Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-09-06, n. 201204740

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-09-06, n. 201204740
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204740
Data del deposito : 6 settembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05023/2011 REG.RIC.

N. 04740/2012REG.PROV.COLL.

N. 05023/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5023 del 2011, proposto da:
G F, rappresentato e difeso dall'avv. A V, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Ennio Quirino Visconti, 61;

contro

U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria e Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZIONE STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00158/2011, resa tra le parti, concernente INFORMATIVA ANTIMAFIA INTERDITTIVA di PREFETTURA DI REGGIO CALABRIA-UTG n.5536/2009.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 13 luglio 2012 il Cons. Vittorio Stelo e uditi gli avvocati Veneto e dello Stato Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria, con sentenza n. 158 del 9 febbraio 2011 depositata il 2 marzo 2012, ha respinto, con compensazione delle spese, il ricorso proposto dal signor G F, titolare della ditta Ferrari auto nuovo ed usato, avverso l’informativa interdittiva antimafia adottata dall’U.T.G. – Prefettura di Reggio Calabria n. 5536 del 23 gennaio 2009.

Il Tribunale, dopo aver ricostruito puntualmente i contorni della materia, ha ritenuto fondato il quadro indiziario posto a presupposto del provvedimento e incentrato sulla pluralità dei rapporti parentali, soprattutto del coniuge, e l’unicità della cosca di appartenenza di tutti i soggetti in esame ( Mammoliti – Rugolo).

2. Il sig. Ferraro, con atto notificato il 7 giugno 2011 e depositato il 16 giugno 2011, ha interposto appello, con istanza di sospensiva, deducendo la carenza di istruttoria e di motivazione dell’informativa prefettizia, che non avrebbe adeguatamente valutato e approfondito gli elementi posti a base della stessa, che, come riferisce l’appellante, è stata poi confermata nel maggio 2010.

Si soggiunge che le relazioni parentali e il presunto unico contesto mafioso non potevano di per sé giustificare l’interdittiva, come affermano anche più sentenze del giudice amministrativo e come è nello spirito della stessa normativa;
per di più gli elementi indiziari risalgono a tempi remoti e taluni procedimenti penali si sono conclusi a favore degli imputati.

3. La Sezione, con ordinanza n. 3072 del 15 luglio 2011, ha accolto l’istanza sospensiva della sentenza, rimettendo all’udienza di merito l’approfondimento della questione.

4. Il Ministero dell’Interno si è costituito durante la camera di consiglio del 15 luglio 2011 per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato, e, con memoria depositata il 14 maggio 2012, ha ribadito la legittimità della sentenza appellata e del provvedimento in contestazione.

5. All’udienza pubblica del 13 luglio 2012, presenti i legali delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

6.1. Ciò premesso in fatto, l’appello è infondato, dovendosi concordare con le estese argomentazioni già svolte dal T.A.R., alle quali si fa richiamo.

6.2. In via preliminare è bene rammentare che sul piano generale la materia attiene all’applicazione degli artt. 4 del D.Lgs n. 490/1994 e 10 del D.P.R. n. 252/1998 ed è stata oggetto di più pronunce giurisprudenziali secondo un orientamento ormai consolidato, ribadito anche dalla Sezione con proprie sentenze (cfr, ex multis, n. 2352, 3281, 4360, 6427, 6456/2011), alle quali ci si riporta anche per esigenze di economia processuale.

6.3. Nel caso di specie, in effetti, la sentenza impugnata ha ritenuto di soffermarsi sul contesto e sui contenuti sostanziali dei presupposti e degli elementi che intendevano motivare l’emanazione di un’informativa prefettizia interdittiva antimafia e, in particolare, sul “vincolo di affinità”, aderendo anche, sul piano generale, a talune considerazioni di parte appellante.

