Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-03-05, n. 201901508

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-03-05, n. 201901508
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901508
Data del deposito : 5 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/03/2019

N. 01508/2019REG.PROV.COLL.

N. 01742/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1742 del 2018, proposto da:
Casalinghi Torino S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G V e A F, con domicilio eletto presso lo studio A F in Roma, Piazzale delle Medaglie d'Oro n°7;

contro

Comune di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G R e M C, con domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, via Giovanni Antonelli n. 49;

per la riforma della sentenza del T.A.R. Piemonte, Sez. II, n. 169/2018, resa tra le parti, concernente la decadenza dell’appellante dalla concessione di posteggi nel mercato comunale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Torino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il Cons. G L B e uditi per le parti gli avvocati G V e M C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione seconda, ha respinto il ricorso avanzato dalla società Casalinghi Torino S.a.s. nei confronti del Comune di Torino per l’annullamento delle determinazioni del dirigente del settore commercio, attività produttive e mercati prot. n. 47572 e n. 47573 in data 20 ottobre 2016, nella parte in cui hanno disposto la decadenza della ricorrente società dalla concessione, rispettivamente, dei posteggi n. 806 e n. 805, per le giornate settimanali di competenza, nel mercato Repubblica, settore casalinghi.

1.1.La sentenza -dato atto che la decadenza è stata pronunciata per il superamento, nel corso dell’anno 2015, del numero massimo di assenze (17 giornate di mercato) previste dal regolamento comunale a pena di decadenza - ha deciso come segue:

- ha escluso che il Comune dovesse redigere, “ per l’accertamento di ogni singolo giorno di assenza su ogni singolo posteggio di ogni mercato della città ”, un apposito verbale avente valore di atto pubblico;

- ha ritenuto sufficiente il sistema della registrazione quotidiana delle assenze su applicativo informatico, giudicando dotata di efficacia probatoria, ai fini del giudizio, la produzione, da parte dell’amministrazione, della stampa dei dati raccolti “ da cui risulta, per ogni singola giornata e posteggio, il numero di operatore del vigile che ha effettuato il riscontro e rispetto alla cui correttezza la città fa proprio il documento cartaceo apponendovi il timbro ”;

- ha reputato che il valore probatorio del documento comportasse l’onere della controparte di fornire idonee giustificazioni e dovesse perciò essere apprezzato “ nel complesso della condotta procedimentale e processuale della parte ricorrente ”;

- ha escluso, in particolare, l’idoneità probatoria, a favore della ricorrente, del certificato medico inoltrato all’amministrazione dopo la notificazione del provvedimento di decadenza, “ che genericamente attesta che il sig. D’Agostino, nell’anno 2015, soffriva di lombosciatalgia […]”, ed ha evidenziato, quanto all’assunto della società di aver usufruito delle ferie nelle ultime due settimane di luglio e nelle prime due di agosto, che la stessa ricorrente aveva riconosciuto di non aver affatto rispettato il sistema di comunicazione previsto dal regolamento comunale (sia per le malattie che) per le ferie;

- ha richiamato al riguardo il disposto dell’art. 16, co. 7, 8 e 9, del regolamento comunale (“ le assenze determinate da cause giustificative […] devono essere comunicate all’ufficio comunale competente, allegando idonea documentazione, entro i primi tre giorni del mese successivo a quello in cui si è verificato l’evento comportante le assenze. Gli uffici procedono all’inserimento delle giustificazioni con cadenza mensile.

In caso di grave impedimento fisico determinato da infortunio o malattia improvvisa, debitamente comprovati, il Comune accetta la giustificazione oltre i termini previsti dal presente articolo, che dovrà comunque pervenire entro trenta giorni successivi.

