Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-05-16, n. 202203825

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-05-16, n. 202203825
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203825
Data del deposito : 16 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/05/2022

N. 03825/2022REG.PROV.COLL.

N. 02347/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2347 del 2018, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato O M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, n. 6;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Centrobanca Sf S.p.A. in persona del Legale Rappresentante Pro Tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

Unione di Banche Italiane S.p.A. (Ubi Banca), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Anna Baldini, Renzo Ristuccia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Renzo Ristuccia in Roma, piazza Cavour 17;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-/2018, resa tra le parti, concernente Per l'annullamento, PREVIA SOSPENSIONE degli effetti nella prossima Camera di Consiglio cui, sin d'ora, chiedo di poter partecipare, del Decreto del Ministero dello Sviluppo economico n.° B2/RD/9 del 22.10.2007, trasmesso alla società ricorrente mediante lettera raccomandata spedita il 27.11.2007 e ricevuta in data 29.11.2007, con il quale è stata disposta la revoca delle agevolazioni finanziare di cui alla l. n. 488/92 e successive modificazioni - prog. 79673/11 - CUP B97E02001150005.

Per l'annullamento, altresì, di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso a quello in Questa Sede gravato ed in particolare della nota di Centrobanca S.F. del 4.11.2004.

Con ogni effetto ed onere conseguente.

Con vittoria di spese e competenze difensive di giudizio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico e di Unione di Banche Italiane S.p.A. (Ubi Banca);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2022 il Cons. D P e uditi per le parti gli avvocati O M e Fabrizio Cataldo in sostituzione dell'avv. Anna Baldini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame il Ministero, la società odierna parte appellante, impugnava la sentenza n. 28 del 2018 del Tar Calabria, recante rigetto dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla stessa società per l’annullamento del decreto ministeriale n. B2/RD/9 del 22 ottobre 2007, di revoca di agevolazioni finanziarie.

All’esito del giudizio di primo grado il Tar respingeva il ricorso sia in relazione al motivo procedimentale, sia nel merito, ritenendo che l'Amministrazione abbia correttamente assunto il provvedimento di revoca, sulla base delle risultanze effettuate dal Comando Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressioni Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza e trasmesse all’Amministrazione con nota nr. 6106/2142/G.A.R.O./1^ del 19.07.2005.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:

- violazione degli artt.1, 2 c.p.a., violazione art.88 c.p.a., travisamento ed omessa considerazione dei fatti in quanto la decisione nel suo complesso sarebbe permeata da un giudizio strumentalmente negativo nei confronti della ricorrente;

- error in procedendo e in iudicando, omessa/incompleta pronuncia su dedotta violazione di legge, travisamento ed omessa considerazione dei fatti, omessa considerazione delle ragioni di diritto esposte nel ricorso, violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 l.241/90, violazione dell'art.3 c.p.a., motivazione inesistente, illogicità manifesta, omessa pronuncia su atti e fatti decisivi, in quanto il provvedimento di revoca delle agevolazioni è stato adottato a distanza di anni dalla comunicazione di avvio del procedimento;

- violazione e falsa applicazione dell'art.3 c.p.a, illegittimità della sentenza gravata per insufficienza e contraddittorietà della motivazione;

- error in procedendo e in iudicando sui presupposti di revoca, omessa considerazione di atti e documenti depositati, utili ai fini del decidere, omessa pronuncia su atti, elementi e documenti depositati, motivazione insufficiente, disparità di trattamento, violazione e falsa/mancata applicazione l.488/1992 e della circolare ministeriale 972064/2003, violazione e falsa 15 applicazione della circolare ministeriale 900315/2000 e dell’art.654 c.p.p., illogicità manifesta.

Il Ministero e la società appellati si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 12 maggio 2022 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. La controversia decisa dalla sentenza appellata ha ad oggetto l’iter procedimentale confluito nel decreto impugnato in via principale in prime cure, che va riassunto per l’esame dei motivi di appello.

2. La società appellante – che svolge attività di commercializzazione di motoveicoli, autoveicoli, imbarcazioni da diporto ed aeromobili – in data 30 giugno 2001 presentava, nell'ambito del PON "Sviluppo Imprenditoriale Locale 2000/2006", ex legge 488/92, un progetto - cui veniva assegnato il n.79673/11 - finalizzato alla realizzazione di uno stabilimento per la riparazione di macchine agricole, risultando in posizione utile nella graduatoria di riferimento per poter accedere alle agevolazioni richieste,

