Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-12, n. 202200219

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-12, n. 202200219
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202200219
Data del deposito : 12 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/01/2022

N. 00219/2022REG.PROV.COLL.

N. 03023/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3023 del 2020, proposto da
A R di E L &
C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato N F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Firenze, via delle Mantellate n. 8;

contro

Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A M, A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio n. 15;
Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicola Gentini, Barbara Mancino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio Firenze, Prato e Pistoia, non costituito in giudizio;
Thoni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Lo Pinto, Ugo Franceschetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Giuseppe Lo Pinto in Roma, via Vittoria Colonna 32;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 01229/2019, resa tra le parti, concernente dichiarazione di inefficacia di scia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Firenze e di Regione Toscana e di Thoni S.r.l. e di Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2021 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti gli avvocati Felli Nicoletta, Lo Pinto Giuseppe, Franceschetti Ugo.

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente, la società A R, ha appellato la sentenza n. 1229/2019 del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione Terza, sui ricorsi riuniti R.G. n. 691/2018 e n. 1299/2018, pubblicata in data 11.09.2019

In particolare, la Thoni S.r.l. è proprietaria di un appartamento per civile abitazione in Firenze, Costa S. Giorgio 30, all’interno della ex chiesa dei Santi Cristina e Agostino, munito di terrazza panoramica con affaccio sul Lungarno.

L’unita immobiliare soprastante, adibita a studio, è di proprietà dell’odierna appellante. Quest’ultima, in forza di segnalazione certificata di inizio attività presentata il 24 novembre 2017, nel febbraio 2018 ha intrapreso e in breve tempo portato a termine lavori di restauro e risanamento conservativo per la riapertura di due finestre sulla facciata dello stabile, in corrispondenza della terrazza posta al livello inferiore.

Trattandosi di edificio vincolato, l’intervento è stato preceduto dal nulla osta della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Prato e Pistoia, rilasciato per atto del 26 settembre 2017.

L’assenso della Soprintendenza si basa sulla preventiva esecuzione di uno studio termografico, che avrebbe rivelato la probabile preesistenza delle aperture, poi murate, di foggia analoga ad altre sei finestre presenti sulla facciata, a livello del sottotetto, anch’esse in precedenza murate ma più “leggibili” perché tamponate solo parzialmente e comunque ben visibili al di sotto dell’intonaco esterno, rimosso durante lavori di ripristino.

Avverso tale riapertura – o apertura – delle due finestre, la Thoni S.r.l. ha impugnato dinanzi al T.A.R. Toscana, con il ricorso di cui al n. 691/2018 R.G., il nulla osta della Soprintendenza e l’autorizzazione paesaggistica che ha presunto essere stata rilasciata per lo stesso intervento dal Comune di Firenze, contestando la preesistenza delle aperture.

Con motivi aggiunti, il gravame è stato esteso in corso di causa al nulla osta rilasciato dalla medesima Soprintendenza il 17 aprile 2018, in variante al progetto autorizzato originariamente e, in particolare, per la parziale modifica (traslazione) della posizione delle finestre.

Frattanto, il Comune di Firenze – dietro sollecitazione di Thoni S.r.l. e del Condominio di Costa S. Giorgio 30 – aveva peraltro provveduto a ingiungere all’appellante la sospensione dei lavori, in realtà già conclusi, e a dichiarare, con ordinanze del 19 giugno e del 12 luglio 2018, in autotutela, ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, l’inefficacia della S.C.I.A. in virtù della quale l’intervento era stato eseguito, nonché della successiva S.C.I.A. in variante, relativa alla traslazione delle finestre.

