Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-07-23, n. 202406666

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-07-23, n. 202406666
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406666
Data del deposito : 23 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/07/2024

N. 06666/2024REG.PROV.COLL.

N. 06947/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6947 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato L A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via della Scrofa, n. 47;



contro

il Comune di Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato A R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;



per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sezione Seconda ter), 22 giugno 2020, n. 6876, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le ordinanze della sez. V, 9 ottobre 2020, n. 5954 e 11 dicembre 2020, n. 7060;

Vista la richiesta di passaggio in decisione senza previa discussione orale presentata dall’appellante;

Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 3 luglio 2024, alla quale nessuno è presente per il Comune di Roma Capitale, il Cons. Antonella Manzione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

1. Il signor -OMISSIS-, titolare di un pubblico esercizio di somministrazione di alimenti e bevande in Roma, alla via Via Filippo Turati, nn. 9-11, ha interposto appello nei confronti della sentenza n. 6876/2020, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II ter, ha respinto il suo ricorso avverso il provvedimento del Comune di Roma Capitale del 22 febbraio 2019 di diniego di concessione di occupazione di suolo pubblico, nonché avverso gli atti ad esso presupposti, tra cui, in particolare, i pareri della Polizia locale, Gruppo I Centro, del 17 luglio 2018 e del 20 dicembre 2018 e il preavviso di diniego di cui alla nota del 3 settembre 2018, prot. CA/162360.

1.1. In punto di fatto occorre chiarire che il ricorrente aveva avanzato la relativa istanza in data 11 gennaio 2018 al fine di fruire di uno spazio all’esterno del proprio locale e a corredo dello stesso e che aveva apportato modifiche al progetto originario, eliminando la pedana in precedenza prevista, per assecondare la condizione in tal senso posta dalla Soprintendenza speciale Archeologia, belle arti e paesaggio di Roma (nota prot. n. 2202 del 22 marzo 2018), allegata alla comunicazione ex art. 10- bis della l. n. 241 del 1990, che la riteneva elemento improprio, incompatibile con la natura di strada vincolata quale quella di cui è causa, e soprattutto non rientrante nelle previsioni del c.d. “Catalogo dell’arredo urbano” approvato con delibera della Giunta capitolina n. 193/2015.

1.2 Per contro, l’atto impugnato, motivato per relationem rispetto al parere della Polizia locale del 20 dicembre 2018, confermativo del precedente, dopo aver ricordato che « Via Filippo Turati è strada a senso unico di marcia classificata (nel tratto in esame) viabilità locale dal regolamento viario allegato al vigente P.G.T.U. », ha considerato ostativa al rilascio proprio l’insistenza dell’occupazione « direttamente sulla sede stradale senza pedana, risultando in contrasto con quanto prescritto dall’art. 4- quater comma 4 lett-i) del vigente Regolamento COSAP », così da sottrarre « stalli riservati alla sosta tariffata comportando – qualora concessa – una variazione della Determinazione Dirigenziale di Traffico ». Ha riferito altresì, sempre mutuando le argomentazioni della Polizia locale, che « l’elaborato grafico presentato con l’istanza di concessione non corrisponde allo stato di diritto relativamente alle dimensioni e legittimità delle altre O.S.P. presenti ».

1.3. Con il ricorso in primo grado l’interessato aveva lamentato il difetto di motivazione sotto plurimi punti di vista, in particolare rivendicando la possibilità di concedere occupazioni di suolo pubblico anche su aree soggette a regolazione tariffata (v. Cons. Stato, sez. V, 11 febbraio 2014, n. 660; id ., 18 giugno 2015, n. 3123; 23 giugno 2015, n. 3181; 24 marzo 2016, n. 1207; 13 luglio 2017, n. 3452), nonché invocando a proprio favore le statuizioni della delibera di Giunta del 18 giugno 2015, n. 193, che vieta l’installazione di pedane su strade rientranti nella c.d. area UNESCO, dal che si sarebbe dovuta inferire l’avvenuta abrogazione implicita in parte qua della divergente previsione di cui all’allegato “B” alla delibera di Consiglio comunale n. 119/2005, più volte modificata, contenente la regolazione della disciplina delle concessioni di suolo pubblico.

