Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-08-04, n. 201603522

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-08-04, n. 201603522
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201603522
Data del deposito : 4 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/08/2016

N. 03522/2016REG.PROV.COLL.

N. 09499/2014 REG.RIC.

N. 00534/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi in appello:
1) nr. 9499 del 2014, proposto dal signor A M, rappresentato e difeso dagli avv.ti L L, R R e F P, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, 118,

contro

la signora E R, rappresentata e difesa dagli avv.ti R T e N B, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Bisagno, 14,

nei confronti di

COMUNE DI MONTECATINI TERME, in persona del Sindaco pro tempore, e REGIONE TOSCANA, in persona del Presidente pro tempore, non costituiti in giudizio;



2) nr. 534 del 2015, proposto dal COMUNE DI MONTECATINI TERME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Rossana Parlanti, con domicilio eletto presso l’avv. Roberto Martire in Roma, Circonvallazione Clodia, 86,

contro

la signora E R, rappresentata e difesa dagli avv.ti N B e R T, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Bisagno, 14,

nei confronti di

signor A M, non costituito in giudizio,

entrambi per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Toscana nr. 791/2004, depositata il 14 maggio 2014, mai notificata, con la quale è stato disposto l’annullamento del permesso di costruire nr. 2008/007 del 1 dicembre 2008, rilasciato dal Comune di Montecatini Terme al signor Andrea Mucci.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’appellata signora E R;

Viste le memorie prodotte dall’appellante sig. Andrea Mucci (in data 30 giugno 2016), dal Comune di Montecatini Terme (in data 30 giugno 2016) e dall’appellata sig.ra E R (in data 20 giugno 2016 in entrambi i giudizi) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatori, all’udienza pubblica del giorno 21 luglio 2016, i Consiglieri Raffaele Greco e Leonardo Spagnoletti;

Uditi l’avv. Corrado Orienti (su delega dell’avv. Tagliaferri) per l’appellata, l’avv. Righi per l’appellante sig. Andrea Mucci e l’avv. Roberto Martire (in dichiarata delega dell’avv. Parlanti) per il Comune di Montecatini Terme;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I – Il signor Andrea Mucci ha appellato la sentenza con la quale il T.A.R. della Toscana, accogliendo il ricorso proposto dalla signora E R, ha annullato il permesso di costruire rilasciato in suo favore dal Comune di Montecatini Terme, per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia e sopraelevazione su un immobile in sua proprietà insistente su suolo confinante con quello su cui sorge l’edificio abitato dalla ricorrente.

A sostegno dell’appello, ha dedotto:

1) violazione dei principi desumibili dall’art. 9 del d.P.R. 24 novembre 1971, nr. 1199;
violazione dei principi circa la presunzione di piena conoscenza delle autorizzazioni edilizie (con riguardo alla reiezione della preliminare eccezione di tardività dell’impugnazione);

2) violazione dei principi desumibili dall’art. 8 del d.P.R. 24 novembre 1971, nr. 1199, circa l’oggetto del giudizio in sede straordinaria (in relazione alla disapplicazione delle prescrizioni urbanistiche di riferimento fatta dal primo giudice, non possibile atteso che il giudizio era stato avviato dalla ricorrente con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica);

3) violazione degli artt. 1 e 9 del d.m. 2 aprile 1968, nr. 1444 (attesa, in ogni caso, l’impossibilità di un’applicazione diretta delle norme del predetto decreto nell’ambito di rapporti fra privati);

4) ulteriore violazione e falsa applicazione dei principi desumibili dall’art. 9 del d.m. nr. 1444/1968 (con riferimento all’interpretazione data dal T.A.R. alla disciplina in tema di distanze fra pareti finestrate).

Si è costituita l’originaria ricorrente, signora E R, opponendosi con diffuse argomentazioni all’accoglimento dell’appello e instando per la conferma della sentenza impugnata.

