Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-07, n. 202202580
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 07/04/2022
N. 02580/2022REG.PROV.COLL.
N. 00869/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 869 del 2014, proposto dall’Azienda Agricola Alberini Francesco e Figli S.S., dal signor P B quale titolare dell’omonima Azienda Agricola, dal signor G B, in proprio e quale legale rappresentante
pro tempore
dell’Azienda Agricola Boni Gino e Mauro S.S., dal signor G C quale titolare dell’omonima Azienda Agricola, dal signor V C quale titolare dell’omonima Azienda Agricola, dal signor D C quale titolare dell’omonima Azienda Agricola, dalla signora E D in proprio e quale legale rappresentante
pro tempore
dell’Azienda Agricola Dordini Elena, dal signor O F, in proprio e quale legale rappresentante
pro tempore
dell’Azienda Agricola Farina Opilio e Massimo S.S., dalla signora C M, in proprio e quale legale rappresentante
pro tempore
dell’Azienda Agricola Viola S.S., dal signor G R, in proprio e quale legale rappresentante
pro tempore
dell’Azienda Agricola Rubini Giovanni ed Ettore S.S., dal signor G T quale titolare dell’omonima Azienda Agricola, dal signor R V in proprio e quale legale rappresentante
pro tempore
dell’Azienda Agricola Vergola Ugo e Roberto S.S., rappresentati e difesi dall’avvocato Ester Ermondi, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato Angela Palmisano in Roma, via Nizza, n. 59,
contro
l’AGEA-Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, ed il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in persona del Ministro
pro tempore
, non costituiti in giudizio,
nei confronti
della Biolat soc. coop. r.l., della Latteria Cooperativa S. Sebastiano s.c.r.l., della Granlatte Consorzio Cooperativo, della Latteria Padana di Borgoforte soc. coop. r.l., dal Caseificio Razionale Novese s.c.a.r.l., della s.c.a.r.l. Latteria Agricola Venera Vecchia, della s.c.a.r.l. Coop.Mantova Latte Più, del Caseificio Sociale Santa Maria Formigada, della Latteria Agricola di Marmirolo, della Latteria Cooperativa Goitese s.c.r.l., della Cooperativa Produttori Latte dei Colli Storici s.c.a.r.l., della Latteria Sociale Mantova soc. coop. r.l., della s.c.r.l. Latteria del Piantone - Cooperativa in liquidazione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, non costituiti in giudizio,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma – Sezione II ter , n. 5094 del 21 maggio 2013, resa inter partes , concernente l’annullamento di un provvedimento di rigetto di una domanda di compensazione di quote latte ed il conseguente risarcimento danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza telematica del giorno 23 febbraio 2022 il consigliere G S e udito per la parte appellante l’avvocato Ester Ermondi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso n. 8722/2003, proposto innanzi al T.a.r. per il Lazio, i signori F A, M B, P B, G C, V C, E D, D F, O F, C G, G L, F L, R L, C M, E R, G R, F S, G T, R V, L L, F L, G B, D C, G M, G B, C C e C Z, in proprio e quali legali rappresentanti pro tempore ovvero titolari omonimi delle rispettive aziende agricole, avevano chiesto l’annullamento delle comunicazioni AGEA del 30 luglio 2003, aventi ad oggetto “ Regime quote latte – compensazione nazionale del periodo 2002/03 e relativi allegati ” e “ Nota informativa ”, nonché i decreti ministeriali del 17 febbraio 1998, 21 maggio 1999 e 19 aprile 2011.
2. A sostegno del ricorso, essi avevano dedotto, essenzialmente, l’illegittimità comunitaria del provvedimento impugnato sia per la portata retroattiva delle comunicazioni AIMA di assegnazione dei QRI, sia per l’imposizione di superprelievo in mancanza di accertamento dell’effettiva quantità di latte prodotto e commercializzato in Italia nei periodi 1995/96 e 1996/97, nonché la violazione della legge n. 241/90 per difetto di motivazione sotto diversi profili.
