Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-12-21, n. 201605402

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-12-21, n. 201605402
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201605402
Data del deposito : 21 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/12/2016

N. 05402/2016REG.PROV.COLL.

N. 10275/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 10275/2014 RG, proposto dalla 4 Enne s.n.c. di Nichele Giovanni &
c., corrente in Cassola (VI), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti A M e S C, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Lucrezio Caro n. 62;

contro

il Comune di Tezze sul Brenta (VI), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto in Roma, v.le Liegi n. 35B, presso l’avv. Colagrande e

nei confronti di

Equitalia Nord s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio,

per la riforma

della sentenza breve del T.a.r. èer il Veneto – Sezione II - n. 1035 del 16 luglio 2014, resa tra le parti e concernente l’accertamento dell’insussistenza dell’obbligo di pagare il contributo sui costi di costruzione;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del solo Comune intimato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 29 settembre 2016 il Cons. S M R e uditi, altresì, per le parti, gli avvocati Denis Marsana (su delega di Mauro) e Roberto Colagrande (su delega di Cartia);


Ritenuto in fatto che:

– la 4 Enne s.n.c. di Nichele Giovanni &
c., impresa edile corrente in Cassola (VI), dichiara d’avere ottenuto dal Comune di Tezze sul Brenta (VI), per la costruzione o la ristrutturazione di vari edifici colà ubicati, i permessi di costruire n. 8043 del 27 agosto 2004, n. 8105 del 14 ottobre 2004, n. 8243 del 4 agosto 2005 e n. 8091 del 26 agosto 2005;

– detta Società dichiara inoltre d’aver assolto interamente i rispettivi contributi di costruzione, come liquidati dal Comune con l’aliquota del 2,5% sul relativo costo ex art. 16, co.3, t.u. edilizia (DPR 6 giugno 2001 n. 380);

– con deliberazione n. 18 del 1° febbraio 2012, la Giunta comunale di Tezze sul Brenta, nonostante l’inerzia della Regione Veneto ad adeguarsi all’adeguamento periodico del costo di costruzione ai sensi dell’art. 16, co. 9 t.u. edilizia, v’ha provveduto in via autonoma mediante la fissazione diretta dell’aliquota minima di legge, pari al 5%;

– avendo la delibera stessa stabilito pure il recupero delle differenze contributive rispetto alla nuova aliquota, il Comune ha quindi provveduto a riliquidare gli importi dei contributi afferenti ai permessi a suo tempo rilasciati nei confronti di detta Società invitandola prima, ed ingiungendole poi, di pagare gli importi differenziali e gli interessi per ritardato versamento;

– avverso tali ingiunzioni è allora insorta detta Società innanzi al T.a.r. Veneto, con il ricorso n. 602/2014 RG, deducendo, in una con la domanda per il risarcimento del danno, l’illegittimità dell’applicazione diretta dell’aliquota minima di legge, il difetto di legittimazione del Comune a rivedere quanto a suo tempo liquidato e comunque l’illegittimo overruling sulla rideterminazione del quantum debeatur ;

– con l’atto per motivi aggiunti depositato il 25 giugno 2014, detta Società ha impugnato la cartella esattoriale, non ritenendo dovuti gli interessi sugli importi così riliquidati;

– con sentenza n. 1035 del 16 luglio 2014, l’adito TAR ha respinto la pretesa attorea, giacché ha ritenuto (nella parte di interesse):

A) –legittimo l’intervento diretto del Comune in materia, poiché l’art. 16, co. 9 cit., ha inteso omogeneizzare i parametri di liquidazione del costo di costruzione su base nazionale;

B) – non invocabile nella specie un legittimo affidamento, posto che il termine decennale di prescrizione del contributo vige nei riguardi di tutte le parti dell’obbligazione contributiva, anche quando si provveda a correggere eventuali errori od omissioni della contribuzione;

C) la doverosità del recupero, da parte del Comune, di somme erariali;

