Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-09-28, n. 201604008

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-09-28, n. 201604008
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201604008
Data del deposito : 28 settembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/09/2016

N. 04008/2016REG.PROV.COLL.

N. 09567/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9567 del 2015, proposto dal signor Lucio Beniamino Giuseppe Dell'Erba, rappresentato e difeso dall'avvocato Corrado Morrone C.F. MRRCRD67B14D086L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale XXI Aprile, 11;

contro

Comune di Alberobello, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Fabiano Amati C.F. MTAFBN69R18D508N, con domicilio eletto presso Giovanni Antonio Rampino in Roma, viale di Villa Pamphili, 33;

per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato – sez. IV, n. 1770/2015.


Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Alberobello;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2016 il cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati Federico Rutigliano (su delega dell’avv. Amati) e Morrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza 16 aprile 2013, n. 576, il T.A.R. per la Puglia, sez. III, ha accolto il ricorso proposto dal signor Lucio Beniamino Giuseppe Dell’Erba, condannando il Comune di Alberobello al risarcimento del danno subito dal privato per il tardivo rilascio di un titolo edilizio.

2. Con sentenza 7 aprile 2015, n. 1770, pronunziata su appello del Comune, il Consiglio di Stato, sez. IV, ha riformato la sentenza impugnata, respingendo il ricorso di primo grado.

3. Il signor Dell’Erba ha proposto ricorso per revocazione avverso tale decisione, sostenendo che essa sarebbe stata determinata da un errore di fatto in ordine alla sussistenza e al contenuto delle deliberazioni che avrebbero legittimato il Comune a stare in giudizio in appello. Se non fosse caduto in un tale abbaglio dei sensi, il Consiglio di Stato avrebbe dovuto dichiarare d’ufficio inammissibile l’appello.

4. Il giudice dell’appello sarebbe stato poi condizionato da un ulteriore errore di fatto dato da ciò, che il Comune, nella sue difese, avrebbe erroneamente qualificato come permesso di costruire a seguito della presentazione di un nuovo progetto un titolo (n. 14/2013) che costituirebbe solo una variante all’originaria concessione n. 39/1999.

5. Il Comune di Alberobello si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, senza svolgere difese.

6. Con istanza depositata in segreteria in data 12 settembre scorso, il ricorrente, premessa la pendenza di procedimenti penali presso la procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari con riferimento a fatti e circostanze esposte nel ricorso per revocazione, ha manifestato per il tramite del proprio difensore “la volontà di intentare querela di falso civile per far accertare al G.O. la falsità della … determinazione dirigenziale n. 95 del 10 luglio 2013 del Comune di Alberobello, nonché della procura ad litem rilasciata dal Sindaco per la proposizione dell’appello avvero la sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, n. 576/13”.

7. Ai sensi dell’art. 77 c.p.a., egli chiede la fissazione di un termine per l’introduzione del giudizio di falso con rinvio dell’udienza di discussione del giudizio revocatorio.

8. All’udienza pubblica del 22 settembre 2016, quando il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione, le parti hanno ampiamente discusso il punto della spettanza al Sindaco o alla Giunta comunale - nell’ordinamento del Comune di Alberobello - della decisione circa la costituzione in giudizio dell’ente.

9. Il Collegio è dell’avviso di non accogliere l’istanza presentata dal ricorrente ex art. 77 c.p.a., in quanto la controversia può essere decisa indipendentemente dai documenti di cui viene dedotta la falsità.

10. Infatti, il ricorso per revocazione è inammissibile.

11. In argomento, l’approdo consolidato della giurisprudenza è esposto in una recente decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (10 gennaio 2013, n.1;
e sulla scia di questo sez. IV, 24 maggio 2016, n. 2197), in un passaggio che il Collegio ritiene opportuno riportare integralmente (§7.1).

12. “La giurisprudenza del Consiglio di Stato e quella della Corte di Cassazione hanno pressoché univocamente individuato le caratteristiche dell'errore di fatto revocatorio, che, ai sensi rispettivamente dell'art. 81 n. 4 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, ora dell'art. 106 c.p.a., e dell'art. 395, comma 4, c.p.c., può consentire di rimettere in discussione il contenuto di una sentenza, ciò per evitare che il distorto utilizzo di tale rimedio straordinario dia luogo ad un inammissibile ulteriore grado di giudizio di merito, non previsto e non ammesso dall'ordinamento.

