Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-04-04, n. 202303485
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Pubblicato il 04/04/2023
N. 03485/2023REG.PROV.COLL.
N. 03163/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3163 del 2017, proposto da -OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati S L, G V, con domicilio eletto presso lo studio S L in Roma, piazza dei Prati degli Strozzi, 26;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Melendugno, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato R D G, con domicilio eletto presso lo studio Giulio Micioni in Roma, via Postumia 3;
Polizia di Stato - Compartimento Polizia Ferroviaria Puglia, Basilicata e Molise, in persona del legale rappresentante
pro tempore
;Comune di Melendugno, Comando di Polizia Municipale, in persona del Comandante
pro tempore
, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza -OMISSIS- del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, Sezione Prima.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e del Comune di Melendugno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2023 il Cons. Vincenzo Lopilato, uditi per le parti gli avvocati e viste le conclusioni delle parti come da verbale.
FATTO
1.- L’odierna appellante è titolare di una ditta che gestisce un impianto di autodemolizione nel Comune di Melendugno a seguito del rilascio dell’autorizzazione della Provincia dell’11 ottobre 2010, n. 2346.
Il Comune, su segnalazione del Compartimento di polizia ferroviaria, con ordinanza del 16 novembre 2012, n. 177, ha sospeso lo svolgimento della suddetta attività. In particolare, i fatti contestati erano i seguenti: mancata etichettatura dei contenitori dei rifiuti speciali con apposito codice;mancata bonifica delle fuoriuscite anche accidentali;mancata previsione di vie di transito tra i veicoli stoccati ed adeguata distanza di sicurezza tra le varie pile;rinvenimento di 62 Kg di cavi di rame di pertinenza di Telecom s.p.a. e di provenienza furtiva.
2.- La parte ha impugnato tale provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, che, con sentenza -OMISSIS-, lo ha annullato, ritenendo che il Comune non avesse il potere di sospensione. In particolare, si è affermato che l’art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 prevede che i Comuni esercitano poteri di polizia amministrativa locale, tra l’altro, in relazione al rilascio di licenza per esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture simili. Il comma 4 ha disposto che tali poteri sono esercitati previa comunicazione al Prefetto e che la licenza deve essere sospesa, annullata o revocata per motivata richiesta dello stesso.
Il Tar ha ritenuto che tale norma autorizzi la sospensione dei provvedimenti adottati della stessa amministrazione e non da altre amministrazioni. Nella specie il provvedimento autorizzatorio sospeso era stato adottato dalla Provincia. Inoltre, si è affermato che non vi fossero neanche i presupposti di urgenza che comunque avrebbero richiesto l’intervento del Sindaco e non del funzionario comunale.
Con separato ricorso la ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni subiti a seguito della suddetta sospensione.
3.- Il Tar, con sentenza 3 novembre 2016, n. 1643, ha rigettato il ricorso, ritenendo che il Comune non potesse considerarsi responsabile per mancanza di colpa.
4.- La ricorrente di primo grado ha proposto appello.
4.1.- Si è costituito in giudizio il Comune, rilevando come non possa ritenersi che vi sia colpa dell’amministrazione sia per la complessità del quadro normativo sia per la particolarità della vicenda che si è caratterizzata per la segnalazione proveniente da una autorità dotata di specifiche competenze in materia di sicurezza.
5.- La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 9 marzo 2023.
DIRITTO
1.- La questione posta all’esame della Sezione attiene alla sussistenza della responsabilità del Comune per avere sospeso lo svolgimento dell’attività dell’appellante che gestisce un impianto di autodemolizione con una ordinanza che è stata ritenuta, con sentenza passata in giudicato, illegittima per difetto di competenza.
2.- L’appello non è fondato.
2.1.- La responsabilità della pubblica amministrazione da provvedimento illegittimo – secondo la qualificazione effettuata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7) – è una responsabilità che deve essere ricondotta al modello della responsabilità civile. Gli elementi costitutivi di tale responsabilità sono i seguenti: i ) elemento oggettivo, articolato, al suo interno, in condotta, rapporto di causalità materiale e danno ingiusto, inteso come lesione di una situazione giuridica rilevante; ii ) antigiuridicità, che esprime il rapporto di contraddizione tra il fatto e l’intero ordinamento giuridico; iii ) elemento soggettivo, comprensivo della imputabilità, del dolo e della colpa. In relazione alle conseguenze, la fattispecie illecita, così come sopra individuata, deve essere connessa ai pregiudizi diretti e immediati, subiti dalla parte danneggiata, di carattere patrimoniale o non patrimoniale (cd. danno conseguenza, nella forma del danno emergente e del lucro cessante) (Cons. Stato, sez, VI, 9 settembre 2021, n. 6240). La prova del fatto illecito è a carico del danneggiato.