2.1 Sulla scorta delle modalità e delle procedure indicate al D.M. del 20.10.1995, n. 527 (c.d. Regolamento) ed al D.M. del 4.07.2000 n. 900315 (c.d. Circolare esplicativa), si giungeva all’esito positivo della prima fase istruttoria, per cui il Ministero appellato, con decreto n. 112065 del 12 febbraio 2002, concedeva in via provvisoria, a favore della stessa -OMISSIS- S.r.l., un contributo in conto impianti di €. 1.235.313,00 relativo ad un programma di investimento di €. 3.200.999,86, da erogarsi in tre quote di pari importo. A seguire, in data 4 novembre 2002, previa presentazione di una polizza fideiussoria rilasciata dalla Fondiaria SAI S.p.a., veniva erogata all’azienda la prima quota di contributo per complessivi €. 411.771,00. La quota era erogata per anticipazione, quindi ancor prima della realizzazione del corrispondente stato di avanzamento lavori, peraltro mai attestata né dalla banca istruttrice, né dal Ministero.

2.2 In data 11 dicembre 2003, la -OMISSIS- S.r.l. presentava la documentazione di spesa relativa allo stato di avanzamento lavori, facendo richiesta di erogazione anche della seconda quota di contributo. Tuttavia, la banca concessionaria, esaminata la documentazione trasmessa a corredo della richiesta di erogazione, rilevava, la presenza di carenze documentali e incongruenze ostative ad un giudizio positivo sullo stato di avanzamento asseritamente raggiunto e necessario;
in proposito, con lettera di Centrobanca alla -OMISSIS- S.r.l. datata 13 gennaio 2004 venivano richiesti chiarimenti ed integrazioni documentali. La stessa documentazione di spesa proveniente dalla -OMISSIS- veniva acquisita dalla Guardia di Finanza, anche in considerazione del fatto che presso la Procura della Repubblica di Cosenza veniva aperto nei confronti dell’Amministratore unico della Società e di altri (tra cui i fornitori) un procedimento penale, a seguito del quale veniva adottata l’ordinanza applicativa di misura cautelare (n. 5945/03) – prima della custodia in carcere, poi sostituita in data 15 lugliov2004 con la misura interdittiva n. 1013/2004, concernente il divieto di esercitare l’attività d’impresa od uffici direttivi delle persone giuridiche ed imprese. Tale ultima misura veniva accompagnata dal sequestro preventivo delle somme depositate sul sistema bancario, nella disponibilità degli indagati, nonché delle quote ed azioni relative alle società beneficiarie di agevolazioni pubbliche. Le ordinanze cautelari erano notificate al Ministero odierno appellato in data 7 settembre 2004.

2.3 Successivamente, con nota prot. n. 1019610 del 4 ottobre 2004 lo stesso Ministero dava avvio alla procedura di revoca del decreto di concessione provvisoria n. 112065 del 12.02.2002.

Nel corso del procedimento così avviato la società comunicava la revoca della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività d’impresa, Il Ministero acquisiva ex officio ulteriori aggiornamenti, sulla causa della revoca, cioè la decorrenza dei termini di durata;
permanevano invece le misure patrimoniali del sequestro preventivo. In data 3 novembre 2004 -OMISSIS- esercitava accesso agli atti, acquisendo copia della documentazione relativa alla fase prodromica all’ammissione all’agevolazione (domanda e relazione istruttoria).

2.4 Il Ministero acquisiva ulteriori aggiornamenti attraverso la nota in data 25.07.2005 della Guardia di Finanza - Nucleo per le repressioni delle Frodi Comunitarie, che dava conferma della permanenza del procedimento penale;
veniva altresì trasmessa, con nota n. 6106/2142/G.A.R.O./1^ del 19 luglio 2005 la scheda illustrativa redatta dal Nucleo Regionale P.T. della Guardia di Finanza di Catanzaro, ove s’indentificavano le irregolarità commesse dalla -OMISSIS-, per avere la stessa: “ - presentato alla Banca concessionaria documentazione mendace riguardante una lettera di referenze bancarie, datata 23.10.2001, “poiché finalizzata a far figurare requisiti (economici e finanziari) per l’accesso al finanziamento in realtà mai posseduti”;
- attestato, con dichiarazione del 02.12.2003, “un ammontare di investimenti sostenuti pari a € 2 .157.264,81, equivalente a circa il 67% della spesa ammissibile, mentre invece gli accertamenti eseguiti dimostravano che gli oneri di spesa effettivamente sostenuti potevano essere valutati nell’ordine di non più di €. 600.000,00”;
- “trasmesso alla banca concessionaria diverse fatture emesse a fronte di operazioni commerciali totalmente inesistenti per le quali erano state esibite copie di assegni che in realtà non sono risultati essere stati negoziati”;
- “esibito la perizia giurata attestante opere edili in realtà mai realizzate presso l’opificio oggetto delle agevolazioni
”.