3. Costituitasi l’Amministrazione in resistenza, il Tribunale amministrativo adìto (Sezione II ter ) ha così deciso il gravame al suo esame:
- ha rilevato, in via preliminare, che, con decreto presidenziale n. 1851 del 9 febbraio 2012, veniva dichiarato perento il ricorso e che, con decreto presidenziale n. 17811 del 1° ottobre 2012, veniva revocato detto decreto limitatamente ai ricorrenti che avevano dichiarato di avere interesse alla decisione;
- ha ritenuto sussistenti i presupposti per emettere decisione in forma semplificata;
- ha respinto il ricorso, avendo reputato infondate tutte le censure articolate;
- ha compensato le spese di lite.
4. In particolare, il T.a.r. ha ritenuto che:
- poiché le comunicazioni in materia di quote latte riguardano una enorme pluralità di destinatari, ogni ricorrente dovrebbe “ fornire almeno un principio di prova su quale avrebbe dovuto effettivamente essere il QRI a cui l’amministrazione avrebbe dovuto fare riferimento per l’effettuazione delle compensazioni ”;
- non vi sarebbero elementi da cui desumere che la comunicazione AGEA sia affetta da errore;
- “ il D.M. 17 febbraio 1998, recante modalità per l’istruttoria dei ricorsi di riesame, emanato in attuazione dell’art. 2, co. 10, l. n. 5 del 1998, non sembra avere natura regolamentare, per cui non sussiste la violazione dell’art. 17 l. n. 400 del 1988 ”.
5. Avverso tale pronuncia i medesimi ricorrenti, come sopra elencati, hanno interposto appello, notificato il 2 gennaio 2014 e depositato il 3 febbraio 2014, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame, col quale hanno reiterato i motivi di primo grado. ritenendoli non adeguatamente scrutinati, quanto segue:
I) in via preliminare si è dedotta la nullità della sentenza per mancata pronuncia su tutti i motivi di doglianza;
II) il T.a.r. sarebbe caduto in errore nel respingere le censure relative al carattere retroattivo delle comunicazioni AIMA, in assenza di uno specifico accertamento circa la reale (superiore) produzione ed alla mancanza di una notificazione individuale delle quote latte assegnate, in quanto entrambe sarebbero in contrasto coi principi comunitari;
III) il T.a.r. sarebbe caduto in errore anche nel non aver rilevato l’illegittimità di cui sarebbe affetto il D.M. 17 febbraio 1998, perché emanato in violazione delle norme che disciplinano l’ iter formativo dei regolamenti ministeriali;
IV) si insiste, altresì, per l’illegittimità comunitaria degli atti applicativi della disciplina, che prevede categorie privilegiate di produttori che usufruiscono della compensazione nazionale in via prioritaria, al contrario di quanto opinato da questo Consiglio con la sentenza n. 2491/2011;
V) si insiste anche per le violazioni formali in cui l’Amministrazione sarebbe incorsa e per le istanze di rimessione alla Corte di Giustizia ed alla Corte Costituzionale, nonché sull’istanza istruttoria, istanze sulle quali il T.a.r. non si sarebbe espresso.
6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l’annullamento degli atti con lo stesso impugnati ed il risarcimento del danno.
7. Sia AGEA che il Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali non si sono costituiti in giudizio, sebbene ritualmente intimati.
8. In data 19 gennaio 2022 parte appellante ha depositato una memoria ex art. 73 c.p.a., richiamando, inter alia , la sopravvenuta giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (sentenza 27 giugno 2019 in causa C-348/18), che ha escluso l’ammissibilità comunitaria della compensazione per “ categorie prioritarie ”, e quindi concludendo per l’accoglimento e la declaratoria di nullità o comunque di annullabilità degli atti impugnati in prime cure. In particolare, l’appellante ha versato in atti la copiosa giurisprudenza, nazionale e comunitaria, nel frattempo intervenuta sulla vicenda, nonché l’ordinanza del GIP di Roma del 5 giugno 2019 che ha sostanzialmente riconosciuto la “ totale inattendibilità e falsità dei dati del sistema ”, pronunciandosi nell’ambito di un procedimento penale conseguito alla medesima vicenda.