– appella quindi detta Società, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza gravata per i seguenti motivi (sviluppati da pagina 5 a pagina 22 del ricorso in appello): I) l’intervento del Comune intimato non assicura alcuna uniformità (stante l’ampia forbice delle aliquote applicabili) e viola la potestà legislativa delle Regioni (vista la natura di legge – quadro riconoscibile in parte qua al t.u. edilizia);
II) la richiesta di pagamento non stata preceduta dall’ avviso d’avvio del relativo procedimento;
III) è violato il principio d’affidamento (stante la lunga inerzia del Comune prima del suo intervento);
IV) il T.a.r. ha omesso di pronunciare sulla domanda risarcitoria;

– resiste in giudizio il solo Comune di Tezze sul Brenta, il quale conclude per l’infondatezza di tale appello;

Considerato in diritto che:

– com’è noto, il contributo per il rilascio del permesso di costruire è una prestazione patrimoniale imposta, d’indole non tributaria ed a carattere generale, tant’è che è indipendente dall’accertamento in concreto sia dall'utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio, sia dalle spese effettivamente sostenute per realizzare le opere di urbanizzazione, per cui, stante la natura non sinallagmatica ed il regime interamente pubblicistico che la connota, la sua debenza è legata solo al rilascio del titolo edilizio;

– ora, per l’art. 16, co. 3 del DPR 380/2001, la quota di tal contributo relativa al costo di costruzione «… è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione …», com’è in effetti accaduto tra l’appellante ed il Comune intimato (pur se questo l’ha liquidato nella sola misura del 2,5% del costo stesso);

– inoltre, secondo il successivo co. 9, stante l’obbligo di aggiornamento periodico, la quota del predetto contributo relativo al costo di costruzione, «… variabile dal 5 per cento al 20 per cento ...viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione …»;

– a differenza di quanto opina l’appellante, l’applicazione dell’aliquota minima di legge pari al 5% è legittima e doverosa per i Comuni, ché le Regioni non hanno alcun potere di derogarvi, onde il citato art. 16, co. 9 «… deve essere interpretato nel senso che la percentuale minima… deve essere applicata a partire dall’entrata in vigore della legge statale, restando nella discrezionalità delle Regioni determinare in misura maggiore detta percentuale, in relazione ai parametri individuati nel medesimo comma 9 …» (cfr. parere Cons. St., Sez. I, 3 dicembre 2014, n. 3819/2014);

– sicché l’immediata applicabilità dell’aliquota minima, ancorché recata dalla legge statale e solo per il contributo in sé considerato, deriva dalla distinzione, che la norma pone, tra il meccanismo di determinazione del costo di costruzione e le modalità d’adeguamento automatico del costo stesso, solo in relazione a queste ultime essendo stabilita l’applicazione degli indici ISTAT «… nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni …»;

– per contro e sebbene alle Regioni spetti la disciplina di dettaglio pure in soggetta materia, al più la diretta applicazione comunale della norma statale, che nel fissare direttamente l’aliquota minima di legge è comunque inderogabile e ineludibile in base al principio di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 119,co. 2, Cost., serve altresì ad evitare gli effetti nocivi d’ogni inerzia del legislatore regionale, onde essa vige fintanto che la Regione non intervenga o a confermarla o a porne una superiore a quella minima, ossia a quella ritenuta congrua quale livello essenziale di prestazione imposta, ad evidenti fini perequativi del prelievo, per tutto il territorio della Repubblica;

– né torna utile alla diversa tesi attorea, il pur giusto e noto principio (cfr., per tutti, Cons. St., IV, 19 marzo 2015 n. 1504), secondo cui, ai sensi del citato art. 16, il contributo de quo è determinato e liquidato all'atto del rilascio del titolo edilizio, onde non se ne può ammettere una nuova in difetto di apposita clausola nel titolo edilizio che ne riservi la rideterminazione, né è consentita la richiesta, da parte del Comune, di ulteriori somme a conguaglio con effetto retroattivo, posto che il caso in esame ha per oggetto non già tal vicenda, ma il doveroso esercizio dell’autotutela comunale per il recupero a contribuzione dell’importo effettivamente dovuto in base all’aliquota di legge, indebitamente non applicata o decurtata;