La Sezione rileva che - ferma la qualificazione giuridica della responsabilità della pubblica amministrazione quale responsabilità civile - si tratta di una responsabilità riconducibile ad un modello speciale in ragione del “contesto procedimentale” in cui essa si colloca. Tale contesto, infatti, consente - a differenza di quanto avviene nei normali “rapporti della vita di relazione” posti a base del modello generale di responsabilità civile - di predefinire le regole di azione cui sono tenute le parti del rapporto giuridico.
Con riferimento all’elemento soggettivo, la norma di riferimento generale, ferme le peculiarità dei settori di riferimento, è l’art. 43 cod. pen., il quale prevede che il reato è colposo « quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia », ovvero « per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline ».
L’orientamento giurisprudenziale tradizionale - sostenuto, invero, anche in recenti sentenze – ritiene necessaria la cd. colpa di organizzazione, la quale costituisce una ipotesi peculiare di colpa riferita alle persone giuridiche e consiste nella violazione di regole cautelari di valenza generale e organizzativa, che presuppongono la definizione di modelli organizzativi conformi ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa (Cass. civ., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500;Cons. Stato, sez. VI, 8 settembre 2020, n. 5409;Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2020, n. 601).
L’orientamento giurisprudenziale più recente e preferibile ritiene che l’accertamento della colpa deve essere svolto avendo riguardo alla condotta del singolo funzionario che pone in essere l’attività amministrativa violando gli standard di condotta definiti dalle regole cautelari di diligenza (Cons. Stato, sez, VI, 9 settembre 2021, n. 6240).
Si ritiene che l’illegittimità dell’atto amministrativo e, quindi, l’accertamento della regola di validità faccia presumere la sussistenza della colpa e, dunque, della responsabilità dell’amministrazione, con onere a carico del danneggiante di dimostrare la sussistenza di una causa di esclusione della responsabilità.
La stessa giurisprudenza ha contribuito a tipizzare tali cause facendole coincidere con le fattispecie che integrano gli estremi dell’errore scusabile. Si ritiene costantemente che integri gli estremi dell’esimente da responsabilità l’esistenza, in particolare: i ) di una formulazione incerta delle disposizioni di regolazione del potere ovvero di disposizioni da poco entrate in vigore; ii ) di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione tali disposizioni (Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2020, n. 909).
La costante affermazione della presunzione di responsabilità si giustifica proprio in ragione della peculiarità del modello di responsabilità e, in particolare, per la presenza di un rapporto di diritto pubblico esistente tra le parti che consente di configurare un sistema presuntivo di responsabilità.
2.2.- L’art. 19 del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616 prevede che i Comuni esercitano poteri di polizia amministrativa locale, tra l’altro, in relazione al rilascio di licenza per esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture simili. Il comma 4 dispone che tali poteri sono esercitati previa comunicazione al Prefetto e i provvedimenti adottati devono essere sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta dello stesso.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 77 del 1987, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale norma nella parte in cui non limita i poteri del Prefetto e la loro vincolatività al settore della sicurezza pubblica.
L’art. 159, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, prevede che « le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale concernono le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle Regioni e degli Enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica ».
A seguito della riforma di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001, l’art. 117, comma 2, lett. h ), Cost. dispone che sono attribuite alla competenza esclusiva statale le materie dell’ordine pubblico e della sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale.
2.3.- Nella fattispecie concreta, il Tar ha ritenuto che il potere di sospensione non possa avere ad oggetto provvedimenti adottati da altre amministrazioni e, comunque, sarebbe stata necessaria la motivata richiesta del Prefetto.
Il Collegio ritiene che, nella specie, la difesa dell’amministrazione abbia provato la sussistenza dell’errore scusabile.
In particolare, da un lato, sul piano normativo, è stato dimostrato che le regole di disciplina del settore non presentano un contenuto chiaro anche in ragione della complessa definizione dei rapporti tra ordine pubblico e poteri di polizia locale, dall’altro lato, sul piano fattuale, la vicenda concreta presentava aspetti peculiari caratterizzati dall’avvenuta segnalazione da parte di un autorità pubblica dotata di specifiche competenze nel settore in esame in ordine alla sussistenza di elementi che facevano emergere plurime illegalità nello svolgimento dell’attività di impresa.
In questo contesto, non può ritenersi che l’azione del Comune sia stata di natura colposa.
3.- Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in appello non può trovare accoglimento.
4.- La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese tra le parti.