Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-06-06, n. 202204616
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Pubblicato il 06/06/2022
N. 04616/2022REG.PROV.COLL.
N. 08751/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8751 del 2021, proposto dalla società -OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G N, E N, F F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Napoli, A S, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Sant'Antimo, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, in cui si incardina l’Ufficio Territoriale del Governo Napoli, e di Anas S.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2022 il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania, la società -OMISSIS-impugnava l’interdittiva antimafia, prot. n. -OMISSIS- emessa dall’UTG - Prefettura di Napoli, nonché la comunicazione prot. n. -OMISSIS-del Comune di -OMISSIS-e la determinazione dell’UTC n. -OMISSIS-, aventi ad oggetto la risoluzione del contratto di appalto, rep. n. -OMISSIS-, sottoscritto tra l’ATI -OMISSIS- e l’ente comunale per la realizzazione dei lavori denominati “-OMISSIS-- obiettivo operativo 6.1 - Fondo -OMISSIS-- progetto di riqualificazione urbana ed ambientale di aree libere comunali”.
1.1. La società ricorrente attraeva nel fuoco della contestazione, unitamente agli atti connessi, anche la segnalazione all’ANAC e l’escussione della polizza, nonché attraverso la proposizione di due atti recanti motivi aggiunti la relazione prot. n. -OMISSIS-della Prefettura - UTG di Napoli;il verbale del GIA n.-OMISSIS-;la comunicazione del Comune di -OMISSIS-ad ANAC e le note ivi indicate prot. n. -OMISSIS-;l’informativa della Guardia di Finanza del 9 luglio 2020.
2. Con la sentenza n. -OMISSIS-, qui fatta oggetto di gravame, il TAR per la Campania ha respinto il ricorso per come integrato dai motivi aggiunti.
2.1. Segnatamente, il giudice di prime cure, dopo aver ricostruito il quadro dei principi normativi e giurisprudenziali che governano l’adozione dei provvedimenti interdittivi antimafia, e pur dando atto di talune imprecisioni ed errori, ha ritenuto che i provvedimenti impugnati riposassero su conferenti elementi indiziari, complessivamente idonei a reggere il prospettato pericolo di condizionamento mafioso alla luce della regola del “ più probabile che non ”. La società ricorrente, infatti, nella ricostruzione operata dal TAR, avrebbe condiviso gli obiettivi di ingerenza delle organizzazioni mafiose attive sul territorio di -OMISSIS-nel settore degli appalti, beneficiando degli esiti di una gara pilotata attraverso la complice intermediazione di funzionari collusi con esponenti del clan -OMISSIS-.
2.2. Quanto ai residui temi di discussione, il giudice territoriale ha concluso nel senso che la l’assunzione dell’interdittiva prefettizia, comporta di per sé, come effetto automatico previsto dall’ordinamento, l’adozione degli ulteriori provvedimenti consequenziali qui in contestazione, tra cui la risoluzione del contratto di appalto stipulato dall’appellante con il Comune di -OMISSIS-.
3. Avverso il suindicato decisum la -OMISSIS-con il mezzo in epigrafe, ha articolato i motivi di gravame di seguito riprodotti in via di sintesi “Violazione art. 55, 60 e 120 c.p.a., violazione, error in iudicando, motivazione contraddittoria, erroneità dei presupposti. Violazione e falsa applicazione del Codice antimafia, artt. 84, 89 bis, 91, 94 comma 1 e 2 d.lgs. 159/2011 – motivazione apparente – falsa rappresentazione della realtà – travisamento dei fatti – errata valutazione degli elementi che comprovano la sussistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa – eccesso di potere per manifesta infondatezza, omessa ed assente istruttoria, assenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento ”.
Nella prospettazione di parte appellante l’interdittiva prefettizia – e con essa la sentenza di prime cure – si fonderebbe su uno scambio di persone, dal momento che il verbale del GIA n. -OMISSIS- dal quale l’interdittiva trarrebbe diretto alimento, affermerebbe che la società -OMISSIS-sarebbe amministrata da -OMISSIS--OMISSIS-entrambi soggetti contigui ai Clan mafiosi radicati sul territorio) e che sarebbe stata oggetto di affitto di ramo di azienda.
Di contro, la compagine sociale della società appellante sarebbe costituita, in realtà, dai sigg. -OMISSIS-), soggetti incensurati ed in alcun modo collegabili alla criminalità organizzata. La società, inoltre, opererebbe sin dal 1993 con la stessa compagine sociale e non sarebbe mai stata oggetto di affitto di ramo di azienda.
Inoltre, le stesse indagini sviluppate in sede penale non evidenzierebbero alcun diretto rilievo nei confronti della società appellante ovvero dei suoi soci.
Peraltro, avuto riguardo alla procedura di gara indetta dal Comune di -OMISSIS-e valorizzata nel provvedimento ablatorio in contestazione, non si sarebbe tenuto conto dell’esclusione di un concorrente e della sua successiva riammissione in virtù di un provvedimento giurisdizionale, di guisa che gli esiti della gara non avrebbero potuto essere predeterminati né pilotati.
Soggiunge ancora l’appellante che, nell’epoca precedente alla predetta gara d’appalto, la -OMISSIS-non sarebbe mai stata presente nel contesto territoriale del Comune di -OMISSIS-. Oltretutto, al tempo in cui è stata costituita l’ATI con la -OMISSIS-tale società era iscritta nella White List e, allo stesso modo, alla data di sottoscrizione del contratto di subappalto con la -OMISSIS-tale società era in possesso di certificato MOG e NOS.
Da tali dati risulterebbe palese, ad avviso della società appellante, che sottolinea altresì l’occasionalità di tale collaborazione, la totale mancanza di conoscenza dei legami intercorrenti tra le predette società e la criminalità organizzata. Tale assunto sarebbe dimostrato, peraltro, anche dal fatto che, non appena avuto contezza dell’interdittiva emessa nei confronti della -OMISSIS-., la -OMISSIS-ha immediatamente risolto il contratto di subappalto.
Né gioverebbe il rigetto del controllo giudiziario, peraltro oggetto di appello, atteso che anche le indagini oramai concluse, avrebbero radicalmente escluso la sussistenza di qualsiasi addebito alla appellante.
4. Resistono in giudizio il Ministero dell’Interno, in cui si incardina quale organo periferico l’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, e l’Anas s.p.a.
4.1. Con memoria depositata in data 6 novembre 2021, integrata dai successivi atti difensivi dell’1 e del 21 aprile 2022, la società appellante ha insistito nelle proprie richieste.
4.2. Con ordinanza n. -OMISSIS- questa Sezione ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado ritenendo insussistente il predicato del fumus boni iuris .
4.3. All’udienza del 26 maggio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato, dovendo pertanto essere respinto.
5.1. Vale premettere che le misure qui in rilievo sono volte, in chiave preventiva, a neutralizzare i fattori distorsivi che nell’economia nazionale in genere e nei rapporti con la Pubblica amministrazione, in particolare, possono generare la presenza e l’azione di soggetti in rapporto di collegamento qualificato con il crimine organizzato.
Si tratta di strumenti che si pongono a presidio di valori di rango costituzionale rivelandosi strettamente funzionali alla salvaguardia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato e del corretto utilizzo delle risorse pubbliche e che, a fronte della insidiosa pervasività e mutevolezza del fenomeno mafioso, sono opportunamente calibrati sull’utilizzo di tecniche di tutela anticipata oltre che costruiti su un catalogo di situazioni sintomatiche aperto al costante aggiornamento indotto dalla realtà empirica.
Come di recente evidenziato da questo Consiglio, in Adunanza Plenaria, il provvedimento di cd. "interdittiva antimafia", di natura cautelare e preventiva, determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione (Consiglio di Stato ad. plen., 06/04/2018, n. 3).
In tal modo l’ordinamento, dunque, esclude che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come "affidabile") e possa essere, di conseguenza, titolare di rapporti contrattuali con le predette amministrazioni, ovvero destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, come individuati dalla legge, ovvero ancora (…) essere destinatario di "contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate" (cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 06/04/2018, n. 3).
5.2. Nella declinazione applicativa che questa Sezione ha fatto dell’istituto in commento la misura interdittiva, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata.
Come ancora di recente questa Sezione ha chiarito (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 05 settembre 2019, n.6105) il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere ad un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere "più probabile che non", appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758;Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme, da aversi qui per richiamata).
