentali vanno in parte respinti e in parte dichiarati improcedibili, come da motivazione.

Le spese del presente grado di giudizio, per le complessità interpretative, proprie dell’oggetto del contendere vanno compensate tra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi