Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-04-27, n. 201502112

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-04-27, n. 201502112
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502112
Data del deposito : 27 aprile 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07761/2011 REG.RIC.

N. 02112/2015REG.PROV.COLL.

N. 07761/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7761 del 2011, proposto da R C, rappresentato e difeso dagli avvocati L M, Andrea Reggio D'Aci, con domicilio eletto presso L M in Roma, Via Federico Confalonieri, 5;

contro

Comune di Porto San Giorgio;

nei confronti di

Pubblicentro S.n.c. di Fabiani Pietro e C., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P T, G V, con domicilio eletto presso Maria Chiara Morabito in Roma, Via Benaco, 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I n. 209/2011, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Pubblicentro S.n.c. di Fabiani Pietro e C.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti gli avvocati Manzi, Reggio d'Aci, Villa e Tomassini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il signor R C (in seguito “ricorrente”), con il ricorso n. 575 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto al Tribunale amministrativo regionale per le Marche, ha chiesto l’annullamento:

a) con il ricorso introduttivo:

- del provvedimento (dichiarato non conosciuto) che autorizza l'installazione e l'utilizzazione degli impianti di diffusione sonora pubblicitaria sulla spiaggia del Comune di Porto San Giorgio;

- del Regolamento comunale (dichiarato non conosciuto) che disciplina le modalità di effettuazione della pubblicità sonora;

b) con i primi motivi aggiunti:

- dell'autorizzazione rilasciata in data 5 luglio 2007, prot. n. 16968 per la trasmissione di pubblicità commerciale sonora sulla spiaggia (fino al 16 settembre 2007;
“dalle 11,30 alle ore 12 e dalle ore 17,30 alle ore 18,00 e con sospensione di 10 minuti ogni venti minuti di trasmissione pubblicitaria”) ;

- dell'eventuale accordo concessorio tra il Comune e la società Pubblimedia, avente ad oggetto l'utilizzazione dell'impianto, qualora dovesse contenere clausole che autorizzano la trasmissione di pubblicità commerciale;

c) con il secondo ricorso per motivi aggiunti:

- del provvedimento 10 giugno 2008, n. 199, recante concessione per l’occupazione di area demaniale finalizzata al mantenimento, dall’1 gennaio 2008 al 31 dicembre 2013, di un impianto fonico, box e cartellonistica pubblicitaria e atti connessi;

d) con i terzi motivi aggiunti:

- dell’art. 25 del Piano particolareggiato di spiaggia se interpretato nel senso di consentire la diffusione sonora di messaggi pubblicitari.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sezione prima, con la sentenza n. 209 del 2011, ha: respinto il ricorso;
respinto l’istanza formulata dalla Società Pubblimedia ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.;
compensato tra le parti delle spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

4. All’udienza del 2 aprile 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado il ricorso introduttivo è respinto considerato che, alla data della sua proposizione, non sussisteva alcun provvedimento espresso che autorizzasse e disciplinasse la trasmissione di messaggi pubblicitari sulla spiaggia del Comune di Porto San Giorgio, essendo stata soltanto rilasciata dal Comune la concessione (n. 45 del 27 settembre 2002) per mantenere un impianto fonico ad uso commerciale e cartellonistica pubblicitaria;
il ricorso sarebbe peraltro irricevibile per tardività, soggiunge il primo giudice, se rivolto avverso la semplice esistenza dell’impianto, risalendo l’effetto lesivo, ritenuto a causa dei provvedimenti impugnati, alla data della denuncia del ricorrente (2003) da cui è scaturito il primo di tre decreti penali di condanna emessi nei confronti della controinteressata società Pubblicentro. E’ anche respinto il terzo motivo di ricorso, relativo all’inerzia del Comune sulla diffida del ricorrente a vigilare sulla corretta applicazione delle disposizioni in materia (inoltrata il 3 maggio 2006), poiché afferente alla relativa azione contro il silenzio dell’Amministrazione su cui si è formato il giudicato a seguito delle sentenze di primo e secondo grado, rispettivamente, n. 1396 del 2006 e n. 2318 del 2007.