La motivazione dei provvedimenti comunali fa riferimento a tre aspetti, che possono essere così sintetizzati:

- mancanza dell’autorizzazione condominiale circa l’inserimento delle finestre sulla facciata, parte comune dell’edificio;

- mancata trasmissione del progetto all’ufficio tecnico regionale ai fini dell’autorizzazione prevista dagli artt. 93 e 94 del d.P.R. n. 380/2001, trattandosi di immobile ricadente in zona sismica. Sul punto, il Comune rinvia alle note del Settore Sismica della Regione Toscana in data 18 maggio e 11 giugno 2018, ove si afferma che, all’esito di sopralluogo, la preesistenza delle finestre non potrebbe dirsi dimostrata in modo palese. L’ufficio regionale, prendendo posizione sui risultati dell’indagine termografica, ne smentisce l’univocità, sostenendo che essi avrebbero dovuto essere confermati da ulteriori saggi e documentazione fotografica, da raccogliersi in ultimo al momento della demolizione della parete, a riprova e convalida di quanto inizialmente ipotizzato;
e, in considerazione dei dubbi residui, conclude in via cautelativa e secondo il principio di precauzione per la necessità di una specifica progettazione antisismica, se del caso da presentare in sanatoria;

- inosservanza delle distanze previste dal codice civile tra le finestre e la terrazza sottostante, di proprietà Thoni, non contenendo la pratica edilizia alcuna indicazione al riguardo.

Infatti, anche il Settore Sismica della Direzione Ambiente ed Energia della Regione Toscana si era interessato alla vicenda, ancora una volta su sollecitazione di Thoni S.r.l.;
e, dopo aver verificato lo stato dei luoghi, aveva attestato – rivolgendosi alla proprietà e al Comune – la necessità di predisporre, ai sensi dell’art. 182 l.r. toscana n. 65/2014, un progetto a sanatoria comprovante la rispondenza delle finestre alle normative antisismiche vigenti al momento della loro apertura e a quelle attuali, ovvero un apposito progetto di adeguamento.

Gli atti e provvedimenti adottati dal Comune di Firenze e dalla Regione sono stati a loro volta impugnati dall’odierno appellante con il ricorso iscritto al n. 1299/2018 R.G.

A sostegno dell’azione la società A R, come primo motivo del ricorso n. 1299/2018, ha criticato la scelta dell’amministrazione comunale di recepire acriticamente le valutazioni espresse dal Settore Sismica della Regione, essendo evidente che i funzionari regionali non avrebbero inteso esprimere un dato tecnico oggettivo, ma una loro personale “opinione”, oltretutto smentita per tabulas dai risultati della termografia.

Il Comune avrebbe trascurato l’opposto giudizio tecnico della Soprintendenza, che aveva ritenuto la termografia concludente circa la preesistenza delle due aperture sulla facciata, senza oltretutto tenere conto del fatto che gli stessi tecnici della Regione avevano rilevato la presenza nella parete di architravi metalliche, elementi che costituirebbero la dimostrazione certa della preesistenza delle aperture. L’istruttoria comunale sarebbe stata inoltre insufficiente per essere stata omessa l’audizione dei muratori chiamati a eseguire l’intervento, i quali avrebbero potuto confermare le caratteristiche della muratura rinvenuta.

Con il secondo motivo, la società A R ha invocato l’art. 1102 c.c. per contestare che l’intervento richiedesse il consenso del condominio.

Con il terzo motivo, si afferma che gli eventuali diritti dei terzi asseritamente lesi dal titolo edilizio troverebbero tutela unicamente dinanzi al giudice civile e non giustificherebbero l’esercizio dei poteri amministrativi di annullamento d’ufficio, che, in ogni caso, potrebbero venire esercitati solo in presenza di ragioni di pubblico interesse e tenendo in considerazione gli interessi dei destinatari oltre che quelli dei controinteressati, valutazione di cui non vi sarebbe traccia di sorta negli atti impugnati.

Con il quarto motivo, infine, la società ricorrente deduce che le ordinanze impugnate sarebbero viziate anche sotto il profilo della competenza, giacché l’adozione di eventuali provvedimenti ripristinatori riferiti a immobili vincolati spetterebbe alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, titolare della tutela del vincolo.

L’adito T.A.R., con la sentenza impugnata in questa sede di appello, ha riunito i due ricorsi e:

- ha accolto il ricorso n. 691/2018 R.G. e per l’effetto, preso atto della rinuncia al capo di domanda diretto dalla ricorrente Thoni S.r.l. nei confronti del Comune di Firenze, ha annullato i provvedimenti ivi impugnati;

- ha rigettato il ricorso n. 1299/2018 R.G.