5.3. La Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 57 del 2020, ha recentemente affermato la legittimità costituzionale del provvedimento di interdittiva anche quando incida su attività d'impresa di natura esclusivamente privata, trattandosi di misura giustificata dall'estrema pericolosità del fenomeno mafioso, in grado di compromettere la concorrenza, la dignità e la libertà umana. In tale sede il giudice delle leggi ha riconosciuto il merito del giudice amministrativo di aver dato vita in questa specifica materia ad un sistema che la Corte definisce di «tassatività sostanziale». La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, progressivamente definito un nucleo oramai consolidato di situazioni-tipo, sintomatiche ed indiziarie della ricorrenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, e in grado di sviluppare e completare il dettato legislativo (il riferimento è, tra l'altro, alle sentenze del giudice penale, anche di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa;la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso d.lgs. n. 159 del 2011;i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”;i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia;le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa;la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”;l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità).
5.4. A tale approdo deve giungersi all’interno di una necessaria visione di insieme: gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata (Consiglio di Stato, sez. III, 13 aprile 2018, n. 2231, Consiglio di Stato, sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343;30 marzo 2018, n. 2031;7 febbraio 2018, n. 820;20 dicembre 2017, n. 5978;12 settembre 2017, n. 4295).
6. Orbene, in applicazione delle suindicate coordinate, deve ritenersi che, come correttamente evidenziato nella decisione di primo grado, i provvedimenti impugnati in prime cure, lungi dall’essere frutto di un’acritica ed irragionevole applicazione della normativa antimafia, riposano su una molteplicità di qualificati elementi contraddistinti da sufficiente valore indiziante coerentemente valutati dall’Autorità procedente, le cui finali determinazioni si rivelano, pertanto, immuni da profili di erroneità ovvero di manifesta illogicità e irragionevolezza.
La pervasività del fenomeno mafioso impone, invero, di calibrare le misure di reazione dell’ordinamento in proporzione alle mutevoli forme di infiltrazione nell’economia legale, ivi inclusi quelle più insidiose della contiguità compiacente, in cui si rinvengono condotte ambigue di operatori che, benché siano formalmente estranei ad associazioni mafiose, si pongono su una pericolosa linea di confine tra legalità e illegalità nell'esercizio dell'attività imprenditoriale.
7. In applicazione delle suindicate coordinate, deve ritenersi che i provvedimenti impugnati in prime cure, lungi dall’essere frutto di un’acritica ed irragionevole applicazione della normativa antimafia, riposano su una molteplicità di elementi contraddistinti da sufficiente valore indiziante, compiutamente valorizzati dall’Autorità procedente, le cui determinazioni finali si rivelano immuni da errori ovvero da profili di manifesta illogicità o irragionevolezza.
7.1. A tal riguardo, mette conto evidenziare che l’attività istruttoria posta in essere dalla Prefettura di Napoli ha fatto emergere, anzitutto, quale dato qui incontestato, l’attiva presenza sul territorio del Comune di -OMISSIS-di organizzazioni criminali di stampo camorristico, quali il Clan -OMISSIS-, il Clan -OMISSIS-. Tali organizzazioni, come fatto palese dalle univoche emergenze investigative ampiamente ricostruite nel provvedimento interdittivo (e che si avvale del conforto dell’ordinanza custodiale emessa dal GIP presso il Tribunale di Napoli in data 25 marzo 2020), per come integrato dagli atti istruttori, hanno operato un costante controllo sull’amministrazione comunale al fine di indirizzare le scelte dell’Ente in vista della realizzazione dei propri interessi illeciti. L’Autorità giudiziaria penale ha accertato che tale forma di inquinamento è sfociata in un radicato sistema clientelare attraverso il quale è stato possibile, tra l’altro, assegnare lavori pubblici a ditte riconducibili al Clan -OMISSIS-. In tale contesto si colloca l’appalto bandito dal Comune di -OMISSIS-avente ad oggetto interventi di riqualificazione urbana e ambientale di aree comunali (c.d. appalto -OMISSIS-.). Ad esito di mirate indagini, è emerso, infatti, che l’ATI aggiudicataria, costituita dall’odierna appellante e dalla -OMISSIS-(anch’essa interdetta), è stata favorita dall’operato del dirigente presso l’UTC di -OMISSIS-, il quale avrebbe preventivamente concordato con uno dei referenti del clan -OMISSIS-, -OMISSIS-, l’assegnazione della commessa qui in rilievo, essendo finanche emerso che l’appalto in questione sarebbe stato negoziato sin dall’estate del 2016 quando ancora non era stato neppure pubblicato il bando di gara.