Con successiva memoria conclusionale, la società ha ribadito le proprie prospettazioni, rilevando come, nelle more del procedimento, non solo è intervenuta la richiamata ordinanza del GIP di Roma, che avrebbe confermato, in sede penale, che la reale produzione italiana anche per il periodo di cui è causa era inferiore alla produzione dichiarata in sede UE, ma soprattutto, in sede comunitaria, la sentenza della Corte di Giustizia UE del 27 giugno 2019, in causa C-348/18, che avrebbe sancito chiaramente la necessità che gli Stati membri - che scelgono di quantificare il prelievo dovuto dai produttori previa compensazione tra le maggiori quantità prodotte con le quote inutilizzate - eseguano l’operazione in via lineare tra tutti, in base all’unico criterio stabilito dall’art. 2, 1 del Reg. (CEE) n. 3950/92, ossia “ proporzionalmente ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore ”.
9. La causa, chiamata per la discussione alla udienza telematica del 23 febbraio 2022, è stata trattenuta in decisione.
10. L’appello è parzialmente fondato nei sensi e nei limiti di cui alla motivazione che segue.
11. La predetta eccezione di nullità della sentenza appellata non può essere accolta, stante la sua genericità a fronte delle disposizioni del c.p.a., che consentono la decisione con motivazione sintetica riferita a pertinenti precedenti giurisprudenziali.
12. Con il secondo motivo di appello si contesta il capo della sentenza gravata, che ha respinto la censura concernente la questione della comunicazione “ retroattiva ” dei quantitativi di riferimento individuali, ma il mezzo è da reputare infondato.
12.1 Infatti, la modalità di effettuazione del computo del QRI in relazione alle annate lattiere successive a quella 1995/1996 è stata oggetto nello specifico di analitica ricostruzione da parte di questo Consiglio, dalle cui risultanze non si ravvisano motivi per discostarsi (cfr. ex plurimis , Cons. Stato, Sez. III, 15 ottobre 2014, n. 5150).
È stato in particolare affermato che “ il QRI non si può adesso, né si poté dire allora sconosciuto per nessuno dei produttori e per tutto il tempo intercorrente tra l'entrata in vigore del regol. n. 3950 e la definizione dei QRI per le annate lattiere dal 1995/96 in poi, fossero costoro aderenti o no ad una delle associazioni di categoria ”. Invero, infatti, essi ne ebbero buona e seria consapevolezza, almeno in relazione alla loro produzione “ storica ”, secondo l’art. 4 del Regolamento n. 3950/92/CE, con riguardo al quantitativo disponibile in azienda al 31 marzo 1993, poi al 31 marzo 1994 e via via con le proroghe fino al 2000, oltre che sulla scorta del rispettivo patrimonio bovino a disposizione. “ Questo, ad avviso non del Collegio, ma della giurisprudenza più volte citata ed enfatizzata dall'appellante (cfr. C. giust. CE, 25 marzo 2004, cause riunite nn. 480/2000 e ss., parr. nn. 46/51 e 65/70), se non rende irrilevante, certo fa sbiadire la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento ” (cfr. Cons. Stato, n. 5150/2014, cit.;sulla presunzione di conoscenza del dato generata dalla sua 'storicizzazione', cfr. anche Cons. Stato, sez. III, 15 ottobre 2014 n. 5141, nonché id ., 15 ottobre 2014, n. 5149). Le riconosciute difficoltà, per le autorità competenti, di ricostruire tempestivamente le quote individuali applicabili ed i quantitativi effettivamente prodotti, trattandosi di grandezze necessariamente influenzate da variabili quali la verifica sulla veridicità delle dichiarazioni e le frequenti cessioni di quote da un produttore ad un altro, che per loro natura tendono a protrarsi in un arco di tempo più esteso rispetto all'esercizio di riferimento, richiedono di accettare correttivi, tra i quali la possibilità di imposizioni retroattive, onde non frustrare nei fatti gravemente l'effettività dell'intero sistema.
La possibile erroneità del dato di partenza, dunque, peraltro falsato proprio per lo più dalla certificazione da parte dei produttori, e finanche da fenomeni truffaldini, non può non imporre comunque la ricerca di metodiche anche induttive funzionali a determinare il dato richiesto, ferma restando una rigorosa azione di accertamento delle responsabilità dei singoli che a vario titolo hanno ostacolato il corretto funzionamento del sistema.
