Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-23, n. 202301905
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Pubblicato il 23/02/2023
N. 01905/2023REG.PROV.COLL.
N. 07062/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7062 del 2018, proposto da
N D M, rappresentata e difesa dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gennaro Terracciano in Roma, piazza San Bernardo, n. 101;
contro
Comune di Napoli in persona del Sindaco
pro tempore
, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A A, B C e F M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luca Leone in Roma, via Appennini 46;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Quarta, n. 1272/2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 3 febbraio 2023 il Cons. Ugo De Carlo e nessuno è presente per le parti;viste altresì le conclusioni della parte appellante come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La signora N D M ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che aveva respinto il ricorso avverso l’ordinanza del Comune di Napoli n.485 del 23 settembre 2013 di demolizione di due soppalchi.
2. L’appellante è proprietaria di un immobile in cui erano stati realizzati due distinti soppalchi ad uso deposito, sfruttando l’altezza interna maggiore di quella prescritta dalla normativa statale e comunale che possono essere raggiunti mediante una scala amovibile. L’intervento era stato già sanzionato con l’ordinanza 1775 del 28 novembre 1996 dal Sindaco di Napoli oggetto di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica respinto con decreto del 4 ottobre 2012.
Il verbale di accertamento, della polizia municipale aveva comportato anche una denuncia penale che era stata archiviata dopo che il Tribunale del riesame aveva valutato che l’intervento edilizio non avesse rilievo sul piano penale.
3. La sentenza impugnata aveva respinto il ricorso poiché ha ritenuto che l’intervento edilizio contestato non rientrasse nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo, ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, in quanto idoneo a determinare una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico. La peculiare conformazione strutturale del soppalco e la realizzazione di una superficie comunque rilevante della sopraelevazione (circa 36 mq complessivi) costituiscono elementi che denotano l’astratta vocazione abitativa del soppalco, con la conseguenza che l’opera non può essere considerata una superficie di servizio e quindi avrebbe necessitato del rilascio di un permesso di costruire.
Oltretutto gli interventi oggetto di causa sono stati realizzati prima della normativa che ha portato alla graduale liberalizzazione delle opere interne.
4. L’appello si fonda su sei motivi.
4.1. Il primo sottolinea come la superficie complessiva dei due soppalchi non superi i 30 mq. rispettando ampiamente il rapporto di pertinenzialità del 20% di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.6), d.P.R. n. 380/01 e l’altezza interne è tale da garantire che non vi è alcun aumento del carico urbanistico come rilevato dal giudice penale. in assenza di motivi di urgenza con lesione del contraddittorio in dispensabile anche a fronte di atti vincolati.
4.2. Il secondo motivo censura la mancata ricomprensione dell’intervento effettuato nell’ambito del restauro o risanamento conservativo e non della ristrutturazione in contrasto con le valutazioni del giudice penale.
4.3. Il terzo motivo lamenta la mancata considerazione delle valutazioni svolte dal giudice penale che, ferma restando la differenza di valutazioni che sono proprie dell’ambito penale rispetto a quello amministrativo, aveva svolto una ricostruzione della vicenda sul piano edilizio che meritava una più attenta considerazione.
4.4. Il quarto motivo censura il mancato accoglimento del motivo di ricorso attinente al difetto di motivazione del provvedimento per omessa indicazione delle norme urbanistiche asseritamente violate.
4.5. Il quinto motivo contesta la violazione delle norme sulla partecipazione procedimentale che non hanno consentito all’appellante di concorrere alla formazione della volontà dell’Ente, incidendo ragionevolmente sul contenuto finale del atto sanzionatorio.
4.6. Il sesto motivo denuncia l’erroneità del capo della sentenza che ha contestato la violazione delle altezze minime stabilite come richieste dal d.m. 5 luglio 1975 e dall’art. 43, comma 2, della legge n. 457 del 1978.
La disciplina in materia di altezze minime dei fabbricati non può costituire presupposto per l’adozione dell’ordinanza di demolizione ai sensi del Titolo IV del Testo Unico dell’Edilizia poiché le conseguenze di un eventuale accertamento di insalubrità sono tipizzate e predeterminate dal Legislatore statale nel r.d. 1265/1934. Inoltre l'Amministrazione deve verificare la concreta agibilità dei locali mediante apposito specifico sopralluogo, che può consentire una migliore e più compiuta valutazione delle circostanze rilevanti ai fini della decisione sulla igienicità/salubrità: i soppalchi de quibus "coprono" soltanto una porzione residuale del calpestio sottostante, cosicché non configurano un autonomo vano abitativo.
5. Il Comune di Napoli si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello, ma eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello per inammissibilità del ricorso di primo grado per il rapporto di presupposizione esistente tra l’ordinanza del Sindaco del 1996 impugnata con ricorso straordinario e l’impugnazione di un atto meramente conseguenziale quale l’ordinanza di ripristino emessa dopo il decreto del Presidente della repubblica di reiezione del ricorso straordinario.
6. L’appello è infondato e ciò consente di soprassedere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune.
7. L’intervento realizzato non può essere ricondotto nelle figure di intervento edilizio ipotizzate dall’appellante. Creare due solai intermedi non rientra nella manutenzione dell’immobile comunque la si voglia definire né nel restauro conservativo o risanamento conservativo perché viene creato un quid pluris rispetto all’assetto preesistente che ben si attaglia alla qualificazione dell’intervento come ristrutturazione che aveva la necessità di un titolo.
Non è condivisibile che i soppalchi non avrebbero comportato alcun aumento di superficie e che esse sarebbero qualificabili come mere opere interne prive di destinazione abitativa. Al contrario l’abitabilità del vano superiore è consacrata dal superamento della altezza massima consentita per i locali di sgombero fissata in mt 1,80 in luogo dei riscontrati mt 2,00.
L'art. 15, comma 4 del vigente Regolamento edilizio stabilisce che, “ E’ consentita, altresì, la
realizzazione di soppalchi destinati esclusivamente a deposito con altezza massima di metri 1.80 tra l’estradosso del soppalco e l’intradosso della struttura orizzontale preesistente a condizione che l’altezza utile dei locali sottostanti il soppalco non sia inferiore, a quella fissata, rispettivamente per gli ambienti abitativi e per i vani accessori, dall’art.43, comma 2, lett. b) della legge 457/78 e successive modificazioni ed integrazioni .”. Tale norma non rileva solamente come si afferma nel sesto motivo solamente sotto un profilo di salubrità dell’ambiente, dato che il superamento dell’altezza massima consentita ha una rilevanza edilizia perché non si rientra più nell’ambito dei soppalchi ad uso deposito.
L’annullamento del sequestro preventivo in sede penale è dipeso dal fatto che l’intervento in questione non è stato ritenuto penalmente rilevante, ma ciò non toglie che sul piano edilizio le valutazioni sono di altra natura.
Infine in relazione al quarto ed al quinto motivo di ricorso si osserva che il provvedimento impugnato richiama tutte le norme che autorizzano l’intervento repressivo e che l’appellante non ha indicato in che cosa sarebbe consistito l’apporto procedimentale che afferma di non aver potuto offrire.
8. Le spese seguono la soccombenza.