II – Avverso la medesima sentenza del T.A.R. toscano ha proposto appello anche il Comune di Montecatini Terme, sulla scorta dei seguenti motivi, parzialmente sovrapponibili a quelli del primo gravame:

i) violazione dei principi sul requisito della piena conoscenza al fine della decorrenza del termine per l’impugnativa del permesso;

ii) erronea disapplicazione degli artt. 19, commi 4 e 6, delle N.T.A. del P.R.G., approvata con delibera di Consiglio Comunale nr. 45 del 25 maggio 2007 e 58 delle N.T.A. al P.R.G. approvate con delibera nr. 66 del 17 luglio 2008;

iii) errata valutazione dei principi desumibili dall’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, nr. 1444.

Anche in questo giudizio si è costituita la signora E R, opponendosi all’accoglimento dell’appello.

III – In seguito, le parti hanno ulteriormente sviluppato con memorie le rispettive tesi.

IV – Da ultimo, all’udienza del 21 luglio 2016, le cause sono state spedite in decisione.

DIRITTO

1. In via del tutto preliminare, va disposta la riunione degli appelli in epigrafe ai sensi dell’art. 96 cod. proc. amm., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza.

2. Il presente giudizio concerne l’impugnazione del permesso di costruire (nr. 007 del 1 dicembre 2008) rilasciato dal Comune di Montecatini Terme in favore del signor Andrea Mucci, odierno appellante, per l’esecuzione di un intervento di ristrutturazione edilizia e sopraelevazione su un edificio in sua proprietà insistente su suolo confinante con quello ove sorgeva l’immobile abitato dalla signora E R.

Quest’ultima, ritenendo che l’intervento si ponesse in violazione dell’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, nr. 1444, in tema di distanze fra pareti finestrate, ha impugnato il titolo edilizio dapprima con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e quindi, a seguito di rituale opposizione del controinteressato, riassumendo il giudizio dinanzi al T.A.R. della Toscana.

Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. adìto ha accolto il ricorso, previa disapplicazione delle disposizioni rivenienti dagli artt. 58 delle N.T.A. approvate con la variante al P.R.G. approvata nel 2008, che in via transitoria consentiva di definire le istanze ad aedificandum anteriori alla variante medesima applicando la normativa previgente, e 19, commi 4 e 6, delle N.T.A. quali risultanti dal P.R.G. del 2007, in tema di “ Distacco tra i fabbricati e distanza dai confini ”;
infatti, il primo giudice ha ritenuto illegittime le dette prescrizioni urbanistiche, laddove consentivano di edificare a distanza inferiore a quella stabilita dal suindicato art. 9, d.m. nr. 1444/1968.

Avverso tale sentenza sono insorti, con separati appelli, sia il Comune che il beneficiario del permesso di costruire annullato.

2. La ricostruzione in fatto che precede, corrispondente a quella ricavabile dagli atti e da quella operata dal giudice di prime cure, non risulta contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64, comma 2, cod. proc. amm., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

3. Tutto ciò premesso, gli appelli sono entrambi infondati e vanno conseguentemente respinti.

4. Con un primo mezzo, comune a entrambi gli appelli, viene reiterata l’eccezione – disattesa dal primo giudice – di irricevibilità per tardività dell’impugnazione del titolo edilizio, originariamente effettuata con ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Assumono gli appellanti, in particolare, che, a fronte della notificazione del ricorso straordinario eseguita in data 16 febbraio 2010, la piena conoscenza del permesso di costruire da parte dell’originaria istante, tenuto conto anche del tenore delle doglianze dalla stessa articolate (tutte afferenti, come detto, alla violazione delle distanze di cui all’art. 9, d.m. nr. 1444/1968), andrebbe fatta risalire ad epoca anteriore al periodo compreso fra i mesi di agosto e settembre del 2009: ciò si desumerebbe dalla dichiarazione resa dalla stessa istante alla Polizia Municipale in data 6 febbraio 2010 (documento nr. 5 delle produzioni in primo grado dell’odierno appellante), laddove la stessa assume di aver visto iniziare i lavori “ nei primi mesi dell’anno 2009 ”, e di avere in seguito, a fine agosto o inizio settembre del medesimo anno, dopo che la sopraelevazione era già in essere, “ eseguito personalmente degli accertamenti a mezzo laser (…), verificando che la distanza era meno di sei mt ” rispetto alla sua abitazione.

Il primo giudice, richiamata la consolidata giurisprudenza circa il rigoroso onere probatorio che incombe a chi eccepisce la tardività dell’impugnazione circa la data di effettiva conoscenza del provvedimento censurato, e richiamati altresì i principi in tema di decorrenza del termine per l’impugnazione del permesso di costruire da parte del proprietario confinante, ha ritenuto insufficienti le “ presunzioni ” allegate dall’odierno appellante a sostegno della piena conoscenza del titolo edilizio, tenuto conto della mancata ultimazione dei lavori alla data indicata e del mancato seguito ad una prima istanza di accesso formulata nel maggio del 2009;
di conseguenza, ha ritenuto provata la conoscenza del permesso di costruire nei suoi concreti e specifici contenuti solo alla data del 21 ottobre 2009, allorché un tecnico incaricato dalla ricorrente aveva ritirato presso il Comune copia integrale del permesso di costruire con allegata la documentazione di progetto.

I rilievi testé riassunti sono del tutto condivisibili, potendo ritenersi che le deduzioni degli odierni appellanti valgano al più a dimostrare che l’istante abbia avuto contezza delle caratteristiche “materiali” dei lavori avviati sull’immobile del suo vicino e della loro possibile lesività, ma non anche dei contenuti del titolo edilizio (del quale l’interessata potrebbe al massimo aver conosciuto i soli estremi);
più specificamente, se anche è stato possibile constatare che l’edificazione avveniva a distanza inferiore a quella stabilita dal più volte citato art. 9, d.m. nr. 1444/2009, fino all’acquisizione della documentazione relativa alla pratica edilizia non sarebbe stato certamente possibile verificare se tale violazione fosse effettivamente ascrivibile al provvedimento abilitativo, e non invece alle mere modalità realizzative adottate (magari in difformità dal titolo) dal beneficiario di esso.

5. Col secondo motivo di entrambi gli appelli, sono censurate sotto plurimi profili le conclusioni del primo giudice, e in particolare quelle che hanno condotto alla disapplicazione delle disposizioni delle N.T.A. che consentivano l’edificazione fra pareti finestrate a distanza inferiore a quella stabilita dal più volte citato art. 9, d.m. nr. 1444/1968.

Anche queste censure sono prive di pregio.

5.1. Al riguardo, va innanzi tutto richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in linea generale, non è legittima l’adozione, negli strumenti urbanistici comunali, di norme contrastanti con quelle del citato decreto, atteso che quest’ultimo, essendo stato emanato su delega dell’art. 41- quinquies della legge 17 agosto 1942, nr. 1150 (inserito dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, nr. 765), ha efficacia di legge, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati non possono essere derogate dagli strumenti urbanistici comunali (cfr. Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2012, nr. 4076);
di conseguenza, le disposizioni di cui al d.m. nr. 1444/1968, essendo rivolte alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, sono tassative e inderogabili, e vincolano i Comuni in sede di formazione o revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima e deve annullata se è oggetto di impugnazione, o comunque disapplicata stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 2013, nr. 5108;
id., 22 gennaio 2013, nr. 354;
id., 27 ottobre 2011, nr. 5759).

Pertanto, in punto di disapplicazione delle N.T.A. di uno strumento urbanistico risulta condivisibilmente superato il precedente indirizzo contrario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2005, nr. 1795;
id., 12 luglio 2002, nr. 3929), il quale peraltro si basava su una presunta natura non direttamente precettiva delle prescrizioni contenute nel d.m. nr. 1444/1968, lasciando ferma e impregiudicata la ritenuta natura para-regolamentare, o di atto amministrativo generale, delle norme del P.R.G., e quindi la loro disapplicabilità da parte del giudice amministrativo.

