Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-08-06, n. 201304140
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N. 04140/2013REG.PROV.COLL.
N. 04414/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4414 del 2012, proposto da:
Piemme S.p.A. - Concessionaria di Pubblicità, il “Mattino” S.p.a. in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., rappresentati e difesi dagli avv.ti S G, G M, con domicilio eletto presso S G in Roma, via di Monte Fiore 22;
contro
Ministero della Giustizia in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Coordinamento del Settore Civile del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Rcs Pubblicità S.p.A. in p.l.r.p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso Maurizio Zoppolato in Roma, via del Mascherino 72;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Soc. Editoriale del Mezzogiorno Srl in p.l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Gerardo Maria Cantore, Girolamo Sarnelli, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – Napoli - Sezione I n. 01152/2012, resa tra le parti, concernente gara per la scelta della testata giornalistica incaricata della pubblicità delle vendite immobiliari nell’ambito delle procedure esecutive ed immobiliari.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e di Rcs Pubblicità S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Gattamelata, Avvocato dello Stato Marchini, Guccione, per delega dell'Avv. Zoppolato, e Pafundi, per delega dell'Avv. Cantore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il 27 aprile 2010, il Coordinamento del settore civile del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (in sostanza l’assemblea di tutti i giudici dell’esecuzione ed i giudici delegati per i fallimenti, in servizio presso il Tribunale) indiceva una gara per licitazione privata per la scelta della testata giornalistica da incaricare per la pubblicità delle vendite immobiliari. Il 7 maggio 2010, la procedura era tuttavia revocata (anche in forza di una circolare ministeriale del 27/4/2010) in favore dell’avvio di una nuova procedura definita dal Coordinamento quale “esercizio preventivo, in via di autolimitazione, del potere di direzione del procedimento spettante a ciascun giudice dell’esecuzione ed a ciascun giudice delegato” tesa comunque al medesimo obiettivo: individuare una testata giornalistica sulla quale pubblicare, in via esclusiva e per un periodo predeterminato, le ordinanze di vendita immobiliare.
La procedura aveva concreto inizio a mezzo dell’invio a M &C. S.p.a. per “Repubblica”, Piemme S.p.a. per “Il Mattino”, RCS S.p.a. per il Corriere della Sera/Corriere del Mezzogiorno, il Sole 24 Ore S.p.a. per l’omonima testata, di lettere contenenti invito ad offrire le migliori condizioni economiche in relazione ad un “servizio di pubblicazione” contestualmente descritto nelle sue caratteristiche essenziali (pubblicazione sull’edizione della domenica, su pagina unica riservata al Tribunale con grafica a colori monocromatica…). Nessuna specificazione era contenuta nella lettera in ordine al criterio di individuazione del miglior offerente.
Piemme S.p.a, gestore della pubblicità per il Mattino, presentava la propria offerta, specificando che tutti gli standard richiesti dal Tribunale erano già adottati dalla rubrica domenicale “legalmente”. Rispondendo poi a specifica richiesta del Coordinamento chiariva che il termine di pagamento delle fatture a carico del creditore procedente era pari a 60 gg. dall’emissione della fattura, e che vi era disponibilità a continuare il servizio di pubblicazione degli avvisi di vendita anche in caso di mora nel pagamento da parte dei creditori esecutanti.
La procedura si concludeva con un verbale di riunione dei giudici del Coordinamento del 5 ottobre 2010, con il quale si dichiarava “allo stato più conveniente l’offerta di RCS s.p.a.”.
Insorgevano dinanzi al TAR Campania, la Piemme S.p.a. ed “il Mattino”. Quest’ultimo, premesso di essere il quotidiano in assoluto più diffuso localmente, stigmatizzava la contrarietà delle conseguenze di gara al disposto dell’art. 490 c.p.c. ( Il giudice dispone inoltre che l'avviso sia inserito ….. una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata ) proponendo una serie di censure ruotanti intorno al potere di procedere nel modo descritto, nonché al modus procedendi rispetto ai principi dettati dal codice dei contratti pubblici.
Con la sentenza oggi gravata, il TAR Campania ha: a) in via preliminare, replicando ad espressa eccezione, affermato la propria giurisdizione, in proposito qualificando gli atti quali segmenti tipici di una procedura ad evidenza pubblica finalizzata all’affidamento di un servizio assimilabile in ispecie ad una procedura negoziata disciplinata dal Codice dei contratti;b) nel merito ha ritenuto ragionevole la scelta del Coordinamento di dare rilevanza al fattore prezzo piuttosto che alla diffusione della testata, nonché di dare rilievo e valenza negativa, accanto alla disponibilità alla prosecuzione dell’attività nelle more del pagamento, anche alla riserva di azioni legali a tutela del credito espressamente fatta dall’offerente;c) ha escluso la violazione del principio di massima diffusione enucleabile dall’art. 490 c.p.c. rilevando che l’invito ad offrire è stato indirizzato a tutte le testate a maggiore diffusione (ivi compreso il Mattino), e solo la legittima competizione economica in ordine alle condizioni offerte ha determinato l’esclusione del Mattino;d) ha infine dichiarato inammissibili le censure relative alla violazione dei principi in tema di procedure ad evidenza pubblica, in quanto articolate per la prima volta nella memoria conclusiva.
Avverso la predetta sentenza propongono ora appello Piemme S.p.a. ed il Mattino S.p.a.
Deducono:
1. Error in iudicando sul motivo di ricorso relativo a “violazione e falsa applicazione dell’art. 490 c.p.c., nonché del principio dell’autonomia ed indipendenza del Giudice. Eccesso di potere per sviamento, illogicità ed assenza di causa nell’azione amministrativa”. Le conclusioni cui giunge il Giudice di prime cure sarebbero in particolare erronee nella parte, in cui, a prescindere dalla qualificabilità (comunque dubbia) della procedura come “gara”, scavalcano il dato normativo contenuto nell’art. 490 c.p.c, in quanto a) obliterano che la scelta è rimessa, dal legislatore, di volta in volta, al singolo giudice;b) violano il criterio di scelta individuato direttamente dal legislatore in quello della “maggiore diffusione”, nella specie pacificamente rinvenibile in capo al Mattino;c) elidono il principio di pluralità delle testate giornalistiche, legittimando la concentrazione degli annunci su un solo quotidiano, con paradossale e perdurante esclusione proprio della testata più diffusa;d) snaturano il concetto di “maggiore diffusione territoriale” nella misura in cui equiparano, mettendoli in competizione, quotidiani caratterizzati da un’abissale differenza di copie vendute;e) tradiscono la ratio dell’art. 490 c.p.c. che è quella di assicurare la più capillare ed efficace conoscibilità delle procedure esecutive;f) interpretano erroneamente l’interesse pubblico al risparmio, poichè pur essendo esso apprezzabile in astratto, non sussiste nel caso di specie, in cui a pagare sono i creditori procedenti (e non lo Stato) i quali potrebbero anche prediligere l’obiettivo di massima diffusione della notizia, piuttosto che il risparmio di esigue somme;g) vincolano a tempo indeterminato il singolo magistrato, sulla base di una implicita abdicazione alla funzione di direzione del singolo procedimento esecutivo incompatibile con l’autonomia e l’indipendenza che caratterizza il magistrato.
2. Error in iudicando sul motivo di ricorso relativo a “falsa, parziale ed erronea applicazione dei principi propri di procedure ad evidenza pubblica. Difetto assoluto di motivazione”. Avrebbe errato il giudice di prime cure nel giudicare le censure articolate nella memoria conclusiva, come nuove, costituendo esse invece lo svolgimento di censure già proposte nel ricorso introduttivo;così come avrebbe errato nel ritenere preclusiva, per gli interessi della ricorrente, l’avvenuta partecipazione alla gara.