Però il giudice di prime cure, proprio dall’esame fattuale del quadro indiziario delineato dalla Prefettura di Reggio Calabria a carico del signor Ferraro e pure con qualche puntualizzazione su talune circostanze, ha evidenziato due elementi oggettivi quali la pluralità dei rapporti parentali (a vario titolo, genero, suoceri, fratelli, cognati, zii) e l’unicità della cosca di appartenenza di tutti i soggetti in esame (Mammoliti – Rugolo), ritenendo di inferire da ciò il condizionamento mafioso e il pericolo di infiltrazioni.

Dagli atti istruttori, infatti, sono emersi elementi ben più pregnanti di un mero e isolato rapporto di parentela, superato invero dalla pluralità di rapporti familiari che si intrecciano e si innestano in capo all’unico titolare dell’impresa, quindi con una serie di indizi plurimi e convergenti in una direzione unica, in contiguità con un ben determinato e specifico ambiente criminale e con contorni di certo inequivoci.

Pur se il Collegio è consapevole della giurisprudenza amministrativa che ha escluso la legittimità di un’informativa basata soltanto su rapporti parentali, come sottolineato dallo stesso T.A.R., nondimeno nel caso concreto ( e l’esame del giudice va sempre contestualizzato alla specifica fattispecie) la parentela così “ramificata” può giustificare l’adozione del provvedimento che è inteso non a reprimere, ma a prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose;
anche la circostanza che in concreto si tratta di un imprenditore singolo (ditta individuale) può far plausibilmente ritenere che sia più facile un suo condizionamento da parte di esponenti della famiglia malavitosa locale, rispetto a ciò che può avvenire nei confronti di una società, composta da più soggetti (cfr. Sez. VI, n. 5879/2010).

In effetti, ad avviso della Sezione si evidenzia un “reticolo” di collegamenti, rapporti e intrecci fra persone, parenti e società e, quindi, di interessi economici, imprenditoriali e sociali non smentiti dall’appellante, che non adduce argomenti probatori tali da contrastare oggettivamente il quadro indiziario complessivo, non superato di certo dalle singole circostanze dedotte dall’interessato, per lo più afferenti a specifici provvedimenti giudiziari e all’apodittica affermazione che i familiari della moglie non sono più inseriti nella consorteria mafiosa.

Emerge, quindi, chiaramente il generale contesto di permeabilità mafiosa in un ambiente territoriale particolarmente esposto a “influenze” mafiose, che, come noto, sono inclini a coinvolgere soggetti apparentemente “neutri”.

6.4. Riguardo “all’attualità” dell’informativa, si rammenta che la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente posto in rilevo che l’informativa non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certo sull’esistenza della contiguità con organizzazioni malavitose e ad un condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma puo’ essere sorretta da elementi sintomatici ed indiziari da cui emergano gli elementi di pericolo di dette infiltrazioni mafiose (cfr. anche III, n. 4360/2011).

Ne consegue che le doglianze con le quali si imputa all’Autorità prefettizia di non aver tenuto conto di altre situazioni ed eventi che dimostrerebbero, in ultima analisi, la mancanza di condizionamenti da parte di organizzazioni criminali, non scalfiscono minimamente, in atto e in prospettiva, il quadro indiziario che è emerso dalla istruttoria posta alla base della informativa e supportata da rapporti delle forze dell’ordine e che rende del tutto attendibili le conclusioni cui essa è pervenuta, sì da far ritenere ragionevolmente, secondo l’id quod plerumque accidit, l’esistenza di elementi che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto con la pubblica amministrazione.

In conclusione, il Collegio, sulla base di tali premesse, ritiene che nella fattispecie in esame l‘adozione della informativa oggetto di contestazione appare giustificata sulla base dei molteplici elementi indiziari richiamati, anche per relationem, nel provvedimento del Prefetto e che nessuna delle censure dedotte riveste consistenza tale da incidere sulla legittimità della informativa prefettizia.

7. Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto, così confermando la sentenza impugnata.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.




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