In caso di società l’assenza è giustificabile esclusivamente nel caso in cui sia stato preventivamente comunicato il nominativo della persona regolarmente incaricata della gestione dell’attività di vendita in quel mercato ed in quel posteggio determinato ed a condizione che la documentazione giustificativa allegata faccia riferimento allo stesso nominativo ”), ribadendo che la società, per i posteggi in contestazione, non aveva mai comunicato assenze nelle forme ivi previste, né con riferimento ai dipendenti (in particolare ai signori R M e R M, indicati come incaricati della gestione delle vendite in diversi posteggi nei mercati cittadini, di cui la società è titolare) né con riferimento al titolare, sig. D’Agostino;

- ha dato come possibile che, “ ai fini di massima tutela dell’interessato avverso un provvedimento di decadenza ”, lo stesso potesse spendere, in sede processuale, giustificazioni non fatte constare secondo il prescritto procedimento regolamentare, ma ha concluso nel senso che “ la società, dopo aver violato per sua stessa ammissione tutte le prescrizioni regolamentari in tema di giustificazione delle assenze ed essere rimasta inerte nella fase procedimentale dell’accertamento della decadenza, non offre in giudizio alcuna comprovata giustificazione, neppure con riferimento ad una delle giornate contestate, e ciò pur ammettendo genericamente di aver effettuato assenze la cui valida causa non è oggi in grado di comprovare ”.

1.2. Ne è seguito il rigetto del ricorso, con compensazione delle spese di lite per giusti motivi, “ considerati i diversi esiti della fase cautelare ”.

2. Avverso la sentenza la società Casalinghi Torino di D’Agostino Antonio &
c. s.a.s., in persona del legale rappresentante sig. Antonio D’Agostino, ha avanzato appello riproponendo l’originario unico motivo di ricorso ( violazione e/o erronea e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 29 comma IV lettera b) del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 114, nonché all’art. 16 comma 1 del Regolamento per la disciplina del Commercio su Area Pubblica della Città di Torino ed eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria e di motivazione ) e censurando specificamente le statuizioni della sentenza di primo grado.

2.1. Il Comune di Torino si è costituito per resistere al gravame.

2.2. Con ordinanza cautelare n. 1395 del 29 marzo 2018 è stata sospesa l’esecutività della sentenza impugnata e con ordinanza collegiale n. 5620/2018, adottata all’esito della pubblica udienza del 18 settembre 2018 e pubblicata il 1° ottobre 2018, è stata disposta attività istruttoria richiedendo agli uffici comunali informazioni sulle modalità seguite in concreto per il rilevamento da parte della polizia locale delle assenze quotidiane degli operatori concessionari dei posteggi nei mercati comunali e per la loro registrazione sul registro informatico, nonché sui criteri di gestione dell’applicativo informatico adoperato per tale registrazione.

In esecuzione di tale ordinanza è stata acquisita la nota prot. n. 47922 del 26 novembre 2018, a firma del dirigente della divisione Commercio, Lavoro, Turismo, Attività Produttive e Sviluppo Economico – Area Commercio della Città di Torino, recante come allegati la nota del corpo Polizia Municipale del 14 novembre 2018 e “ riscontri cartacei assenze mercato Repubblica ”.

2.3. All’udienza del 14 febbraio 2019, dopo la discussione, la causa è stata posta in decisione, previo deposito di memoria difensiva della società appellante e di memoria di replica del Comune di Torino.

3. Con un primo ordine di censure viene contestata la statuizione di primo grado per la quale l’accertamento delle assenze degli operatori concessionari dei posteggi nei mercati rionali non necessita di redazione di verbale avente valore di atto pubblico.

3.1. Secondo l’appellante, si avrebbe, in primo luogo, che, in mancanza del relativo verbale (contenente la descrizione per iscritto di tutte le operazioni compiute e dei fatti accertati ed avvenuti in presenza del pubblico ufficiale), avente natura di atto pubblico, mancherebbe “ lo stesso presupposto del provvedimento ” di decadenza, inteso come provvedimento applicativo di sanzione, con conseguente lesione del diritto di difesa del privato destinatario.

3.2. Ancora, sarebbero erronee le affermazioni della sentenza secondo cui l’accertamento “ appare svolto con modalità di semplificazione della registrazione consone al tipo di verifica condotta ” e secondo cui la documentazione prodotta in giudizio, pur non avendo le caratteristiche dell’atto pubblico, è idonea a specificare le giornate oggetto di contestazione ed a gravare la controparte dell’onere di fornire adeguate giustificazioni, anche alla stregua di “ ragionevoli principi di non aggravamento del procedimento ”. In proposito, l’appellante osserva: che le modalità di registrazione non sarebbero state affatto consone al tipo di verifica, che può portare alla “ perdita di una licenza del valore di svariate decine di migliaia di euro ”;
che le giornate oggetto di contestazione non sarebbero state affatto specificate, se non in corso di causa;
che non sussiste alcun principio di “ non aggravamento del procedimento ”.