Inoltre, e contrariamente a quanto si sostiene dalle parti appellanti, la giurisprudenza più recente – che qui si condivide - ammette la disapplicazione da parte del giudice amministrativo dell’atto regolamentare presupposto, ancorché non impugnato, non soltanto in ipotesi di giurisdizione esclusiva, ma anche in via più generale estesa alla giurisdizione generale di legittimità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2015, nr. 515).

5.2. Inoltre, va disattesa l’ulteriore censura, pure contenuta nell’appello del controinteressato in primo grado, secondo cui il potere di disapplicazione de quo non avrebbe potuto nella specie essere esercitato dal primo giudice, trattandosi di controversia avviata con ricorso straordinario e solo successivamente riassunta dinanzi al T.A.R.

La doglianza è manifestamente infondata, essendo altresì superfluo approfondire il tema dell’esistenza o meno di differenze fra i poteri esercitabili dall’organo decidente nella sede giudiziale e in quella straordinaria sotto il profilo che qui interessa, atteso che, una volta intervenuta la trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario, il giudice adìto era certamente titolare di tutti e gli stessi poteri che possono essere esercitati allorché il giudizio scaturisce da ordinario ricorso giurisdizionale, ivi compreso il potere di disapplicazione degli atti regolamentari o generali.

6. Infondata è poi la doglianza articolata col terzo motivo di impugnazione dell’originario controinteressato, non rispondendo al vero che il potere di disapplicazione suindicato non sarebbe stato esercitabile con riferimento ai rapporti interprivati quale è quello per cui è causa: al riguardo, è sufficiente richiamare la pacifica giurisprudenza che direttamente precettive le norme in materia di distanze contenute nei d.m. nr. 1444/1968 anche nei rapporti fra privati, non potendo le stesse essere intese come prescrizioni rivolte al solo organo pianificatore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 2015, nr. 1951;
id., 12 febbraio 2013, nr. 844).

7. Con l’ultimo motivo di entrambi gli appelli, le parti istanti censurano nel merito l’interpretazione data dal primo giudice del disposto dell’art. 9, d.m. nr. 1444/1968, facendone rilevare l’inapplicabilità alla situazione che qui occupa, laddove i due edifici non avevano pareti finestrate direttamente frontistanti, vi era diversità di quote fra le aperture, e comunque era da escludersi la creazione di qualsivoglia intercapedine nociva o pericolosa per la salubrità pubblica.

Anche questi motivi vanno respinti, ponendosi essi in frontale contrasto con tutti i principali approdi della giurisprudenza in subiecta materia.

In particolare, proprio con riferimento alle disposizioni contenute nell’art. 9 in tema di pareti finestrate, è stato osservato:

a ) che il dovere di rispettare le distanze stabilite dalla norma sussiste indipendentemente dalla eventuale differenza di quote su cui si collochino le aperture fra le due pareti frontistanti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, nr. 856;
id., 11 giugno 2015, nr. 2861;
id., 22 gennaio 2013, nr. 354;
id., 20 luglio 2011, nr. 4374);

b ) che, ai fini dell’operatività della previsione, è addirittura sufficiente che sia finestrata anche una sola delle due pareti interessate (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2013, nr. 5557;
id., 9 ottobre 2012, nr. 5253);

c ) che la norma in questione, in ragione della sua ratio di tutela della salubrità, è applicabile non solo alle nuove costruzioni, ma anche alle sopraelevazioni di edifici esistenti (cfr. Cons. Stato, 27 ottobre 2011, nr. 5759);

d ) che il divieto ha portata generale, astratta e inderogabile, donde l’esclusione di ogni discrezionalità valutativa del giudice circa l’esistenza in concreto di intercapedini e di pregiudizio alla salubrità degli immobili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 dicembre 2012, nr. 6489;
id., sez. IV, 9 maggio 2011, nr. 2749;
id., 5 dicembre 2005, nr. 6909).

8. In conclusione, alla stregua dei superiori rilievi s’impone una decisione di reiezione degli appelli, con la conferma integrale della sentenza impugnata.

Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 cod. proc. civ., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: cfr. ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, nr. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, nr. 7663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

9. Tenuto conto della peculiarità della vicenda esaminata, può disporsi la compensazione delle spese del grado.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi