Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-12-18, n. 201908550
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Pubblicato il 18/12/2019
N. 08550/2019REG.PROV.COLL.
N. 07757/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7757 del 2014, proposto dalla società Sicob s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato S V, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via Emilia n. 88;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile, Ministero dell’Interno, Presidente della Giunta Regionale della Campania nella qualità di Commissario delegato, Ufficio Territoriale del Governo di Salerno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., tutti rappresentati e difesi
ope legis
dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domiciliano
ex
lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Comune di Bracigliano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Cardaropoli, con domicilio eletto presso l’avvocato Vito Sola in Roma, via Ugo De Carolis, n. 31;
Comune di Siano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Accarino, con domicilio eletto presso l’avvocato Federico Tedeschini in Roma, largo Messico n. 7;
Comune di Castel San Giorgio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Caliulo, con domicilio eletto presso l’avvocato Ferruccio De Lorenzo in Roma, via L. Luciani n. 1;
Regione Campania, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Imparato, con domicilio eletto in Roma, alla via Poli n. 29;
Azienda Regionale Campana Difesa Suolo (Arcadis), in persona del legale rappresentante
pro
tempore, non costituitasi in giudizio;
per l’ottemperanza
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 1605 del 7 aprile 2014.
Visto il ricorso in ottemperanza, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;
Vista la sentenza n. 1751 del 7 aprile 2015;
Visti i reclami proposti dal Comune di Bracigliano, dal Comune di Siano, dal Comune di Castel San Giorgio e dalla Regione Campania avverso il decreto n. 2 del Commissario ad acta in data 1° luglio 2016;
Visto il reclamo proposto dalla Sicob s.r.l. avverso la Relazione del nuovo Commissario ad acta , depositata in data 18 luglio 2019;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2019 il cons. Silvia Martino;
Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Ferruccio Barone (su delega dell’avvocato S V), Giovanni Caliulo, Stefania Contaldi (su delega dell’avvocato Antonio Cardaropoli), Francesco Accarino, Maria Imparato e l’avvocato dello Stato Fabio Tortora;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza n. 10433 del 14 dicembre 2012 veniva definito il ricorso proposto in riassunzione dinanzi al TAR del Lazio dalla società Sicob s.r.l., proprietaria di una cava sita in località Trivio del Comune di Castel San Giorgio, la quale - dopo che nei giorni 5 e 6 maggio 1998 il territorio dei Comuni di Siano, Sarno e Bracigliano era stato interessato da eventi franosi ed alluvionali causati da fenomeni atmosferici di particolare intensità – sulla base e per effetto di una serie di ordinanze delle autorità statali, regionali e locali motivate dalla situazione emergenziale determinatasi, era stata oggetto di occupazione al fine di utilizzarla come deposito temporaneo del materiale di risulta prodottosi a causa delle dette precipitazioni atmosferiche.
Il suddetto TAR accoglieva il ricorso condannando le amministrazioni resistenti, in solido tra loro, alla restituzione della superficie illegittimamente occupata, previa riduzione in pristino dei luoghi, ed alla corresponsione di una somma da offrire a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 34, comma 4 c.p.a., per il periodo di occupazione illegittima.
Nella motivazione della sentenza veniva riconosciuta in ogni caso la facoltà alle amministrazioni intimate di valutare la definitiva acquisizione del bene mediante l’adozione del provvedimento di cui all’art. 42 bis del d.lgs. n. 327 del 2001.
2. La decisione di primo grado veniva impugnata con autonomi appelli, da un lato dalla Presidenza Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile, insieme al Ministero dell’Interno, ed al Presidente della Giunta Regionale quale Commissario per gli interventi ex Ordinanza n.2287/98, e dall’altro, dai Comuni di Castel San Giorgio e di Bracigliano.
In tale giudizio proponevano appello incidentale sia la Regione Campania che il Comune di Siano.
3. Con sentenza n.1605 del 2014 di questa Sezione, riuniti i tre appelli come sopra proposti, la decisione di primo grado veniva in parte riformata e per l’effetto:
- veniva integralmente accolto l’appello della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile, del Ministero dell’Interno e del Commissario per gli interventi ex ordinanza n. 2287/1998;
- venivano accolti in parte gli appelli del Comune di Siano, di Bracigliano e di Castel San Giorgio;
- veniva respinto integralmente l’appello della Regione Campania, la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, veniva condannata alla restituzione della cava alla proprietaria Sicob s.r.l., previa riduzione in pristino dello stato dei luoghi.
All’uopo la sentenza precisava che “ Né la circostanza che la cava non sia stata sottratta dalla disponibilità della proprietaria vale a diminuire il danno subito, sia per l’incontestata impossibilità di utilizzo a causa della presenza di un’ingente quantità di materiale conferito, sia per l’inesigibilità, a carico della stessa proprietaria, di un comportamento oltremodo oneroso ed eccedente l’obbligo di cooperazione del danneggiato, quale sarebbe stato il liberare di sua iniziativa ed a proprie spese l’area dai materiali depositati ”.
Inoltre “ 5.1 . Al fine di escludere l’obbligo di rimessione in pristino e della restituzione della cava deve ancora una volta attribuirsi rilievo all’attribuibilità in via esclusiva alla Regione dell’obbligo di assicurare la temporaneità dell’occupazione in via d’urgenza, adottando le misure per fronteggiare stabilmente la situazione. Peraltro, va sottolineato che il danno lamentato va fatto risalire esclusivamente al provvedimento regionale, dovendosi considerare le due ordinanze del Sindaco di Castel San Giorgio, adottate in via d’urgenza immediatamente dopo gli eventi alluvionali, superate da quella del Presidente della Regione e quindi non collegate in rapporto di causalità rispetto all’illegittima occupazione. E’ su quest’ultimo ente, quindi, che ricade, in via esclusiva, l’obbligo di restituzione previa rimessione in pristino dello stato dei luoghi . 5. 2. Diversamente, non può escludersi la responsabilità solidale dei Comuni in ordine al danno provocato a causa dell’occupazione illegittima per effetto dell’impossibilità di utilizzo - da equiparare allo spossessamento anche in assenza di assoluta preclusione di disponibilità del bene - a far data dalla scadenza del termine di centoventi giorni dall’adozione dell’ordinanza n. 948, in ragione del loro concorso a cagionare il danno, secondo il paradigma dell’azione risarcitoria di cui all’art. 2043 c.c. (cfr. Cons. St. Sez. IV, 28.11.2012, n. 6012), avendo essi continuato a versare o a tollerare il deposito di materiali nella cava, a nulla rilevando la mancanza di titolarità di poteri autoritativi, ma assumendo rilievo il comportamento tenuto oltre che, per il Comune di Castel San Giorgio, il collegamento territoriale. Che tutti i Comuni fossero consapevoli della propria partecipazione alla causazione del danno da illegittima occupazione è, peraltro, dimostrato dalla convocazione e partecipazione da parte loro alle conferenze di servizi volte a rinvenire, senza alcun esito, una soluzione alla situazione venutasi a creare ”.
Per tali ragioni, la Regione Campania ed i Comuni di Castel San Giorgio, di Bracigliano e di Siano, venivano condannati in solido tra loro a corrispondere il risarcimento del danno in favore della proprietaria Sicob s.r.l. per il periodo di occupazione illegittima “ con le modalità e secondo i criteri indicati nella sentenza di primo grado ”.
4. La società Sicob adiva poi questo Consiglio di Stato in sede di ottemperanza al fine di ottenere la condanna delle suddette amministrazioni a dare immediata esecuzione alla sentenza “ provvedendo alla restituzione della superficie illegittimamente occupata, previa la sua riduzione in pristino, e al pagamento, in suo favore della somma di euro 7.351.296,33 (aggiornata alla data del 22.09.2014), oltre a rivalutazione e interessi fino alla data dell'effettivo soddisfo, a titolo di risarcimento per l'occupazione illegittima ”.
Essa chiedeva altresì che le medesime amministrazioni venissero condannate al pagamento di una somma, nella misura di “euro 1.000,00 per ciascun giorno di ritardo nell'esecuzione della sentenza, ovvero quella maggiore o minore ritenuta di giustizia anche ai sensi dell'art. 1226 cod. civ .” e comunque che fosse nominato un Commissario ad acta per il caso di ulteriore inerzia delle amministrazioni intimate.
