Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-05-04, n. 202203476

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-05-04, n. 202203476
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203476
Data del deposito : 4 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/05/2022

N. 03476/2022REG.PROV.COLL.

N. 07502/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7502 del 2016, proposto da
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, in proprio e quali eredi della signora -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato A I, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. M M in Roma, via Otranto, 36;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS- (Sezione Settima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2087 c.c.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, anche in qualità di eredi della signora -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2022 il Cons. C A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Ministero della Difesa chiede la riforma della sentenza del TAR -OMISSIS-, sezione VII, n. -OMISSIS- che ha accolto il ricorso proposto dai signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, in qualità di eredi del signor -OMISSIS-.

1.1 I ricorrenti di primo grado, rispettivamente coniuge e figli del signor -OMISSIS-, deceduto in data 2 maggio 2010, adivano il TAR -OMISSIS- per ottenere il risarcimento, sia iure proprio che iure hereditatis , dei danni patiti a seguito di esposizione ad amianto del de cuius con conseguente insorgenza di -OMISSIS- pleurico e successivo decesso.

1.2 Deducevano che la patologia del familiare era da ricondurre eziologicamente all’esposizione ad amianto durante il servizio prestato tra il 1948 e il 1957 sulle navi della marina militare con la qualifica di meccanico navale.

1.3 Il TAR, all’esito della verificazione, accoglieva il ricorso e condannava il Ministero della Difesa al risarcimento del danno iure hereditatis per l’ammontare complessivo di euro 487.200,00, ripartendolo pro quota tra gli eredi, oltre alle spese del giudizio.

2. Con l’appello in epigrafe il Ministero chiede la riforma della sentenza sulla scorta di due motivi di appello con cui lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., per la mancata prova del nesso di causalità tra il danno e la condotta dell’amministrazione, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c. per il mancato riconoscimento della compensatio lucri cum damno tra l’indennizzo in precedenza riconosciuto e il risarcimento liquidato.

2.1 Si sono costituiti gli appellati -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, anche in qualità di eredi della signora -OMISSIS-, nelle more deceduta, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello.

2.2 In data 17 marzo 2022 la parte appellata ha depositato memoria ex art 73 c.p.a, insistendo nelle proprie difese.

3. All’udienza del 19 aprile 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. L’appello è parzialmente fondato.

5. Con il primo motivo il Ministero appellante censura il capo della sentenza che ha ritenuto provato il nesso di causalità tra la condotta dell’amministrazione e la patologia contratta dal sig. -OMISSIS- sulla base del pregresso riconoscimento dei benefici previsti per le vittime del dovere ex art. 1, comma 564, l. 266/2005;
deduce che il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una patologia, operata dall’amministrazione quale presupposto dell’equo indennizzo o di altri benefici assistenziali, non può assurgere a prova della responsabilità civile della medesima amministrazione per i danni lamentati dal dipendente.

5.1 In via preliminare, il Collegio osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellata (memoria di costituzione del 21 novembre 2016 e memoria conclusionale del 17 marzo 2022), il motivo in esame reca specifiche censure alla sentenza impugnata che, secondo il Ministero appellante, avrebbe recepito acriticamente, in punto di prova della causalità, la tesi dei ricorrenti, senza considerare la ricostruzione eziologica alternativa del perito dell’amministrazione: di qui l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del motivo per violazione dell’art 101 c.p.a.

5.2 Ciò posto, nel merito il motivo è infondato.

5.3 Come correttamente rilevato da parte appellante, i presupposti alla base della speciale elargizione (ovvero dell’equo indennizzo) si differenziano da quelli posti a fondamento della domanda di risarcimento del danno, anche in presenza di sovrapponibili fattori originativi (quali l’impiego in area contaminata con sostanze potenzialmente nocive) e di omogenee conseguenze di carattere patologico (Cons. Stato, sez. II 7 ottobre 2021 n. 6679;
9 agosto 2021 n. 5816;
sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3418), tuttavia, nel caso di specie, il nesso di causalità non è stato acriticamente dedotto dall’avvenuto riconoscimento dell’indennizzo, ma è stato autonomamente accertato in sede di verificazione disposta dal giudice di primo grado.

5.4 Il verificatore, infatti, ha concluso che: i ) deve esprimersi un giudizio di elevata probabilità che il sig. -OMISSIS- fu affetto da -OMISSIS- pleurico, causalmente (o quanto meno in via concausale preponderante) riferibile all’esposizione lavorativa; ii ) nulla può dirsi circa l’attività di termofrigorista successivamente svolta dall’interessato, che in tal modo non assume rilevanza probatoria di alternativa esposizione professionale ad amianto; iii ) la pericolosità dell’esposizione ad amianto era certamente già conosciuta all’epoca dei fatti per cui è causa.

5.5 Gli approfondimenti istruttori disposti dal giudice di primo grado hanno consentito di accertare il nesso di causalità tra la patologia e il servizio prestato, di escludere l’esistenza di fattori eziologici alternativi, di affermare la previsione o prevedibilità dell’evento dannoso da parte dell’amministrazione, alla luce della miglior scienza ed esperienza del momento storico di riferimento. A fronte di tali elementi, il Ministero, per un verso, non ha contestato l’esposizione del lavoratore all’amianto nel corso del servizio prestato sulle navi militari, e, per altro verso, non ha provato di aver adottato tutte le cautele ragionevolmente esigibili per tutelare l’integrità fisica del lavoratore ai sensi dell’art 2087 c.c., al cui paradigma deve essere ricondotta la responsabilità in esame.