Il primo giudice poi, rigettata l’eccezione di inammissibilità dei primi motivi aggiunti, afferma che non sono fondate le censure con essi dedotte:

- a) per cui la pubblicità commerciale da posto fisso non sarebbe autorizzabile venendo altrimenti commesso il reato di cui all’art. 659 cod. pen. (per abuso di strumenti sonori);
la norma infatti non vieta, di per sé, la diffusione sonora della pubblicità dovendosi accertare se siano lesive in concreto le modalità con cui essa avviene, ciò che non si riscontra per una spiaggia frequentata da centinaia di persone di cui talune possono gradire e altre no l’ascolto dei messaggi pubblicitari;
si osserva comunque che il Tribunale di Fermo, con la sentenza n. 529 del 2007 pronunciata in sede penale, ha assolto il rappresentante della società Pubblicentro per insussistenza del fatto;

- b) sul contrasto della trasmissione di messaggi pubblicitari sulla spiaggia: 1) con gli articoli 23 del d.lgs. n. 285 del 1992 e 47 del d.P.R. n. 495 del 1992, in quanto prevedono soltanto la pubblicità visiva, nonché 59 dello stesso d.P.R. n. 495 del 1992 che consente solo quella fonica ambulante escludendo implicitamente, in combinazione con l’art. 155 del d.lgs. n. 285 del 1992, quella da postazione fissa;
queste norme infatti, di cui è comunque dubbia l’applicabilità fuori degli spazi per la viabilità, non vietano la pubblicità fonica spettandone la disciplina alla regolamentazione comunale nel quadro del principio della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione;
2) con il divieto posto dalle ordinanze sindacali n. 9548 del 1988 e n. 135 del 1989, dall’art. 19 del Regolamento approvato con delibera del Consiglio comunale n. 78 del 2001, dal Regolamento sull’ordinamento dei servizi e degli uffici e dall’originaria convenzione tra la società Pubblicentro e il Comune;
le ordinanze richiamate sono state infatti vigenti per periodi estivi trascorsi e superate da provvedimenti successivi e, comunque, le norme citate non vietano di per sé la pubblicità commerciale fonica da postazione fissa ma ne disciplinano soltanto il loro abuso, da valutare perciò rispetto alle modalità concrete dell’attività;

- c) sulla violazione delle garanzie partecipative per la mancata comunicazione al ricorrente dell’avvio del procedimento concluso con il rilascio dell’autorizzazione n. 16968 del 2007, poiché, pur se si riconosca al ricorrente una posizione differenziata date le sue diverse iniziative contro la diffusione dei messaggi pubblicitari in questione, non si individua l’utilità del suo apporto istruttorio al procedimento oltre quanto già prospettato nelle diffide e azioni giudiziarie da lui proposte in varie sedi;

- d) sull’omessa attività istruttoria ai sensi della legge n. 447 del 1995 e della legge regionale n. 26 del 1999 che impongono l’obbiettivo della riduzione dell’inquinamento acustico;
non rileva infatti nella specie tale obbiettivo di carattere generale ma la verifica al riguardo del singolo provvedimento che, nel caso in esame, ha disciplinato rigorosamente l’attività, limitandola a due soli interventi giornalieri di 20 minuti ciascuno, con adeguato contemperamento degli interessi in campo;

- e) sulla sopravvenuta carenza dei presupposti alla base della concessione originaria rilasciata alla controinteressata per l’esercizio dell’impianto fonico, per essere stato ampliato il beneficio con l’autorizzazione n. 16968 del 2007, senza predeterminazione dei criteri ai sensi dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990, e per non essere stato svolto un procedimento ad evidenza pubblica;
laddove con il detto provvedimento è stata soltanto disciplinata la modalità d’uso dell’impianto;

- f) sulla violazione del giudicato di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2318 del 2007;
da ritenere insussistente, ritiene infine il primo giudice, essendo stato affermato in appello l’obbligo del Comune di provvedere senza alcuna indagine sulla fondatezza della richiesta di far cessare l’attività contestata.

