Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-03-03, n. 202001539

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-03-03, n. 202001539
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001539
Data del deposito : 3 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/03/2020

N. 01539/2020REG.PROV.COLL.

N. 03626/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3626 del 2019, proposto da Regione Autonoma della Sardegna, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A C, S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Studio Radiologico San Paolo del Dott. Paolo Corpino &
C. S.a.s., Dott. Alfonso Dessì &
C. S.a.s. di Stefania Dessì, Studio Radiologico Dr. F. $ M. Tocco S.a.s., Centro Cardiologico Dott. Luigi Cadeddu S.a.s., Centro Medico Fisiokinesiterapico dei Dottori M.Piria e G. Musso, Studio Dentistico Dott. Gian Franco Luigi Ventura S.a.s., Gabinetto di Fisiokinesiterapia S.n.c., Studio di Radiologia Medica e Terapia Fisica "Dott. Ignazio Puddu" del Dott. M P &
C. S.a.s., Studio di Radiologia e Fisioterapia Dott. Angelo Serra S.a.s., Centro Cardiologico Dott. G. Franco Pittalis e C. S.a.s., Studio Cardiologico del Dott. M Rzio e C. S.a.s., Studio Cardiologico del Dott. Cuozzo E. G. S.a.s., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Centro Odontoiatrico Sardo del Dr. Sergio Baire &
C. S.a.s., Centro Odontoiatrico Specialistico del Dr. Severo Pulixi &
C. S.a.s., Laboratorio Analisi e Ricerche Cliniche S.a.s. di Luca della Sala, C.A.M. di Lilia Cavallini, Claudia e Michele Cadeddu &
C. S.a.s., Laboratorio Analisi Chimico Cliniche Dr. Paolo Loddo e D.Ssa Valentina Loddo S.r.l., Laboratorio Analisi di Patologia Chimico Clinica S.r.l., Laboratorio Analisi Mediche Prof. Sergio Muntoni S.r.l., Laboratorio di Patologia Clinica di Francesca Mulas S.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Calabrò S.r.l., Laboratorio Analisi Clinico Chimico Batteriologico Sardo S.r.l., Laboratorio Analisi Valdes S.r.l., C.R.M. S.r.l., Centro Medico Diagnostico Sant'Antonio S.r.l. non costituiti in giudizio;

nei confronti

Ats Sardegna - Azienda per la Tutela della Salute, Centro Diagnostico Aresu S.r.l. non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) n. 00260/2019, resa tra le parti, concernente della deliberazione della Giunta Regionale n. 21/12 del 24.4.2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Studio Radiologico San Paolo del Dott. Paolo Corpino &
C. S.a.s. e di Dott. Alfonso Dessì &
C. S.a.s. di Stefania Dessì e di Studio Radiologico Dr. F. $ M. Tocco S.a.s. e di Centro Cardiologico Dott. Luigi Cadeddu S.a.s. e di Centro Medico Fisiokinesiterapico dei Dottori M.Piria e G. Musso e di Studio Dentistico Dott. Gian Franco Luigi Ventura S.a.s. e di Gabinetto di Fisiokinesiterapia S.n.c. e di Studio di Radiologia Medica e Terapia Fisica "Dott. Ignazio Puddu" del Dott. M P &
C. S.a.s. e di Studio di Radiologia e Fisioterapia Dott. Angelo Serra S.a.s. e di Centro Cardiologico Dott. G. Franco Pittalis e C. S.a.s. e di Studio Cardiologico del Dott. M Rzio e C. S.a.s. e di Studio Cardiologico del Dott. Cuozzo E. G. S.a.s.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. G T e uditi per le parti gli avvocati S S e S P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Regione Sardegna impugna la sentenza del T.A.R. Cagliari n. 260/2019, che ha accolto limitatamente al primo motivo il ricorso n. 554/2018, con il conseguente annullamento della deliberazione della Giunta Regionale del 24 aprile 2018, n. 21/12, nella parte in cui include nel finanziamento, destinato all’acquisto di prestazioni di specialistica ambulatoriale da strutture accreditate costituite nella forma di società di persone, anche i contributi ENPAM.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso in appello, i soggetti accreditati indicati in epigrafe.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 5 dicembre 2019

2. Ad avviso del primo giudice “ gli obblighi contributivi, nel caso di società di persone (forma giuridica che ricorre per le strutture ricorrenti), rimangono a carico della singole regioni ”.