In ordine al taglio della quota B), la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che solo la diminuzione del quantitativo di latte imputabile alla quota A) deve essere adeguatamente giustificata (Cons. Stato, sez. VI, n. 3847/2009), ferma restando la ritenuta legittimità del sistema della bipartizione in quote. Riguardo al D.M. 17 febbraio 1998, con il quale sono state disciplinate le modalità di applicazione delle disposizioni normative primarie in materia di quote latte, a tutto concedere alla tesi dell'appellante, il Collegio ha già avuto modo di evidenziare il carattere della generalità di analogo provvedimento (D.M. 19 aprile 2001), ma non anche quello dell'astrattezza.
Il decreto, infatti, in quanto attuativo delle previsioni dell'art. 2, comma 10, del citato D.L. n. 411 del 1997, nel disciplinare “ le modalità per l'istruttoria dei ricorsi di riesame e le altre modalità di applicazione ”, detta una disciplina provvisoria espressamente riferibile solo alla rideterminazione delle quote latte per i periodi 1995-1996 e 1996-1997, sicché non ha attitudine all’applicazione ripetuta;esso va pertanto considerato quale atto sì generale, ma non normativo di natura regolamentare, sicché non può configurarsi rispetto allo stesso la violazione dell’art. 17 della L. n. 400 del 1988 (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. VI, 28 giugno 2007, n. 3777;T.a.r. per il Lazio, n. 6184/2011 con riguardo al precedente, analogo D.M. 17 febbraio 1999).
L'art. 2, comma 10, del citato D.L. n. 411 del 1997, inoltre, non attribuisce al decreto in questione solo l'obiettivo di disciplinare le modalità per l'istruttoria dei ricorsi per il riesame, ma anche quello di stabilire “ le altre modalità di applicazione ” dello stesso, sicché, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, non gli era precluso il disporre previsioni attuative di criteri e modalità di determinazione delle quote latte spettanti nei vari connessi livelli di accertamento.
D’altra parte, l’assunto del motivo di appello, qui in esame, non specifica in quali parti e con riferimento a quali previsioni legali tale decreto avrebbe ampliato la sfera delle limitazioni contenute nel decreto-legge, risultando la censura generica ed indeterminata.
Esso, peraltro, è passato indenne al vaglio della Corte costituzionale in sede di conflitto di attribuzione conseguito proprio alla sua adozione (v. Corte Cost., n. 324/2005).
12.2 In ordine al mancato coinvolgimento delle Regioni nell'assegnazione delle quote ai produttori dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 520 del 1995, oltre a richiamare le considerazioni già svolte dalla giurisprudenza di questo Consiglio, il Collegio rileva che il più volte citato D.L. 1° dicembre 1997, n. 411, convertito in L. 28 gennaio 1998, n. 5 (art. 2), nel disciplinare la procedura di accertamento della produzione di latte a partire dalle annate 1995/96 e 1996/97 (finalizzata poi all'assegnazione individuale delle relative quote - QRI), ha previsto il pieno coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome in tale fase di accertamento, come dimostra il ruolo centrale dalle stesse rivestito nella fase istruttoria e ed in quella decisoria dei ricorsi per il riesame sull'accertamento della produzione e sull'assegnazione dei QRI presentati dalle aziende produttrici sulla base della normativa da ultimo citata.
Invero, come risulta dal contenuto dei D.M. 17 febbraio 1998, D.M. 15 luglio 1999 n. 309 e D.M. 10 agosto 1999, n. 310, adottati in attuazione del citato D.L. n. 411 del 1997 e del D.L. n. 43 del 1999, le Regioni e le Province autonome sono gli enti a cui sono stati totalmente demandati, in sede di riesame, l'accertamento della produzione commercializzata dalle ditte interessate e l’indicazione dell’ammontare delle QRI alle stesse assegnate.
Ne deriva che le nuove modalità di accertamento della produzione e di individuazione delle QRI da assegnare ai produttori rispettano i dettami espressi dalla Corte Costituzionale n. 520 del 1995 sul coinvolgimento degli enti territoriali nella procedura di assegnazione delle QRI.
12.3. La parte appellante chiede inoltre (motivo B.1) che sia sollevata una questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni delle leggi n. 5/1998, 118/1999 e 79/2000, “ nella parte in cui prevedono un’attribuzione retroattiva di QRI e l’imposizione retroattiva del prelievo supplementare ”.
Ad avviso del Collegio la questione è, peraltro, manifestamente infondata, atteso che gli argomenti posti a supporto della stessa non superano le condivisibili motivazioni della richiamata sentenza n. 272/2005 della Corte costituzionale.