In particolare, la sentenza in questa sede gravata, per quanto riguarda il rigetto del ricorso n. 1299/2018 R.G., ha ritenuto in sede motivazionale:

- che i poteri esercitati dal Comune non hanno esorbitato i suoi poteri di vigilanza sui diversi profili attinenti alla violazione della disciplina urbanistico-edilizia, essendo stato l’intervento in autotutela circoscritto agli aspetti edilizi della S.C.I.A. presentata dalla società A R;

- che la decisione del Comune di adeguarsi alle valutazioni del Settore Sismica della Regione sia stata coerente con la delicatezza dell’interesse tutelato dagli artt. 93 e 94 del d.P.R. n. 380/2001 e che tale scelta che non può ritenersi viziata per essere stata omessa l’audizione del personale incaricato di eseguire l’intervento. Il Settore Sismica della Regione Toscana aveva espresso il parere secondo cui la termografia ante intervento poteva ritenersi utile solo in fase di prima valutazione, fermo restando la necessità di ulteriori saggi e documentazione fotografica, da eseguirsi al momento della demolizione delle presunte tamponature, per confermare l’ipotesi della preesistenza. Tali ulteriori saggi e ulteriore documentazione fotografica non risultano essere stati acquisiti. Pertanto “ Anche a voler condividere, cioè, la valutazione della Soprintendenza circa l’idoneità dei risultati probabilistici dell’indagine termografica a garantire la tutela del vincolo… questo non rende illegittima la pretesa della Regione di avvalersi, al diverso fine della sicurezza antisismica dell’edificio, di un metro di giudizio più severo e di esigere che l’ipotesi avallata in prima battuta dalla termografia trovasse un successivo riscontro ”;

- che il mancato rispetto della disciplina in materia antisismica implicasse la contrarietà dell’intervento all’art. 1122 c.c., che fa divieto ai condomini di eseguire opere suscettibili di arrecare danno alla stabilità e alla sicurezza dell’edificio, indipendentemente dall’eventuale assenso del condominio, peraltro nel caso di specie mancante;

- la correttezza dell’operato del Comune nell’aver ritenuto che le segnalazioni certificate presentate dall’odierna appellante fossero viziate nella parte in cui non attestavano - con il corredo delle relative misurazioni - il rispetto della distanza imposta tra le finestre e la terrazza di proprietà della Thoni S.r.l. dall’art. 905 c.c.;
norma che si applica anche in ambito condominiale, qualora occorra risolvere conflitti fra le singole porzioni in proprietà esclusiva. La circostanza che l’unità immobiliare soprastante la terrazza di proprietà Thoni già disponesse di un’apertura sulla facciata in questione risulterebbe irrilevante, posto che la realizzazione di due aperture di dimensioni ben maggiori di quella preesistente (inglobata in una delle nuove finestre) comporta comunque un vistoso e non consentito aggravio della servitù di veduta rivendicata dalla società A R;

- l’esistenza delle ragioni di interesse pubblico che legittimano il ricorso all’autotutela, che sono indicate espressamente dal Comune di Firenze nell’ordinanza n. 478/2018 e mutuate dalla successiva ordinanza n. 521/2018, quali afferenti ai principi di prudenza a tutela dell’incolumità pubblica e privata sottesi alle valutazioni del Settore Sismica regionale e recepiti dal Comune. Si verte, inoltre, in una di quelle situazioni in cui l’interesse pubblico tutelato dall’amministrazione procedente ha rilievo “autoevidente” e prevale di per sé sull’affidamento rivendicato dalla parte privata;

per quanto riguarda l’accoglimento del ricorso n. n. 691/2018 R.G. la medesima sentenza ha ritenuto:

- di respingere l’eccezione di irricevibilità per tardività dell’impugnativa avverso il nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti di Firenze, Pistoia e Prato il 26 settembre 2017, prot. n. 19883, in quanto nel cartello di cantiere, apposto sin dall’inizio dei lavori, recante gli estremi del nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza e della S.C.I.A. presentata al Comune di Firenze, la descrizione delle opere (“opere di restauro e risanamento conservativo”) è generica al punto di non consentire in alcun modo di apprezzarne le possibili ricadute negative a carico delle proprietà confinanti, con l’ulteriore conseguenza che neppure può ipotizzarsi nei confronti dei vicini – a partire da Thoni S.r.l. – un onere di immediata attivazione. Deve farsi applicazione della regola generale, che identifica il dies a quo dal quale decorre il termine per impugnare nella conclusione delle opere, o comunque nel momento della piena conoscenza del contenuto dei titoli abilitativi, il ricorso risulta notificato tempestivamente l’ultimo giorno utile;

- la fondatezza del motivo di ricorso basato sul difetto di istruttoria. L’istruttoria espletata dalla Soprintendenza fiorentina ai fini del rilascio dei nulla osta alla riapertura delle finestre è consistita nell’acquisizione degli elaborati tecnici e della documentazione fotografica prodotta dalla proprietà, inclusi i risultati dell’indagine termografica eseguita sulla parete interessata. Gli atti impugnati, in motivazione, si limitano a un generico rinvio a quanto allegato alla pratica, senza esprimere alcuna autonoma valutazione aggiuntiva circa gli esiti dell’istruttoria;
e poiché della preesistenza delle finestre non vi sono evidenze documentali storiche, l’autorizzazione alla loro riapertura non può che reputarsi fondata, da parte della Soprintendenza, sui risultati della termografia, unico riscontro della possibile presenza di tamponature nascoste dagli intonaci della parete.

Lo studio termografico non ha offerto, tuttavia, conclusioni certe, evidenziando “probabili tamponature di aperture preesistenti” e ciò avrebbe dovuto suggerire l’esecuzione di ulteriori verifiche nella fase di esecuzione dei lavori, a maggior ragione a seguito della richiesta di variante presentata dalla proprietà e motivata in ragione della non perfetta coincidenza fra i risultati della termografia e il concreto stato dei luoghi, quale rilevato, ma non documentato, nel corso dei lavori.

L’odierna appellante ha gravato quest’ultima sentenza deducendo i seguenti rubricati motivi di ricorso:

I – ILLEGITTIMITA‘ DELLA SENTENZA APPELLATA;
INSUFFICIENZA ED ERRONEITA’ DELLA MOTIVAZIONE;
ILLOGICITA‘, TRAVISAMENTO DEI FATTI.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 19 E 21 NONIES DELLA L. N. 241/1990 E DELL’ART. 146 DELLA L.R.T. N. 65/2014;
ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA, DIFETTO DEI PRESUPPOSTI. ERRORE.

La parte appellante critica le sentenza in questione rilevando che “ non risulta condivisibile l’affermazione che la questione della preesistenza (o meno) delle finestre, posta alla base dei provvedimenti comunali di inefficacia della SCIA assunti in via di pretesa autotutela – ma invero ad esclusiva tutela di terzi – a lavori ultimati, non comporti alcuna “sovrapposizione“ tra le valutazioni comunali e quelle compiute dalla Soprintendenza circa la compatibilità dell’intervento con il vincolo gravante sullo stabile e, dall’altro, che non fosse da scrutinare con attenzione l’obbligo di una stringente e precisa motivazione – secondo i principi consolidati – dei provvedimenti adottati dall’amministrazione comunale in via di (pretesa) autotutela, sulla base di un mero “dubbio ”, riguardante oltretutto soltanto una delle due finestre oggetto della pratica edilizia dichiarata inefficace;
ciò, peraltro, a fronte del precedente provvedimento di autorizzazione rilasciato dalla Soprintendenza e dei diritti del soggetto destinatario dell‘atto che aveva già ultimato, sulla base delle pratiche edilizie presentate (ed esaminate), i lavori edilizi oggetto delle stesse”.

Nessun rilievo è stato dato alla circostanza che la SCIA n. 11504/2017 avesse a oggetto la riapertura di due finestre preesistenti sulla facciata condominiale e fosse basata espressamente sulle risultanze della termografia eseguita e allegata alla pratica e sul nulla osta della Soprintendenza rilasciato su tali specifici presupposti (in ragione della conoscenza dei luoghi e degli studi già eseguiti), espressamente esaminati dal competente Servizio edilizia privata del Comune. Nessun rilievo è stato dato anche al fatto che, per espressa indicazione della Soprintendenza, l’intervento in questione non fosse soggetto ad autorizzazione paesaggistica ai sensi dell‘art. 149 del Codice beni culturali.

