Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-10-02, n. 201704570

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-10-02, n. 201704570
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201704570
Data del deposito : 2 ottobre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2017

N. 04570/2017REG.PROV.COLL.

N. 10126/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10126 del 2008, proposto dai signori P S, C D M, B A, G C, A G, D L, A M, e S V, tutti rappresentati e difesi dal solo avvocato A S, per mandato a margine dell’appello, a seguito di rinuncia al mandato del codifensore avv. G Z, ed elettivamente domiciliati in Roma, al corso d’Italia n. 97, presso lo studio dell’avv. P A, come indicato con memoria difensiva depositata il 24 aprile 2017;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione 2^, n. 5840 del 16 giugno 2008, notificata il 10 ottobre 2008, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 15420/2000, proposto: a) in via principale, per l’accertamento del diritto alla corresponsione del trattamento retributivo del personale dirigente, in relazione allo svolgimento delle relative mansioni per reggenza di uffici dirigenziali, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria;
b) in via subordinata, per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno correlato all’indebita durata dei concorsi, indetti per la copertura di 999 posti e 151 posti di dirigente dei ruoli dell’Amministrazione finanziaria.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2017 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Pietro Adami, per delega dell’avv. A S, per gli appellanti e l’avvocato dello Stato Fabio Tortora per l’Autorità statale appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) P S, C D M, B A, G C, A G, D L, A M, S V - unitamente ad altri che non hanno interposto appello (Clementina Lanna, Francesco Coppola, Alberto Venza e Antonio Gentile) - hanno proposto ricorso in primo grado n.r. 15420/2000, con domanda, in via principale, di accertamento del diritto alla corresponsione del trattamento retributivo del personale dirigente, in relazione allo svolgimento delle relative mansioni per reggenza di uffici dirigenziali, e in via subordinata, di accertamento del diritto al risarcimento del danno correlato all’indebita durata dei concorsi, indetti per la copertura di 999 posti e 151 posti di dirigente dei ruoli dell’Amministrazione finanziaria.

1.1) Gli interessati hanno premesso:

- di essere dipendenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, già appartenenti alla IX qualifica funzionale, cui sono stati conferiti, nel periodo dal 1993 al 1996, incarichi di reggenza di uffici dirigenziali periferici ai sensi dell’art. 17 della legge 24 aprile 1980 n. 146 e dell’art. 3 comma 129 della legge 23 dicembre 1996 n. 662;

- di aver quindi svolto in via esclusiva le mansioni corrispondenti alla qualifica dirigenziale;

- di aver partecipato alle procedure selettive per la copertura di 999 posti e 151 posti di dirigente dei ruoli dell’Amministrazione finanziaria, risultando collocati tra i vincitori;

- di non aver ricevuto la corresponsione di alcun trattamento e/o emolumento correlato alla qualifica dirigenziale sino al conferimento, a seguito del concorso, del relativo incarico;

- di aver quindi diritto al riconoscimento delle differenze retributive correlate alle funzioni dirigenziali disimpegnate a titolo di reggenza, oltre rivalutazione monetaria e interessi, o comunque al risarcimento del danno cagionato dalla protrazione per circa sette anni delle procedure selettive sino al conferimento dell’incarico.

1.2) Nel giudizio si è costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha eccepito la prescrizione degli emolumenti dovuti per il periodo anteriore al quinquennio di proposizione del ricorso (notificato il 12 settembre 2000), nonché l’infondatezza del ricorso.

2.) Con sentenza n. 5840 del 16 giugno 2008 il T.A.R. per il Lazio ha rigettato il ricorso, in base alla seguente testuale motivazione:

- “ Considerato in diritto che, come rettamente eccepisce la P.A. intimata, i ricorrenti hanno proposto la presente azione d’accertamento solo il 12 settembre 2000, sicché soggiacciono alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c. i crediti da loro vantati fino ai cinque anni prima della notificazione del ricorso in epigrafe;

- Considerato altresì che, per la restante parte, la domanda principale attorea è priva di pregio e va respinta, anzitutto perché non giova a siffatta tesi il richiamo dell’art. 3, c. 129 della l. 662/1996 all’art. 19 (conferimento degli incarichi dirigenziali) del Dlg 3 febbraio 1993 n. 29, riguardando questo solo la procedura per conferire l’incarico di reggenza, la quale, a sua volta ed ope legis è e resta temporanea come sotto l’imperio della l. 146/1980 e non attribuisce di per sé alcun beneficio o privilegio al dipendente incaricato, sotto i profili giuridico e retributivo;

- Considerato inoltre che, in disparte l’inconferenza del tentativo attoreo di qualificare della reggenza loro ottenuta come “speciale”, piuttosto che “ordinaria” -in assenza d’una specifica volizione del legislatore circa gli effetti, maxime quelli retributivi, da riconnettere, o no alla “specialità dell’incarico stesso-, anche senza siffatta ricostruzione il Collegio non dura fatica a reputare, sulla scorta proprio del principio di temporaneità ed interinalità (in attesa, cioè, della copertura del posto mediante concorso) della reggenza a’sensi dell’art. 3, c. 129 della l. 662/1996, come tale norma vada interpretata, secondo gli ordinari canoni di ragionevolezza ex art. 3 Cost. ed i principi di tutela del lavoro (artt. 35 e 36 Cost.;
art. 2103 c.c.), nel senso che la reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito e che essa è consentita, quindi e senza che si producano gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, solo quando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per la relativa procedura, fuori di tale ipotesi la reggenza configurandosi appunto in esercizio di mansioni dirigenziali (arg. ex Cass., sez. lav., 17 aprile 2007 n. 9130;
id., 5 ottobre 2007 n. 20899);

- Considerato che, una volta assodato nei termini fin qui visti la sussistenza di dette mansioni superiori, non per ciò solo, in assenza d’una norma ad hoc, tale vicenda implica la fondatezza della pretesa alla corrispondente retribuzione, non tornando utile alla prospettazione attorea il mero richiamo all’art. 36 Cost.;

- Considerato, infatti, che è jus receptum (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, 15 settembre 2006 n. 5409;
id., V, 6 febbraio 2008 n. 375) che la domanda giudiziale, volta ad ottenere una retribuzione superiore a quella riconosciuta dalla normativa applicabile, non può basarsi sull'art. 36 Cost., il quale afferma il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato, in quanto tale norma non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dall'art. 98 Cost. (che, nel disporre che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio) e quali quelli di cui al precedente art. 97, contrastando l'esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita, con il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, di attribuzioni e di responsabilità dei funzionari;

- Considerato per vero che, nel caso, di espletamento di mansioni superiori in un periodo antecedente all'entrata in vigore dell’art. 15 del Dlg 29 ottobre 1998 n. 387, non possono essere riconosciuti in favore del dipendente pubblico gli emolumenti pretesi a titolo di differenze retributive (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 22 giugno 2007 n. 3452);

- Considerato al riguardo che già l’art. 57, c. 6 del Dlg 29/1993, nel testo novellato dall’art. 1 del DL 10 maggio 1996 n. 254 (convertito con modificazioni, dalla l. 11 luglio 1996 n. 365), aveva differito il riconoscimento della retribuibilità delle mansioni superiori alla data d’emanazione, in ciascuna P.A., dei provvedimenti di ridefinizione degli uffici e delle piante organiche di cui ai precedenti artt. 30 e 31 e, comunque, dal 31 dicembre 1996 in poi;

- Considerato che, intervenuta l’ulteriore novella introdotta dall’art. 25 del Dlg 31 marzo 1998 n. 80 ed abolito così il citato art. 57, il nuovo testo dell’art. 56 del Dlg 29/1993 ha chiarito l’essenza, la funzione e gli effetti dell’istituto, nel pubblico impiego contrattualizzato, dello svolgimento di mansioni superiori, stabilendo al c. 6, nel testo introdotto dall’art. 15 del Dlg 387/1998, che le disposizioni in soggetta materia si sarebbero iniziate ad esser applicate solo in sede d’attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai CCNL di comparto e con la decorrenza colà stabilita;