4. Le censure sono infondate, pur se la motivazione della sentenza necessita delle integrazioni di cui appresso.

Relativamente alle modalità di registrazione delle assenze degli operatori dei mercati comunali, la D.G.R. del Piemonte n. 32-2642 del 2 aprile 2001 e succ. mod. ( Commercio su area pubblica. Criteri di Giunta regionale ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 114 e dell’art. 11 della l.r. 12 novembre 1999 n. 28 ) demanda ai comuni di prevedere nell’ambito delle disposizioni regolamentari per la disciplina dell’esercizio sul territorio delle forme di commercio su area pubblica, tra l’altro “ le modalità di registrazione delle presenze e delle assenze degli operatori ” (Titolo III, capo I, punto 7, lett. m).

Il regolamento per la disciplina del commercio su area pubblica della città di Torino, approvato con deliberazione del consiglio comunale in data 21 febbraio 2005 e succ. mod., prevede all’art. 16 la decadenza dalla concessione di posteggio in caso di assenza non giustificata “ per un periodo di tempo superiore a quattro mesi oppure a 17 giornate di mercato per ciascun anno solare ” (co.1), escludendo dal computo le assenze effettuate per malattia, maternità, ferie, adempimenti ed obblighi previsti da vigenti normative (per i periodi rispettivamente previsti al co. 5), nonché per assistenza per gravi motivi di salute a parenti e affini (co.6), previo rispetto delle forme e dei termini di comunicazione di cui ai commi 7, 8 e 9 (sopra riportati).

Sebbene il regolamento comunale non disciplini nel dettaglio le modalità di rilevazione delle assenze, la normativa è inequivocabilmente nel senso che il dato di fatto dell’assenza, in sé oggettivamente neutro, sia accertabile con modalità da individuarsi dall’ente comunale competente. In particolare, non è prescritta, dalla normativa primaria o secondaria, la verbalizzazione dell’accertamento della singola assenza con atto pubblico, risultando anzi, all’evidenza, esattamente il contrario.

Non è un caso che la deliberazione di Giunta su citata, nel dare attuazione alla previsione dell’art. 11 ( Ulteriori disposizioni sul commercio su area pubblica ) della legge regionale n. 28 del 1999 e succ. mod. ( Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 ), abbia demandato ai comuni di fissare modalità di “ registrazione ” delle assenze, evidentemente escludendo la necessità della verbalizzazione.

La disciplina di settore, così interpretata, è del tutto coerente con le previsioni delle modalità di accertamento da parte della pubblica amministrazione di fatti o di condotte dei soggetti privati e con le modalità di documentazione di tali accertamenti, anche in altri settori dell’azione amministrativa, essendo imposto l’atto pubblico soltanto laddove espressamente previsto quando sia necessario perseguire le finalità di attribuzione di pubblica fede ai sensi dell’art. 2699 cod. civ.

Così, per riprendere gli esempi fatti dalla difesa comunale, non richiedono verbalizzazione l’accertamento della presenza di una persona in un determinato luogo che sia funzionale alle verifiche anagrafiche (per far constare lo stato di convivenza o l’effettiva residenza) né l’accertamento dello stato di abbandono di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, che sia funzionale alla revoca o alla decadenza dall’assegnazione.

Non sono perciò pertinenti le argomentazioni difensive dell’appellante basate su disciplina operante in altri ambiti dell’ordinamento giuridico, specificamente per le contravvenzioni al codice della strada o per le sanzioni amministrative di cui alla legge n. 689 del 1981. Per queste, infatti, la legge impone la verbalizzazione dell’accertamento, da parte dei soggetti accertatori (che perciò assumono la qualifica di pubblici ufficiali), in quanto esso ha ad oggetto condotte antigiuridiche, che, di per sé, costituiscono il presupposto dei relativi provvedimenti sanzionatori.

4.1. Nel caso di specie, l’amministrazione comunale si è attenuta alla disciplina di settore che non prescrive la redazione di verbale di accertamento delle assenze giornaliere degli operatori concessionari di posteggi nei mercati comunali.

Tale opzione normativa si giustifica, sul piano sistematico, perché –contrariamente a quanto assume la difesa della società ricorrente- l’assenza non costituisce, in sé, il presupposto del provvedimento sanzionatorio. Piuttosto -come dedotto dalla difesa del Comune appellato- è un fatto che non esprime un comportamento illecito, ma che può rilevare, ai fini della sanzione della decadenza, soltanto nel concorso con altre circostanze, e specificamente quando si abbia il cumulo di assenze oltre i limiti fissati dal regolamento comunale e quando manchino le relative giustificazioni, da valutarsi debitamente in sede procedimentale.

In tale sede si realizza, quindi, la difesa del soggetto nei cui confronti venga avviato il procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di decadenza.

4.3. Ciò posto in diritto, si tratta allora di verificare se le modalità dell’accertamento e della relativa documentazione seguite dal Comune di Torino per l’accertamento delle assenze nei mercati rionali (e specificamente nel mercato Repubblica, dove si trovavano i due posteggi in contestazione) siano tali da garantire la correttezza ed il controllo ex post , da parte degli interessati, sia dei rilevamenti delle assenze che della loro registrazione.

Alla stregua di tale premessa, si comprende appieno il senso delle affermazioni della sentenza -sulle quali infondatamente si appuntano le critiche dell’appellante- secondo cui l’accertamento dei giorni di assenza è stato svolto dall’amministrazione comunale “ con modalità di semplificazione della registrazione consone al tipo di verifica condotta ” ed è stato comprovato con documentazione che costituisce prova idonea ad onerare il privato di fornire idonee giustificazioni, sia in sede procedimentale che in sede processuale, anche alla luce “ di ragionevoli principi di non aggravamento del procedimento ”.

4.3.1. La documentazione prodotta dalla civica amministrazione nel primo grado di giudizio, costituita dai tabulati contenenti i dati estratti dal sistema informatico gestito dalla stessa amministrazione, ed utilizzati dalla Direzione Commercio per constatare le assenze ai fini dei procedimenti di decadenza dalla concessione dei posteggi, è idonea a fornire la prova di queste ultime, come ritenuto dal primo giudice e come meglio si dirà trattando del secondo motivo, anche a proposito della conseguente inversione dell’onere della prova.

4.3.2. Quanto poi all’assunto della società ricorrente secondo cui soltanto in corso di causa sarebbe stato possibile conoscere esattamente le giornate di assenza, dal momento che, in fase procedimentale, il Comune di Torino aveva reso noto alla società interessata soltanto il loro numero, assume portata dirimente la volontaria sottrazione della società alla garanzia partecipativa.

Infatti, malgrado avesse avuto comunicazione dell’avvio dei due procedimenti amministrativi preordinati alla decadenza, con le note in data 20 giugno 2016, la Casalinghi Torino s.a.s. non ha fatto seguire alcun atto interlocutorio né alcuna richiesta, nemmeno documentale, o giustificazione, nei trenta giorni assegnati allo scopo (né successivamente, comunque prima dell’adozione dei provvedimenti qui impugnati, notificati in data 14 febbraio 2017).

Dato ciò, non rileva che nelle citate comunicazioni non fossero specificamente indicati i giorni di assenza risultanti dal sistema informatico, poiché la documentazione sarebbe stata consultabile presso i competenti uffici comunali, se richiesta nel corso del procedimento amministrativo.

Il primo motivo di appello va quindi respinto.

5. Con un secondo ordine di censure vengono contestate le affermazioni della sentenza in punto di inversione dell’onere della prova a carico della parte privata, deducendosi dalla società appellante che la possibilità offerta all’amministrazione di provare in giudizio i giorni di assenza si sarebbe tradotta in “ un’integrazione giudiziale del provvedimento ”, laddove oggetto del giudizio amministrativo è la completezza originaria del procedimento, dell’istruttoria e della motivazione, le cui lacune non possono essere sanate in corso di causa e devono essere valutate con riferimento al momento in cui è stato assunto il provvedimento notificato al destinatario.