7.2. La -OMISSIS-è risultata riconducibile a -OMISSIS- legato da vincoli di parentela a -OMISSIS-.
Gli accertamenti delle forze dell’ordine e dell’Autorità Giudiziaria hanno in definitiva appurato che le suddette imprese erano controllate da -OMISSIS-ed appoggiate da -OMISSIS-, all’epoca reggente del Clan -OMISSIS-.
7.3. Nel descritto quadro, in cui assumono particolare rilievo tanto, in via generale, il contesto territoriale di riferimento, pervaso dal controllo esercitato dalle locali consorterie mafiose sull’assegnazione dei lavori pubblici, quanto, nello specifico, il meccanismo di illecito condizionamento che ha condotto all’aggiudicazione dell’appalto in argomento, non può essere revocata in dubbio la particolare valenza sintomatica dell’attiva e qualificata partecipazione della società appellata nell’intera trama che ha consentito di attrarre il c.d. appalto -OMISSIS-nell’orbita della malavita organizzata.
7.4. È, invero, un dato ineludibile che la -OMISSIS-abbia partecipato alla gara in argomento in Associazione Temporanea di Impresa con una società oggettivamente collegata con il clan -OMISSIS-, la-OMISSIS-., così come è incontroverso che abbia sottoscritto un successivo contratto di subappalto con un’altra società, la -OMISSIS-parimenti riconducibile alla locale criminalità organizzata.
7.5. Uno degli indici del tentativo di infiltrazione mafiosa nell'attività d'impresa – di per sé sufficiente a giustificare l'emanazione di un’interdittiva antimafia – è identificabile nella instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un'impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale in ragione della valenza sintomatica attribuibile a cointeressenze economiche ove particolarmente pregnanti.
Nel caso di specie, rileva in aggiunta che tale connubio si è realizzato in un contesto procedimentale ab imis preordinato al fine di pilotare la gara de qua verso imprese gestite dai clan.
7.6. Sulla scorta delle descritte emergenze, e secondo gli standard probatori della cd. probabilità cruciale, si rivela di certo più probabile che non il prospettato rischio dell’eterodirezione della società appellante da parte delle suindicate ditte ad essa legate in virtù dei diversi rapporti all’uopo contratti, associativo e di subappalto, essendo evidentemente consustanziale alla piena attuazione dell’illecito progetto precedentemente ordito tra funzionari collusi ed esponenti della criminalità organizzata l’acquisita disponibilità della società appellante ad assecondare, quantomeno a livello esecutivo, i piani operativi che avrebbero dovuto consentire alle imprese della criminalità organizzata di gestire l’esecuzione della commessa qui in rilievo.
7.7. È, dunque, il valore coagulante della prova logica che consente di legare tra loro, nell’ambito di una necessaria visione di insieme, la fitta trama degli elementi di prova raccolti in sede penale al punto da accreditare, in via inferenziale, quale implicazione necessitata del piano collusivo precedentemente ordito, la compiacente collaborazione anche della società appellante, chiamata a schermare attraverso la costituzione di un’ATI gli interessi del clan.
7.8. Opinare diversamente, porterebbe alla conclusione, del tutto distonica rispetto alle convergenti risultanze investigative, di ritenere la società -OMISSIS-estranea alle logiche distorsive che hanno governato la pianificazione e la gestione dell’appalto in argomento e, al contempo, impermeabile e non influenzabile il suo operato rispetto all’ingerenza delle altre società coinvolte nell’esecuzione dell’appalto medesimo, -OMISSIS-e -OMISSIS-
Tale ricostruzione mal si concilia con il dato di fondo accreditato dalle indagini penali e che evidenzia come la commessa sia stata gestita dai clan fin dalla fase di preparazione, rivelandosi pertanto del tutto inverosimibile l’ipotesi alternativa, cui conduce la tesi attorea, che i clan, interessati all’appalto in argomento, dopo essersi assicurati la compiacenza dell’Amministrazione, possano essersi associati ad un’impresa da essi non controllabile, assegnandole finanche il ruolo di mandataria, con il rischio di mettere in discussione il buon esito della gara, già in loro dominio.