Chiarite le ragioni di una riforma delle statuizioni in punto di inammissibilità, gli appellanti ripropongono i motivi relativi, e deducono:
2.1 Elusione della Circolare ministeriale dell’aprile 2010 che vietava l’esperimento di procedure concorsuali senza il previo assenso del Ministero (la procedura impugnata, altro non sarebbe che la riedizione della licitazione privata in precedenza revocata proprio per contrasto con la detta circolare);
2.2. Mancanza di una previa determinazione e pubblicizzazione dei criteri di scelta: solo all’esito della gara si sarebbe appreso che il criterio era quello del prezzo più basso;
2.3. Atipicità della gara: sarebbe stata gestita da un gruppo indefinito di giudici non riconducibile ad una Commissione di gara, senza consentire, tra l’altro, la partecipazione dei rappresentanti delle imprese, e si sarebbe conclusa con l’individuazione dell’offerta più conveniente ma non con una vera e propria aggiudicazione;
2.4. Il Coordinamento dei giudici non potrebbe essere considerato una stazione appaltante, e quello stipulando non potrebbe essere considerato un contratto d’appalto, atteso che gli impegni scaturenti dall’aggiudicazione sorgono tra creditori e gestori della pubblicità;
2.5. La valutazione in ordine all’offerta economicamente più conveniente sarebbe intrinsecamente inesatta, atteso che non sì è dato il giusto rilievo alla disponibilità di Piemme S.p.a. di continuare l’erogazione del servizio anche in caso di ritardo nei pagamenti e si è invece privilegiato il controinteressato che, pur garantendo maggiori dilazione, ha espressamente dichiarato di sospendere il servizio per il caso di perdurante mora;
2.6. La valutazione sarebbe altresì erronea nella misura in cui considera il prezzo “secco” dell’inserzione, non ponderandolo con il livello di diffusione del giornale: più alto è il numero di copie vendute e più alta è l’efficacia del messaggio pubblicitario, sicchè solo apparentemente il maggior costo dell’annuncio potrebbe essere considerato meno conveniente.
2.7 Il criterio del prezzo più basso, in ogni caso, sarebbe inidoneo rispetto all’interesse dei creditori alla più ampia conoscenza dell’avviso di vendita.
- Si sono costituiti sia la controinteressata RCS S.p.a, sia il Ministero della Giustizia. E’ altresì intervenuta ad opponendum la società Editoriale del Mezzogiorno s.r.l.
- La prima chiarisce in via di premessa che la procedura per cui v’è causa, sebbene presenti alcune analogie con la procedura negoziata di cui al codice di contratti, fonda la sua esclusiva legittimazione nell’esercizio della potestà giurisdizionale di direzione delle procedure esecutive affidate ai magistrati.
Ciò chiarito, eccepisce in via preliminare l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse: i magistrati del Coordinamento avrebbero già provveduto all’indizione di una nuova procedura concorsuale stante la scadenza del precedente affidamento;l’aggiudicazione sarebbe stata pronunciata, ancora una volta in favore di RCS S.p.a., ed ancora una volta il TAR Campania, investito da Piemme S.p.a. del gravame, lo avrebbe respinto, con sentenza 15/11/2012, n. 4603 ormai passata in giudicato.
L’inammissibilità sussisterebbe sotto altro e diverso profilo: l’avvenuta partecipazione alla gara inibirebbe l’impugnazione di atti attinenti alla scelta da parte del Coordinamento di indire la procedura de qua .
Nel merito, i motivi d’appello sarebbero comunque infondati, poichè: a) l’art. 490 avrebbe natura meramente orientativa in ordine alle modalità di pubblicazione, ma non osterebbe all’affidamento del servizio mediante gara;b) la scelta dei magistrati di concentrare gli annunci su di un’unica testata e con modalità tali da darne rilievo sarebbe tale da dare maggiore efficacia all’avviso e da creare un meccanismo di fidelizzazione con i lettori, assicurando al contempo il principio di concorrenza;c) l’art. 490 indica una “pluralità” di quotidiani a maggior diffusione locale, sicchè risulterebbe infondata ogni contestazione incentrata sulla posizione di preminenza sul mercato locale del Mattino;d) la procedura non potrebbe essere assoggettata alle norme di evidenza pubblica del codice dei contratti, costituendo esercizio, in via di autolimitazione, di potere giudiziario, sub specie di direzione del processo esecutivo;e) sarebbe altresì infondata la censura relativa all’assenza di criteri di aggiudicazione, poichè i criteri sarebbero più d’uno (prezzo, dilazione accordata, accollo del rischio del mancato pagamento) e tutti evincibili dall’invito ad offrire;f) sarebbe errata l’impostazione di fondo dell’appellante, tutta tesa ad evidenziare le aporie rispetto al contratto di appalto, atteso che nel caso di specie non si tratterebbe affatto di appalto, ma di autolimitazione volontaria e pro futuro del potere giudiziario, da parte dei magistrati che ne sono investiti per legge;g) le rimanenti censure interesserebbero il merito della valutazione e come tali sottratte al sindacato del Giudice amministrativo.
