Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-07-22, n. 202105519

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-07-22, n. 202105519
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105519
Data del deposito : 22 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/07/2021

N. 05519/2021REG.PROV.COLL.

N. 08930/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8930 del 2017, proposto da
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via M. Colonna n. 27;

contro

Itform S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati E S B, A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandro Orsini in Roma, via degli Scipioni, 256/B;
D.M.D. Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Mario Cioffi, domiciliato presso la Segreteria Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

nei confronti

S.A.I.P. Formazione S.r.l. non costituita in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00394/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Itform S.r.l. e di D.M.D. Italia S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 10 giugno 2021 il Cons. G L B e uditi per le parti gli avvocati Gentile e Cioffi, in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sezione staccata di Latina ha accolto i ricorsi riuniti proposti rispettivamente dalla Itform s.r.l. (ricorso n. 96/2017 R.G.) e dalla D.M.D. Italia s.r.l. (ricorso n. 99/2017 R.G.) contro la Regione Lazio per l’annullamento delle determinazioni della direzione regionale lavoro n. G13453 del 15 novembre 2016 e n. G14285 e G14287 del 1° dicembre 2016 e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente e, in particolare, della determinazione della direzione regionale lavoro n. G10908 del 27 settembre 2016 e per la condanna della Regione Lazio al risarcimento dei danni, nonché -il secondo ricorso- anche per l’annullamento dell’articolo 13, ultimo capoverso, dell’avviso pubblico “ Piani formativi di carattere aziendale territoriale e settoriale – formazione specialistica per soggetti occupati o in regime di ammortizzatori sociali ”.

1.1. I fatti e le vicende procedimentali sono esposti nella sentenza nei termini che seguono:

<< Le ricorrenti hanno partecipato quale soggetto attuatore in associazione temporanea di scopo all’avviso pubblico “Piani formativi di carattere aziendale territoriale e settoriale – formazione specialistica per soggetti occupati o in regime di ammortizzatori sociali” indetto dalla regione Lazio.

In particolare la Itform ha presentato in associazione con la Tre Esse Italia s.r.l. un progetto denominato “Aggiornamento professionale per la conduzione amministrativo – contabile applicata alla riscossione delle entrate degli enti locali”.

A sua volta la DMD Italia s.r.l. ha presentato in associazione con la Metropol s.r.l. un progetto denominato “Operatore della vigilanza e sicurezza a tutela di beni e persone”.

I progetti erano ammessi a finanziamento con determinazione regionale G13108 del 30 ottobre 2015 che approvava le relative graduatorie.

Costituite le previste associazioni temporanee di scopo, i progetti erano avviati nei primi mesi del 2016;
il progetto della Itform era concluso e di ciò era data comunicazione alla regione Lazio il 12 aprile 2016. Per il progetto della DMD Italia era invece previsto come termine il 28 marzo 2017.

Successivamente con determinazione G10908 del 27 settembre 2016 la regione Lazio, avendo acclarato delle irregolarità in sede di controlli a campione eseguiti nei confronti di alcune associazioni di imprese ammesse a finanziamento, sospendeva l’efficacia della delibera di approvazione delle graduatorie del 30 ottobre 2015 e avviava una verifica di tutte le proposte progettuali riservandosi la compilazione di una nuova graduatoria nel termine di 45 giorni e ordinando agli interessati di sospendere ogni attività in corso.

Quindi con determinazione n. G13453 del 15 novembre 2016 la regione approvava l’elenco dei progetti per i quali la verifica eseguita aveva dato esito positivo e l’elenco di quelli per i quali l’esito della verifica era stato negativo;
i progetti delle ricorrenti rientravano in quest’ultimo;
con successive determinazioni G14285 e G14287 del 1° dicembre 2016, infine, la regione confermava l’esclusione dei progetti delle ricorrenti ritenendo che esse fossero incorse nella violazione del punto 13 dell’avviso (secondo cui “non saranno considerate ammissibili e pertanto saranno respinte le domande in caso di una proposta presentata da un’ATI/ATS i cui componenti si trovino, rispetto ad altro partecipante, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 c.c. o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili a un unico centro decisionale”).
>>.

1.2. Il primo giudice, dopo aver indicato gli elementi posti a fondamento dei provvedimenti di esclusione e dato atto dei motivi dei due ricorsi, in gran parte coincidenti, salvo che per tre motivi ulteriori avanzati dalla D.M.D. Italia, ha riunito i ricorsi ed ha ritenuto fondate le censure comuni, concernenti la violazione delle garanzie procedimentali e dei principi in materia di procedimenti di riesame fissati dall’articolo 21 nonies della legge n. 241 del 1990.

Ha inoltre ritenuta indimostrata da parte dell’amministrazione regionale l’esistenza di un “unico centro decisionale”, ai sensi dell’art. 13, ultimo capoverso, dell’avviso pubblico (a mente del quale “ non saranno considerate ammissibili e pertanto saranno respinte le domande in caso di una proposta presentata da un’ATI/ATS i cui componenti si trovino, rispetto ad altro partecipante, in una situazione di cui all’articolo 2359 c.c. o in qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale ”).

1.3. Ha invece respinto i motivi proposti dalla sola D.M.D. Italia riguardanti la violazione dell’avviso pubblico, escludendo che la detta previsione dell’articolo 13 si riferisse alle sole mandanti, beneficiarie dei contributi per la formazione, e non anche alle mandatarie, come sostenuto dalla ricorrente.

1.4. Ha dichiarato assorbite le ulteriori censure ed ha annullato gli atti impugnati, respingendo tuttavia le domande risarcitorie, oltre che per la loro genericità, perché ha ritenuto che “ poiché per effetto dell’annullamento rivivono gli atti caducati dall’amministrazione, le ricorrenti riacquistano automaticamente il titolo a beneficiare delle sovvenzioni illo tempore loro riconosciute. Insomma l’annullamento degli atti impugnati appare pienamente satisfattivo, in forza dei normali effetti caducatorio e ripristinatorio, degli interessi delle due ricorrenti. ”.

1.5. Le spese processuali sono state poste a carico della Regione Lazio, secondo il principio della soccombenza e liquidate nell’importo di € 2.000,00 in favore di ciascuna delle due ricorrenti.

2. Avverso la sentenza la Regione Lazio ha avanzato appello con quattro motivi.

2.1. D.M.D. Italia e Itform si sono costituite in giudizio per resistere all’appello.

La D.M.D. Italia ha, inoltre, riproposto ai sensi dell’art. 101, secondo comma, Cod. proc. amm. le domande non accolte, dichiarate assorbite e non esaminate nella sentenza.

2.2. All’udienza del 10 giugno 2021 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie di tutte le parti e di repliche della Regione Lazio e di D.M.D. Italia.

3. I primi tre motivi di appello vanno trattati congiuntamente perché connessi, in quanto tutti riguardano asseriti vizi del procedimento.

3.1. Il primo motivo ( Sulla erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che nel procedimento di riesame non sono state rispettate le garanzie procedimentali – erronea interpretazione delle determinazioni dirigenziali nn. G10908 del 27 settembre 2017 e G13453 del 15 novembre 2017 – violazione ed erronea interpretazione dell’art. 7 comma 2 della L. n. 241/1990 ) critica l’accoglimento della censura delle ricorrenti secondo cui l’amministrazione regionale non avrebbe loro partecipato le risultanze del riesame, impendendone il necessario apporto procedimentale.

3.1.1. Il Tribunale amministrativo regionale ha riconosciuto che la Regione, con la determinazione del 27 settembre 2016, ha dato comunicazione ai partecipanti alla procedura dell’avvio del riesame, ma ha ritenuto rilevante la mancata contestazione delle risultanze di tale riesame;
in particolare, con riguardo alle ricorrenti ha affermato che << non sono state loro comunicate le risultanze dei riscontri eseguiti affinché esse potessero fornire chiarimenti e controdeduzioni;
in altri termini la regione non ha contestato alle ricorrenti di ritenere che i “legami societari” riscontrati integrassero gli estremi dell’unico centro decisionale con conseguente sussumibilità della fattispecie nella previsione dell’articolo 13 dell’avviso pubblico
>>, aggiungendo che l’apporto delle società non si sarebbe potuto considerare inutile, potendo esse fornire elementi atti a chiarire la concreta situazione di fatto e i rapporti tra i soggetti coinvolti.

3.1.2. La Regione appellante obietta che la determinazione del 27 settembre 2016 n. G10908 era invece adeguatamente motivata e comunque rispondente a quanto previsto nell’avviso pubblico in merito al riesame di tutte le proposte progettuali ammesse a finanziamento ed al presupposto per esercitare il potere di sospensione dell’esecutività dei precedenti provvedimenti, ossia la ricorrenza dei gravi motivi richiesti dall’art. 21 quater , comma 2, della legge n. 241 del 1990.

Aggiunge che, in ogni caso, con la determinazione n. G13452 del 15 novembre 2016 la Regione aveva reso note alle ricorrenti le ragioni dell’esclusione rinviando ad un successivo atto la puntualizzazione delle stesse, poi avvenuta con le determinazioni n. G14285/16 e n. G14287/16 del 1° dicembre 2016, di modo che sarebbe evidente che il primo provvedimento aveva solo natura interlocutoria finalizzata proprio a consentire alle interessate di prendere posizione sulle ragioni dell’esclusione e di interloquire con l’amministrazione.

3.2. Il secondo motivo ( Sull’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto carente la motivazione in ordine al profilo della comparazione tra interesse pubblico e privato al mantenimento delle provvidenze ottenute – erronea interpretazione dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 ) critica l’affermazione della sentenza secondo cui “ risulta … del tutto carente la motivazione dell’atto in ordine al profilo della comparazione tra interesse pubblico e interesse privato al mantenimento delle provvidenze ottenute ”, perché i provvedimenti di ritiro si sono soffermati sugli elementi raccolti in merito alla sussistenza dell’<<unico centro decisionale>>, ma difettano della comparazione degli opposti interessi.

3.2.1. Il Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto che tale comparazione sarebbe stata necessaria perché il ritiro degli atti influisce, oltre che sulla situazione delle società “formatrici”, cui è imputata la violazione dell’art. 13, anche sulle società beneficiarie della formazione e sui loro dipendenti, estranei alla violazione.

3.2.2. La Regione appellante obietta che, con i provvedimenti impugnati, si sarebbe limitata ad approvare le risultanze istruttorie del controllo di legittimità, correttezza e regolarità amministrativa concernenti la proposta progettuale in questione, dando legittima attuazione all’art. 4 della convenzione di concessione del finanziamento, con cui l’amministrazione si era riservata di effettuare verifiche e controlli in qualunque momento, anche successivo alla chiusura dell’intervento. Pertanto, ad avviso dell’amministrazione regionale, il recupero dei finanziamenti erogati si presentava come doveroso non necessitando di una motivazione specifica sul prevalente interesse pubblico.

L’appellante aggiunge che, comunque, la comparazione sarebbe stata contenuta nella determinazione dirigenziale del 27 settembre 2016, n. G10908.

3.3. Il terzo motivo ( Sull’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente la violazione del termine ragionevole – erronea interpretazione dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 ) critica la statuizione del primo giudice secondo cui l’amministrazione avrebbe violato il termine “ragionevole” dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, tenuto conto del fatto che l’annullamento è basato su documentazione di cui la Regione era in possesso sin dall’inizio del procedimento.

3.3.1. La Regione appellante osserva che il termine di diciotto mesi è stato rispettato, considerato che l’approvazione della graduatoria è stata disposta con la determinazione n. G13108 del 30 ottobre 2015 e i provvedimenti di esclusione sono stati adottati con le determinazioni del 1° dicembre 2016.

Quanto al rilievo basato sulla circostanza che i documenti erano già nel possesso dell’amministrazione regionale, questa obietta di aver posto in essere un’attività di riesame doverosa a fronte di varie irregolarità emerse nei controlli a campione.

4. I motivi sono fondati.

S’impongono al riguardo le seguenti due premesse:

- la prima attiene al contenuto dell’avviso pubblico, specificamente agli artt. 19 (secondo cui “ La Regione svolgerà verifiche e controlli in qualunque momento e fase della realizzazione degli interventi ammessi al finanziamento secondo quanto previsto dalla vigente normativa in merito… Il soggetto beneficiario del finanziamento avrà altresì l'obbligo di rendersi disponibile, fino a 10 (dieci) anni dall’erogazione del contributo, a qualsivoglia richiesta di controlli, di informazioni, di dati, di documenti, di attestazioni o dichiarazioni, da rilasciarsi eventualmente anche dai fornitori di servizi ”) e 13 (“ Il soggetto sarà ritenuto responsabile, ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000, della correttezza e della veridicità delle dichiarazioni rilasciate, sia in sede di domanda che per tutto l’arco temporale di durata del rapporto concessorio del finanziamento ”), in forza dei quali la Regione Lazio ha operato eseguendo dapprima controlli a campione e poi verifiche e controlli che hanno riguardato indistintamente tutti i soggetti beneficiari del finanziamento;

- la seconda attiene all’iter procedimentale seguito nel compimento delle verifiche sui partecipanti alla procedura inseriti nella graduatoria precedentemente approvata: i controlli a campione svolti nei confronti di alcune associazioni di imprese ammesse a finanziamento hanno fatto emergere delle irregolarità che hanno legittimato il provvedimento di sospensione dell’efficacia della delibera di approvazione della graduatoria adottato con la determinazione G10908 del 27 settembre 2016. Il provvedimento di sospensione è conforme alle suddette previsioni dell’avviso pubblico ed ai presupposti richiesti dall’art. 21 quater della legge n. 241 del 1990, sia quanto alla sussistenza delle gravi ragioni che quanto al termine di 45 giorni per l’esecuzione delle verifiche, ivi fissato, in quanto “strettamente necessario” alla compilazione della nuova graduatoria;
ancora, esso individuava gli adempimenti a carico dei destinatari mettendoli a conoscenza dell’attività di verifica in via di espletamento e concludendo che “ Tale comunicazione equivale, ad ogni effetto di legge, ad avvenuta conoscenza dell’atto e comporta, per il destinatario, l’obbligo di conformarsi a quanto viene in questa sede disposto ”.

4.1. Ciò premesso, va evidenziato che la successiva determinazione n.G13453 del 15 novembre 2016 (con la quale sono stati approvati gli elenchi riguardanti rispettivamente i progetti per i quali la verifica aveva dato esito positivo e quelli per i quali la verifica aveva dato esito negativo) conteneva l’indicazione delle ragioni dell’esclusione delle ricorrenti, facendo esplicito ed inequivoco riferimento all’art. 13, ultimo capoverso, dell’avviso pubblico. Il contenuto di quest’ultimo provvedimento, considerato unitamente al contenuto del precedente provvedimento di sospensione, è idoneo a rendere noto alle società interessate l’avvio del procedimento di ritiro dell’ammissione a finanziamento ed a consentire loro di prendere posizione sulle ragioni della preannunciata esclusione ed interloquire con l’amministrazione in merito alla sussistenza o meno di collegamenti societari rilevanti quali causa di non ammissione ai finanziamenti. Ciò trova riscontro nel fatto che la determinazione del 15 novembre 2016 anticipava expressis verbis che successivamente sarebbero stati adottati i provvedimenti di esclusione “individuali”, al fine di “ esporre analiticamente gli esiti dell’istruttoria, l’iter logico seguito dall’amministrazione nell’apprezzamento e nella valutazione delle irregolarità, nonché le conclusioni cui questa è addivenuta ”, come poi avvenuto con le determinazioni G14285 e G14287 del 1° dicembre 2016.

4.1.1. Il descritto iter procedimentale è stato quindi connotato dall’adozione di atti interlocutori recettizi (sia la determina di sospensione dell’esecutività della graduatoria del 27 settembre 2016 che la successiva determina G13453 del 15 novembre 2016) da considerarsi, nella loro combinazione, equipollenti alla comunicazione di avvio del procedimento.

Essi hanno preceduto l’adozione dei provvedimenti finali e sono stati resi noti ai soggetti destinatari degli atti finali mediante comunicazioni conformi al modello legale previsto dell’art. 8 della legge n. 241 del 1990. D’altronde, le ricorrenti non hanno contestato il difetto di conoscenza degli atti.

4.1.2. Piuttosto le censure delle società e la decisione di primo grado, che vi ha dato seguito, concernono il contenuto dei detti provvedimenti, reputati privi della previa contestazione alle interessate delle “risultanze” del riesame dei requisiti di ammissibilità delle domande.

Orbene i contenuti della comunicazione di avvio del procedimento sono in via generale specificati dall’art. 8, comma 2, della legge n. 241 del 1990 e, nel caso di specie, risultano rispettati, dovendo ritenersi idonea allo scopo la contestazione rivolta alle società e contenuta nell’allegato alla determinazione del 15 novembre 2016 di avere violato l’art. 13 dell’avviso “ultimo capoverso”.

E’ da escludere infatti che la comunicazione di avvio del procedimento debba contenere anche la specifica indicazione degli elementi di fatto e delle relative fonti di prova che l’amministrazione ritiene dover porre a fondamento del preannunciato provvedimento di annullamento d’ufficio, del quale andranno a costituire la motivazione ex art. 3 della legge n. 241 del 1990.

Piuttosto, rileva al fine di ritenere legittimo l’operato dell’amministrazione regionale che questa abbia dato preventivamente notizia agli interessati di voler emanare un atto di secondo grado, incidente su posizioni giuridiche originate dal precedente atto, oggetto della nuova determinazione amministrativa di rimozione;
quest’ultima, basata, in rito, sul detto art. 19 dell’avviso pubblico e, nel merito, sulla sussistenza della ragione di inammissibilità della domanda specificamente contestata mediante richiamo dell’art. 13, ultimo capoverso, dell’avviso pubblico.

Scopo della previsione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 è infatti quello di rendere noto al destinatario l’avvio del procedimento e le ragioni di questo, onde consentire il contraddittorio, mediante l’apporto di chiarimenti e controdeduzioni. Nel caso di specie, Itform e D.M.D. Italia ben avrebbero potuto fornire questi ultimi, dopo la comunicazione della determinazione del 15 novembre 2016, al fine di resistere alla contestazione della sussistenza dell’unico centro decisionale di cui all’art. 13 dell’avviso pubblico.

In conclusione, non si disconosce che la comunicazione di avvio del procedimento fosse dovuta, ma si ritiene che i principi di partecipazione e di tutela del contraddittorio cui questa è funzionale siano stati rispettati con l’iter procedimentale seguito dalla Regione Lazio mediante l’adozione degli atti recettizi di cui sopra.

4.2. Quanto alla considerazione del pubblico interesse ed al bilanciamento con gli interessi delle società destinatarie dei provvedimenti di annullamento d’ufficio, richiesti dall’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 per la legittimità dell’atto di secondo grado, vanno condivisi i rilievi difensivi e le ragioni di gravame della Regione Lazio che si basano sulle disposizioni degli artt. 13 e 19 dell’avviso pubblico sopra richiamate (essendo invece irrilevante la clausola di cui all’art. 4 della convenzione di concessione del finanziamento che attiene ai controlli propri della fase esecutiva), nonché sul principio giurisprudenziale per il quale “ nel caso di indebita erogazione di denaro pubblico l’affidamento del percettore delle somme e la stessa buona fede non sono di ostacolo all’esercizio da parte dell’Amministrazione del potere-dovere di recupero in linea con il canone costituzionale di buon andamento né essa è tenuta a fornire una ulteriore motivazione sull’elemento soggettivo riconducibile all’interessato o all’interesse pubblico al recupero che è rinvenibile in re ipsa ” (Cons. di Stato, III 3 dicembre 2015 n. 5486).

Se è vero, infatti, che il mero ripristino della legalità violata non è di regola sufficiente all’adozione del provvedimento di annullamento d’ufficio, è tuttavia da considerare che il recupero di un vantaggio economico indebitamente attribuito è assolutamente doveroso e rispondente per tabulas al prevalente interesse pubblico, essendo recessivo il mero contrapposto interesse del destinatario del vantaggio economico a trattenere quest’ultimo. Conseguentemente, non è configurabile un obbligo di specifica motivazione (cfr. anche Cons. Stato, III, 13 maggio 2015, nn. 2380 e 2381 e, di recente, Cons. Stato, II, 24 ottobre 2019, n. 7246).

4.2.1. Peraltro, contrariamente a quanto assumono le ricorrenti, non sussiste alcun legittimo affidamento tutelabile in capo a D.M.D. Italia e ad Itform (malgrado quest’ultima avesse completato l’intervento emesso a finanziamento).

L’assenza di una situazione di legittimo affidamento tutelabile consegue:

- per un verso, alla ragione di esclusione dal beneficio economico, determinata, in tesi, dalla mancanza di un requisito richiesto per l’ammissibilità della domanda, imputabile e nota ad entrambe le società sin dal momento in cui hanno aderito all’avviso a evidenza pubblica;

- per altro verso, alle su riportate previsioni dello stesso avviso pubblico, che non avrebbero certo potuto fare ritenere alle società beneficiare che, una volta ammesse al finanziamento e avviato, ed anche concluso, l’intervento finanziato nessun controllo fosse più possibile: in proposito basta rimarcare che il bando pubblico consentiva penetranti controlli da parte dell’amministrazione e richiamava l’art. 76 del d.P.R. n. 445 del 2000, al fine di sancire la responsabilità del beneficiario per le dichiarazioni non veritiere formulate, tra l’altro, con la domanda di partecipazione.

Di qui l’insussistenza della violazione del principio dell’affidamento per effetto del decorso del tempo (cfr. Cons. Stato, VI, 18 febbraio 2016, n. 942).

A maggior ragione irrilevanti vanno reputati motivi di un affidamento siffatto in capo a soggetti terzi, diversi dai partecipanti alla procedura, valorizzate invece dal Tribunale amministrativo regionale.

Il recupero del contributo illegittimamente erogato, all’esito di controlli previsti ex ante , costituisce atto dovuto per l’amministrazione pubblica, la cui scelta caducante è sanzionabile solo se intervenuta con modalità e tempi privi di ragionevolezza e di tempestività.

4.4. Quanto, infine, appunto alla tempestività dell’annullamento d’ufficio va decisamente esclusa la violazione del termine ragionevole di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990.

Incontestato essendo il rispetto del termine massimo di diciotto mesi ivi previsto, è legittimo il comportamento dell’amministrazione che ha eseguito i controlli a campione a ridosso dell’approvazione della graduatoria e che è perciò pervenuta alla rimodulazione di quest’ultima nei tredici mesi successivi alla sua approvazione.

Né si può sostenere l’illegittimità dei provvedimenti adottati nei confronti delle società ricorrenti perché, ad avviso di queste ultime, l’esclusione avrebbe potuto essere disposta sin dalla fase di ammissione dei progetti, essendo basata su documenti già all’epoca in possesso dell’amministrazione.