5. Con sentenza parziale n. 1751 del 7 aprile 2015, è stata anzitutto respinta l’eccezione preliminare di incompetenza sollevata dalle parti resistenti, “ avendo la sentenza di questa Sezione n.1605/2014, in riforma della sentenza di primo grado, accolto integralmente l’appello della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dip. della protezione civile, del Ministro dell’Interno e del Commissario per gli interventi ex ord. n.2287/1998, ed in parte gli appelli dei Comuni in questa sede resistenti, condannando la sola Regione Campania alla restituzione della cava di proprietà della ricorrente previo ripristino dello stato ex ante ”.
E’ stata poi accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso nella parte in cui “ si chiede che anche i Comuni anzidetti vengano anch’essi condannati alla restituzione ed al ripristino della cava ”.
Sono stati altresì “ respinti i profili d’inammissibilità che i comuni resistenti deducono con il fine di tenere distinte, anche sotto il profilo temporale, le rispettive responsabilità nell’occupazione illegittima della cava, essendo tale impostazione difensiva in palese contrasto con il giudicato della cui ottemperanza trattasi, essendo ivi riconosciuta la responsabilità solidale di ciascuno di essi insieme alla Regione Campania per l’illegittima utilizzazione del sito ”.
Ai fini della quantificazione del risarcimento, la Sezione ha confermato il criterio indicato dal giudice di primo grado, dovendosi procedere “ ai sensi dell’art. 42 bis, comma 3, t.u. delle espropriazioni ai fini del calcolo del risarcimento del danno da occupazione illegittima, il quale consiste negli interessi legali calcolati sul valore “venale” della superficie occupata all'epoca dell'immissione in possesso, accertando in particolare tale valore con riferimento al momento in cui l'occupazione illegittima ha avuto inizio. Le somme così determinate in relazione a ciascuna annualità dovranno, poi, essere rivalutare anno per anno e sugli importi così rivalutati dovranno essere corrisposti gli interessi legali, in base ai principi generali sulla liquidazione dell'obbligazione risarcitoria (Cass. Civ. I, n. 19510/2005;cfr. Cons. St., Sez. V, 2 novembre 2011 n. 5844) ”.
E’ stata infine respinta “ l’ulteriore domanda risarcitoria che parte ricorrente ha avanzato ex art. 112 n.3, seconda parte, non ritenendo la Sezione, in relazione alla relativa complessità degli adempimenti richiesti per giungere alla restituzione della cava, che allo stato possano ritenersi sussistenti le condizioni per accogliere tale richiesta ”.
Quanto al valore venale dell’area, la sentenza n. 1751/2015 ha statuito che esso avrebbe dovuto essere determinato “ utilizzando il metodo sintetico –comparativo, tenendo presente che ciò che rileva al riguardo non è soltanto, come preteso da parte ricorrente, la categoria degli atti di compravendita da cui desumere il probabile valore di mercato dell'area, bensì la disciplina urbanistica della rispettiva zona di appartenenza, la morfologia, nonché ogni altra caratteristica del bene considerato (giacitura, natura geologica, conformazione orografica, accessibilità, ecc )”.
Ai suddetti fini la Sezione ha assegnato quattro mesi alle amministrazioni suindicate, in ordine ai rispettivi adempimenti, e, per il caso di inerzia, ha nominato Commissario ad acta il Prefetto della Provincia di Salerno “ con facoltà di delegare, quanto all’obbligo di restituzione e ripristino a carico della Regione Campania, un dirigente in possesso delle conoscenze tecniche necessarie per l’esecuzione delle attività necessarie a tal fine. Parimenti tale facoltà di delega potrà essere esercitata per la determinazione del valore venale dell’area secondo i criteri predetti al fine di trarre dalla loro corretta applicazione il conseguente calcolo analitico della somma dovuta alla società ricorrente per il danno da occupazione illegittima ”,
E’ stata successivamente accordata una proroga di due mesi dei suddetti termini, in considerazione delle difficoltà rappresentate dalle amministrazioni intimate.
