Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-02-02, n. 201500460
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N. 00460/2015REG.PROV.COLL.
N. 04739/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4739 del 2013, proposto da Soa Nazionale Costruttori Organismo di Attestazione s.p.a. in liquidazione, rappresentata e difesa dall'avv. M S, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
contro
Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la revocazione, ai sensi dell’art. 106 c.p.a. , dalla sentenza Cons. St. , sez. VI, n. 630/2013, concernente risarcimento danni –revoca autorizzazione a svolgere attività di attestazione;
Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AVCP;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 18 dicembre 2014 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Sanino e Gerardis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Nel 2000 la SOA Nazionale Costruttori (in seguito, SOA Nazionale) venne autorizzata a svolgere attività di attestazione.
Nel 2006 l’Autorità revocò l’autorizzazione a causa della violazione, nella gestione della SOA, dei criteri di correttezza, trasparenza, autonomia e indipendenza, richiesti dal d.P.R. n. 34/2000 nella gestione degli organismi di attestazione e nei rapporti con le società attestate.
SOA Nazionale propose ricorso al Tar del Lazio contro la revoca.
Il ricorso venne respinto con la sentenza n. 1374/2007 ma, con la decisione n. 4363/2008, questa Sezione accolse l’appello ritenendo che il procedimento che aveva portato all’adozione della revoca fosse affetto da taluni vizi meramente formali.
Nel 2010 SOA Nazionale si è nuovamente rivolta al Tar del Lazio chiedendo la condanna dell’Autorità a risarcirle i danni sofferti per effetto della revoca del 2006 annullata, come detto, da questo Consiglio nel 2008.
Il Tar, con la sentenza n. 6717/2011, ha respinto il ricorso poiché:
-la revoca era stata annullata in sede giudiziale, in grado d’appello, per vizi di mera natura formale;
-neppure nel giudizio risarcitorio erano stati forniti elementi concreti, idonei a smentire la veridicità delle circostanze di fatto, evidenziate sia dalla Guardia di Finanza, sia dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e poste a base della revoca, e a dimostrare che l’Autorità avesse, nella sostanza, violato le disposizioni che, in relazione al complesso sistema di qualificazione, ne disciplinano funzioni e poteri;
-l’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento autoritativo non comporta, di per sé solo, l’automatico riconoscimento della responsabilità civile dell’Amministrazione occorrendo, a questo scopo, in particolare, che il danneggiato dimostri il dolo o la colpa dell’autore del provvedimento dichiarato illegittimo;
-con riferimento al caso in esame non poteva giungersi alla conclusione che l’adozione dell’impugnata revoca fosse avvenuta in ingiustificata e colpevole violazione dei principi di imparzialità, correttezza e buona fede, i quali presiedono all’esercizio della funzione pubblica.
L’appello di SOA Nazionale contro la sopra riassunta sentenza del Tar del Lazio del 2011 è stato respinto da questa Sezione che, con la sentenza n. 630/2013 –oggetto dell’odierno ricorso per revocazione-, per quanto qui più rileva, ha statuito quanto segue (v. pp. 5.2. e 5.3. sent. , da pag. 7):
a) la condotta difensiva complessiva dell’Autorità è stata tale, sin dal primo atto di costituzione nel giudizio di primo grado, “da essere incompatibile con un comportamento di non contestazione, in tesi idoneo a rendere incontroversi i fatti posti dall’originaria ricorrente a fondamento della propria pretesa risarcitoria…”;
b) dall’esame della sentenza Cons. St. –VI, n. 4363/2008, di accoglimento dell’appello e di annullamento della revoca del 2006 si evince che la revoca è stata caducata “per l’illegittima tardiva comunicazione di avvio del procedimento, in violazione dell’art. 10, comma 6, d.P.R. n. 34 del 2000 (applicabile ratione temporis alla fattispecie de qua), … per la violazione del diritto al contraddittorio, per essersi l’Autorità avvalsa, nella fase istruttoria procedimentale, di atti d’indagine penale asseritamente coperti da segreto istruttorio e mai portati a conoscenza dell’odierna appellante, (e) … per carenze istruttorie e motivazionali conseguenti alla ritenuta mancanza di un’autonoma attività d’indagine istruttoria amministrativa da parte dell’Autorità”;
c) la decisione del 2008 ha “fatti salvi gli ulteriori provvedimenti amministrativi, implicanti la rinnovazione dell’attività istruttoria e valutativa dell’Autorità attorno alla persistenza del possesso dei requisiti di indipendenza, autonomia e trasparenza in capo alla SOA Nazionale … sanciti … dal d.P.R. n. 34 del 2000, nell’ambito dell’esercizio del generale potere di vigilanza sul sistema di qualificazione delle imprese operanti nel settore degli appalti pubblici, assegnato dal legislatore alla stessa Autorità”;