Nel caso di specie, secondo l’appellante, si sarebbe consentito all’Amministrazione di integrare i provvedimenti impugnati, dimostrandone il presupposto giuridico, ossia l’accertamento delle assenze, soltanto nel corso del giudizio, in quanto il tabulato riepilogativo dei giorni di assenza è stato prodotto per la prima volta soltanto in sede giudiziale, ma non era indicato nelle comunicazioni di avvio del procedimento né era stato consegnato al ricorrente all’esito dell’istanza di accesso ai documenti, sicché era noto soltanto quante fossero state le giornate di (presunta) assenza e non quali fossero.

5.1. Si aggiunge che, comunque, esso non avrebbe alcuna efficacia probatoria e che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, sarebbe irrilevante la condotta processuale e procedimentale della società ricorrente.

6. Le censure sono infondate.

Ribadito quanto sopra a proposito dell’adempimento, da parte dell’amministrazione comunale, degli obblighi procedimentali, va escluso che la produzione documentale effettuata in primo grado abbia comportato un’integrazione postuma dei provvedimenti impugnati.

Non si è avuta alcuna integrazione della motivazione: i provvedimenti di decadenza, quali quelli oggetto del presente contenzioso, sono atti vincolati, rispetto ai quali non vi è spazio per l’esercizio di discrezionalità amministrativa, trovando il loro presupposto in precise disposizioni normative. Pertanto, l’obbligo di motivazione è assolto di regola, così come è stato assolto dal Comune di Torino, con l’indicazione della norma regolamentare applicata e dei presupposti di fatto accertati nel corso dell’istruttoria, nel caso di specie, dei giorni di assenza non giustificata, in numero superiore a quello consentito dal regolamento.

Piuttosto, la produzione documentale in primo grado è servita a dimostrare, in ambito giudiziale, che i presupposti della decadenza, già indicati nei provvedimenti impugnati, fossero stati accertati con modalità congrue, e quindi che -contrariamente a quanto sostenuto col ricorso- l’istruttoria procedimentale fosse stata corretta e completa.

6.1. Permanendo le contestazioni dell’appellante in merito al caricamento dei dati delle singole giornate di assenza nel sistema informatico gestito dal Comune, il Collegio ha disposto l’ulteriore attività istruttoria, con la richiesta di informazioni al Comune di Torino, ai sensi dell’art. 64, co.3, cod. proc. amm., di cui alla citata ordinanza collegiale n. 5620 dell’1 ottobre 2018.

La nota di risposta del dirigente responsabile della divisione commercio – servizio aree pubbliche del 26 novembre 2018 ha confermato che -come dedotto dalla difesa del Comune sin dal primo grado di giudizio- le operazioni di verifica della presenza degli operatori concessionari presso il mercato “Repubblica” sono demandate alla sezione del Corpo di Polizia Municipale di Piazza della Repubblica e sono compiute giornalmente da vigili urbani, mediante annotazione su riscontri cartacei.

Le annotazioni recano l’indicazione degli agenti accertatori (come si evince dagli allegati alla nota suddetta, non essendo necessaria l’adozione di altre formalità, per quanto detto trattando del primo motivo) e sono state riportate nel sistema informatico del Comune di Torino, denominato SIAP, nell’area appositamente dedicata, a cura degli stessi appartenenti al Corpo di Polizia Municipale.

Dal registro informatico tenuto dall’Amministrazione comunale è stato ricavato il tabulato prodotto nel primo grado di giudizio, da cui risultano i giorni di assenza e i numeri di matricola dei vigili accertatori.

Giova precisare che sebbene tale tabulato rechi la data del 21 aprile 2017, ciò non sta certo a significare che sia stato formato nel corso del giudizio ed al fine di predisporre una prova a favore del Comune resistente, ma soltanto che alla data predetta i dati -già presenti nel sistema informatico di registrazione- sono stati estratti e riportati su supporto cartaceo per consentirne la produzione in giudizio.