- Considerato pertanto che, avendo il ripetuto art. 15 del decreto n. 387 rimesso alla competenza della fonte pattizia la decorrenza, il contenuto e gli effetti dell’istituto dello svolgimento delle mansioni superiori, fino a qual momento non v’è e non v’è stato nell’ordinamento positivo, tranne i pochi casi espressamente previsti da fonti primarie, il diritto del dipendente pubblico, che abbia svolto mansioni superiori, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore, diritto, quindi, che va riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data d’entrata in vigore dell'art. 15 del Dlg 387/1998 (cfr. Cons. St., VI, 10 ottobre 2006 n. 6009;
id., V, 6 dicembre 2007 n. 6254);

- Considerato ancora che, solo per il periodo successivo al nuovo sistema di classificazione del personale dei Ministeri introdotto dal CCNL di comparto del 16 febbraio 1999, lo svolgimento di mansioni superiori alla qualifica comporta un riproporzionamento della retribuzione pari al trattamento economico della qualifica superiore, con la conseguenza che il rispetto del canone costituzionale della proporzionalità della retribuzione ex art. 36 Cost. è assicurato da un'espressa disposizione di legge, ribadita dalla fonte pattizia (cfr. Cass. sez. lav., 2 ottobre 2006 n. 21280);

- Considerato pure che non a diversa conclusione deve il Collegio pervenire con riguardo alla domanda attorea subordinata, atteso che siffatta richiesta risarcitoria non può basarsi né sul preteso ritardo nelle operazioni delle predette due procedure di reclutamento di personale dirigente per tutta l’Amministrazione finanziaria (dovendo esser dimostrata l'effettiva ingiustizia della lesione da ritardo in relazione a tali procedure, rivolte complessivamente alla selezione d’oltre 1100 dirigenti su una platea enorme di candidati), né sulla decorrenza giuridica dell’inquadramento nella qualifica dirigenziale, per alcuni ricorrenti, dal 1992 (che ha effetto costitutivo d’un nuovo status e non di “sanatoria” della reggenza protrattasi per lungo tempo) ”.

3.) A seguito della notificazione della sentenza, avvenuta il 10 ottobre 2008, con atto spedito per la notificazione a mezzo del servizio postale raccomandato il 4 dicembre 2008 e depositato il 19 dicembre 2008, P S, C D M, B A, G C, A G, D L, A M, S V hanno proposto appello, deducendone, senza rubricazione di motivi, l’erroneità e ingiustizia.

3.1) Sotto un primo profilo, si censura l’omessa considerazione della natura affatto peculiare e speciale degli incarichi di reggenza conferiti ai sensi dell’art. 17 della legge 24 aprile 1980 n. 146 e dell’art. 3 comma 129 della legge 23 dicembre 1996 n. 662, caratterizzati dall’esclusività e dall’assenza di titolari sostituiti in relazione all’istituzione delle nuove Direzioni Regionali delle Entrate, con conseguente erroneità del richiamo contenuto in sentenza a orientamenti della Suprema Corte di Cassazione (Cass., Sez. Lav., 17 aprile 2007 n. 9130;
id., 5 ottobre 2007 n. 20899) relativi al diverso istituto della reggenza di cui all’art. 20 del d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, rientrante tra le ordinarie mansioni del personale già inquadrato nella IX qualifica retributivo-funzionale.

3.2) Sotto altro aspetto si confuta l’assunto secondo il quale lo svolgimento di mansioni superiori nell’ambito del pubblico impiego non comporti il diritto alla corresponsione delle relative differenze retributive se non dall’entrata in vigore dell’art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, invocando orientamento costante della Suprema Corte di Cassazione in ordine alla retroattività della disposizione (si richiamano Cass. Sez. Lav., 17 aprile 2007, n. 9130, 4 febbraio 2008, n. 2611 e 17 settembre 2008, n. 23741).