d) dopo la decisione del 2008 SOA Nazionale, sulla base di una delibera dell’Autorità comunicata nel febbraio 2009, “è stata riammessa a riprendere l’attività di attestazione ma … in esito a nuove indagini ed accertamenti è emersa una situazione patrimoniale deficitaria della SOA;… l’Avcp ha provveduto a richiamarla con nota del 23 febbraio 2010, ai sensi dell’art. 7, comma 2, d.P.R. n. 34 del 2000, per il mancato ripianamento delle perdite di bilancio e per il venir meno dei requisiti di cui al citato art. 7, comma 2, del regolamento;… (sono seguiti) ulteriori accertamenti dell’Autorità, anche con l’ausilio della Guardia di Finanza, da cui sono emersi ulteriori elementi di non conformità alle disposizioni regolamentari, tra i quali, oltre alla criticità della situazione patrimoniale, una serie di passaggi azionari all’interno del nucleo familiare …(di) un dipendente del Ministero delle Infrastrutture, già individuato nel rapporto della Guardia di Finanza del 17 agosto 2005, a suo tempo posto a base del provvedimento di revoca del 20 giugno 2006, quale socio occulto della SOA Nazionale…– connotati da elementi inferenziali atti a dedurne la natura fittizia e simulata, nonché elementi indiziari circa l’esistenza di oscuri canali di approvvigionamento finanziario esterni al nucleo familiare e non identificabili, in violazione dei richiamati criteri di indipendenza, trasparenza e assenza di situazioni di conflitto d’interesse che devono informare l’assetto societario e la gestione degli organismi di attestazione. Ne è seguito … un nuovo procedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di attestazione, sfociato in un nuovo provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di attestazione, adottato con delibera n. 231 del 16-30 novembre 2011 e comunicato all’odierna appellante con nota del 7 dicembre 2011… “;
e) premesso che per aversi responsabilità dell’Amministrazione da attività provvedimentale illegittima occorrono tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, dell’illecito assimilabile a quello aquiliano, si rileva, quanto all’elemento soggettivo, che al caso di specie non risulta applicabile l’orientamento della Corte di giustizia UE (sentenza 30 settembre 2010, C-314/09) invocato dall’odierna appellante – secondo cui in sede di accertamento della responsabilità dell’amministrazione nel particolare settore degli appalti pubblici si prescinde dall’accertamento della sussistenza in concreto dell’elemento soggettivo –, poiché la presente causa non verte, in via immediata e diretta, su una gara per l’affidamento di un pubblico appalto;
f) va poi confermata la statuizione del Tar secondo cui, anche all’esito del presente giudizio, “è rimasta sostanzialmente confermata la situazione di fatto, connotata peraltro ab origine dalla violazione dei criteri normativi di indipendenza, trasparenza e correttezza in capo all’organismo di attestazione odierno appellante, posta a base della revoca del 20 giugno 2006, sicché la condotta dell’Autorità, sebbene illo tempore dichiarata illegittima sotto un profilo formale e procedimentale, si sottrae ad ogni censura di rimproverabilità, con conseguente corretta esclusione, nell’appellata sentenza, del raggiungimento della prova dell’elemento colposo”;
g) infine non sussiste la dedotta violazione del giudicato formatosi sulla decisione n. 4363/2008 della Sezione...”.
2. Nel giugno del 2013 SOA Nazionale ha proposto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 395, n. 4), del c.p.c. , in relazione all’art. 106 del c.p.a. , ricorso per la revocazione della sentenza sopra riassunta.
Sulla fase rescindente (v. da pag. 7 a pag. 16 ric.) è stato rilevato, in estrema sintesi, che l’affermazione di questa Sezione, sopra riportata alla lettera f), secondo la quale sarebbe “rimasta sostanzialmente confermata la situazione di fatto, connotata peraltro ab origine dalla violazione dei criteri normativi di indipendenza, trasparenza e correttezza in capo all’organismo di attestazione odierno appellante, posta a base della revoca del 2006”, non corrisponde alla realtà dei fatti come emerge dai provvedimenti dell’Autorità.
Questo Consiglio, nella decisione del 2013, sarebbe incorso in travisamenti della portata dell’operato istruttorio dell’Autorità e in definitiva in una svista rilevante ex art. 395, n. 4) cit. , avendo dato per accertati fatti incontrovertibilmente esclusi, così viziando in modo irrimediabile l’esito del giudizio amministrativo risarcitorio.
Sulla fase rescissoria (v. da pag. 17 ric. in poi), SOA Nazionale ha riproposto le argomentazioni svolte a sostegno dell’appello avverso la sentenza del Tar del Lazio del 2010.