Sono quindi respinti (anche in questo caso rigettata l’eccezione di inammissibilità) i secondi motivi aggiunti, relativi alla violazione:

-dell’art. 9 della legge n. 88 del 2001;
la norma non concerne infatti la fattispecie de qua poiché relativa al rilascio di concessioni demaniali marittime in ambito portuale;

- g) dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 400 del 1993 (richiamato nel piano di gestione integrata delle aree costiere approvato dal Consiglio regionale con deliberazione 2 febbraio 2005 n. 169), in quanto vieterebbe la concessione di beni demaniali per impianti fonici pubblicitari;
la norma consente, invece, di autorizzare “servizi di altra natura” (lett. f), compatibili con quelli propri dell’uso commerciale degli arenili da essa previsti;

- h) dei criteri di rilascio delle concessioni stabiliti nel punto III della delibera della Giunta regionale n. 2167 del 2000, per non essere stato acquisito il parere degli uffici comunali previsto dall’art. 12 del Regolamento per la navigazione marittima;
laddove il provvedimento impugnato è stato emanato dal competente Ufficio comunale e perciò dall’ente che avrebbe dovuto esprimere il parere a se stesso;

- i) dell’art. 3, comma 2, lettere c), d), m) del Regolamento per l’utilizzazione del litorale marittimo comunale in relazione al divieto di abuso di strumenti sonori di cui all’art. 659 cod.pen.;
norme che, rileva il primo giudice, nel vietare attività di disturbo alla quiete pubblica, non precludono l’installazione di un impianto di diffusione sonora se utilizzato entro la soglia di tollerabilità, come nella specie, essendo comunque previste le attività pubblicitarie dalla lettera n) del citato art. 3, comma 2, se autorizzate;

- l) degli articoli 37 cod. nav. e 18 del relativo Regolamento, per non essere stato preceduto da alcuna forma di pubblicità il rinnovo della concessione di cui qui si tratta;
censura questa irrilevante per l’interesse del ricorrente, poiché la sua eventuale fondatezza inciderebbe sulla titolarità soggettiva dell’impianto ma non sul profilo, oggettivo, della diffusione sonora dei messaggi pubblicitari.

Il primo giudice, ritenuto di non soffermarsi sull’applicabilità nella specie dell’art. 14 del Piano generale degli impianti pubblicitari, poiché deduzione subordinata a quanto già dedotto, ha poi respinto i terzi motivi aggiunti, relativi all’impugnazione dell’art. 25 del Piano particolareggiato di spiaggia se interpretato nel senso di consentire la diffusione sonora di messaggi pubblicitari, trattandosi di censura già dedotta con i secondi motivi aggiunti e quindi esaminata.

In ragione della complessità della vicenda è dichiarata infondata, infine, l’istanza di applicazione dell’art. 96 cod. proc. civ. formulata dalla società Pubblimedia per il risarcimento del danno da lite temeraria.

2. Nell’appello si richiama in fatto che, emersa già in precedenza la mancata autorizzazione del Comune a svolgere l’attività de qua , ciò era stato confermato con atto di diffida del Sindaco 18 giugno 2007, n. 15310, emanato in ottemperanza alla pronuncia del Consiglio di Stato, cui era però poi seguito l’impugnato provvedimento n. 16968 del 5 luglio successivo.

Si censura quindi la sentenza di primo grado anzitutto perché basata sul fuorviante equivoco di avere ritenuto compatibile con le attività che si svolgono sulla spiaggia la pubblicità di attività commerciali che sono invece, nella specie, del tutto estranee poiché relative ad esercizi esterni.

Si deve poi considerare che in concreto viene utilizzato un bene comune per un’attività pubblicitaria al cui effetto sonoro non ci si può sottrarre, in contrasto con l’obbiettivo di contenimento dell’inquinamento acustico, cui è impegnato il Comune ai sensi della legge n. 447 del 1995, nella specie vanificato dall’esercizio di un’attività dichiaratamente abusiva.