5.6 L’incidenza eziologica sull’insorgenza del -OMISSIS- dell’esposizione ad amianto a seguito di servizio prestato sulle navi della marina militare è stata approfondita di recente da questa Sezione con sentenza n. 2956 del 19 aprile 2022. In quella sede è stato precisato che: a) la pericolosità dell’impiego di amianto era conosciuta dai primi anni del ‘900;
b) il -OMISSIS- è una tipica malattia professionale discendente dall’esposizione respiratoria a fibre di amianto;
c) deve essere affermata la responsabilità dell’amministrazione ex art. 2087 c.c. allorché, accertato il nesso tra esposizione alle polveri di amianto e risposta tumorale, non dimostri di aver adottato tutte le cautele ragionevolmente esigibili all’epoca dei fatti.

5.7 Il Collegio condivide le conclusioni sopra richiamate che, peraltro, risultano conformi a quanto accettato dal verificatore con specifico riferimento alla fattispecie per cui è causa.

5.8 Il primo motivo di appello deve, quindi, essere respinto.

6. Con il secondo motivo l’appellante impugna il capo della sentenza che ha ammesso la cumulabilità tra quanto già ricevuto dai ricorrenti a titolo di indennizzo per l’equiparazione del sig. -OMISSIS- alle vittime del dovere e quanto liquidato in giudizio a titolo di risarcimento del danno iure hereditatis .

6.1 In via preliminare, è necessario esaminare l’eccezione di inammissibilità del motivo per violazione degli artt. 104 e 101 c.p.a., avanzata dalla difesa della parte appellata.

6.2 L’eccezione è infondata.

6.3 Per costante giurisprudenza, il divieto dei nova in appello, posto dall'art. 104 c.p.a., è riferito al solo ricorrente in primo grado, e non alle altre parti del processo, le quali potrebbero anche non essersi costituite nel grado precedente, e in sede di appello possono, in linea di principio, far valere qualunque motivo ritengano utile a criticare le conclusioni loro sfavorevoli cui sia giunta la sentenza impugnata (Cons. Stato sez. IV, 16 novembre 2020 n. 7052;
sez IV 8 giugno 2020, n. 3628;
sez. II, 17 marzo 2020, n.1892;
sez. IV, 10 marzo 2020, n. 1715).

Nel caso di specie, l’appello è stato proposto dall’amministrazione risultata soccombente in primo grado, per la quale non opera il divieto sancito dall’art 104 c.p.a.

6.4 Quanto alla lamentata violazione dell’art. 101 c.p.a., è sufficiente osservare che il motivo in esame articola specifiche censure avverso il capo della sentenza di primo grado che ha affermato la cumulabilità tra indennizzo e risarcimento, mentre è irrilevante la mancata impugnazione del quantum riconosciuto, poiché la censura è volta a contestare non l’ammontare in sé, ma la mancata detrazione dalla somma, così come determinata dal giudice, di quanto già liquidato a titolo di indennizzo.

6.5 Premesso quanto sopra, nel merito il motivo è fondato alla luce dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 1 del 23 febbraio 2018.

6.6 Proprio affrontando la questione della cumulabilità tra indennizzo erogato dall’amministrazione datrice di lavoro a titolo di indennità per infermità dipendente da causa di servizio conseguente all'esposizione a fibre di amianto presenti nel luogo di lavoro e il risarcimento liquidato dalla medesima amministrazione per il risarcimento del danno alla salute ex art. 2087 c.c., l’Adunanza Plenaria ha affermato la necessità di tener conto dell’indennizzo già liquidato nell’ammontare del risarcimento, secondo la regola della compensatio lucri cum damno , poiché sia l'indennità che il risarcimento assolvono alla medesima funzione di compensare la sfera giuridica del lavoratore leso.

6.7 In linea con i principi espressi dall’Adunanza Plenaria, le Sezioni Unite della Cassazione hanno statuito che la compensatio opera in tutti i casi in cui sussista una coincidenza tra il soggetto autore dell'illecito tenuto al risarcimento e quello chiamato per legge ad erogare il beneficio, con l'effetto di assicurare al danneggiato una reintegra del suo patrimonio completa e senza duplicazioni (Cass. Sez. Unite, 22 maggio 2018 n. 12564, n. 12565, n. 12566, n. 12567).

6.8 L’applicazione al caso di specie delle coordinate ermeneutiche sopra richiamate impone, pertanto, il defalco da quanto riconosciuto dal TAR a titolo di risarcimento (pari a complessivi euro 487.200,00 per danno non patrimoniale iure hereditatis ) delle somme già liquidate a titolo di indennizzo per la dipendenza dell’infermità dalla causa di servizio e per l’equiparazione del de cuius alle vittime del dovere.

7. In conclusione, l’appello è in parte fondato, con la conseguenza che, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado nella parte in cui si chiede la condanna al risarcimento dei danni iure hereditatis senza tener conto delle somme già erogate a titolo di indennizzo in applicazione del principio della compensatio lucri cum damno .

8. Sussistono giustificati motivi, stante l’accoglimento parziale dell’appello, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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