Il sistema di rilevamento e di registrazione delle assenze -completamente delineato a seguito dell’istruttoria svolta in appello- è cosi risultato basato su criteri e modalità che consentono di individuare ex post per ciascuna giornata di assenza il soggetto accertatore e gli esiti del controllo effettuato.

7. Al fine di superare le obiezioni difensive della società appellante -secondo cui la produzione effettuata in appello dal Comune di Torino, come allegato alla nota prot. n. 47922 del 26 novembre 2018, sarebbe in violazione del divieto di produzione di nuovi documenti in appello- è sufficiente osservare che l’art. 64, co. 3, cod. proc. amm. consente al giudice amministrativo di acquisire, non solo informazioni, ma anche documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione.

Il coordinamento di tale previsione codicistica con quella di cui all’art. 104, co. 2, cod. proc. amm. si rinviene nell’indirizzo giurisprudenziale che consente di produrre in appello documenti nuovi, integrativi del contenuto di documenti già regolarmente acquisiti, tali cioè da non alterare il thema decidendum della controversia, né da colmare lacune istruttorie in capo alla parte gravata dell’onere della prova.

In particolare, si sono affermate sia l’utilizzabilità di documenti meramente integrativi di altri già presenti nel giudizio di primo grado (cfr. Cons. Stato, IV, 11 novembre 2014, n. 5509), sia la nozione di “indispensabilità” intesa come verificata impossibilità di acquisire la conoscenza di quei fatti con altri mezzi che la parte avesse l'onere di fornire nelle forme e nei tempi stabiliti dalla legge processuale (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 5 ottobre 2015 n. 4623, e id., III, 27 giugno 2017, n. 3142), ritenendosi che solo in questo modo si renda possibile conciliare il potere riconosciuto al giudice dall'art. 63, comma 1, ed i divieti, coerenti con il principio dispositivo, di cui all’art. 104, cod. proc. amm. (cfr. Cons. Stato, IV, 3 agosto 2016, n. 3509 e, da ultimo, id., III, 7 febbraio 2018, n. 819).

Alla stregua dei richiamati principi giurisprudenziali, è da ritenere ammissibile in appello la produzione documentale che la pubblica amministrazione effettui per rispondere alla richiesta di informazioni d’ufficio avanzata ai sensi dell’art. 64, co. 3, cod. proc. amm., anche quando sia parte del giudizio, ogniqualvolta i documenti, pur non espressamente richiesti dal giudice, si appalesino indispensabili o anche soltanto utili per supportare le informazioni fornite, senza innovare il thema decidendum né il thema probandum , quindi senza introdurre per la prima volta in appello fatti o atti, oggetto della prova gravante sulla parte processuale.

Quanto appena detto fornisce l’occasione per aggiungere che, secondo la giurisprudenza amministrativa, non ricade nel divieto dei nova in appello la produzione da parte della pubblica amministrazione del provvedimento impugnato e degli atti del relativo procedimento, atteso che, ove l’amministrazione non vi provveda, il giudice è tenuto ad acquisire tali atti d’ufficio ex art. 65, co. 3, cod. proc. amm. (cfr. Cons. Stato, V, 29 marzo 2011, n. 1925);
con la conseguenza che, se non tutti gli atti del procedimento amministrativo sono stati acquisiti in primo grado, la loro mancata produzione da parte della p.a. ai sensi dell’art. 46, co.2, cod. proc. amm. consente comunque al giudice di secondo grado di attivare i poteri officiosi, senza che sia d’ostacolo la previsione dell’art. 104, co. 2, cod. proc. amm., trattandosi di documenti “indispensabili” per legge (cfr. Cons. Stato, V, 31 dicembre 2014, n. 4153).