La sentenza ha altresì errato nell’interpretare il motivo di ricorso basato sul richiamo dell’art. 659 cod. pen.;
il ricorrente non ha infatti sostenuto il contrasto con tale norma dell’attività de qua ma ha dedotto che, trattandosi di attività giuridicamente libera, e non soggetta perciò ad autorizzazione, essa si deve svolgere nei limiti posti dal detto articolo e dalle altre norme sulle attività rumorose, poiché, comportando l’uso improprio del demanio, può ritenersi lecita soltanto se saltuaria e di breve durata. Resta fermo perciò che il rilascio dell’autorizzazione alla diffusione sistematica di pubblicità sonora da un posto fisso non è previsto nell’ordinamento ed è dunque illegittimo, costituendo una mera petizione di principio affermare che tale attività è consentita poiché non vietata e che possa essere perciò regolata dal Comune nel bilanciamento degli interessi, invero impossibile per un’attività non lecita, come riconosciuto dallo stesso Comune.

La sentenza è poi erronea, per avere:

- ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo, non considerando che il Comune ha implicitamente e occultamente autorizzato la diffusione di messaggi commerciali anche per il 2006 nella veste della convenzione annuale per pretesa “pubblicità istituzionale”, e che, inoltre, pur intervenuto il provvedimento del Sindaco del 18 giugno 2007, in cui si rilevava la pregressa mancanza dell’autorizzazione all’attività in questione, questa è stata poi autorizzata con l’impugnato provvedimento n. 16968 del 2007, non essendosi pronunciato il primo giudice sul censurato difetto di motivazione del detto provvedimento, che è qui riproposto;

- ritenuto l’attività in questione non contrastante con i regolamenti di spiaggia, volti invece a tutelare la tranquillità dei bagnanti, e per averla considerata nei limiti della tollerabilità che è parametro previsto dall’art. 844 cod. civ. per le immissioni lecite e non per le attività illecite;

- confuso la fattispecie regolata dagli articoli da 28 a 35 cod. nav., e dagli articoli da 5 a 40 del relativo regolamento, che attiene alla concessione del demanio marittimo per installarvi manufatti che lo occupano, con quella della concessione all’esercizio di attività connesse, che devono essere a loro volta specificamente autorizzate, avendo il Comune sempre concesso l’installazione di altoparlanti ma non la diffusione con essi di pubblicità commerciale, vietata anzi fino al 2007 e, non a caso, “autorizzata” soltanto con il provvedimento impugnato che ha con ciò, evidentemente, ampliato il beneficio già concesso;

- per avere ritenuto la carenza di interesse a dedurre la violazione degli articoli 37 cod. nav. e 18 del relativo regolamento;
il ricorrente invece, se legittimato, può dedurre ogni profilo di illegittimità, dovendo il Comune far precedere la concessione dalle prescritte forme di pubblicità per la ricerca di eventuali altri contraenti stante la concessione di un’attività interessante l’intera spiaggia, ciò che, d’altro lato, evidenzierebbe l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione riguardo ad un’attività non autorizzabile, a fronte peraltro degli indirizzi dell’Unione Europea volti a non consentire la continuazione delle concessioni in atto;

- per non essersi pronunciata sulla censura riguardante l’art. 25 delle NTA del Piano particolareggiato di spiaggia, non esaminata specificamente nella sentenza, relativa all’illegittimità del secondo comma dell’articolo se interpretato nel senso di consentire la diffusione di messaggi pubblicitari, poiché ciò è ivi previsto “ in conformità ai regolamenti vigenti ” e sarebbe perciò contrastante: con la previsione del primo comma, che permette la sola diffusione di notizie utili agli utenti della spiaggia;
con l’impostazione del detto Piano, volta soltanto a consentire soltanto attività di servizio agli utenti della spiaggia (come è per gli articoli 14 e 20);
con le prescrizioni dell’art. 3, comma 2, del regolamento per l’utilizzazione del litorale marittimo, che vietano attività di disturbo della quiete della spiaggia (lettere c), d) ed m);
con la vigente disciplina regionale che consente sul demanio marittimo le sole attività aventi oggettiva funzione pubblica.