Anche tale termine è decorso inutilmente determinandosi le condizioni per l’insediamento del Commissario ad acta , ing. M R, nominato dal Prefetto di Salerno.
Questi, in esito alle attività demandategli dalla Sezione, ha adottato il decreto n. 2 del 1 luglio 2016, avversato dai Comuni e dalla Regione Campania con reclamo proposto ai sensi dell’art. 114, comma 6, del c.p.a..
Con ordinanza collegiale n. 60 del 2017 la Sezione ha invitato il Commissario ad acta a rappresentare le proprie controdeduzioni.
Tuttavia, nelle more, l’ing. R è deceduto improvvisamente, sicché si è reso necessario designare un altro Commissario che, con ordinanza n. 3686 del 26 luglio 2017, successivamente rettificata con ordinanza n. 5300 del 16 novembre 2017, è stato individuato nel Rettore della Facoltà di Ingegneria dell’Università “Federico II” di Napoli, con facoltà di delega nei confronti di “ altro docente ordinario della medesima Facoltà, affinché, nel termine di centoventi giorni dalla comunicazione a cura della segreteria della presente ordinanza, provveda al riesame dell’attività svolta dal Commissario ad acta sostituito e all’esame con pertinenti controdeduzioni dei reclami proposti dalle parti, redigendo apposita relazione nella quale chiarisca se e quale parte dell’attività compiuta sinora possa essere conservata e/o quali provvedimenti debbano essere adottati in sostituzione dei decreti emanati dal precedente Commissario ad acta ”.
All’uopo, è stato nominato il prof. ing. Francesco P che, dopo aver ottenuto la proroga dei termini originariamente accordati, ha depositato la propria relazione conclusiva in data 18 luglio 2019.
6. Le conclusioni del nuovo Commissario, in risposta ai quesiti posti dal Collegio, sono sintetizzate da pag. 82 a pag. 88 della Relazione conclusiva.
In particolare, il nuovo Commissario ad acta ha evidenziato che “ Il richiesto riesame dell’attività svolta dall’ex Commissario ha comportato in primo luogo la valutazione ragionata di quella che era l’area dell’ex cava, distinguendo in essa:
d) gli spazi un tempo funzionali all'attività di cava: aree agricole che avevano di fatto perso completamente la loro capacità di produrre un reddito agrario a causa della trasformazione del loro strato superficiale. In tale ambito si è considerato l'ampio piazzale di accesso da sempre asfaltato e l’area di fossa;
e) terreni agricoli e boschi cedui potenzialmente impegnabili per l'allargamento del fronte di cava ma di fatto non utilizzabili in tal senso per la cessazione irrevocabile dell'attività produttiva. Trattasi di appezzamenti di terreno ricadenti in zone omogenee E2 ed E3 con indici di fabbricabilità risibili, peraltro sfruttabili solo da proprietari coltivatori diretti;in tali tipi di terreni e boschi sono state individuate particelle non interessate da passate attività di cava, oltre a quelle interessate solo per una ridotta parte della loro estensione;
f) terreni agricoli un tempo afferenti l'area di cava utilizzati dalla movimentazione di materiali, capaci di produrre reddito agrario ma solo a valle di vagliatura e bonifica degli stessi e risistemazione dello strato superficiale di terreno vegetale.
Successivamente si è passato alla disamina delle caratteristiche dei diversi beni, in particolare di quell’ con possibile autonomia gestionale, raggiungibilità e del loro coinvolgimento nelle attività emergenziali, potendo infine stabilire che:
1) la palazzina uffici, tenuto conto dell’autonoma accessibilità alla stessa, della sua lontananza dai flussi di automezzi e dalle aree di sversamento, del mancato utilizzo dei locali al piano terra in fase di occupazione del lotto SICOB, non ricade nel novero di quanto dovevasi mettere in pristino, né deve essere considerata nel computo dell’indennità.