In proposito va considerato che l’accertamento della sussistenza di “un unico centro decisionale” presuppone la verifica “incrociata” della documentazione presentata da tutti quanti i partecipanti alla selezione ed è ovvio che l’elevato numero di questi renda complessi e articolati i controlli relativi, tanto più quando, come per le società qui ricorrenti, gli elementi di fatto rilevanti non siano desumibili dalle auto-certificazioni rese, ma anzi si pongano con queste in relazione antitetica.

4.5. In conclusione vanno accolti i primi tre motivi di gravame ed, in riforma dei capi impugnati della sentenza di primo grado, vanno respinte le corrispondenti censure dei ricorsi introduttivi di entrambe le società.

5. Il quarto motivo di appello ( Sull’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto indimostrata da parte dell’Amministrazione l’esistenza di un “unico centro decisionale” ) critica la decisione riguardante la motivazione dei provvedimenti di esclusione dall’ammissione al finanziamento.

5.1. In proposito la sentenza motiva nei seguenti termini: “ […]gli elementi dai quali l’amministrazione ha dedotto l’esistenza dell’unico centro decisionale non appaiono – benché sintomatici dell’esistenza di rapporti tra le società - tali da dimostrare l’esistenza di un “unico centro decisionale”, come dedotto nei ricorsi;
potrebbe obiettarsi che i ricorrenti non forniscono alcuna spiegazione per così dire alternativa;
è chiaro però che sarebbe stato compito della regione dimostrare in modo persuasivo (eventualmente svolgendo accertamenti istruttori specifici) l’esistenza dell’unico centro decisionale e una interlocuzione sul punto nell’ambito del procedimento sarebbe stata sicuramente utile.

5.2. La Regione appellante sostiene che, all’opposto, avrebbe puntualmente descritto nei provvedimenti conclusivi le circostanze di fatto che avrebbero provocato la violazione dell’art. 13, ult. cpv., dell’avviso pubblico, indicando anche le fonti di prova dell’accertamento istruttorio.

5.3. Il motivo è infondato.

Gli esiti dell’attività di verifica espletata dalla Regione Lazio non risultano adeguatamente esplicitati nei provvedimenti conclusivi del 1° dicembre 2016 n. G14285 e G14287, dal momento che questi si fondano, in primo luogo, sull’affermazione dell’esistenza di una situazione di controllo tra le società Itform, D.M.D. Italia e Deiratech oggettivamente rispondente alla previsione dell’art. 2359 cod. civ.;
invece le circostanze di fatto esposte nella motivazione degli atti (domicilio del rappresentante legale di Iform, M A D T, coincidente col domicilio di Angelo D’O, consigliere di D.M.D. Italia, e con la sede della società Deiratech, della quale il D’O è amministratore unico e socio totalitario;
titolarità in capo alla Deritach del 60% del capitale azionario della D.M.D. Italia;
costituzione di quest’ultima da parte di Valeria D’O, S D T e M M e successiva cessione delle quote della partecipazione della D’O nella D.M.D. Italia alla Deiratech Italia) non integrano affatto, da sole considerate, la situazione di controllo delineata nelle lettere a) e b) del detto art. 2359 cod. civ.

La motivazione, oltre ad essere perciò contraddittoria, è inoltre carente, in primo luogo, perché mancante di qualsivoglia riferimento alla composizione delle quote di partecipazione alle due società ricorrenti (anche in riferimento al ruolo da riconoscersi alla società terza Deiratech) ed all’assetto degli organi societari, quali risultavano dalle visure camerali alla data di partecipazione alla procedura selettiva de qua (fatta eccezione per l’indicazione delle legali rappresentati, M A D T per Itform e M M per D.M.D. Italia).