L’amministrazione comunale, inoltre, sarebbe stata onerata dal rilevare nel termine di cui all’art. 19, comma 3 e 6 bis L. n. 241/1990, tutte le carenze della segnalazione eventualmente esistenti ovvero imporre opere o modalità costruttive ritenute necessarie. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti inibitori, infatti, l’amministrazione perde il potere di rilevare carenze documentali della pratica edilizia, che ben avrebbero potuto essere, in quella sede, evidenziate, ove in effetti sussistenti.

La medesima parte appellante rileva come “ La Soprintendenza compente, dunque, sulla base delle conclusioni di tale studio termografico e della pregressa approfondita conoscenza del complesso architettonico, così come anche ripercorso negli atti, riteneva di rilasciare, ai sensi dell’art. 21, comma 4, del D. Lgs. n. 42/2004, il nulla osta alla proprietà per la riapertura delle due finestre già esistenti sulla facciata laterale dell’immobile senza porre alcuna condizione o imporre cautele. D’altra parte non appare neppure ipotizzabile che la Soprintendenza di Firenze, preposta istituzionalmente alla tutela dei beni culturali e che notoriamente adotta parametri di giudizio assai conservativi nell’esercizio dei propri poteri di tutela dei beni oggetto di vincolo, abbia rilasciato, senza prescrizioni, un provvedimento di nulla osta per la riapertura delle due finestre sulla facciata dell’edificio e su un prospetto “visibile” dello stesso se non avesse avuto la piena certezza della conclusività degli accertamenti effettuati quanto alla preesistenza delle aperture stess e”.

Solo dopo il rilascio del nullaosta è stata presentata la SCIA con l’esplicita indicazione che l’oggetto dell’intervento era costituito dalla riapertura delle due finestre già esistenti sulla facciata dell’edificio, quali ricavabili dallo studio termografico che si allegava.

Laddove, quindi, l’amministrazione comunale al momento dell’esame di una pratica edilizia volta ad un intervento di “ripristino” di una situazione pregressa avesse ritenuto la documentazione offerta a supporto della preesistenza non sufficiente o non idonea avrebbe dovuto, in quella stessa sede, richiedere eventuali ulteriori accertamenti o imporre eventuali cautele o modalità esecutive dei lavori ovvero sospendere la segnalazione stessa. Ciò che non è avvenuto. Trattandosi di intervenire su aperture che la stessa Sovrintendenza aveva ritenuto essere già esistenti, non sussisteva l’obbligo di presentare un progetto al Genio civile, non andandosi ad alterare la statica originaria della struttura dell’edificio. Non sussistevano dunque, contrariamente a quanto asserito dal Primo Giudice, elementi di opinabilità al momento dell’esecuzione dei lavori.

Al contrario anzi, A R aveva tutti gli elementi – ivi compreso l’esame analitico della documentazione presentata, comprensiva della termografia già analizzata dalla Soprintendenza, anche da parte del Comune – per ritenere che i lavori di riapertura delle finestre fossero confermati nella loro piena fattibilità, non esistendo dunque alcuna indicazione di segno contrario che imponesse di documentare l’attività edilizia che si andava a svolgere.

I tecnici regionali intervenuti hanno ritenuto non conclusiva la documentazione esistente (termografia), pur non mettendo in dubbio l’evidenza non discutibile dell‘apertura posta sulla sinistra della facciata (vista dall’esterno) dalla stessa ricavabile, ma esprimendo esclusivamente un’incertezza (del tutto soggettivo) sulla seconda apertura, posta a destra, incertezza peraltro relativa essenzialmente alla sua effettiva dimensione, e benché, tramite l’uso del pacometro (strumento tecnico dai medesimi impiegato di loro iniziativa), venisse rilevata la presenza di architravature metalliche in corrispondenza con le aperture ovvero di un elemento di conferma del medesimo dato ricavato dalla termografia.

La parte appellante, in sostanza, rileva che, a fronte di un’opinione espressa in termini del tutto dubitativi e, oltretutto, contraddittori, il Comune di Firenze avrebbe dovuto necessariamente tenere in considerazione il fatto che, al contrario, l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo aveva ritenuto esauriente e conclusiva quella stessa documentazione rilasciando l’espresso atto di autorizzazione e disporre un obbligatorio approfondimento istruttorio, del tutto mancato.