Osserva in primo luogo la Regione appellante che la delibera impugnata nulla disponeva “ in merito all'individuazione delle ipotesi in cui tale obbligo debba gravare sul SSN ” ma si limitava “ a prescrivere alla ASL di contrattare tetti di spesa che includessero il contributo ENPAM e i DPR citati non siano più in vigore da decenni ”.

Con il primo motivo la parte appellante lamenta che “ Il Tar Sardegna ha omesso di pronunciarsi sulle difese della Regione in merito alla onnicomprensività del tetto assegnato all'ATS. (…..)Se infatti fosse corretto il ragionamento del Tar Sardegna, ovvero che il pagamento del contributo ENPAM debba essere effettuato con risorse ulteriori rispetto ai tetti di spesa assegnati, determinati in base a tariffe massime onnicomprensive le PA, non avendo risorse per provvedervi, si troverebbero costrette a diminuire il numero delle prestazioni da acquistare, dovendo necessariamente rimanere al di sotto del tetto massimo che il sistema sanitario fissa quale limite non superabile ”.

Con il secondo motivo deduce che “ La tesi del Tar Sardegna, che l'obbligo contributivo a carico delle ASL di cui all'art. 4 del DPR 120/1988, vale per tutte le società di persone, si scontra quindi con la previsione del combinato disposto dell'art. 1, comma 39 della L. 243/2004 e dell'art. 10 della L. 183/2011, da cui emerge che i medici, per l'esercizio della loro attività, possono costituire solo società professionali alle quali, in qualunque forma costituite tra quelle di cui ai titoli V e VI del Libro V del codice civile (quindi sia società di persone che di capitali), si applica il citato art. 1, comma 39 della L. 243/2004. Tale erronea tesi implicherebbe, inoltre, l'assoluta illogicità e contraddittorietà dei commi 39 e 40 della L. 243/2004, posto che il primo pone a carico di tutte le società tra professionisti, in qualunque forma costituite, quindi anche in forma di società di persone, l'onere contributivo di cui è causa, mentre il secondo stabilirebbe il contrario ”.

3. Gli appellati deducono in primo luogo che la regione ha operato, sia nel giudizio di primo grado che in quello di appello, una integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato, che invece riporta unicamente la seguente motivazione: “ Si conferma il tetto di spesa previsto per l’anno 2017. Si specifica che per ragioni economiche non è possibile superare il tetto di spesa per l’acquisto di tale tipologia di prestazioni, pertanto, anche il contributo ENPAM eventualmente dovuto agli erogatori privati deve essere in esso contenuto. L’Assessore precisa che tale scelta era già stata adottata con la Delib. n. 23/25 del 9.05.2017 e che la stessa è stata oggetto di annullamento ad opera del TAR Sardegna avverso il quale si sta proponendo appello davanti il Consiglio di Stato ".

Nel merito, osservano in primo luogo che “ Ricomprendendo i contributi ENPAM nel tetto di spesa assegnato alla singola struttura, la Regione Sardegna ha surrettiziamente inteso sottrarsi agli obblighi contributivi su di essa gravanti pro quota, utilizzando somme che sono finalizzate a erogare prestazioni e garantire il fabbisogno sanitario, riducendo di conseguenza i volumi di prestazioni che ciascuna singola struttura avrebbe dovuto erogare ”.

Contestano poi “ l’affermazione per cui dal combinato disposto dall'art. 1, comma 39, della L. 243/2004 e dall'art. 10 della L. 183/2011, emergerebbe come l’obbligo contributivo ENPAM a carico della Regione sussista solo per i medici aventi un convenzionamento diretto con il SSN, ma non anche per le società di professionisti eroganti prestazioni sanitarie (anche se costituite sotto forma di società di persone), giacché in tali casi l’obbligo contributivo ENPAM graverebbe su di esse (al pari delle società di capitali) nella misura del 2% del fatturato secondo l’aliquota prevista dal comma 39 dell’art. 1 della L. 243/2004 ”.