3.3) Da ultimo si evidenzia che “…a causa della eccessiva durata dei concorsi che li ha poi visti vincitori, (gli appellanti) hanno subito un pregiudizio economico consistente nella mancata percezione degli emolumenti corrispondenti alla qualifica superiore”, richiamando altro orientamento della Suprema Corte di Cassazione in ordine alla responsabilità dell’amministrazione in ipotesi di durata irragionevole delle procedure concorsuali (Cass. Sez. Lav., 22 novembre 2003, n. 17794).

4.) Costituitosi in giudizio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con memoria difensiva depositata il 1° giugno 2011, ha a sua volta dedotto:

4.1) l’intervenuta prescrizione dei crediti maturati sino all’11 settembre 1998;

4.2) l’infondatezza dell’appello sul rilievo dell’assenza di specifica disciplina recante gli effetti economici del conferimento degli incarichi di reggenza, con richiamo a specifico precedente (Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 2006 n. 5409);

4.3) l’irrilevanza sotto il profilo retributivo delle mansioni superiori sino alla data di entrata in vigore dell’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 (e quindi sino al 22 novembre 1998), e comunque sino all’attuazione della disciplina prevista dai contratti collettivi, ai sensi dell’art. 52 comma 6 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (nella specie il C.C.N.L. del comparto dei Ministeri fu sottoscritto il 16 febbraio 1999);

4.4) la riconducibilità delle mansioni dirigenziali superiori svolte alla declaratoria delle attribuzioni proprie della IX qualifica retributivo-funzionale ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 266/1997, e quindi a quelle della posizione economica C3 del nuovo ordinamento professionale;

4.5) il riconoscimento, taciuto dagli interessati, di un trattamento accessorio, attribuito con d.m. n. 2592/IX del 2 febbraio 1998 (in attuazione dell’art. 12 comma 3 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 1997, n. 140) ai reggenti di uffici dirigenziali appartenenti alla IX qualifica retributivo-funzionale, corrispondente alla retribuzione di posizione (si richiamano i principi espressi da Corte Cost., 10 aprile 2003, n. 115 circa la legittimità di un trattamento retributivo aggiuntivo nel caso di conferimento di mansioni corrispondenti a qualifica superiore dirigenziale di enti locali).

5.) In data 14 aprile 2017 gli appellanti hanno depositato sentenze del Tribunale di Palermo, Sez. Lavoro n. 3140 del 9 giugno 2011 e n. 3837 del 24 ottobre 2007 (quest’ultima confermata dalla Corte d’Appello di Palermo, Sez. Lavoro, n. 1912 del 6 ottobre 2011) con cui rispettivamente a S P e G C sono state riconosciute le differenze retributive per le mansioni superiori dirigenziali svolte relative al periodo successivo al 1° luglio 1998 e sino al conferimento dell’incarico dirigenziale quali vincitori del relativo concorso.

6.) Con memoria difensiva depositata il 24 aprile 2017 gli appellanti, richiamate le predette sentenze, hanno insistito per l’accoglimento del gravame.

7.) All’udienza pubblica del 25 maggio 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

8.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.

8.1) In limine il Collegio deve prendere e dare atto che nessuna censura è stata rivolta nei confronti del capo di sentenza con cui è stata accolta l’eccezione preliminare di prescrizione spiegata dall’Avvocatura dello Stato, onde sul medesimo si è formato il giudicato;
ne consegue che la pretesa degli appellanti deve ritenersi circoscritta all’arco temporale compreso tra il 12 settembre 1995 (termine prescrizionale a ritroso computato dalla data di notificazione del ricorso, depositato il 15 settembre 2000) e il 30 giugno 1998, ricadendo il periodo successivo nella sfera giurisdizionale dell’A.G.O., ai sensi dell’art. 45 comma 17 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80;
circostanza non sfuggita almeno ad alcuni degli appellanti odierni (S P e G C) che infatti hanno proposto ricorso al Tribunale ordinario di Palermo, Sezione Lavoro, per le pretese attinenti al periodo dal 1° luglio 1998 e sino alla data di conferimento dell’incarico dirigenziale quali vincitori del concorso.