In definitiva, pur reputando corretto il Decreto Commissariale n. 1 del 02/04/2014 nelle premesse e nelle finalità, si è ritenuto lo stesso non meritevole di ulteriori approfondimenti in quanto l’oggetto delle determinazioni, ovvero la palazzina direzionale, non doveva, secondo il sottoscritto, ricadere tra i beni che, direttamente e/o indirettamente, sono stati interessati dall’attività di occupazione e sversamento del materiale ed è pertanto del tutto estraneo alla massa dei beni oggetto di restituzione. A fronte di detta estraneità si ritiene che il decreto Commissariale n. 1/2016 non abbia avuto ragione di essere emanato, così come il Decreto Commissariale n. 3 del 26.11.2016.
Al riguardo delle aree illegittimamente occupate, si ritiene che quelle indicate nel Decreto Commissariale n. 2/16 non debbano essere tutte considerate nel novero delle superfici per le quali calcolare l’indennizzo, in quanto estranee alle aree interessate dalle cessate attività di cava, o distanti da quest’ultima;sono stati altresì registrati casi di particelle solo parzialmente impegnate in dette attività ”.
Inoltre “ nel Decreto Commissariale n. 2/2016 le modalità di stima del valore di mercato dei beni considerate per la successiva determinazione dell’indennità di occupazione illegittima, appaiono non correttamente seguite, ritrovandosi lacune sia nella scelta e nell’analisi dei riferimenti su cui fondare l’approccio sintetico comparativo, sia nell’applicazione dei parametri correttivi.
A fronte di ciò si sono ritrovati nel locale mercato immobiliare terreni pianeggianti e collinari interessati da compravendita a fronte dei quali è stato possibile applicare il metodo sintetico comparativo conosciuto come Market Comparison Approach.
In parallelo si sono desunti dal Listino dei Valori Immobiliari dei Terreni Agricoli Exeo, Osservatorio dei Valori Agricoli i range di oscillazione al 2019 dei valori immobiliari dei tipi di terreno agricoli presenti nel lotto ex cava SICOB, ponendo a confronto le risultanze dei due metodi per verificarne l’attendibilità.
Con ciò si sono infine ritrovati i valori parziali di detti tipi di terreno e di quello complessivo del lotto di cui trattasi, determinato in 424.691,32 euro, valore successivamente ridotto tenendo conto dell’andamento dei prezzi del locale mercato immobiliare dal 1998 al 2019.
Il valore di mercato finale del lotto al 1998 è stato definitivamente determinato in 319.458,86 euro. A fronte di quest’ultimo valore si è proceduto a calcolare l’indennità per occupazione illegittima secondo il dettato dell’art. 42 bis, comma 3 del Testo Unico delle Espropriazioni [...] Detta indennità è stata calcolata limitandola al solo computo del 5% annuo, percentuale risarcitoria secca e a valenza tombale, ritenendo che non siano da applicare a tale indennità gli interessi legali, né la rivalutazione secondo gli indici ISTAT perché in effetti già compresi nel ristoro dell’indennità aggiornata anno per anno attraverso gli algoritmi dell’interesse composto. Anche in tal caso si ritengono fondati i reclami delle parti resistenti .
Con riferimento alla formula tipica dell’interesse composto desumibile dalla matematica finanziaria, si è stimato che sino ad ottobre 2015, l’indennità da riconoscere alla società SICOB risulta essere pari a 412.746,70 Euro ”.
7. Le amministrazioni reclamanti hanno formulato alcune osservazioni, pur premettendo che la relazione del nuovo Commissario appare sostanzialmente in linea con i rilievi che avevano opposto all’attività esecutiva svolta dal precedente Commissario.
La Regione Campania ha depositato anche le controdeduzioni svolte dal proprio CTP.
8. La Sicob ha proposto a sua volta reclamo avverso le “determinazioni” del Commissario ad acta ing. P “ nelle parti in cui dichiara privo di efficacia il Decreto commissariale n. 1 emanato dal precedente Commissario ad acta nonostante non fosse stato reclamato dalle parti del giudizio né da terzi, ovvero esclude la Palazzina Sicob dal novero dei beni oggetto di restituzione previo ripristino e conseguentemente ridetermina in diminuzione l’estensione e il valore venale dell’area occupata, quantificando l’indennità spettante per l’occupazione illegittima sino ad ottobre 2015, ai sensi dell’art. 42-bis, comma 3 del Testo Unico sulle Espropriazioni, nella complessiva somma di euro 412.746,70 .”