- L’amministrazione, dal canto suo, pone in rilievo le ragioni economiche ed organizzative della scelta, e la legittimità della scelta organizzativa “interna” finalizzata all’esercizio collettivo e preventivo del potere di direzione attribuito ai giudici dell’esecuzione, ed ai giudici delegati, dall’art. 490 C.p.c., per il tramite dell’intervento in funzione di coordinamento del Presidente di Sezione del Tribunale, ai sensi dell’art. 47 quater, comma 1, dell’Ordinamento giudiziario. Nel merito osserva che la procedura è strumentale non già alla stipula di un contratto di appalto, ma all’individuazione di una testata cui i singoli giudici dovranno rivolgersi, se ed in quanto intenderanno disporre la pubblicazione di un avviso nell’ambito del singolo procedimento esecutivo. La messa in comparazione delle testate e la scelta di una di esse sarebbe infine del tutto compatibile con il tenore dell’art. 490 C.p.c. il quale discorre “al plurale” di “quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata”.
- La soc. Editoriale del Mezzogiorno, proprietaria della testata il Corriere del Mezzogiorno, intervenuta ad opponendum , ex art. 97 C.p.a., insiste per l’improcedibilità dell’appello, alla luce della scadenza del periodo contrattuale e dell’avvenuta riedizione della gara, quest’ultima confermata nella sua legittima dalla sentenza 4603/2012, ormai passata in giudicato. Invoca, in subordine, il rigetto del gravame nel merito, spendendo argomentazioni analoghe a quelle utilizzate dal controinteressato.
- La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 7 maggio 2013.
1. Dev’essere preliminarmente sgombrato il campo dai dubbi di procedibilità del gravame, profilati dal controinteressato e dall’interventore ad opponendum , in ragione della scadenza del periodo “contrattuale” e della riedizione della gara;altresì in considerazione della sopraggiunta sentenza del TAR 4603/2012, ormai passata in giudicato, la quale, confermando la legittimità della nuova gara, avrebbe ormai tolto ogni interesse all’appellante.
1.1. Le relative eccezioni sono infondate. L’avvenuto svolgimento del rapporto contrattuale, e l’avvio di una nuova procedura concorsuale, se per un verso impediscono una tutela “reale” chiudendo irreversibilmente una parentesi amministrativa e gestionale (l’appellante, per il periodo ormai trascorso non può più diventare contraente né in via esclusiva, né in via occasionale), per altro non inibisce, in astratto, una eventuale tutela risarcitoria, nè elide del tutto l’utilità strumentale della pronuncia in relazione alla regolamentazione dei futuri rapporti.
2. Nel merito l’appello è fondato;ed è in particolare fondato il primo motivo d’appello, nelle sue varie articolazioni, secondo quanto appresso meglio si dirà.
2.1. La tesi del TAR, pur risultando favorevole all’amministrazione, afferma a ben vedere proprio ciò che il Coordinamento dei giudici aveva tentato di escludere a mezzo del riferimento al “potere di direzione del processo esecutivo” dei singoli componenti: la riconducibilità della procedura in esame ad un procedura negoziata finalizzata alla stipula di un contratto pubblico. Ciò fa, il giudice di prime cure, valorizzando i segmenti dell’attività aventi rilievo esterno (invito ad offrire, individuazione del miglior offerente) ed interno (vincolo per i singoli giudici all’utilizzo ai fini pubblicitari del solo quotidiano individuato) e le relative analogie con il procedimento di evidenza pubblica contemplato dall’art. 57 del codice dei contratti pubblici.
2.2. Se l’operazione qualificatoria è corretta nei suoi tratti procedimentali, essa nondimeno oblitera la peculiarità dell’alveo giudiziario nella quale la procedura sorge, e gli obiettivi che essa si propone per la generalità dei giudici che l’hanno promossa, finendo per cogliere l’essenza amministrativa della scelta in sé, senza assegnare il giusto rilievo alle ragioni che quella scelta hanno determinato.
L’art. 484 c.p.c., inserito nel libro terzo dedicato al processo di esecuzione chiarisce che “ l’'espropriazione è diretta da un giudice ”;il successivo art. 490 C.p.c., occupandosi delle modalità di pubblicazione degli avvisi di vendita di beni mobili registrati e di beni immobili, prevede, nell’ambito di detto potere direzionale, che “ il giudice dispone inoltre che l'avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata…… .”