3. Nella memoria difensiva, depositata dalla società controinteressata il 30 maggio 2013, si eccepisce che il primo giudice avrebbe dovuto arrestarsi alle pronunce in rito per improcedibilità dell’azione di annullamento, in ragione della mancata impugnazione tempestiva della concessione n. 45 del 2002, ovvero per la sua inammissibilità per carenza di interesse, poiché il bene della quiete pubblica, eventualmente offeso ai sensi dell’art. 659 cod. pen., è tutelabile in quanto interesse collettivo e non individuale mentre, per altro verso, il ricorrente è terzo estraneo al rapporto concessorio, non avendo la posizione differenziata di un’impresa concorrente con la controinteressata.

4. Le eccezioni non possono essere accolte.

L’asserita tardività dell’impugnazione del provvedimento concessorio n. 45 del 2002 non ha rilevanza avendo comunque il primo giudice respinto il ricorso introduttivo al riguardo, nonché richiamata la sua tardività, procedendo poi all’esame dei motivi aggiunti relativi a provvedimenti ulteriori.

Riguardo la posizione del ricorrente si rileva che nella sentenza di questo Consiglio n. 2318 del 2007, richiamato che lo stesso è proprietario di un appartamento limitrofo alla spiaggia in cui si svolge l’attività di cui chiede la repressione, gli è riconosciuta “ una situazione di specifico e rilevante interesse, differenziata da quella della generalità dei consociati e tale, pertanto, da radicare in capo all’Amministrazione un obbligo di provvedere sulla relativa istanza ”;
ciò che vale, evidentemente, anche rispetto al suo interesse ad agire nel presente giudizio.

5. Nella memoria della controinteressata si eccepisce anche, ai sensi della legge n. 1034 del 1971 vigente ratione temporis , l’inammissibilità in rito dei motivi aggiunti proposti dal ricorrente in primo grado perché relativi a provvedimenti nuovi o diversi.

6. L’eccezione è infondata poiché l’art. 21, comma 1, della legge n. 1034 del 1971, come modificato dall’art. 1 della legge n. 205 del 2000, vigente ratione temporis all’atto della proposizione in primo grado dei motivi aggiunti, prevedeva espressamente che “ Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti .”, in riferimento perciò a provvedimenti nuovi, pur se connessi, emessi in corso di giudizio ( ex multis Cons. Stato: sez. VI, 28 luglio 2010, n. 5029;
sez. V, 20 marzo 2007, n. 1330).

7. L’appello è infondato.

7.1. Il Collegio considera preliminarmente che oggetto del giudizio non è l’azione amministrativa riguardante l’attività della società controinteressata anteriore all’emanazione dei provvedimenti n. 19698 del 2007, con cui è stata autorizzata temporaneamente ad effettuare pubblicità fonica sulla spiaggia, e n. 199 del 2008, con cui le è stata rinnovata, dall’1 gennaio 2008 al 31 gennaio 2013, la concessione demaniale marittima per il “mantenimento di un impianto fonico, box, cartellonistica pubblicitaria” (rilasciata in precedenza con il provvedimento n. 45 del 2002 per il periodo dall’1 gennaio 2002 al 31 dicembre 2007);
si concorda infatti con quanto ritenuto dal primo giudice sull’inesistenza di provvedimenti espressi antecedenti recanti l’autorizzazione alla controinteressata a diffondere messaggi pubblicitari (in ogni caso non chiamati in diretta impugnazione), neppure risultando in atti elementi certi idonei a far ritenere la sussistenza per quel periodo del così detto provvedimento implicito, configurabile quando " l'Amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente ." (Cons. Stato, Sez. IV, 7 febbraio 2011, n. 813).