– di conseguenza non è correttamente invocata la tutela dell’affidamento a causa d’un overruling sostanziale da parte del Comune, poiché, per un verso, la potestà di ripensamento ovvero di correzione dei propri errori o illegittimità è, per la P.A., immanente nell’ordinamento ed è espressamente codificata negli artt. 21- quinquies e 21 – nonies della l. 7 agosto 1990 n. 241 anche per quanto attiene alla decorrenza dei relativi effetti e, per altro verso, non esiste un correlato ed inderogabile principio per cui il mutamento d’avviso della P.A. stessa debba valere solo per l’avvenire;
l’interpretazione delle norme, invero, è sempre retroattiva, salvo eccezionali ipotesi non ricorrenti nella specie (cfr. da ultimo Corte di giustizia UE, 22 settembre 2016, C-110/15 Microsoft; Cons. Stato, Ad. plen. n. 9 del 2015 e n. 19 del 2016, ivi i riferimenti ai limitati casi di perspective overulling processuale);

– l’attrazione a contribuzione del cespite imponibile non esclude, di per sé solo, effetti in varia guisa “retroattivi” della potestà contributiva fintanto che sia ancora attuale l’attitudine soggettiva ed oggettiva alla contribuzione stessa (in particolare, se non v’è stata ancora decadenza o prescrizione di tal potestà), maxime quando si deve doverosamente applicare l’aliquota (minima) di legge ed impedire così forme surrettizie di beneficio o di elusione nel caso concreto, donde la superfluità dell’avviso ex art. 10 -bis della l. 241/1990 in relazione al successivo art. 21- octies , co. 2, nonché l’insussistenza di affidamenti tutelabili a favore dell’appellante, nonché la inconfigurabilità della violazione delle garanzie partecipative (cfr. sul punto i condivisi principi espressi da Cons. Stato, Sez. V, n. 5863 del 2015, in punto di recupero somme indebitamente pagate, perfettamente applicabili all’ipotesi di somme non riscosse);

– nella specie, inoltre, l’applicazione concreta di detta aliquota non ha determinato preclusioni, né definitive decadenze in capo all’appellante, essendo noto il principio (cfr., per tutti, Cons. St., IV, 6 giugno 2016 n. 2394) secondo cui l'azione volta alla declaratoria di insussistenza o di diversa entità del debito contributivo correlato al rilascio del permesso di costruire può essere intentata senza onere d'impugnazione o di esistenza dell'atto con il quale è richiesto il pagamento (essendo un giudizio d’accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario paritetico e bilaterale) ed è proponibile nel termine prescrizionale avanti a questo Giudice in sede di cognizione esclusiva ex art. 133, co. 1, lett. f), c.p.a.;

- quanto alla domanda di risarcimento del danno, il Collegio osserva che l’assodata legittimità dell’azione del Comune esclude il requisito dell’antigiuridicità della fattispecie;
in ogni caso, la domanda risarcitoria è stata articolata in primo grado in modo generico, sicché non può essere fornita, per la prima volta in grado di appello, la prova del nesso di causalità fra condotta ed evento (ovvero fra aumento del contributo per il costo di costruzione ed entità del prezzo di vendita degli immobili) e delle effettive voci di danno (specie avuto riguardo alla non rilevanza delle somme liquidate ex post dal Comune;

– le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito da giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass., II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, id., V, 16 maggio 2012 n. 7663;
cfr. pure Cons. St., IV, 7 dicembre 2015 n. 5563), fermo restando che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso;

– in definitiva, l’appello va respinto, quantunque, apprezzate le circostanze del caso concreto (novità e complessità delle questioni), le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti.

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