8.2) In relazione al suddetto periodo ( 12 settembre 1995-30 giugno 1998 ), persiste la giurisdizione amministrativa esclusiva, poiché il ricorso è stato proposto entro la data “ fatidica ” del 15 settembre 2000, come fissata dall’art. 45 comma 17 del suddetto d.lgs. n. 80/1998.

8.3) Giova rammentare che l’art. 17 comma 1 della legge 24 aprile 1980, n. 146 (legge finanziaria 1981) così dispone:

Durante l’assenza del titolare, dovuta a vacanza del posto o a qualsiasi altra causa, la direzione degli uffici delle amministrazioni periferiche del Ministero delle finanze, che per legge spetta ad un funzionario con qualifica di dirigente superiore, può essere affidata, a titolo di temporanea reggenza e con provvedimento del competente direttore generale, ad un funzionario della corrispondente carriera direttiva che rivesta la qualifica di primo dirigente e possegga in tale qualifica una anzianità di almeno tre anni ”.

8.3.1) La predetta disposizione è stata bensì abrogata dall’art. 3 comma 130 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (legge finanziaria 1997), che però al precedente comma 129 ha stabilito che:

Durante l’assenza del titolare, dovuta a vacanza del posto o a qualsiasi altra causa, la direzione degli uffici centrali e periferici del Ministero delle finanze e degli uffici della Amministrazione dei monopoli di Stato può essere affidata, a titolo di temporanea reggenza, con il procedimento previsto dall'articolo 19, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 ”.

8.3.2) Il novum introdotto dalla disposizione da ultimo richiamata consiste:

- nell’estensione dell’istituto agli uffici centrali e nel superamento della precedente distinzione contenuta nell’art. 17, che al secondo comma, per gli uffici periferici spettanti per legge a funzionari con qualifica di primo dirigente, riservava la medesima ai soli funzionari della corrispondente carriera direttiva che rivestivano una qualifica non inferiore a direttore aggiunto di divisione o equiparata;

- nel richiamo, quanto alle modalità di conferimento della reggenza, a quelle procedimentali di cui all’art. 19 comma 3 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (decreto del Ministro, su proposta del dirigente generale competente).

8.4) Gli appellanti sostengono che l’istituto della reggenza, disciplinato dalle disposizioni testé richiamate, sia affatto peculiare e speciale, e come tale irriducibile alla previsione generale contenuta nell’art. 20 del d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266 (recante “ Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale dipendente dai Ministeri ”), così testualmente formulato:

Il personale appartenente alla nona qualifica funzionale, istituita dall’art. 2 del D.L. 28 gennaio 1986, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1986, n. 78, espleta le seguenti funzioni:

a) sostituzione del dirigente in caso di assenza o impedimento;

b) reggenza dell'ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare;

c) collaborazione diretta alla attività di direzione espletata dal dirigente;

d) direzione di uffici, istituti o servizi di particolare rilevanza o di stabilimenti di notevole complessità non riservati a qualifiche dirigenziali;

e) prestazioni per elaborazione, studio e ricerca altamente qualificata, richiedenti capacità professionali di livello universitario nei campi amministrativo, tecnico o scientifico, convalidate da documentate esperienze nel settore, ed ove necessario, da abilitazione all'esercizio della professione, ovvero da specializzazione post-universitaria ;

f) attività ispettive di particolare importanza, anche sulla gestione di progetti-obiettivo e di attività programmate, in funzione del conseguimento dei risultati e verifica degli stessi ”.