2.5 Infine, il Ministero concludeva con il provvedimento di revoca D.M. n. B2/RC/9 157677, impugnato in primo grado, richiamando gli elementi predetti.

3. Così riassunta la fattispecie è possibile passare all’esame dei motivi di appello, che risultano destituiti di fondamento.

4. In primo luogo, vanno esaminati congiuntamente il primo ed il terzo motivo, con cui – in termini generici e quindi di per sé inammissibili e privi della necessaria concreta rilevanza - parte appellante lamenta che la decisione nel suo complesso sarebbe permeata da un giudizio strumentalmente negativo nei confronti della ricorrente, tanto da aver semplicemente richiamato gli elementi posti a base della revoca.

Invero, la decisione impugnata risulta accompagnata da una motivazione che, per quanto di condivisione del provvedimento impugnato e delle risultanze procedimentali ivi confluite, ha esaminato i vizi dedotti. Nessun giudizio di valore è ivi contenuto, essendosi limitato il Giudice di prime cure alla ripresa e condivisione degli elementi – alcuni di effettivo ed oggettivo disvalore - sottesi alla determinazione impugnata.

5. Con il secondo ordine di censure, viene contestata sotto diversi punti di vista la violazione delle garanzie partecipative derivanti dalla circostanza che il provvedimento di revoca delle agevolazioni è stato adottato a distanza di anni dalla comunicazione di avvio del procedimento.

5.1 La censura è infondata.

5.2 Premesso che i termini procedimentali hanno in generale natura ordinatoria, nel caso di specie se sul versante formale l’atto fondamentale per il rispetto delle garanzie in questione è stato adottato, con la conseguente messa in condizione della società di partecipare al procedimento, sul versante sostanziale non vi è discrepanza fra gli elementi che hanno giustificato l’avvio dell’iter con quelli posti a base della revoca.

5.3 Per ciò che concerne il versante di evocazione del termine per l’esercizio del potere di autotutela ex art. 21 nonies l. 241 del 1990, se la versione della norma che – post 2015 – ha introdotto un limite temporale al relativo esercizio non è all’evidenza applicabile ratione temporis alla presente fattispecie (dove il procedimento si è concluso nel 2007), in generale va ricordato come il termine di diciotto mesi, entro il quale l'amministrazione può adottare l'atto di autotutela, sia stato introdotto dalla modifica legislativa di cui alla l. n. 124 del 2015 e non trovi pertanto applicazione a provvedimenti di autotutela che si siano perfezionati prima dell'entrata in vigore dell'intervento normativo (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 28/03/2018, n.1956).

Inoltre, va ribadito che il nuovo termine dei diciotto mesi in esame non può applicarsi in via retroattiva, nel senso di computare anche il tempo decorso anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2015, atteso che tale esegesi, oltre a porsi in contrasto con il generale principio di irretroattività della legge (art. 11 preleggi), finirebbe per limitare in maniera eccessiva ed irragionevole l'esercizio del potere di autotutela amministrativa. Ne consegue che, rispetto a un titolo anteriore all'attuale versione dell'art. 21 nonies, il termine dei diciotto mesi non può che cominciare a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione. Ad ogni modo, quanto al rispetto del parametro della ragionevolezza del termine, la novella vale come prezioso indice ermeneutico ai fini dello scrutinio dell'osservanza di tale regola (cfr. Consiglio di Stato , sez. VI , 13/07/2017 , n. 3462).

5.3 Peraltro, in linea generale ed in termini dirimenti ai fini di causa, va ricordato come la giurisprudenza di questo Consiglio sia consolidata nel ritenere che la revoca del contributo pubblico costituisca un atto dovuto per l'Amministrazione concedente, che è tenuta a porre rimedio alle conseguenze sfavorevoli derivanti all'Erario per effetto di un'indebita erogazione di contributi pubblici quando risulti che il beneficio sia stato accordato in assenza dei presupposti di legge, essendo l'interesse pubblico all'adozione dell'atto in re ipsa quando ricorra un indebito esborso di danaro pubblico con vantaggio ingiustificato per il privato (cfr. Consiglio di Stato , sez. V , 22/07/2021 , n. 5519 e sez. II , 24/10/2019 , n. 7246).

6. Ciò impone di passare all’esame di parte del terzo e del quarto ed ultimo motivo, parimenti infondati, relativi alla sussistenza dei presupposti di revoca.

6.1 In proposito, il provvedimento risulta assistito da una serie di elementi – come supra richiamati – che, se da un lato le produzioni di parte non hanno smentito, dall’altro lato sostengono, in termini di pluralità ed autonomia nonché di gravità, l’esito adottato: documentazione mendace, riguardante in particolare una lettera di referenze bancarie;
aver attestato, investimenti di importo nettamente superiore a quelli accertati, attraverso la trasmissione di diverse fatture emesse a fronte di operazioni commerciali totalmente inesistenti;
aver esibito perizia giurata attestante opere edili in realtà mai realizzate presso l’opificio oggetto delle agevolazioni.

6.2 Tali elementi, risultano confermati, sia per l’insostenibilità degli argomenti spesi in giudizio, sia all’esito degli evocati processi penali.

6.2.1 Sul primo versante vanno condivise le repliche della difesa di parte appellata. In relazione alla lettera di referenze bancarie, anche volendo prescindere dal rilevato carattere inveritiero, è inammissibile l’invocazione di una prassi di carattere astrattamente fraudolento, quale quella di usare la medesima lettera di referenza per ottenere l’ammissibilità a finanziamento di diversi progetti. In relazione alle fatture, se per un verso il carattere di acconto appare indimostrato e comunque insufficiente, per un altro verso non vi è alcuna concreta prova dell’effettivo e tempestivo pagamento. In relazione, alla mancata realizzazione delle opere oggetto di perizia giurata, assume rilievo dirimente la mancanza di prova circa l’effettivo compimento, anzi la implicita conferma della carenza, che emerge laddove si sostiene la tesi della assenza di vincolo di destinazione dei finanziamenti.

In definitiva, acquisiti gli esiti sin qui esaminati, appare pienamente coerente ai principi ed alle norme applicate la revoca di un finanziamento ottenuto sulla base di documenti e comportamenti esecrabili;
il carattere limitato e pubblico di somme appartenenti alla collettività e per conto di questa affidate dalle autorità preposte attraverso una rigorosa procedura, rende in radice inammissibile l’erogazione a favore di progetti basati su documenti e comportamenti quali sono quelli accertati.

6.2.2 Sul secondo versante, in linea di diritto del tutto irrilevante è il richiamo all’art. 654 c.p.p., nei termini formulati da parte appellante, in assenza di un giudicato penale favorevole rispetto alle condotte ed ai soggetti interessati dal provvedimento impugnato in prime cure.

In generale va ribadito che ai sensi dell’art. 654 cit., l'efficacia del giudicato penale nei giudizi civili e amministrativi diversi da quelli di danno è limitata al solo accertamento dei fatti, non estendendosi alla loro qualificazione fatta dal giudice in sede penale, per cui l'autorità amministrativa può darne una diversa qualificazione giuridica (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7 gennaio 2021, n. 169).

Peraltro, anche nel merito l’analisi delle decisioni penali – nei termini condivisibilmente svolti dalla difesa di parte resistente - consente di verificare che risulta confermata la responsabilità penale ex art. 640 bis c.p. di G L, socio e legale rappresentante di -OMISSIS-, nonché, in concorso con lo stesso, dei fornitori di beni e servizi della stessa -OMISSIS-. I fatti risultano definitivamente accertati come penalmente rilevanti, pur con il riconoscimento finale dell’intervenuta prescrizione dei capi di reato. La sentenza di accertamento delle responsabilità e delle condotte, con approfondita valutazione, è stata espressamente resa dal giudice penale ai sensi dell’art. 578 c.p.c., al precipuo fine di consentire le ulteriori azioni civili. Il solo contenuto di assoluzione è reso nei riguardi dei dipendenti della Banca concessionaria, per essere emersi elementi di immediata innocenza (cfr. pagg. 34 ss.). Viceversa, con riguardo agli altri imputati, compreso G L, l’insussistenza del fatto è stata pronunciata solo ed esclusivamente per i capi di reato (nn. 16, 22, 24bis, 26, 32 E) ed F)) relativi alla 25 25 fattispecie di malversazione ex art. 316 bis c.p., e con specifico riferimento alla “Truffa -OMISSIS-” solo per la malversazione di cui al capo 32. Tale statuizione nasce dal fatto che il giudice penale ha ritenuto assorbita la fattispecie della malversazione nel più ampio reato di cui all’art. 640 bis c.p. (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) (cfr. pagg. 38 s.). Resta il dato che i fatti e le condotte contestate per la loro illiceità sono stati confermati e che gli stessi fatti sono stati giudicati definitivamente, quale fonte di responsabilità per il reato riconosciuto di valenza immediata e diretta rispetto alla tipologia di erogazioni oggetto di revoca con il provvedimento impugnato in prime cure, che risulta pertanto assistitito dai necessari presupposti.

7. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello appare infondato e va pertanto respinto.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti di entrambe le parti costituite. Nulla va disposto per le spese nei confronti delle parti non costituite.

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