E ciò, in particolare, visto il tempo trascorso, l’intervenuta ultimazione dei lavori e l’insussistenza di concreto pericolo, ma anche considerati gli altri elementi disponibili, ivi compresa la dichiarazione del tecnico incaricato da A R, peraltro supportata anche dalla dichiarazione dell’imprenditore edile, circa il fatto che il tamponamento rinvenuto fosse costituito da materiale non coeso legato insieme da malta di calce e non ammorsato nella muratura portante.

L’obbligo per l’amministrazione di verificare con scrupolo la sussistenza dei presupposti di legge per l'esercizio del potere di "ritiro" (ex art. 21nonies l. 241/90) imponeva questo necessario approfondimento istruttorio, tenuto conto che non si poteva prescindere dalla puntuale verifica dell’illegittimità dell’atto poi annullato e- dalla individuazione dell’interesse pubblico effettivamente tutelato e dalla considerazione dell’interesse del destinatario dell’atto. Circostanza che il Primo Giudice non ha correttamente censurato.

Errata si paleserebbe, inoltre, l’affermazione contenuta nella sentenza circa l’asserita irrilevanza degli accertamenti successivamente compiuti dal Settore Sismica, ovverosia dell’ulteriore sopralluogo compiuto in data 1.8.2018, non essendo stata ritenuta determinante la circostanza che l’accertamento che gli architravi presenti fossero, oltre che corrispondenti all’apertura, di antica fattura (per il materiale impiegato), ovverosia di un ulteriore elemento di conferma del dato ricavato dalla termografia, in quanto la presenza di architravi di antica fattura, a detta del Primo Giudice, impedirebbe di escludere che “esse non siano di nuova posa in opera”.

Non risulterebbe neppure accurata l’affermazione che la presenza di architravi non sarebbe evidenziata dallo studio termografico, perchè, da un lato, smentita dalla circostanza che lo stesso Settore Sismica esprime la sussistenza di un dubbio solo con riferimento ad una delle due aperture e, dall’altro, sconfessata dalla presenza di una maggiore brillantezza rilevata dalla termocamera nella porzione sottogronda, sotto l’aggetto del tetto, così come accade nella porzione di facciata sottostante, in corrispondenza delle altre finestre ivi presenti, ove si verifica lo stesso fenomeno.

Il Comune di Firenze avrebbe dovuto tenere soprattutto in considerazione che la preesistenza delle aperture era stata ritenuta certa dalla Soprintendenza, principalmente interessata a non consentire possibili abusi sugli immobili vincolati, non veniva invero fondatamente messa in dubbio da quanto ipotizzato dal Settore Sismica.

Inoltre, la presentazione di specifico progetto è esclusa dall’art. 93 del D.P.R. n. 380/2001 e dall’art. 169 L.R.T. n. 65/2014, alla luce di quanto anche espressamente disposto dall’art. 12 del Regolamento regionale n. 36/R (Decr. P.G.R.T. n. 36/R del 9.7.2009), per gli interventi di riapertura di finestre preesistenti, già dotate di architravatura, in quanto strutturalmente non significativi, il primo giudice avrebbe dovuto rilevare che non vi erano i presupposti per ritenere viziata la segnalazione certificata e per dar luogo al provvedimento di ritiro, provvedimento in ordine al quale risultavano altresì insussistenti – alla luce degli accertamenti compiuti – le ragioni di pubblico interesse concreto e attuale di rischio per la pubblica e privata incolumità, comprovato oltretutto dal mancato esercizio di poteri di intervento da parte del settore regionale a ciò preposto.

Infine, l’asserita violazione dell’art. 1122 c.c. oltre che inesistente non sarebbe stata nemmeno rilevata nel provvedimento gravato di ritiro della SCIA.

II – ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA APPELLATA, INSUFFICIENZA ED ERRONEITA’ DELLA MOTIVAZIONE SOTTO ULTERIORE PROFILO;
TRAVISAMENTO DEI FATTI, ILLOGICITA’;
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 19 E 21 NONIES DELLA L. N. 241/1990, DELL’ARTT. 145 E 146 DELLA L.R.T. N. 65/2014, DELL‘ART. 905 C.C.;
ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA, DIFETTO DEI PRESUPPOSTI, SVIAMENTO. ERRORE.