Non v’è dubbio, alla luce delle norme riportate, che la pubblicazione, il numero delle inserzioni pubblicitarie, e la scelta del o dei quotidiani locali, siano prerogative del giudice dell’esecuzione, che egli esercita nella direzione del processo esecutivo.
3. La vicenda presenta tuttavia un quid pluris .
3.1. L’avere i giudici coordinato preventivamente la relativa azione, sganciandola dal riferimento ai singoli procedimenti pendenti, ha fatto sì che l’attività posta in essere nei confronti delle testate giornalistiche (e per esse ai gestori della pubblicità) esorbitasse dalle prerogative direzionali di natura giurisdizionale dei singoli magistrati, per assumere carattere di evidenza pubblica.
E’ evidente che la scelta della testata è servente rispetto al successivo esercizio dell’attività dei giudici dell’esecuzione nell’ambito del potere di direzione, ma, in quanto preventiva, collettiva e vincolante per un tempo determinato, non ne condivide la natura giurisdizionale: per dirla in termini sintetici ma probabilmente più efficaci, la sommatoria dei giudici e l’esercizio congiunto e preventivo delle prerogative che l’ordinamento, singolarmente riconosce loro, non da luogo a mera sommatoria degli effetti, ma costituisce attività eterogenea, strumentale, non sussumibile nell’alveo dell’art. 490 c.p.c.
3.2. In sostanza, l’assemblea dei giudici, pur dichiarando e precisando di agire nell’esercizio di una prerogativa di natura giurisdizionale (la stessa prevista dall’art. 490 C.p.c.) si è in realtà comportata come un organo straordinario dell’amministrazione, avente il compito di individuare, fra le tante imprese presenti sul mercato, una di esse, alla quale indirizzare, in esclusiva, richieste di pubblicazione, con il conseguente corollario dell’esclusione (è questo invero il tratto più rilevante) di altri operatori economici operanti sul mercato locale, pur titolari di un’aspettativa economica giuridicamente fondata sull’art. 490 c.p.c..
3.3. Così facendo, l’assemblea, in assenza di specifiche disposizioni di legge che a ciò autorizzassero, agendo sostanzialmente quale alter ego dell’amministrazione, ha spogliato i singoli giudici (non rileva che gli stessi facessero parte dell’assemblea ed avessero acconsentito alla decisione collettivamente adottata) della loro autonomia direzionale e, soprattutto, per quello che in questa sede rileva, ha leso l’interesse di uno fra i quotidiani locali più diffusi ad ottenere occasioni di guadagno, sostanziate dal libero svolgersi del meccanismo di cui all’art. 490 c.p.c..
Sicchè, l’azione amministrativa descritta è da ritenere illegittima per violazione dell’art. 490 c.p.c.
4. La conclusione esonera il Collegio dal vaglio delle ulteriori censure ed eccezioni, evidentemente ultroneo alla luce di quanto deciso, eccezion fatta per quella concernente l’asserita efficacia preclusiva della partecipazione alla gara.
4.1. Il controinteressato sostiene in proposito che, ove il vizio, per la sua radicalità investa la stessa decisione di procedere alla gara e non i suoi soli esiti, la presentazione dell’offerta e la mancata tempestiva impugnazione dell’atto di indizione (nel caso di specie, la lettera di invito) sarebbe sintomatica della prestata acquiescenza.
4.2. La tesi non può condividersi. Per pacifico orientamento giurisprudenziale l’acquiescenza ad un provvedimento amministrativo sussiste solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell'atto, che dimostrino la chiara ed incondizionata volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l'operatività.
La presentazione dell’offerta prova unicamente il desiderio di aggiudicarsi l’utilità messa a gara, ma non equivale ad abdicazione alle prospettive di tutela per il caso di mancata aggiudicazione.
4.3. Questione diversa è quella dell’immediata lesività degli atti preliminari (cd clausole escludenti), che tuttavia non viene qui in rilievo, essendo l’appellante pacificamente ammessa a partecipare, tanto da essere stata espressamente invitata.
5. L’appello è pertanto accolto.
6. Avuto riguardo alla peculiarità del contenzioso, ed alla particolare complessità delle questioni trattate, le spese possono essere compensate.