7.1. Nel caso di specie, la documentazione acquisita ai sensi dell’art. 64, co.3, cod. proc. amm., per un verso, ha dato riscontro documentale a quanto riportato nelle note di risposta alla richiesta di informazioni del 14 novembre 2018 del Corpo di polizia municipale e quella del 26 novembre 2018 del Servizio aree pubbliche della Città di Torino (da sole sufficienti a corroborare la difesa dell’Amministrazione);
per altro verso, ha confermato i risultati del documento prodotto in primo grado dal Comune di Torino, mantenendo fermo l’oggetto della prova, consistente nella registrazione dei giorni di assenza non giustificati, e senza alterare il riparto dell’onere probatorio, ma consentendo di accertare definitivamente in giudizio come fosse completa e corretta l’istruttoria procedimentale che ha preceduto l’adozione dei provvedimenti di decadenza (con la precisazione che -in quanto presupposte dalla registrazione informatica su cui si fondano i provvedimenti di decadenza- anche le registrazioni “cartacee” sono da considerare atti in base ai quali questi sono stati emanati, ai sensi e per gli effetti dell’art. 46, co.2, cod. proc. amm.).

7.2. Né può rilevare che -come asserito dalla difesa dell’appellante- i giorni di assenza non siano stati specificati in occasione dell’accesso agli atti successivo alla notificazione dei provvedimenti di decadenza, sia perché, come detto, la società si era volontariamente sottratta alla partecipazione al procedimento sia perché, come osservato nella sentenza qui appellata, la produzione documentale in sede giudiziale ha consentito di accertare specificamente, non solo quanti, ma anche quali, sono stati i giorni di assenza, senza che la società sia stata in grado di fornire adeguate giustificazioni “ neppure con riferimento ad una delle giornate contestate, e ciò pur ammettendo genericamente di avere effettuato assenze la cui valida causa non è oggi in grado di comprovare ” (come detto a condivisibile conclusione della motivazione di rigetto in primo grado).

Il secondo motivo di appello va quindi respinto.

8. Con un terzo ordine di censure si sostiene che il primo giudice sarebbe incorso nell’errore di ritenere che la dimensione della società fosse tale da garantire le risorse umane necessarie per tenere aperti tutti i banchi, tutti i giorni e in tutti i mercati, senza però che fosse noto il numero dei soci o dei dipendenti della società e senza che potessero rilevare le indicazioni dei dipendenti signori R M e R M quali addetti all’attività di vendita, in quanto impiegati in due differenti mercati cittadini.

8.1. Le censure non meritano favorevole apprezzamento.

La sentenza non contiene l’affermazione criticata dall’appellante poiché si limita incidentalmente a constatare che la società è in grado di gestire “ anche per gerenza, ben 20 posti ”, riferendosi al dato di fatto, precedentemente enunciato nella stessa motivazione, che appunto “ la ricorrente è una società titolare di 20 posti in diversi mercati della città, esclusi quelli per cui è stata pronunciata la decadenza […]”.

La ratio decidendi del rigetto del ricorso non è affatto basata sulla capacità della società di gestire comunque un numero elevato di posteggi nei mercati.

Piuttosto, dopo aver giudicato inadeguata la giustificazione fornita dal signor Antonio D’Agostino mediante la produzione di certificato medico del tutto generico sulla consistenza e sui tempi della malattia del “titolare” della società, il giudice di primo grado ha aggiunto che, comunque, la società non aveva comunicato nelle forme previste dal regolamento comunale le assenze “ né con riferimento ai dipendenti né con riferimento al titolare ”. Evidente è che, nell’economia della motivazione, la menzione dei dipendenti risulta fatta ad abuntantiam , al fine di corroborare il giudizio di inadeguatezza delle giustificazioni riferite soltanto al legale rappresentante (“titolare”) e non fatte constare secondo il prescritto procedimento, ma fornite ex post , e senza aver chiarito le modalità di gestione del singolo posteggio, come prescritto dall’art. 16, co. 9, del regolamento comunale.

8.2. Tenuto conto di tale ultima disposizione regolamentare, v’è da dire che, anzi, il giudice di primo grado è stato fin troppo attento a garantire le ragioni della società ricorrente, esaminando nel merito le giustificazioni riferite al “titolare”, malgrado questi non fosse stato indicato come soggetto incaricato della gestione dell’attività di vendita “ in quel mercato ed in quel posteggio determinato ”, come invece richiesto dal regolamento.

9. In conclusione, l’appello va respinto.

9.1. Sussistono giusti motivi di compensazione delle spese processuali, attesa l’integrazione della motivazione della sentenza di primo grado, resa necessaria dalla considerazione della normativa applicabile e dagli esiti dell’istruttoria condotta in grado di appello.

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