12.4 Il gravame ripropone poi , nell’ambito del motivo B.2 di appello, che a questo punto deve essere esaminato con priorità in ragione del suo carattere pregiudiziale (trattandosi di mezzo che deduce l’illegittimità comunitaria della norma interna regolante l’esercizio del potere de quo ), la censura contenuta nel ricorso di primo grado e disattesa dal T.a.r. mediante richiamo alla precedente sentenza n. 5975/2011, concernente “ Illegittimità comunitaria degli atti applicativi dell’art. 4, comma 12, della L. n.118/99 per violazione e falsa applicazione dei Regg. CEE n. 3950/92 e n. 536/93 (per previsione di categorie privilegiate di produttori che usufruiscono della compensazione nazionale in via prioritaria) – Illegittimità per violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3 e 7 L. 241/90) per applicazione di normativa contraria al diritto comunitario;insufficiente e inadeguata istruttoria;disparità di trattamento;manifesta ingiustizia – Eccesso di potere ”.
12.5 La parte appellante nella memoria depositata in vista dell’udienza pubblica ha sostenuto che gli atti impugnati con il ricorso di primo grado, in quanto adottati in attuazione di una norma interna contrastante con norma comunitaria, sarebbero non già annullabili – come dedotto nel ricorso di primo grado e nel ricorso in appello – ma radicalmente nulli, ed invoca in proposito la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 1324/2021: “ il Collegio richiama l’indirizzo giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato (cfr. Sez. V, 19 maggio 2009, n. 3072;8 settembre 2008, n. 4263 e 10 gennaio 2003, n. 35;Sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579), secondo il quale, mentre la violazione del diritto comunitario comporta un vizio di illegittimità – annullabilità dell’atto amministrativo con esso contrastante (da far valere nell’ordinario termine di decadenza, a pena dell’inoppugnabilità di tale atto), si ha nullità (o inesistenza) nelle ipotesi in cui il provvedimento nazionale sia stato adottato sulla base di una norma interna (attributiva del potere) incompatibile con il diritto comunitario e quindi disapplicabile. Con il ché, si perviene anche per questa via al superamento del problema dell’assenza di una censura specifica, nel ricorso di primo grado e nell’atto di appello, relativa all’incompatibilità comunitaria del meccanismo di compensazione nazionale sotto il profilo richiamato: ciò, vista la rilevabilità ex officio della nullità e considerato che, con la sospensione del giudizio – disposta dalla sentenza non definitiva n. 3456/2019 cit. proprio in ragione della rilevanza diretta, nel presente giudizio, della suindicata questione di incompatibilità comunitaria – si può ritenere assolto nei confronti delle parti l’onere di avviso ex art. 73, comma 3, c.p.a. In conclusione, l’inapplicabilità del meccanismo di compensazione nazionale per categorie prioritarie di produttori e la necessità, ai sensi della normativa eurounitaria ratione temporis applicabile, che le riassegnazioni ai produttori eccedentari dei quantitativi di riferimento individuali (QRI) inutilizzati vengano effettuate in proporzione ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore, determinano l’accoglimento dell’appello, senza che si debba procedere alla disamina delle ulteriori censure dedotte con il nono e decimo motivo . Infatti, la caducazione degli atti e provvedimenti impugnati in prime cure comporta la necessità per la Pubblica Amministrazione di procedere ad una complessiva attività di rideterminazione (C.d.S., Sez. II, n. 1105/2020, cit.)”.
12.6 Rileva il Collegio anzitutto che nella fattispecie in esame non viene in considerazione il profilo da ultimo evocato nella memoria dell’appellante.
Nel ricorso di primo grado era stata infatti formulata la censura che deduceva l’illegittimità degli atti amministrativi impugnati in quanto adottati in base a norma interna (l’art. 1, comma 8, del d.l. n. 43 del 1° marzo 1999, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 118/1999) contrastante con norma comunitaria.
12.7 Tale censura, riproposta con il ricorso in appello, è fondata, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sez. VII, 27 giugno 2019 in causa C348/18, nonché della successiva sentenza della Seconda Sezione della Corte di Giustizia, 13 gennaio 2022, in causa C-377/19).