4. Oggetto del primo motivo di appello non è la debenza dei contributi Enpam, che la Regione non pone in discussione, ma la corrispondente riduzione della remunerazione delle prestazioni, decisa con provvedimento autoritativo per finanziare tale contribuzione.

La censura è infondata.

Come recentemente ricordato dalla Sezione (sentenza n. 8350/2019, deliberata alla camera di consiglio del 17 ottobre 2019) in materia di fissazione di tetti di spesa “ il potere amministrativo del cui esercizio si discute ha come principale attributo funzionale il controllo della spesa pubblica sanitaria, a garanzia della sua efficiente allocazione: sicché il vincolo risultante dagli atti di esercizio di tale potere costituisce “la misura delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale può erogare e può quindi permettersi di acquistare da ciascun erogatore privato” (Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza n. 6801/2018). In tale sistema, quindi, come la Sezione ha già avuto modo di chiarire, “La ratio della fissazione dei tetti massimi e dei relativi meccanismi di controllo, poi, è principalmente quella del contenimento della spesa pubblica e di garantire la continuità nella erogazione delle prestazioni ai cittadini ed una sana competizione tra le strutture accreditate (….) (Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza n. 3353/2017) ”.

Date le superiori premesse, emerge pertanto che le disposizioni regolanti il potere di imporre il tetto di spesa (art. 8 -quinquies del d. lgs n. 502/1992;
art. 32, comma 8, L: n. 449/1997) hanno una finalità di controllo della spesa sanitaria, avuto riguardo al fabbisogno regionale di prestazioni a tutela della salute.

Gli oneri accessori, relativi a causali diverse dalla remunerazione delle prestazioni, costituiscono un ulteriore esborso, connesso ex lege all’importo della spesa.

La pretesa di intendere l’importo del tetto di spesa al lordo degli oneri accessori (quali i contributi ENPAM) non è conforme a tale parametro, dal momento che importa una corrispondente riduzione del volume delle prestazioni remunerate che non consegue ad un’attività di ricognizione dei bisogni terapeutici e di programmazione delle misure necessarie a soddisfarli, ma unicamente ad un’esigenza contabile di riduzione della spesa sanitaria indipendente da variabili.

La ratio di contenimento della spesa pubblica sanitaria sottesa alla fissazione dei tetti di spesa non è infatti funzionale ad un’esigenza meramente contabile, ma è preordinata alla richiamata analisi programmatoria.

Il metodo di calcolo oggetto del provvedimento regionale censurato nel limitare l’esborso finanziario pubblico all’importo del tetto fissato, che in tal modo includerebbe gli oneri accessori, implica una corrispondente riduzione di spesa per prestazioni sanitarie evidentemente ritenute necessarie in sede di programmazione.

In altre parole, l’operazione consiste in una traslazione del relativo onere finanziario - incombente sull’amministrazione regionale - sulle strutture accreditate per la parte economica, e sugli utenti per la parte relativa al volume di prestazioni fruibili presso tali strutture.

Il che risulta, all’evidenza, contrario alla ratio, sopra richiamata, che ispira il potere di fissazione dei tetti di spesa.

E’ certamente vero, come sostiene la Regione appellante, che l’onere contributivo costituisce un aggravio ulteriore per la finanza regionale in materia sanitaria, che si aggiunge alla somma delle remunerazioni delle prestazioni (sicché i tetti di spesa non sarebbero in realtà omnicomprensivi).

Tuttavia tale dato è una ineliminabile conseguenza logico-giuridica per un verso del regime dell’obbligazione contributiva gravante ex lege sulla Regione, e per altro verso del già richiamato attributo funzionale del potere di fissazione dei tetti di spesa: che (per le ragioni già esposte) non consente – pena il conflitto con le esigenze di programmazione sottostanti - che possa essere scomputata una quota di remunerazioni (e di corrispondenti prestazioni) per finanziare l’obbligazione accessoria.

