Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-12-31, n. 202410505
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Testo completo
Pubblicato il 31/12/2024
N. 10505/2024REG.PROV.COLL.
N. 01192/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1192 del 2023, proposto dal Consorzio di bonifica veronese, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. Rinaldo Sartori, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio del medesimo, sito in Verona, piazza Renato Simoni n. 1;
contro
Telecom IA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris, Enzo Robaldo, Francesco Caliandro, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. Enzo Robaldo, sito in Milano, piazza Eleonora Duse n. 4;
nei confronti
Sorit Società servizi e riscossioni IA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per l’Emilia MA (Sezione seconda) n. 562 del 2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Telecom IA s.p.a.;
Viste le memorie delle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il cons. Giuseppe La Greca;
Uditi nell’udienza pubblica del 14 novembre 2024, per le parti, gli avvocati Rinaldo Sartori e Francesco Caliandro;
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- I fatti di causa possono essere riassunti nei termini che seguono.
1.1.- Il Consorzio di bonifica veronese, attraverso la Sorit- Società servizi e riscossioni IA s.p.a., ingiungeva a Telecom IA s.p.a. il pagamento della somma complessiva di € 93.293,48 a titolo di corrispettivo/contributo dovuto nel 2014 per l’attraversamento – a mezzo di cavi e attrezzature necessarie per il servizio di telecomunicazioni – di aree gestite dal Consorzio medesimo. Quest’ultimo fondava la propria pretesa patrimoniale sugli artt. 10, 17 e 59 r.d. n. 215 del 1933 e sui piani di classifica.
1.2.- La predetta Telecom IA s.p.a. impugnava, deducendo vari vizi, l’ingiunzione di cui trattasi chiedendone l’annullamento dinanzi al Tribunale di Verona il quale, con sentenza, declinava la propria potestas iudicandi in favore di quella del giudice amministrativo, individuandolo quale munito di giurisdizione esclusiva sulla controversia ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b) c.p.a.
1.3.- Telecom IA s.p.a. riassumeva il giudizio dinanzi al T.a.r. per l’Emilia MA il quale, con sentenza sez. II, n. 562 del 2022, accoglieva il ricorso e accertava « il carattere indebito delle pretese economiche formulate dal resistente Consorzio ».
2.- Avverso la predetta sentenza ha interposto appello, chiedendone la riforma, il Consorzio di bonifica veronese il quale ha così articolato le proprie doglianze:
1) In via preliminare, questione di giurisdizione: erroneo dispiegamento dei poteri decisori sull’istanza di ‘regolamento di giurisdizione’, da proporre d’ufficio. Deduce il Consorzio appellante di aver sollevato in primo grado dubbi sulla giurisdizione del giudice amministrativo la quale avrebbe dovuto, in tesi, diversamente, individuarsi nel Tribunale superiore delle acque pubbliche o nel Tribunale regionale delle acque pubbliche di Firenze o di Venezia. Il T.a.r., con l’impugnata sentenza, erroneamente non avrebbe disposto il « regolamento preventivo di giurisdizione » ritenendo ormai, altrettanto erroneamente, consumato il termine della « prima udienza » ex art. 11, comma 3, c.p.a., pur riconoscendo detto rimedio come « possibile »; parimenti erroneo si rivelerebbe anche il richiamo del T.a.r. alla sentenza Cons. Stato, sez. VI, n. 2366 del 2022, considerato che la questione di giurisdizione sarebbe stata qui posta sin dal primo grado e sarebbe stata compatibile con la ragionevole durata del processo (in tal senso l’appellante richiama gli artt. 37 e 41 c.p.c.). La giurisdizione del TSAP su controversie quale quella in argomento sarebbe, del resto, corroborata da numerosi precedenti giurisprudenziali in termini;
2) In via preliminare, subordinata: tardività dell’opposizione; errata disapplicazione, in sentenza, degli atti amministrativi (art. 5 l. n. 2248/1865, all. E); difetto di motivazione; violazione artt. 133, lett. b), e 29 c.p.a. L’impugnazione degli atti del Consorzio sarebbe tardiva rispetto al termine decadenziale di legge quantunque in presenza di una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: ciò avuto riguardo alla dedotta natura provvedimentale degli atti impugnati e considerato che la prospettazione della parte privata attraverso l’azione di accertamento eluderebbe la necessità del rispetto del termine di legge;