7.2. Ciò considerato l’esame deve riguardare i due provvedimenti n. 19698 del 2007 e n. 199 del 2008 sopra citati, impugnati con i motivi aggiunti, rispetto ai quali non è condivisibile, anzitutto, la censura per cui sarebbero stati emanati dall’Amministrazione comunale in carenza di attribuzione, essendo espressamente riferiti, nelle rispettive premesse, alle funzioni, proprie dei comuni, di disciplina dell’impiantistica pubblicitaria nel loro territorio (ai sensi dell’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993 spetta ai comuni, in particolare, l’approvazione del piano generale degli impianti, nella specie approvato con delibera C.C. n. 85 del 2001) e in materia di demanio marittimo (conferite alle regioni e agli enti locali sensi dell’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998).

7.3. In questo quadro la questione centrale della controversia si individua poi nell’accertare se sussistano i vizi del provvedimento n. 19698 del 2007 su cui specificamente convergono le deduzioni dell’appellante in censura della sentenza di primo grado.

7.3.1. Il Collegio osserva anzitutto che, sulla base della giurisprudenza di questo Consiglio (A.P. n. 5 del 2013), è da ritenere corretta, per il profilo oggettivo, la deduzione dell’appellante per cui, quando sia autorizzata un’attività che rechi guadagno per il privato grazie all’uso in concessione di un’area pubblica, si deve procedere secondo i principi propri dell’evidenza pubblica ma ritiene corretto, altresì, quanto rilevato dal primo giudice, per il profilo soggettivo, sulla carenza di interesse dell’appellante a sollevare la censura, restando identica la lesione lamentata quale che sia il soggetto autorizzato all’attività all’esito di un pur diverso procedimento.

7.3.2. Ciò rilevato si esaminano le censure per cui il provvedimento sarebbe in contrasto con le diverse prescrizioni confluenti nella regolazione della fattispecie, recate anzitutto dal già citato piano generale degli impianti pubblicitari e dal regolamento per l’utilizzazione del litorale marittimo (deliberazione C.C. n. 28 del 2003).

Tale contrasto non risulta, poiché:

- l’art. 14 del piano degli impianti, richiamata la disciplina di cui all’art. 59 del Codice della strada, dispone che, all’interno del centro abitato, la pubblicità fonica nel periodo dall’1 aprile al 30 settembre di ogni anno è possibile soltanto dalle ore 9,00 alle ore 13,00 e dalle ore 17,00 alle ore 20,00, con intervalli di almeno 10 minuti ogni venti minuti di pubblicità, essendo osservati questi limiti nel provvedimento de quo ;

- il regolamento del litorale dispone, nell’art. 3, comma 2, che durante la stagione balneare è vietato << utilizzare qualsiasi tipo di apparecchiatura di diffusione sonora ad alto volume, nonché farne uso nella fascia oraria compresa fra le ore 13.00 e le ore 16.00 >>
(lett. m) ed << effettuare attività di pubblicità, promozione commerciale, spettacoli pirotecnici etc. senza le previste autorizzazioni rilasciate della Autorità competenti >>
(lett. n), risultando osservate anche queste prescrizioni quanto alla fascia oraria e all’intervenuta autorizzazione dell’Autorità competente, cioè, nella specie, il Comune;
né ciò appare in contrasto con quanto stabilito nelle precedenti lettere c) e d), che vietano attività ritenute di disturbo alla quiete pubblica del tutto diverse da quella di cui si tratta (particolari giochi e manifestazioni ricreative) ovvero l’uso “ad alto volume” degli apparecchi di diffusione sonora e, comunque, nella fascia oraria dalle ore 13,00 alle ore 16,00;

- il divieto dell’uso “ad alto volume” dell’impianto de quo , nel quadro dell’obbiettivo del contenimento dell’inquinamento acustico, risulta peraltro specificamente assicurato;
il provvedimento impugnato regola infatti il profilo, fondamentale in tali casi, del limite al rumore, disponendo che <<In tutti casi la pubblicità fonica non deve superare i limiti massimi di esposizione al rumore fissati dal

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