Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-07, n. 202100209
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Testo completo
Pubblicato il 07/01/2021
N. 00209/2021REG.PROV.COLL.
N. 02005/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
S
sul ricorso NRG 2005/2015, proposto da S T ed E L, rappresentati e difesi dall'avv. M T C, con domicilio eletto in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18, presso la Grez & Associati s.r.l.,
contro
il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti P C, R I, A M ed A M M, con domicilio eletto in Roma, lungotevere Marzio n. 3 (Studio Izzo) e
nei confronti
– di Unispace s.r.l., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , appellante incidentale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Lilli e Pietro Merlini, con domicilio eletto in Roma, via di Val Fiorita n. 90 e
– di Giovannella C, non costituita in giudizio,
per la riforma
della sentenza del TAR Lombardia, sez. II, n. 1825/2014, resa tra le parti e concernente il diniego di condono edilizio nei confronti della controinteressata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio soltanto del Comune e dell’appellante incidentale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all'udienza pubblica del 18 luglio 2019 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Carta e Lilli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – La Unispace s.r.l., corrente in Milano, è colà proprietaria d’una palazzina sita in via Lovanio n. 3, edificata nel 1921 ed in aderenza alla quale fu poi costruito un altro edificio di civile abitazione, corrispondente al civico n. 5, in cui è ubicato l’appartamento di proprietà dei sigg. S T ed E L.
Tal appartamento è posto non sul muro di confine dei due edifici in questione, ma solo in quello perimetrale dell’immobile di via Lovanio n. 5, sul quale v’erano due luci aperte fin dal 1950 dagli allora proprietari, in modo da arieggiare ed illuminare altrettante stanze.
Accadde che, con DIA prot. n. 3.064.176/2001 del 20 gennaio 2001, la Unispace s.r.l. intese avviare taluni interventi nel fabbricato di sua proprietà, consistenti nel cambio d'uso del piano interrato - SI (da salone-palestra a parcheggio), con traslazione della relativa superficie lorda di pavimento - s.l.p. ai realizzandi piani quinto e sesto in sopraelevazione e conseguente cambio d'uso.
I lavori per detti piani sopraelevati furono realizzati, a detta della sig. T e consorte, non già in aderenza, ma in appoggio al (e usando cioè, a fini statici, proprio il) muro perimetrale del fabbricato di via Lovanio n. 5, oltre all’innesto di 24 travetti in esso, al fine di costruire un piccolo terrazzo. E tali lavori comportarono, tra l’altro —a quanto consta, senza e, comunque prima, che fosse stata previamente costituita la comunione dei due condomini sulla porzione di muro—, la chiusura di due luci colà aperte, vale a dire proprio quelle lumeggianti l’appartamento della sig. T e consorte. In realtà, quanto testé detto dagli attuali appellanti al più valse solo per l’edificio originario di via Lovanio n. 3, come s’evinse dalla nota Unispace pervenuta il 13 novembre 2011 nel procedimento di condono del 2004, di cui si dirà infra . Per contro, alla luce della CTU dell’arch. E B, resa in un parallelo contenzioso civile (in 1° grado) tra le stesse parti del presente giudizio e quindi culminato con la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1023 del 14 aprile 2011 a favore degli attuali appellanti principali, fu accertato che vi fu non un appoggio, bensì la costruzione in aderenza del muro in sopralzo, che chiuse sì le citate due luci, ma mantenne autonoma la struttura modificata dell’edificio di via Lovanio n. 3 rispetto al muro contiguo.
Il silenzio-assenso comunale su tale DIA fu impugnato dalla sig. T avanti al TAR Lombardia, col ricorso NRG 3940/2001, deducendo in sostanza l’avvio di un’attività di ristrutturazione in base ad una situazione di fatto non corrispondente al vero e comunque non assentibile con mera DIA, la violazione dell’art. 19 della l. 7 agosto 1990 n. 241 (oltreché dell’art. 66, co. 2 del regolam. edil. del Comune, l’omesso esercizio dei poteri comunali repressivi sulla DIA illegittima, l’eccesso di potere per mancata valutazione della DGR n. 6/38573 e della circolare comunale n. 7/2000, nonché la necessità del permesso di costruire, l’omessa predisposizione d’un piano attuativo (stante l’indice di utilizzazione fondiaria superiore ai 3 mc/mq) e la mancata comunione di muro. Col ricorso NRG 2307/2002, la sig. T si gravò pure contro la nota comunale prot. n. 1771.035/2002, con cui fu respinta l’istanza attorea sul riesame dell’attività edificatoria della Unispace s.r.l. Questo Consiglio (sez. V), con ordinanza n. 1731 del 10 maggio 2002, accolse l’appello cautelare di detta Società, per cui la sopraelevazione fu completata, sia pur in assenza del PDC convenzionato con il Comune di Milano, con definitiva chiusura delle predette luci.
Tali ricorsi furono poi riuniti ed accolti con la sentenza n. 4465 del 27 luglio 2009, con cui il TAR accertò l’assenza del diritto di tal Società a edificare in base a mera DIA.