3) Errata interpretazione, in sentenza, delle recenti modifiche normative (riforma del d. lgs. n. 259 del 2003 ad opera del d. lgs. n. 207 del 2021); contraddittorietà; violazione dei principi di separazione dei poteri; sentenza additiva. Il T.a.r. avrebbe errato, nel definire il perimetro soggettivo degli obblighi di pagamento del contributo di cui trattasi, nel valutare gli effetti della riforma del 2021 (d.lgs. n. 207 del 2021), considerato che nessun dubbio sussisterebbe in merito alla non applicabilità dell’art. 93 d. lgs. n. 259 del 2003 prima di detta modifica, in forza dei principi generali dell’ordinamento. La decisione di prime cure avrebbe dato luogo ad un atto « extra ordinem », che innesterebbe nella ‘norma’ un precetto non presente al tempo della formazione della fattispecie di cui si controverte nel presente giudizio. Ha aggiunto che l’art. 12, comma 3, d. lgs. n. 33 del 2016 non avrebbe valenza interpretativa: sul versante sistematico i consorzi di bonifica non potrebbero essere considerati ‘pubbliche amministrazioni’ ai sensi dell’art. 1, comma 2, d. lgs. n. 165 del 2001, ne andrebbe tutelata la loro rilevanza costituzionale e, nel caso di specie, non potrebbe essere seguita una interpretazione teleologica della disciplina, ammessa solo in caso di lacuna normativa, qui asseritamente assente;
4) Erronea applicazione art. 93 d. lgs. n. 259 del 2003; infondatezza delle domande svolte da Telecom IA s.p.a. alla luce della Carta costituzionale, delle norme vigenti e della normativa UE; insufficienza di motivazione della sentenza; omissione di pronuncia. Sarebbero inconferenti i precedenti giurisprudenziali citati dal T.a.r. il quale non avrebbe preso posizione sul presidio costituzionale ex art. 44 Cost., sulla riserva di legge rinforzata, sulla questione di costituzionalità, né sul sistema di contribuzione su cui si fond(erebbe) la copertura dei costi. L’esistenza di tale evidente deroga ex lege al « Divieto di imporre altri oneri » impedirebbe di configurare l’ art. 93 del d. lgs. 259/2003 quale lex specialis rispetto ad altre discipline;
5) Erroneità della motivazione; direttiva autorizzazioni n. 2002/20/CE; Corte di giustizia UE, C-443/19; questione interpretativa ex art. 246 TFUE; in subordine: disapplicazione di norme interne confliggenti. Al contrario di quanto motivato dal T.a.r. – il quale ha disatteso la q.l.c. – la direttiva n. 2002/20/CE farebbe espressamente salvi (art. 13) alcuni poteri degli Stati membri, tra cui quello di riscuotere contributi su diritti d’uso o di installazione di strutture insistenti su opere pubbliche o private in vista del loro impiego ottimale (e, quindi, di interventi manutentivi e di presidio, come è per i consorzi di bonifica), nel rispetto dei criteri in essa esplicitati. Il canone qui richiesto sarebbe legittimo perché trasparente, obiettivo, proporzionato e con applicazione generalizzata a tutti gli utenti e la Corte di giustizia ne avrebbe ritenuto legittima l’imposizione (cfr. sentenza causa C-443/19). Anche il canone previsto dall’art. 831-bis l. n. 160 del 2019 deporrebbe per una previsione pro futuro.
Il Consorzio appellante ha, quindi, chiesto di disporre il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE sottoponendo alla Corte di giustizia UE il seguente quesito (ferma restando la disapplicabilità della disciplina interna): « se l’art. 13 della direttiva 2002/20/CE, in combinato disposto con altre previsioni della UE, osti all’applicazione di leggi (art. 10 del R.D. 13.02.1933, n. 215 dello Stato italiano e art. 38 della Legge Regione Veneto n. 12/2009) che prevedano la riscossione di un contributo per la concessione di beni pubblici da parte dei consorzi di bonifica, obiettivamente giustificato dal fine di ripagare i benefici recati alle installazioni di telecomunicazione dall’opera svolta dagli enti stessi ai fini di un impiego ottimale delle risorse e dei beni demaniali e/o se lo stesso osti all’applicazione di disposizioni degli Stati membri - l’art. 93 del D. Lgs. n. 259/2003, e la previsione interpretativa di cui all’art. 12, comma 3 del D. Lgs. 15.02.2016 n. 33 - che vietino, o siano interpretati nel senso di vietare, oneri che non siano stabiliti per legge (comma 1) e ogni altro onere finanziario, esclusi quelli previsti dal comma 2 dell’art. 93 ».
La vicenda per cui è causa, ad avviso dell’appellante, integrerebbe i presupposti per l’applicazione del canone;
6) Legittimità dei contributi di concessione ex art. 93, c. 2, del Codice; violazione di legge e omissione di pronuncia; legittimità dei contributi di concessione ex art. 93, c. 2, d.lgs. n. 259 del 2003; violazione di legge e omissione di pronuncia. Il Consorzio ripartirebbe il carico delle proprie spese, non coperte da contributi regionali o da altre voci d’entrata, tra i titolari di concessioni demaniali e consortili: le entrate derivanti dall’incasso di suddetti canoni confluirebbero nel bilancio consortile e destinate a ridurre il peso contributivo gravante sugli altri utenti. Sarebbe innegabile che interferenze, tralicci, fili di conduzione del