Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-05-30, n. 202404845

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-05-30, n. 202404845
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404845
Data del deposito : 30 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/05/2024

N. 04845/2024REG.PROV.COLL.

N. 04370/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4370 del 2022, proposto dal Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS- non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sezione prima, del -OMISSIS-resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024 il cons. Francesco Guarracino e udito per la parte appellante l’avv. dello Stato Vittorio Cesaroni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con appello ritualmente notificato il 23 maggio 2022 e depositato il 27 maggio 2022, il Ministero della Difesa e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri hanno impugnato la sentenza, n. -OMISSIS- con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto ha accolto il ricorso proposto dal sig. -OMISSIS- appuntato scelto q.s. dell’Arma dei Carabinieri, avverso i provvedimenti con cui è stato disposto il recupero degli importi stipendiali dallo stesso percepiti durante il periodo corrente dal 5 novembre 2016 al 20 aprile 2017, trascorso in aspettativa per un’infermità in seguito non riconosciuta dipendente da causa di servizio, per un totale di euro 6.269,48.

2. L’appellato non si è costituito in giudizio.

3. All’udienza pubblica del 23 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Oggetto della controversia è il mantenimento da parte dell’appellato delle somme che gli sono state corrisposte in misura integrale durante il periodo di aspettativa per motivi di salute disposto con provvedimento del 5 novembre 2015, stante che il procedimento instaurato per vedersi riconoscere la dipendenza da causa di servizio delle patologie dalle quali era affetto si è concluso negativamente in data 26 aprile 2018.

2. Il T.A.R. ha accolto il ricorso proposto avverso il provvedimento di recupero delle predette somme ritenendo fondato il secondo motivo di gravame, con cui il militare aveva dedotto che, ai sensi dell’art. 12, co. 3, del d.P.R. n. 170/2007, non si dà luogo alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre ventiquattro mesi dalla data del collocamento in aspettativa.

3. Il Ministero della Difesa e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri hanno lamentato l’erroneità della decisione di primo grado sostenendo che, nel caso di specie, avrebbe dovuto trovare applicazione il comma 4 dell’art. 39 del d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51, che detta una disciplina speciale derogatoria rispetto alla previsione del comma 3 dello stesso art. 39, che si riferisce al personale militare in aspettativa e giudicato permanentemente inidoneo al servizio in modo assoluto. Ciò in quanto l’aspettativa disciplinata all’art. 39, co. 4, del d.P.R. n. 51/2009 deriva da un periodo di malattia “temporanea”, mentre il comma 3 disciplina l’ipotesi di una aspettativa in conseguenza di un’inabilità “permanente” parziale.

Poiché l’art. 39, co. 4, non prevede un limite temporale per l’attività di recupero, nel caso di specie non avrebbe dovuto trovare applicazione il limite dei ventiquattro mesi, non essendo possibile estendere, in via analogica, quel limite temporale che era previsto, invece, dal precedente comma 3.

4. L’appello è infondato.

5. Il regime economico delle aspettative fruite per infermità non dipendenti da causa di servizio è contenuto nell’art. 26 della legge 5 maggio 1976, n. 187, che individua tre distinte scansioni temporali: a retribuzione (assegno) piena, per i primi dodici mesi;
ridotta alla metà, per il semestre successivo;
infine, senza alcun assegno, nell’ultimo semestre, fino al massimo dei 24 mesi di fruibilità dell’istituto.

A ciò si contrappone la disciplina di favore delle aspettative riconducibili ad infermità per cause di servizio, che consentono la percezione degli assegni per tutta la durata dell’assenza dal servizio e che, in quanto sostanzialmente imposte anche al lavoratore cui residua una capacità lavorativa (inidoneità parziale), sfuggono finanche al computo della durata massima.

6. La peculiarità del sistema è data, tuttavia, dal fatto che il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è soggetto, come noto, ad un procedimento che, seppure legato a scansioni temporali ben precise, si protrae nel tempo e può risolversi con esito negativo. Sicché l’aspettativa, che il lavoratore ha già iniziato a fruire, assume una diversa coloritura giuridica ex post e con decorrenza ex tunc , dovendo retroattivamente essere ricondotta nel più rigoroso alveo come sopra delineato. Da qui l’esigenza del legislatore di individuare anche un meccanismo di recupero delle somme che, seppure correttamente erogate ab origine , finiscono per rivelarsi “eccessive” rispetto alla (ri)qualificazione dell’assenza dal servizio.