SOA Nazionale ha quindi concluso chiedendo a questo Consiglio, una volta accertata, nella fase rescindente del giudizio, la sussistenza dell’ “error facti” rilevante ai sensi degli articoli 395, n. 4) c.p.c. e 106 c.p.a. , di disporre la revocazione della sentenza Cons. St. n. 630/2013 e di annullare e/o di riformare la sentenza del Tar Lazio n. 6711/2011.
L’Autorità ha svolto una difesa di mera forma e all’udienza del 18 dicembre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
3. Il ricorso è inammissibile nella sua fase rescindente.
3.1.Come si è accennato sopra al p. 2. , ad avviso della ricorrente l’affermazione svolta in sentenza sub f) –vale a dire che anche all’esito del presente giudizio “è rimasta sostanzialmente confermata la situazione di fatto, connotata peraltro ab origine dalla violazione dei criteri normativi di indipendenza, trasparenza e correttezza in capo all’organismo di attestazione odierno appellante, posta a base della revoca del 20 giugno 2006, sicché la condotta dell’Autorità, sebbene illo tempore dichiarata illegittima sotto un profilo formale e procedimentale, si sottrae ad ogni censura di rimproverabilità, con conseguente corretta esclusione, nell’appellata sentenza, del raggiungimento della prova dell’elemento colposo”- non corrisponde alla realtà dei fatti quale emerge da un raffronto tra (il substrato fattuale a sostegno del) la prima revoca, del 2006, e la seconda revoca, del 2011, dal quale si ricava che le contestazioni poste a base delle due misure di revoca si riferiscono a situazioni e a circostanze autonome e distinte, venute a esistere in diversi periodi temporali di attività dell’impresa.
Ciò sarebbe sfuggito a questo Consiglio il quale, nell’impiegare l’espressione “è rimasta sostanzialmente confermata la situazione di fatto…”, sarebbe incorso in una svista correlata all’omessa considerazione delle diverse circostanze e dei differenti periodi temporali di attività d’impresa che hanno portato ad accertamenti istruttori differenziati e all’adozione di provvedimenti distinti, ancorché aventi un identico contenuto dispositivo.
Dopo avere ripercorso l’operato istruttorio dell’Autorità dal 2004 -2005 al 2011 e l’attività processuale e giurisdizionale svoltasi in particolare dal 2010 -2011 in poi, la ricorrente evidenzia che gli accertamenti istruttori eseguiti dopo la sentenza di questo Consiglio del 2008 non sono stati posti in essere “ora per allora” ma hanno riguardato in via esclusiva il periodo successivo al 2009 fondando poi la successiva revoca del 2011, estranea alla controversia risarcitoria definita nel 2013.
All’esito degli accertamenti di fatto successivi alla sentenza Cons. St. n. 4363/08 non vi è stata alcuna “conferma della situazione di fatto” posta a base della revoca del 2006 cosicché il Consiglio di Stato, nel 2013, avrebbe finito col travisare muovendo dall’assunto per cui la seconda revoca (quella del 2011) sarebbe confermativa della prima (quella del 2006), essendo le due revoche fondate su presupposti identici e su identiche motivazioni, e dando così per accertati fatti incontrovertibilmente esclusi.
In definitiva, il convincimento espresso da questo Consiglio nel 2013 si sarebbe formato su una realtà di fatto creata su attività istruttorie e provvedimentali dell’Autorità non corrispondenti al vero: conclusione che troverebbe conferma nell’accenno, fatto a pag. 8 della sentenza n. 630/2013, alla circostanza che dopo Cons. St. n. 4363/08 la SOA era stata (temporaneamente) ammessa a riprendere l’attività di attestazione. Accenno che, per la ricorrente, sarebbe sintomatico della svista nella quale sarebbe incorsa la decisione di questo Consiglio, se si considera che la Sezione nel 2013 nulla riferisce in ordine all’istruttoria svolta dall’Autorità dopo la pubblicazione della sentenza del 2008 in vista della “restituzione” (in via temporanea), a SOA Nazionale, nel febbraio del 2009, dell’autorizzazione illegittimamente revocata.