2. Il T.a.r. per il Lazio ha motivato il rigetto del ricorso concentrandosi sulla ragione giustificativa del diniego costituita dalla mancanza di pedana: essa sarebbe sufficiente a supportarne la motivazione, ponendosi la richiesta occupazione di suolo pubblico (OSP) in contrasto con il chiaro tenore letterale dell’art. 4- ter del regolamento di settore, che impone, a tutela della sicurezza dell’occupazione medesima, tale elemento costruttivo. Quanto alla delibera di Giunta comunale n.193/2015 - che approva il Catalogo dell’arredo urbano commerciale, come scaturito dal “Tavolo tecnico per il decoro” istituito dall’accordo di collaborazione ex art. 15 della legge n. 241/1990, sottoscritto in data 17 aprile 2014 e protocollato in data 9 maggio 2014 - esso non si soffermerebbe sugli elementi caratteristici e di arredo, che resterebbero riconducibili alla deliberazione consiliare n. 104/2003 (e con precisione al relativo allegato). D’altro canto, il regolamento sulla Cosap n.39/2014 ha recepito, ex art. 24, c.10, il documento denominato « Sistemi coordinati per l’arredo urbano delle aree di suolo pubblico concesse ad uso dei pubblici esercizi della città storica », già allegato a tale deliberazione del Consiglio Comunale n. 104/2003, che prevede gli elementi costruttivi e descrittivi della pedana. In altre parole, tale parte della delibera del Consiglio comunale n.104 del 2003 non sarebbe mai stata abrogata né modificata: più semplicemente i contenuti relativi alla pedana sarebbe stati integrati con quelli descritti nel Catalogo approvato dalla Giunta. Gli elementi descrittivi e le caratteristiche che deve possedere la pedana sono stati riportati anche nel regolamento Cosap di cui alla successiva delibera consiliare n.91 del 2019, allegato “B”, distinto da quello “D” relativo proprio al Catalogo dell’arredo urbano commerciale. In sintesi, in mancanza di tale strumento protettivo dei dipendenti, degli avventori e dei rimanenti utenti della strada, l’OSP che ricade al di fuori del marciapiede non può essere concessa, come correttamente indicato nel provvedimento gravato.

2.1. Gli indici di contraddittorietà intrinseca ravvisati nel richiamo ai pareri della Soprintendenza capitolina e di quella statale, sarebbero in realtà solo apparenti, dato che quest’ultima ha sancito l’incompatibilità con le esigenze di tutela del contesto di una pedana “inamovibile”, ma non ha escluso la diversa valutazione di un elaborato progettuale che ne preveda la rimozione a chiusura del locale, «[…] in modo tale che gli spazi, vincolati, ritornino ad essere di pubblico godimento ».

3. Il signor -OMISSIS- ha avanzato un unico articolato motivo di gravame, così rubricato: « Violazione e falsa applicazione dell’art. 4- quater del Regolamento in materia di occupazione di suolo pubblico (O.S.P.) adottato con delibere di Consiglio comunale nn. 119/2005, 75/2010 e 82/2018. Contraddittorietà tra atti del medesimo procedimento e motivazione perplessa. Travisamento ed erronea valutazione dei presupposti di fatto e delle risultanze istruttorie. Falsa applicazione dei principi in tema di abrogazione di norme. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti ». In sintesi, ha contestato le argomentazioni del giudice di primo grado sull’eccepito eccesso di potere per contraddittorietà tra atti dello stesso procedimento, stante che la pedana, prevista nella domanda originaria, è stata eliminata proprio a seguito di sollecitazione in tal senso degli organi comunali, che hanno riferito in merito il parere contrario delle Soprintendenze sia statale cha capitolina. Non a caso quest’ultima, con nota del 30 novembre 2018, prot. n. RI/32282, inspiegabilmente non menzionata negli atti impugnati, ha rappresentato che a seguito della disamina della documentazione integrativa prodotta dalla parte, « per quanto di competenza, conferma il parere favorevole già espresso in quanto il richiedente ha recepito le osservazioni degli uffici preposti ». La delibera n. 193/2015, diversamente da quanto affermato dal T.a.r., avrebbe disciplinato ex novo le tipologie di arredi installabili su suolo pubblico e non si sarebbe limitata ad integrare le previsioni del Regolamento Cosap del 2014. Essa, quindi, nell’escludere la possibilità di utilizzo delle pedane in alcune zone cittadine, limitandone la collocazione nell’area perimetrata come suburbio, di fatto avrebbe abrogato l’allegato “B” alla delibera consiliare n. 119/2005, come successivamente modificata. L’esigenza di salvaguardare i valori architettonici e ambientali dei luoghi

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