Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-11-23, n. 201705469
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Testo completo
Pubblicato il 23/11/2017
N. 05469/2017REG.PROV.COLL.
N. 08210/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8210 del 2011, proposto dall’Autorità Portuale di Brindisi, in persona del legale rappresentante pro tempore , e dall’Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore , entrambi rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
contro
Bocca di GL s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Rodolfo Barsi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, n. 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE - SEZIONE I, n. 1093/2011, resa tra le parti, concernente una concessione demaniale marittima;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Bocca di GL;
Viste le memorie difensive;
Viste le ordinanze cautelari di questa Sezione, nn. 1148, 2246 e 4546 del 2009, e la n. 4904 del 2011;
Vista l’ordinanza collegiale istruttoria della Sezione n. 4988 del 2015;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 5 ottobre 2017 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Wally Ferrante, per la parte appellante, e l’avvocato Rodolfo Barsi per la società appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Viene in decisione l’appello proposto dalle Amministrazioni indicate in epigrafe contro la sentenza del TAR GL – sezione staccata di Lecce, n. 1093 del 2011, in tema di rideterminazione di un canone per concessione demaniale marittima, relativamente all’esercizio di un approdo turistico, per il periodo 2007 - 2009.
Con la sentenza impugnata, il giudice di primo grado ha disatteso l’eccezione delle Amministrazioni di difetto di giurisdizione, basata sul disposto di cui all’art. 5 della l. n. 1034 del 1971, rilevando (v. pag. 4 sent.) che la giurisdizione del giudice amministrativo sussiste anche quando la controversia concerne canoni, l’entità dei quali viene rideterminata in via unilaterale dalla P. A. in maniera tale da alterare in misura incisiva l’equilibrio sinallagmatico e da stravolgere l’assetto originario di interessi tra le parti, sicché nella specie viene a configurarsi non un mero aggiornamento del canone, ma una fattispecie modificativa degli elementi essenziali del rapporto instauratosi tra concedente e concessionaria, una nuova concessione, risultando stravolta la fisionomia del rapporto originario (quantunque in sentenza, a pag. 5, si precisi che viene in questione un atto che costituisce applicazione di una clausola di adeguamento della misura del canone a parametri stabiliti per legge – art. 1, comma 252, l. n. 296 del 2006 e soggiungendosi tuttavia che ciò fa venire meno la riconoscibilità del rapporto nei suoi tratti originari).
Nel merito, il TAR ha accolto il ricorso e l’atto di motivi aggiunti e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati (vale a dire il decreto del Presidente dell’Autorità Portuale n. 257 del 12 agosto 2008, e la nota dell’Autorità Portuale n. 2689 del 17 marzo 2009, entrambe di rideterminazione dei canoni per gli anni dal 2007 al 2009), rilevando preliminarmente che il canone di una concessione demaniale marittima non è solo il corrispettivo per il godimento e l’uso di un bene pubblico attribuito a un privato, ma è anche un elemento in grado di incidere in modo significativo sul calcolo della convenienza economica che l’operazione può avere per il concessionario; aggiungendo che la stima della redditività della gestione di un bene in regime di concessione è fortemente condizionata dalla possibilità di confidare, secondo ragionevolezza, su un aggiornamento graduale dell’entità del canone, che ponga il concessionario al riparo dal rischio di un impegno contrattuale imprevisto ed eccessivamente oneroso, consentendo all’interessato di compiere valutazioni adeguate sulla convenienza del rapporto, avuto anche riguardo alla durata della stessa (nella specie, 30 anni, a partire, a quanto consta, dal 2000); e considerando applicabile alla fattispecie l’art. 1623 cod. civ. , sulla disciplina delle notevoli modificazioni sopravvenute del rapporto di affitto.
In sentenza si afferma in particolare che in seguito all’incremento irragionevole del canone, aumentato in ‘misura esponenziale’ rispetto all’importo originario di 70 milioni di lire, pur in doverosa applicazione di norme di legge, si è verificata una significativa quanto imprevista alterazione dell’equilibrio tra le prestazioni dedotte nel rapporto contrattuale, sicché la concessione originaria non è più riconoscibile, ma cede il posto a un nuovo rapporto concessorio: dal che, l’obbligo di rinegoziazione delle condizioni economiche dell’uso del bene pubblico ovvero l’esercizio, al limite, della facoltà di recedere dal vincolo sorto in precedenza (al riguardo va però precisato sin d’ora che dagli atti – pag. 4 nota dell’Autorità Portuale 30 giugno 2015 - si ricava che si è passati da un canone complessivo di circa 70.000 € annui – e non di 70 milioni di lire - a circa 104.000 € per il 2007, riferiti a un’area demaniale marittima in concessione di circa 121.000 mq.).
2. Con l’appello, le Amministrazioni, nel dedurre, con il motivo sub 1), la violazione dell’art. 133, comma 1, lett. b) del c.p.a. – già art. 5, comma secondo, della l. n. 1034 del 1971 - insistono sul difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e sulla giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria, evidenziando come nel 2009 questa stessa Sezione, in sede di appello cautelare, si fosse espressa ripetutamente nel senso della non superabilità della questione pregiudiziale della giurisdizione sulla materia controversa, in modo coerente, del resto, con la giurisprudenza amministrativa – e della Cassazione, a Sezioni unite - in materia di spazi demaniali marittimi (v. da pag. 11 a pag. 17 ric. app.).
Si fa questione infatti, sostengono le Amministrazioni, di una applicazione erronea di parametri di legge stabiliti per la quantificazione e la debenza del canone demaniale.
Esse hanno dedotto che:
- viene in considerazione un atto meramente applicativo della nuova base di calcolo del canone, come predisposta dal citato art. 1, comma 252, della l. n. 296 del 2006, e non vi è dunque alcuno spazio per l’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Autorità Portuale;
- viene in rilievo unicamente l’attuazione della disciplina di cui ai comma 251 e seguenti della l. n. 296 del 2006, che s’inserisce nel ‘regolamento contrattuale’ ai sensi dell’art. 1339 cod. civ.;
- la controversia ha a oggetto unicamente la misura del corrispettivo contrattuale spettante al concessionario, e la pretesa a non vedersi assoggettati al pagamento di somme di denaro maggiori; l’atto impugnato in primo grado ha un contenuto