La Sezione, nel 2013, avrebbe preso le mosse dall’assunto per cui l’Autorità avrebbe svolto attività istruttoria “ora per allora” , quando invece l’istruttoria che ha messo capo alla revoca del novembre del 2011 costituisce accertamento nuovo e diverso da quello posto a base della revoca del 2006
3.2. Gli argomenti della ricorrente non sono affatto persuasivi.
In via preliminare e in termini generali, premesso che in base a quanto dispone l’art. 395, n. 4), c. p. c. l’impugnazione per revocazione è consentita se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa (e questo errore vi è quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare), va rammentato che, in base a una elaborazione giurisprudenziale ormai sedimentata, il che esime questo Collegio dal segnalare precedenti specifici (salvo Cons. St. , Ad. plen. , n. 1 del 2013 –v. , ivi, citazioni giurisprudenziali ulteriori- e n. 2 del 2010):
-l’errore di fatto che può dar luogo a revocazione consiste in una falsa percezione, da parte del giudice, della realtà risultante dagli atti di causa, in una svista materiale che abbia indotto ad affermare l'esistenza di un fatto che obiettivamente non esiste, oppure a considerare inesistente un fatto che, viceversa, risulti positivamente accertato;la lettura e l' interpretazione dei documenti di causa appartiene all' insindacabile valutazione del giudice e non può essere censurata quale errore di fatto previsto dall'art. 395 n. 4, c.p.c. , salvo trasformare lo strumento revocatorio in un inammissibile terzo grado di giudizio;ciò in quanto l'errore di fatto deducibile in sede di revocazione non è ravvisabile qualora si assuma che il giudice abbia omesso di esaminare, su questione oggetto di discussione tra le parti, le prove documentali esibite o acquisite d'ufficio, ovvero abbia proceduto a una erronea e incompleta valutazione delle medesime, siffatta doglianza risolvendosi in una censura di errore di giudizio rientrante nella valutazione complessiva delle produzione documentale, esorbitante in quanto tale dall'ambito della revocazione;
-ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c. l’errore di fatto revocatorio deve riguardare un punto non controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi: pertanto, non è configurabile l'errore revocatorio qualora l'asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell'apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice; quando il fatto di cui all’art. 395/4) c.p.c. ha costituito un punto controverso sul quale sia intervenuta la pronuncia del giudice, sussiste semmai un errore di diritto e con la revocazione si verrebbe in sostanza a censurare la valutazione e l'interpretazione delle risultanze processuali: va pertanto ritenuta inammissibile la domanda di revocazione che si fondi sull'erroneo apprezzamento delle risultanze processuali;
-in ogni caso, l’errore di fatto che può dar luogo a revocazione dev’essere stato decisivo ai fini della pronuncia: l’errata percezione deve avere avuto, cioè, un ruolo determinante rispetto alla decisione.
Calando i princìpi su esposti nel caso di specie, dall’esame degli atti e dei documenti di causa e della sentenza di questa Sezione n. 630/2013 appare evidente come questo Consiglio non sia incorso in alcun errore di fatto revocatorio ex art. 395/4) del c.p.c.
Infatti, con la sentenza del 2013 la Sezione, dopo avere puntualmente ripercorso le fasi dell’istruttoria svolta dall’Autorità dopo il 2009 (v. p. 5.3.2.) , nel “passaggio argomentativo” sub f) non ha omesso di tenere conto delle peculiari circostanze di fatto poste a base della revoca del 2006 e di quelle a fondamento della revoca del 2011;ha soltanto inteso dire che, ai fini risarcitori, la violazione dei criteri di indipendenza, trasparenza e correttezza, addebitata alla SOA nazionale ante 2006 –e reiterata post 2009 e ante 2011- precludeva qualsiasi riconoscimento di condotte rimproverabili in capo all’Autorità, con il conseguente mancato raggiungimento della prova dell’elemento soggettivo e la conferma del rigetto della domanda risarcitoria.
Anche dopo i nuovi accertamenti istruttori fatti dall’Autorità sono cioè rimaste confermate le violazioni a suo tempo poste a base della prima revoca: nessun “abbaglio dei sensi”, né svista rilevabile con immediatezza dalla lettura della sentenza n. 630/2013 sono dunque riscontrabili nella decisione in epigrafe.
E’ la ricorrente che finisce con l’attribuire alla pronuncia del 2013 di questa Sezione una statuizione –o meglio, un assunto argomentativo, quello per cui le due revoche si fonderebbero su presupposti uguali, e che dopo il 2009 l’Autorità avrebbe svolto un’attività istruttoria “ora per allora”- che la Sezione non ha formulato.
Il fatto, poi, che nella sentenza del 2013 la Sezione accenni soltanto alla riammissione temporanea di SOA Nazionale a partire dal febbraio del 2009 senza soffermarsi sull’istruttoria preparatoria che sarebbe stata compiuta dall’Autorità tra il settembre del 2008 e, appunto, il febbraio del 2009 costituisce elemento irrilevante per accogliere la richiesta della ricorrente..
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile nella sua fase rescindente, e ciò preclude l’esame della richiesta in via rescissoria.
La difesa di forma dell’Autorità giustifica la compensazione delle spese.