8. Il robusto quadro indiziario valorizzato dal giudice di prime cure, e qui richiamato in via di sintesi, rende evidentemente recessive, come già rimarcato dal TAR, le imprecisioni contenute negli atti istruttori quanto alla ricostruzione della compagine sociale della -OMISSIS-
Giova, infatti, ribadire che il nucleo essenziale dell’atto interdittivo, ben consapevole che la -OMISSIS-sia intestata ai soci -OMISSIS-, intercetta l’accertato coinvolgimento della società appellante nell’affidamento e gestione della gara soprarichiamata in diretta collaborazione con imprese riconducibili alla criminalità organizzata e tanto riflette di per sé il pericolo di infiltrazione mafiosa che il provvedimento ablatorio avversato in prime cure tende a prevenire.
8.1. Lo stesso comprovato coinvolgimento della società appellante in operazioni condotte in sinergia con imprese colluse e da queste condizionate, integrando di per sé stesso la ragione fondante la misura inibitoria qui in rilievo, assorbe le argomentazioni difensive sviluppate dall’appellante sulla incensuratezza dei soci e sulla mancanza di un loro diretto coinvolgimento nelle indagini.
E, invero, nella prospettiva del diritto della prevenzione, qui in rilievo, il giudizio complessivo che l’Autorità procedente è chiamata a svolgere non può dirsi condizionato dal singolo vissuto soggettivo che resta assorbito in una più ampia disamina a schema aperto, inevitabilmente modulata secondo coordinate non rigidamente tracciate siccome volta ad accertare la sussistenza di " eventuali tentativi " di infiltrazione mafiosa " tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate ".
Ai fini del legittimo rilascio dell'interdittiva antimafia è, infatti, sufficiente il riferimento a soggetti semplicemente conniventi con la mafia, per quanto non concorrenti, nemmeno esterni, con siffatta forma di criminalità, e persino imprenditori soggiogati dalla sua forza intimidatoria e vittime di estorsioni, sono passibili di informativa antimafia atteso che la mafia, per condurre le sue lucrose attività economiche nel mondo delle pubbliche commesse, non si avvale solo di soggetti organici o affiliati ad essa, ma anche e sempre più spesso di soggetti compiacenti, cooperanti, collaboranti, nelle più varie forme e qualifiche societarie, sia attivamente - per interesse, economico, politico o amministrativo - che passivamente, per omertà o, non ultimo, per il timore della sopravvivenza propria e della propria impresa (cfr. Consiglio di Stato , sez. III , 03 agosto 2021, n. 57239.
E, dunque, coerentemente con il modello legale di riferimento nell’economia della decisione qui gravata il nucleo essenziale della valutazione svolta valorizza la concreta dinamica operativa della società appellante e i suoi qualificati rapporti di cointeressenze con imprese colluse sviluppatisi nell’ambito di un piano illecito già preventivamente programmato.
9. Parimenti, non hanno pregio le residue osservazioni censoree che impingono nella risoluzione del contratto di subappalto con la -OMISSIS-. siccome operata una volta avuto contezza del provvedimento interdittivo, trattandosi di reazione evidentemente condizionata dal suddetto provvedimento ablatorio e dai consequenziali e vincolanti provvedimenti applicativi che il Comune era chiamato ad adottare.
9.1. Lo stesso è a dirsi quanto ai tentativi di ridimensionare la portata del condizionamento operato dalla criminalità organizzata sulla gara in argomento, costituendo l’esclusione e la successiva riammissione di un concorrente per effetto di un provvedimento giurisdizionale delle variabili che, indipendentemente dalla possibilità di essere in qualche modo governate attraverso ulteriori espedienti, non incidono sulla ricostruzione fin qui operata.
10. Per completezza espositiva, peraltro, merita di essere sottolineato che l’istanza di concessione del controllo giudiziario avanzata dalla società appellante è stata rigettata dal Tribunale di Napoli con decreto n. -OMISSIS-, il cui approdo decisorio ulteriormente conferma la soggiacenza e permeabilità della -OMISSIS-alla criminalità organizzata.
11. Infine, come correttamente evidenziato anche dal giudice di prime cure, la legittima assunzione dell’interdittiva prefettizia, comporta, quale effetto dovuto, la risoluzione del contratto di appalto, di guisa che le determinazioni consequenziali assunte dal Comune di -OMISSIS-si rivelano immuni dai rilievi censorei sollevati dall’appellante (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 08 novembre 2021, n. 7396).
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, l’appello va respinto.
Le spese seguono la soccombenza nei rapporti con il Ministero dell’Interno e vanno liquidate come da dispositivo. Possono essere compensate nei rapporti con le altre parti.