8.4.1) In effetti deve riconoscersi che la reggenza disciplinata dall’art. 17 della legge n. 146/1980 e dall’art. 3 comma 129 della legge n. 662/1996, in disparte la diversa natura e grado della fonte (legge ordinaria piuttosto che accordo economico collettivo recepito da d.P.R. con efficacia regolamentare), presuppone un provvedimento espresso di conferimento e quindi non è assimilabile allo svolgimento, in via “ordinaria”, della reggenza dell’ufficio nel caso di vacanza del posto di dirigente.

8.4.2) Nondimeno, come questa Sezione ha avuto modo di precisare con giurisprudenza ormai risalente (Sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5409), l’una e l’altra previsione normativa individuano “… disposizione di valenza meramente organizzatoria, volta a consentire l’adeguato e continuo funzionamento degli uffici ivi considerati, non essendoci alcun elemento da cui possa ricavarsi che tale normativa riguardi anche la posizione del dipendente…(ossia che)… l'incarico di reggenza svolto ai sensi della suddetta normativa non comporta né diritto alla retribuzione per l’incardinamento in un ufficio dirigenziale, né il diritto al compenso per lo svolgimento di superiori mansioni dirigenziali (rappresentando logicamente solo un titolo da far opportunamente valere nell'ambito delle procedure concorsuali, anche interne) ”.

8.4.3) In altri termini, nell’assenza di una specifica disciplina in ordine agli effetti economici del conferimento di tali incarichi di reggenza, la loro peculiarità è argomento giuridico neutro che non consente di sostenere che essi comportino ex se il riconoscimento di un trattamento retributivo superiore corrispondente alla qualifica dirigenziale.

8.4.4) In effetti una disciplina sotto il profilo economico dell’affidamento a titolo di reggenza di uffici dirigenziali è stata introdotta soltanto dall’art. 12 comma 3 del d.l. 28 marzo 1997, n. 74, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 1997, n. 140 (recante “Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), a tenore del quale:

Con decreto del Ministro delle finanze, tenuto conto della specificità dei compiti e delle funzioni inerenti alle esigenze operative dell'amministrazione finanziaria, vengono individuate, sentite le organizzazioni sindacali, le modalità e i criteri di conferimento delle eventuali reggenze degli uffici di livello dirigenziale non generale e definiti i relativi aspetti retributivi in conformità con la disciplina introdotta dal contratto collettivo nazionale di lavoro inerente alle medesime funzioni. Con lo stesso decreto sono altresì individuate le condizioni per il conferimento delle reggenze, per motivate esigenze funzionali, anche a dipendenti appartenenti alle qualifiche funzionali nona e ottava, in assenza di personale di qualifica dirigenziale da utilizzare allo scopo ”.

8.4.5) Secondo quanto dedotto dall’Avvocatura generale dello Stato nella memoria depositata il 1° giugno 2011, e non contestato dagli appellanti, in attuazione della suddetta previsione è stato emanato il decreto ministeriale n. 2592(IX del 2 febbraio 1998 -esibito in allegato alla memoria- con cui è stato disposto, per quanto qui interessa (art. 1 commi 1 e 2) che:

Al personale appartenente ai ruoli ad esaurimento ed alla nona ed ottava qualifica funzionale cui sia stata conferita la reggenza di un ufficio di livello dirigenziale non generale viene corrisposta, per la durata dell’incarico, una retribuzione di posizione nella stessa misura stabilita per il personale delle qualifiche dirigenziali con decreto ministeriale n.2525/N del 24 novembre 1997 in relazione all’articolazione dei livelli di posizione determinata con decreto ministeriale n. 2084/VI del 21 novembre 1997 .

Tale retribuzione di posizione, comprensiva di quanto spettante per trattamenti accessori, comunque denominati e, per lavoro straordinario, decorro dalla data di formale conferimento dell’incarico di reggenza ed in ogni caso non prima del l° luglio 1997 ”.