9. Le parti hanno depositato ulteriori memorie.
In particolare, la Regione Campania, oltre a dedurre l’inammissibilità del reclamo di Sicob, ha fatto osservare che il decreto n. 1 del precedente Commissario, non aveva valore provvedimentale trattandosi di una determinazione di natura programmatoria.
Ha ribadito che la società non ha presentato alcuna documentazione idonea a dimostrare che l’uso della sua proprietà e specificatamente della c.d. palazzina uffici, le sia stato negato.
Sia la Regione che i Comuni hanno sottolineato che solo la fossa di cava è stata effettivamente interessata dagli sversamenti di terreno vegetativo, come peraltro dimostrato anche dalla planimetria attestante il rilievo dei cumuli allegata alla perizia dell’I C proprio per conto della Sicob (Allegato n.21 alla Relazione Conclusiva del Commissario ad Acta ).
Le aree del piazzale antistante la fossa sono state solo oggetto del transito dei mezzi adibiti al trasporto dei materiali;per cui, terminate le fasi di sversamento a seguito della cessazione dello stato d’emergenza – intervenuta il 31 dicembre 2001 come da DPCM del 16 giugno 2000 – tali aree del piazzale sono tornate ad essere totalmente fruibili da parte della società atteso che non vi è mai stata requisizione.
La Regione ha peraltro continuato a contestare la stessa possibilità della “restituzione in pristino” in ragione della necessità di addivenire alla bonifica dell’area di cava, ormai da tempo dismessa, alla quale sarebbe funzionale lo stesso materiale depositato nella fase di emergenza.
10. I reclami sono infine passati in decisione alla camera di consiglio del 14 novembre 2019.
11. In via preliminare occorre dichiarare l’inammissibilità del reclamo proposto dalla società Sicob poiché, con esso, è stato impugnato un atto che non ha valenza di esecuzione del giudicato, essendo stato redatto al solo e specifico fine di fornire al giudice elementi di valutazione dei reclami proposti dalle controparti avverso le misure disposte dal precedente Commissario, ing. R.
E se è vero che, nella propria Relazione, l’ing. P ha anche prefigurato il contenuto degli atti da adottarsi in sostituzione di quelle, tanto ha fatto all’esclusivo fine di rispondere al quesito posto dalla Sezione, che aveva chiesto espressamente di valutare “ se e quale parte dell’attività compiuta sinora possa essere conservata e/o quali provvedimenti debbano essere adottati in sostituzione dei decreti emanati dal precedente Commissario ad acta ”.
Tale attività non si è tuttavia ancora tradotta in un vero e proprio provvedimento essendo evidente, che, a tal fine, occorre un passaggio ulteriore, rappresentato dall’annullamento (o declaratoria di nullità) delle determinazioni commissariali oggetto di reclamo.
12. Alla luce delle verifiche condotte dal nuovo Commissario, reputa il Collegio che l’attività dell’ing. R non sia stata pienamente conforme alla statuizioni giurisdizionali da eseguire e che pertanto debba essere dichiarata nulla, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. b) del codice del processo amministrativo.
Al riguardo, valga quanto segue.
13. Per una migliore comprensione della vicenda, occorre ancora una volta richiamare sia le statuizioni rese in fase di cognizione, sia quelle contenute nella sentenza n. 1751 del 2015, rese in fase di ottemperanza, le quali consentono di delineare l’esatto contenuto nel giudicato da eseguire.
In primo luogo, va ricordato che la sentenza di questa Sezione n.1605 del 2014, ha chiaramente distinto ruoli e responsabilità degli enti intimati.
La sola Regione avrebbe dovuto infatti provvedere alla “ restituzione della cava ” previa “ riduzione in pristino del luogo ” mentre la condanna al risarcimento del danno ha investito, in solido, oltre la Regione, anche i Comuni di Castel San Giorgio, Siano e Bracigliano, senza alcuna graduazione né temporale né in base al grado delle rispettive colpe (cfr. il par.