5. Con il secondo motivo di appello la Regione sostiene invece la debenza del contributo ENPAM in capo alle società di professionisti eroganti prestazioni sanitarie (anche se costituite sotto forma di società di persone: quali le strutture appellate).

La censura è infondata.

La materia è regolata dall’art. 1, commi 39 e 40, della legge 23 agosto 2004, n. 243:

39. Le società professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e le società di capitali, operanti in regime di accreditamento col Servizio sanitario nazionale, versano, a valere in conto entrata del Fondo di previdenza a favore degli specialisti esterni dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici (ENPAM), un contributo pari al 2 per cento del fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio sanitario nazionale e delle sue strutture operative, senza diritto di rivalsa sul Servizio sanitario nazionale. Le medesime società indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale.

40. Restano fermi i vigenti obblighi contributivi relativi agli altri rapporti di accreditamento per i quali è previsto il versamento del contributo previdenziale ad opera delle singole regioni e province autonome, quali gli specialisti accreditati ad personam per la branca a prestazione o associazioni fra professionisti o società di persone ”.

Il comma 40, in particolare, è estremamente chiaro nel disciplinare il regime del contributo previsto per le associazioni fra professionisti o società di persone accreditati, che rimane a carico della regione (a differenza di quanto prevede il comma 39 per le società di capitali).

Nessun elemento od argomento di segno contrario può trarsi dall’invocato art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, che ha un altro oggetto (la possibilità di costituire società fra professionisti in ambito sanitario), e che nulla dispone, neppure indirettamente, in merito alla soggettività passiva dei contributi ENPAM.

La tesi di parte appellante - che sollecita una nuova e diversa lettura del citato art. 1, commi 39 e 40, della legge 243/2004, a seguito e per effetto del sopravvenuto art. 10 della legge 183/2011 – non convince.

Essa pretende di aggiungere un requisito inespresso alla previsione di cui al citato comma 40: quella per cui “ Nei soli casi di accreditamento “ad personam” del medico o di associazioni fra professionisti e società di persone, purchè vi sia un rapporto diretto con il professionista che svolge l'attività retribuita dal SSN (in quanto titolare della società), ai sensi del comma 40 dell'art. 1 della L. 243/2004, l'onere previdenziale è a carico del SSN ”.

Tale esegesi non appare però autorizzata né dall’esame congiunto dei richiamati commi 39 e 40 dell’art. 1 della legge 243/2004, né dal pure invocato art. 10 della legge 183/2011: che regola la costituzione di enti in forma societaria fra gli appartenenti all’ordine dei medici.

Peraltro, lo stesso ricorso in appello, a pag. 13, riconosce che in base alla disciplina posta dal citato art. 10 “ i medici, per l'esercizio della loro attività, possono costituire solo società professionali alle quali, in qualunque forma costituite tra quelle di cui ai titoli V e VI del Libro V del codice civile (quindi sia società di persone che di capitali) ”.

Poiché la norma regolante la fattispecie contributiva (l’art. 1, comma 40, l. 243/2004) in proposito prevede che per le società di persone il contributo rimane a carico regionale, il combinato disposto fra le due disposizioni non autorizza l’esegesi che sorregge la censura.

Il rimedio al problema del possibile abuso del tipo, paventato fra le ragioni poste a fondamento del mezzo, non può in ogni caso consistere in una generale attrazione delle società di persone, prive del collegamento (ulteriore, rispetto alla definizione normativa) preteso dalla difesa appellante, nell’ambito del più sfavorevole (per gli accreditati) regime previsto dal precedente comma 39, in conseguenza di una addizione normativa praticata in sede esegetica.

Tale prospettazione, inoltre, appare contraria all’interpretazione sottesa al pacifico orientamento espresso in materia dalla Corte di Cassazione, competente in relazione alle liti direttamente relative (non al potere di fissazione dei tetti di spesa, ma) alle contestazioni circa la debenza del contributo per cui è causa (da ultimo Sez. Lavoro, sentenza n. 10959/2018).

6. Il ricorso in appello è pertanto infondato e come tale deve essere respinto.

La novità delle questioni dedotte giustifica la compensazione fra le parti delle spese del giudizio.

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