Da qui la evidente inconferenza dei precedenti giurisprudenziali (civili) indicati dagli appellanti nella memoria depositata in data 14 aprile 2017 in quanto si riferiscono a periodi di reggenza successivi all’applicazione del C.c.n.l. del comparto Ministeri.

8.5) Presumibilmente consapevoli di tali profili, gli appellanti prospettano, in via alternativa, domanda intesa al riconoscimento di differenze retributive correlate alle superiori mansioni superiori dirigenziali svolte.

8.5.1) Sennonché proprio l’attribuzione di un emolumento specifico aggiuntivo rispetto al trattamento retributivo corrispondente alla qualifica rivestita, sia pure a far tempo 1° luglio 1997, esclude la possibilità che per lo stesso titolo giuridico -svolgimento delle mansioni dirigenziali in relazione a specifico incarico di reggenza- sia possibile riconoscere il diritto alle rivendicate differenze retributive.

8.5.2) Il rilievo che precede supera la vexata quaestio relativa alla decorrenza della riconoscibilità degli effetti economico-retributivi dello svolgimento di mansioni superiori, ossia se riconducibili solo alla data di entrata in vigore dell’art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 -che ha espunto l’inciso “a differenze retributive o” dal testo dell’art. 56, comma 6, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29- e quindi a far tempo dal 22 novembre 1998 in relazione al carattere innovativo della disposizione (come sostenuto dalla nota decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 24 marzo 2006 [preceduta dalle plenarie nn. 12 del 2000, 10 del 2000 e 22 del 1999] e ribadito dalla costante successiva giurisprudenza del Consiglio di Stato: vedi da ultimo Sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1093) oppure da epoca precedente in ragione di una sua pretesa natura interpretativa (su cui vedi da ultimo Cass., Sez. Lavoro, 14 marzo 2014, n. 6038).

8.6) Peraltro, quando anche volesse opinarsi in senso diverso da quanto testé osservato, il Collegio non vede ragioni per discostarsi dal menzionato costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, conseguendone l’impossibilità di riconoscere il diritto al trattamento differenziale per le mansioni retributive svolte per essere caduto il relativo divieto soltanto con l’entrata in vigore dell’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998, e quindi a far tempo dal 22 novembre 1998 (e quindi per essere riferibile la rilevanza economica delle medesime a periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998, esulante dalla giurisdizione amministrativa esclusiva ai sensi dell’art. 45 comma 17 del d.lgs. n. 80/1998).

8.7) Da ultimo, non ha maggior fondatezza la domanda relativa al risarcimento del danno correlata alla pretesa eccessiva durata delle selezioni concorsuali per posti dirigenziali cui hanno partecipato gli appellanti, risultandone vincitori.

8.7.1) Precisato che tale domanda non potrebbe che essere contenuta nel medesimo arco temporale evidenziato supra (12 settembre 1995-30 giugno 1998), atteso il carattere generale dell’eccezione di prescrizione opposta dall’Avvocatura dello Stato, è evidente che una procedura concorsuale concernente il reclutamento di oltre mille dirigenti non può avere articolazione temporale breve, e non è affatto dimostrato che, nel caso specifico, l’Amministrazione abbia travalicato i tempi congrui a essa relativi, ossia quei limiti di ragionevolezza , da rapportare alla complessità della selezione anche in ragione del numero dei candidati che la stessa giurisprudenza della Suprema Corte invocata dagli appellanti (Cass. Sez. Lav., Cass. Sez. Lav., 22 novembre 2003, n. 17794) richiama quale limite alla tutela risarcitoria, sotto il profilo dell’imputabilità soggettiva del danno.

9.) In conclusione l’appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

10.) Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, co. 1, c.p.a.

10.1) Al riguardo, il Collegio rileva che l’accertamento di infondatezza del gravame si basa, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste, in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, co. 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo sez. IV, 28 giugno 2016, n. 2864;
sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative e alla determinazione della misura indennitaria).

10.2) La condanna degli originari ricorrenti ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2 quinquies , lett. a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

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