7. L’art. 39, commi 3 e 4, del d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51, applicabile ratione temporis , ha previsto espressamente che:

« 3. Il personale giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale permane ovvero è collocato in aspettativa fino alla pronuncia sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione o infermità che ha causato la predetta non idoneità anche oltre i limiti massimi previsti dalla normativa in vigore. Fatte salve le disposizioni che prevedono un trattamento più favorevole, durante l’aspettativa per infermità, sino alla pronuncia sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione subita o dell’infermità contratta, competono gli emolumenti di carattere fisso e continuativo in misura intera. Nel caso in cui non venga riconosciuta la dipendenza da causa di servizio e non vengano attivate le procedure di transito in altri ruoli della stessa Amministrazione o in altre amministrazioni, previste dall’articolo 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, sono ripetibili la metà delle somme corrisposte dal tredicesimo al diciottesimo mese continuativo di aspettativa e tutte le somme corrisposte oltre il diciottesimo mese continuativo di aspettativa. Non si dà luogo alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa. Tale periodo di aspettativa non si cumula con gli altri periodi di aspettativa fruiti ad altro titolo ai fini del raggiungimento del predetto limite massimo.

4. A decorrere dall’entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, fermi restando i limiti previsti dalle norme sullo stato giuridico per il personale militare e fatte salve le disposizioni di maggior favore, al personale collocato in aspettativa per infermità, in attesa della pronuncia sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione o infermità, competono gli emolumenti di carattere fisso e continuativo in misura intera. Nel caso in cui non venga riconosciuta la dipendenza da causa di servizio sono ripetibili la metà delle somme corrisposte dal tredicesimo al diciottesimo mese continuativo di aspettativa e tutte le somme corrisposte oltre il diciottesimo mese continuativo di aspettativa ».

8. La disposizione sopra ricordata fa riferimento a due distinte situazioni: l’art. 39, co. 3, del d.P.R. n. 51 del 2009 si riferisce al solo « personale giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale », cioè quel personale che ha già avuto una diagnosi definitiva di invalidità permanente, seppure parziale, e che potrebbe continuare, nelle more della valutazione della causa di servizio, ad essere impiegato in mansioni di istituto, purché compatibili con le proprie condizioni di salute, ma che si preferisce mantenere comunque inattivo;
l’art. 39, co. 4, del d.P.R. n. 51 del 2009, invece, ha riguardo a chi si trova in una più generica « aspettativa per infermità », vale a dire in una situazione di inabilità totale al servizio, astrattamente pure temporanea, che prescinde dall’avvenuto accertamento di una causa di invalidità permanente, totale o parziale, e come tale è riconducibile ad un periodo di malattia. Ove tale situazione si verifichi « in attesa della pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio » gli emolumenti vanno corrisposti per intero. La medesima disposizione, diversamente dal comma precedente, nulla dice con riferimento alla limitazione temporale delle attività di recupero delle somme erogate qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa.

9. Circoscrivendo, dunque, la portata dell’art. 39, comma 4, del d.P.R. n. 51 del 2009 al solo ambito riveniente dalla sua formulazione letterale, verrebbe meno con riferimento alla inabilità permanente assoluta la disciplina della ripetizione degli assegni non dovuti nella misura erogata qualora, come nel caso di specie, la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa. Infatti l’odierno appellato è stato collocato in aspettativa a partire dal 5 novembre 2015, mentre l’istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è stata rigettata in data 26 aprile 2018.

10. Sul punto, il Collegio ritiene che il giudice di prime cure abbia correttamente preso atto che l’interpretazione letterale delle due disposizioni condurrebbe all’applicazione di un trattamento differenziato per situazioni omogenee nei loro effetti, come le fattispecie di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 39 d.P.R. n. 51 del 2009, in evidente contrasto con l’art. 3 Cost., che impone che situazioni omogenee ricevano il medesimo trattamento (cfr. Corte costit. sentenze n. 108 del 2011 e n. 223 del 2012).

Peraltro, il rinvio di cui all’art. 39, co. 4, d.P.R. n. 51 del 2009 a “le disposizioni di maggior favore” ben può riferirsi al precedente comma 3 dello stesso articolo, che, con espresso riferimento alle ipotesi di inabilità parziale, stabilisce che « Non si dà luogo alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa ».

11. Come la Sezione ha già avuto modo di precisare (Cons. Stato, sez. II, 15 marzo 2022, n. 2880), infatti, la scelta di imporre al dipendente un periodo di inattività “forzata”, che in quanto tale non viene ritenuta computabile nell’arco di tempo massimo fruibile allo scopo, è bilanciata dalla consapevolezza in capo allo stesso di essere sottoposto alla possibilità di subire una decurtazione stipendiale postuma, seppure entro un lasso di tempo rigorosamente predeterminato.

12. A tal proposito può richiamarsi altresì l’orientamento dalla giurisprudenza della CEDU in tema di ripetizione di somme indebitamente erogate. Seppure con riferimento al caso di erogazione di somme in forza di errore imputabile alla stessa amministrazione erogante, la Corte EDU (v. sez. I , 11 febbraio 2021, n. 4893/2013, Casarin

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