E’ stato più volte ribadito che l'errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi delle citate disposizioni normative deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;
b) dall'attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) dall'essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa (C.d.S., A.P., 17 maggio 2010, n. 2;
sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162;
24 maggio 2012, n. 3053;
sez. IV, 24 gennaio 2011, n. 503, 23 settembre 2008, n. 4607;
16 settembre 2008, n. 4361;
20 luglio 2007, n. 4097;
e meno recentemente, 25 agosto 2003, n. 4814;
25 luglio 2003, n. 4246;
21 giugno 2001, n. 3327;
15 luglio 1999 n. 1243;
C.G.A., 29 dicembre 2000 n. 530;
sez. VI, 9 febbraio 2009, n, 708;
17 dicembre 2008, n. 6279;
C.G.A., 29 dicembre 2000, n. 530;
Cass. Civ., sez. I, 24 luglio 2012, n. 12962;
5 marzo 2012, n. 3379;
sez. III, 27 gennaio 2012, n. 1197);
l'errore deve inoltre apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (C.d.S., sez. VI 25 maggio 2012, n. 2781;
5 marzo 2012, n. 1235)

L'errore di fatto revocatorio si sostanzia quindi in una svista o abbaglio dei sensi che ha provocato l'errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l'una emergente dalla sentenza e l'altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l'attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l'ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o abbaglio dei sensi (C.d.S., sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162;
sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587;
1 dicembre 2010, n. 8385).

Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale (senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento, così che rientrano nella nozione dell'errore di fatto di cui all'art. 395, n. 4), c.p.c., i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo, C.d.S., sez. III, 24 maggio 2012, n. 3053), esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento, C.d.S., sez. III, 8 ottobre 2012, n. 5212;
sez. V, 26 marzo 2012, n. 1725;
sez. VI, C.d.S., sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587;
15 maggio 2012, n. 2781;
16 settembre 2011, n. 5162;
Cass. Civ., sez. I, 23 gennaio 2012, n. 836;
sez. II, 31 marzo 2011, n. 7488)”.

13. Con il primo motivo del ricorso, il signor Dell’Erba non si duole in realtà di un abbaglio dei sensi, che abbia provocato una errata percezione degli atti del giudizio, ma censura la mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello, dovuta a una ragione - in tesi - rilevabile d’ufficio.

13.1. Ragionando in tal modo, tuttavia, egli traveste da errore di fatto quello che, semmai, sarebbe un errore di puro diritto, cosicché l’accoglimento del ricorso, nella sua fase rescindente, finirebbe per trasformare la revocazione in un terzo, inammissibile, grado di giudizio.

Deve invero ritenersi escluso che la mancata rilevazione di una asserita causa di inammissibilità rilevabile d’ufficio - nella specie, per mancanza di una valida delibera che autorizzi a proporre l’appello - costituisca di per sé errore di fatto revocatorio. L’errore di fatto non costituisce una semplice (e non riscontrata) omessa lettura del fascicolo di causa ma deve consistere in un errore evidente avente ad oggetto le risultanze processuali. A fronte di un asserito vizio rilevabile d’ufficio - secondo la prospettazione di parte - attinente all’ammissibilità dell’appello, è ben possibile che il giudice abbia valutato la questione e, in assenza di ogni contestazione di parte appellata, abbia ritenuto non sussistere alcun vizio dell’autorizzazione a proporre il gravame incidente sull’ammissibilità dello stesso (dovendo per converso il giudice avvertire le parti della presenza di una causa di inammissibilità ai sensi dell’art. 73 c.p.a.) e lo abbia pertanto esaminato nel merito. Deducendo l’errore revocatorio, in realtà, avuto riguardo al concreto svolgersi del processo, l’appellato intende riaprire la vicenda processuale prospettando un profilo non emerso in corso di causa e che, quand’anche sussistente, configurerebbe al più un errore di diritto sulla (implicitamente ritenuta) ammissibilità del gravame.

13.2. Il primo motivo è dunque inammissibile.

14. Parimenti inammissibile è il secondo motivo del ricorso, in quanto non è dato intendere come l’errata indicazione del titolo discusso (non nuovo permesso di costruire, ma variante di un permesso già accordato), contenuta negli atti dell’Amministrazione, possa avere viziato la decisione revocanda, la quale invece risulta sorretta da un’adeguata ricostruzione anche in punto di fatto della vicenda all’esame.

15. Come anticipato, il ricorso per revocazione è dunque complessivamente inammissibile.

16. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, cfr. Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).

17. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

18. Considerata la novità della questione, nei termini in cui è stata sottoposta al Collegio, e la sostanziale mancanza di attività defensionale da parte del Comune, le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti.

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