Altro profilo di mancanza di motivazione è quello rilevato dal Tribunale amministrativo regionale concernente l’unicità del centro decisionale, a fronte di elementi che, oltre a non comprovare la detta situazione oggettiva di controllo ex art. 2359 cod. civ. (esplicitata solo dalla difesa regionale in sede giudiziale, mediante la menzione della partecipazione della Deiratech sia a D.M.D. Italia per il 60%, già risultante dai provvedimenti, sia a Itform per il 55%, mancante nei provvedimenti), sono idonei soltanto a dimostrare l’esistenza di rapporti tra le società, solo assertivamente posti a fondamento di entrambi i provvedimenti di esclusione.

5.3.1. In sintesi, nei provvedimenti conclusivi si afferma l’esistenza di una situazione di controllo ex art. 2359 cod. civ. ma questa non risulta dagli elementi di fatto ivi elencati, mentre le motivazioni, per un verso, la danno per comprovata e, per altro verso, ne prescindono, affermando apoditticamente, in disparte dalla situazione di controllo, una relazione di fatto tra le società;
il tutto, prescindendo dall’esame del contenuto delle offerte.

Evidente quindi la violazione del modus operandi e della correlata motivazione richiesti dalla giurisprudenza per la verifica dell’unicità del “centro decisionale” nelle procedure selettive (cfr. Cons. Stato, V, 10 gennaio 2017, n. 39, impropriamente citata dalla Regione Lazio a sostegno del motivo di gravame).

5.4. La contraddittorietà e le lacune della motivazione comportano l’annullamento degli atti di cui alle determinazioni del 1° dicembre 2016, n. G14285 e n. G14287.

Poiché il procedimento di autotutela è stato legittimamente avviato, ma illegittimamente concluso con i due provvedimenti annullati, l’annullamento di questi ultimi lascia ferme le ulteriori determinazioni che gli uffici competenti della Regione Lazio ritengano di adottare in merito alla sussistenza o meno della causa di esclusione dal finanziamento di cui all’art. 13, ultimo capoverso, dell’avviso pubblico nei confronti di entrambe le associazioni temporanee costituite con capofila le società ricorrenti.

5.5. Ne consegue che, a parziale correzione sul punto della sentenza impugnata, le domande risarcitorie sono, allo stato, assorbite dall’accoglimento dei ricorsi delle società sia pure nei limiti di cui alla superiore motivazione, fatto salvo l’esito dell’eventuale ri-esercizio del potere da parte dell’amministrazione regionale.

6. La sentenza di primo grado va infine confermata nella parte in cui ha respinto le allegazioni della (sola) D.M.D. Italia in ordine alla violazione dell’avviso pubblico ed all’interpretazione da dare all’art. 13, ultimo capoverso.

Accogliendo la corrispondente eccezione della Regione Lazio, va infatti dichiarata l’inammissibilità delle dette censure, rigettate in primo grado, ma soltanto riproposte da D.M.D. Italia nell’atto di costituzione ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.

Trattandosi di domande sulle quali il giudice ha pronunciato, la relativa statuizione avrebbe dovuto essere espressamente impugnata con appello incidentale notificato ex art. 96 Cod. proc. amm., poiché la riproposizione ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. riguarda soltanto le domande sulle quali il giudice non ha pronunciato o che ha dichiarato assorbite.

6.1. Va infine confermato l’assorbimento delle restanti censure avanzate dalla sola D.M.D. Italia, già assorbite in primo grado e riproposte in appello ex art. 101, comma 2, Cod. proc.amm.

Queste infatti concernono asserite conseguenze del provvedimento di ritiro dell’ammissione ai finanziamenti (punti 5 e 6 della memoria di costituzione in appello: cfr. pagg. 12-13), assorbite, allo stato, dalla statuizione di annullamento di cui sopra.

7. In conclusione, l’appello va accolto parzialmente, nei limiti sopra specificati.

7.1. L’accoglimento parziale consente la compensazione delle spese processuali dei due gradi di giudizio per soccombenza reciproca.

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