12.8 Entrambe le pronunce hanno infatti accertato l’illegittimità comunitaria di regimi normativi che introducano meccanismi di compensazione per categorie prioritarie, e comunque non proporzionali. I provvedimenti adottati sulla base di tali regimi devono pertanto essere annullati.
12.9 L’obbligo di disapplicazione della norma interna – regolante non già l’attribuzione del potere, ma l’esercizio di esso - confliggente con il diritto comunitario, sulla base della quale sono stati adottati i provvedimenti impugnati, non ha peraltro l’effetto di modificare lo stato patologico di tali provvedimenti: i quali, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, rimangono affetti dal vizio di annullabilità, e non già da quello della nullità (ex multis Consiglio di Stato VI Sezione, sentenza n. 7874/2019).
Infatti, la natura autoritativa di un provvedimento amministrativo non viene meno se la disposizione attributiva del potere è poi dichiarata incostituzionale (Ad. Plen., sent. n. 8 del 1983) o si manifesta in contrasto col diritto europeo (Cons. Stato, Sez. II, 25 marzo 2022, n. 2194;Sez. II, 16 marzo 2022, n. 1920).
12.10 L’accoglimento della predetta censura nei termini indicati esime il Collegio dallo scrutinio della richiesta di proporre un ulteriore rinvio pregiudiziale, formulata per l’ipotesi – non rilevante nella specie - di mancata adesione alla dedotta tesi dell’illegittimità comunitaria in punto di criteri non proporzionali di compensazione.
13. In conclusione, il motivo in esame è fondato e deve essere pertanto accolto, con assorbimento di ogni altra censura (come già deciso da questo Consiglio di Stato in fattispecie analoghe: ex multis , sentenza n. 8681/2021), ad eccezione di quelle qui scrutinate.
14. L’assorbimento delle residue censure preclude l’esame degli ulteriori dubbi di illegittimità comunitaria prospettati dall’appellante (relativi alla individuazione della soglia – statuale o comunitaria - di eccedenza;alla produzione di latte vaccino utilizzata per i formaggi d.o.p., alla produzione di latte vaccino effettuata in conformità alla normativa sulle produzioni biologiche), con connessa domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
15. Il descritto esito del giudizio, in quanto delimitato dalle esaminate questioni in diritto, esime altresì il Collegio dallo scrutinio delle istanze istruttorie riproposte con il ricorso in appello, in quanto i temi oggetto delle stesse attengono a questioni fattuali ininfluenti, ed anzi a seguito di esse perdono l’originaria, astratta rilevanza (anche alla luce del fatto che in sede di riedizione del potere l’amministrazione dovrà operare una nuova ricognizione fattuale, avuto riguardo ai princìpi di diritto in questa sede espressi).
16. Conseguentemente, in parziale accoglimento del ricorso di primo grado, vanno annullati i provvedimenti con esso impugnati. AGEA dovrà pertanto, in sede di riedizione del potere, applicare meccanismi di compensazione proporzionali, come stabilito dalla Corte di Giustizia.
17. L’effetto conformativo della presente sentenza è pertanto limitato, in diritto, ai due profili qui esaminati (legittimità della comunicazione in corso di annata dei quantitativi individuali;illegittimità di meccanismi di compensazione non proporzionali).
18. La domanda risarcitoria va respinta, perché non sussiste l’elemento soggettivo della fattispecie d’illecito (l’Amministrazione ha applicato una disposizione di legge, poi rivelatasi in contrasto col diritto europeo).
19. Le spese del doppio grado di giudizio devono essere compensate sia in ragione della complessità della questione e del peculiare percorso processuale (nel cui ambito è risultato decisivo il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia);sia in considerazione del fatto che il ricorso in appello consta di n. 76 pagine, sicché la compensazione discende anche dall’applicazione del criterio di riparto delle spese di cui al combinato disposto degli artt. 3, comma 2, e 26, comma 1, del codice del processo amministrativo (Consiglio di Stato, sentenza n. 2852/2017), vigenti ed efficaci all’epoca dell’introduzione del giudizio (indipendentemente, pertanto, dalla sanzione, successivamente introdotta dall’art. 13- ter delle norme di attuazione al c.p.a., della non utilizzabilità delle pagine eccedenti il limite massimo).