2. – Nel frattempo, tra dette parti era stato iniziato anche un contenzioso innanzi all’AGO, definito poi in primo grado con la sentenza 10 giugno 2004 n. 8377 (che accolse la domanda possessoria della sig. T contro la Unispace s.r.l., confermata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza 14 aprile 2011 n. 1023) e la sentenza n. 14286/2008 (che rigettò la domanda petitoria di Unispace, proposta per l'ottenimento della comunione forzosa del muro, proposta contro il condominio di via Lovanio n. 5 e successivamente riformata dalla Corte d’appello di Milano n. 3227 del 10 ottobre 2012, passata in giudicato).
Con istanza del 10 dicembre 2004, detta Unispace, non avendo presentato un convenzionamento planivolumetrico (permesso di costruire convenzionato), propose un’istanza di condono edilizio ex art. 32, co. 25 del DL 30 settembre 2003 n. 269 (conv. modif. dalla l. 24 novembre 2003 n. 326), di tipologia 2, al fine di sanare la maggior SU di mq 205,53 (s.l.p. pari a mq 236,35).
Con la nota del 22 gennaio 2007, comunicato il successivo 2 febbraio, il Comune di Milano avvisò, in relazione al contenuto della sentenza n. 8377/2004 del Tribunale di Milano, la Società stessa che «… quanto disposto in sede giudiziaria preclude il rilascio della concessione in sanatoria in quanto le opere oggetto di condono sono state eseguite in violazione di norme a tutela dei diritti dei privati …». Al riguardo Unispace, con missiva pervenuta al Comune il 13 febbraio 2007, diede contezza sia dell’appello pendente contro la citata sentenza n. 8377 (nel frattempo sospesa), sia del giudizio, proposto all’AGO già prima del condono, al fine di ottenere la comunione forzosa del muro su cui appoggiò il rialzo dell’edificio attoreo ed in cui erano stati innestati i 24 travetti metallici, fornendo poi altri dati.
Tuttavia, solo con nota del 13 maggio 2009, comunicata il successivo 10 giugno, il Comune rigettò l’istanza di tal Società poiché: a) la traslazione di superficie dal piano interrato a quello di copertura avvenne con l’indicazione d’una destinazione della s.l.p. preesistente al piano interrato non veritiera (salone-palestra, anziché un piccolo magazzino e spazi accessori) e di gran lunga superiore a quella reale; b) erano intervenute, a carico di tal Società, sia la sentenza n. 8377/2004 che la sentenza n. 14285/2008 (quest’ultimo di rigetto della pretesa di essa alla costituzione forzosa della comunione del muro perimetrale), tali da denotare la violazione dei diritti dei terzi e di norme inderogabili di diritto civile e, quindi, da precludere ogni sanatoria.
3. – Avverso tal statuizione la Unispace s.r.l. si gravò quindi innanzi al TAR Lombardia, col ricorso NRG 2154/2009, deducendo: I) – l’illegittima commistione, da parte del Comune, di profili di tutela dei diritti dei terzi privati (regolati dall’art. 32, co. 31 del DL 269/2003) con l’interesse pubblico sotteso al condono edilizio, nonché l’erronea considerazione di due sentenze dell’AGO (di cui una già sospesa dal Giudice d’appello) ancora non passate in giudicato; II) – l’omessa considerazione, denotante un chiaro difetto d’istruttoria, della formazione del silenzio-assenso ex art. 32, co. 27 del DL 269/2003, nonché l’illegittimità dell’autotutela così esercitata se l’impugnato rigetto di condono si volesse intendere a guisa di revoca o annullamento di tal silenzio; III) – l’illegittimità in ogni caso di tal rigetto, basato essenzialmente su pronunce dell’AGO non definitive e tale da determinare un nocumento ove queste ultime fossero riformate in appello; IV) – l’omesso preavviso di rigetto ex art. 10-bis della l. 7 agosto 1990 n. 241; V) – l’esistenza del muro comune tra il preesistente edificio attoreo (via Lovanio n. 3) e quello attiguo e successivo (via Lovanio n. 5) fin dalla costruzione di quest’ultimo, donde la sussistenza dei requisiti indicati nell’art. 874 c.c. e non tenuti presenti dal Comune nel procedimento di sanatoria.
Il Comune di Milano, nel costituirsi il 2 maggio 2011 in quel giudizio, produsse vari documenti, tra cui tre atti istruttori (del 21 novembre 2006 e del 21 gennaio e del 4 febbraio 2008) assunti da detta P.A. nel procedimento di sanatoria in questione. Con atto per motivi aggiunti depositato il 27 luglio 2011, la Società ricorrente impugnò tali atti, deducendo l’inammissibilità dell’integrazione in corso di causa della motivazione dell’impugnato rigetto e, in subordine, l’illegittimità dei tre atti istruttori citati sotto molteplici profili.
Con l'ordinanza del 12 maggio 2011, comunicata a mezzo fax il successivo giorno 23, il Comune di Milano (Sport. unico edilizia - Uff. condono) ingiunse alla predetta Società la demolizione delle opere abusivamente realizzate presso l’edificio di sua proprietà in via Lovanio n. 3. Contro questa ordinanza, la Società stessa propose innanzi al TAR Milano il distinto ricorso NRG 2466/2011, al riguardo deducendo ulteriori profili di censura.
Con sentenza n. 1825 dell’11 luglio 2014, l’adito TAR, previa riunione dei due ricorsi proposti dalla Unispace s.r.l. e respinta l’eccezione d’inammissibilità dell’arch. T (ma anche del Comune: cfr. la memoria depositata in quel giudizio il 20 gennaio 2014) quale