Erronea risulterebbe inoltre la sentenza anche nella parte in cui ha rilevato la violazione della normativa sulle distanze, dal momento che la distanza posta dall’art. 905 c.c. è rispettata nel caso di preesistenza di una finestra nel caso di fabbricati condominiali e, in ogni caso, decorso il termine per l’esercizio di poteri inibitori, soltanto l’individuazione di uno specifico interesse pubblico avrebbe potuto giustificare il ricorso all’esercizio dell’autotutela prefigurato dall’art. 21 nonies L. n. 241/1990 ove vi fossero stati dei reali profili di illegittimità nella SCIA.

Tale interesse non può coincidere con la mera legittimità dell’atto, nè con l’interesse del privato al rispetto della distanza dalle vedute. L‘eventuale aggravio di una servitù di veduta esistente avrebbe al più potuto rilevare sotto il profilo privatistico, ma mai giustificare l’annullamento delle segnalazioni certificate. Inoltre, la terrazza, rispetto alla quale la esponente Thoni ha lamentato il mancato rispetto delle distanze, non appare legittimata da alcun apposito titolo reperibile presso il Comune.

III - ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA APPELLATA, INSUFFICIENZA ED ERRONEITA’ DELLA MOTIVAZIONE SOTTO ULTERIORE PROFILO;
TRAVISAMENTO DEI FATTI, ILLOGICITA’;
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 19 E 21 NONIES DELLA L. N. 241/1990, DELL’ART. 146 DELLA L.R.T. N. 65/2014;
ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA, DIFETTO DEI PRESUPPOSTI, ERRORE.

La sentenza appare errata e meritevole di annullamento anche laddove ha ritenuto che le ragioni di interesse pubblico che legittimano l’autotutela sarebbero state indicate dal Comune, nel richiamo a principi di prudenza a tutela della incolumità pubblica e privata, di modo che il riferimento alle disposizioni in tema di rischio sismico, sarebbero di per sè sufficienti ad integrare il presupposto ed esonererebbero il Comune dalla considerazione degli interessi della destinataria dell’atto.

Difetta, in ogni caso, nell’atto comunale gravato davanti al TAR, qualsiasi apprezzamento dell’interesse dei destinatari dell’atto stesso, essendo mancata una motivata ponderazione fra i diversi interessi in gioco.

IV – ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA APPELLATA PER OMESSA PRONUNCIA;
CARENZA DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 19 E 21 NONIES DELLA L. N. 241/1990 SOTTO ULTERIORE PROFILO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 145 DELLA L.R. N. 65/2014. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1102 E 1117 C.C. ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA, DIFETTO DEI PRESUPPOSTI, ERRORE. SVIAMENTO.

La parte appellante, inoltre, in funzione dell’assorbimento operato dal T.A.R. fiorentino, ancorchè lo stesso abbia in realtà dato conto delle censure riguardanti le valutazioni operate dal Comune sulle distanze, riproduce i motivi di gravame a suo dire non direttamente esaminati dal giudice di prime cure nella sentenza appellata.

In particolare, la parte appellante contesta l’affermata necessità dell’autorizzazione da parte del condominio, quale “proprietario” della parte comune costituita dalla facciata nel cui ambito viene inserita la finestra. L’art. 145 della L.R. n. 65/2014 (ma così anche il T.U. Edilizia) prevede che la SCIA sia presentata dal proprietario “o da chi ne abbia titolo”. Ciò in quanto “ Come noto, in materia di condominio, il codice civile (art. 1102 c.c.) – per come interpretato in maniera granitica anche dalla giurisprudenza – riconosce il diritto di ciascun proprietario della cosa comune, come viene ritenuta la facciata, di farne uso, anche per un fine esclusivamente proprio, e di realizzare interventi sulla cosa comune (per il miglior godimento della proprietà esclusiva), purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta il pari uso degli altri condomini. Poiché l’apertura di finestre sul muro comune di facciata non incide sulla destinazione del muro stesso e non impedisce, essendo le finestre aperte in corrispondenza della proprietà privata, il pari uso da parte degli altri condomini (fra le tante, Cass.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi